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Autore: architetto Arnolfo di Cambio
Tipologia e denominazione: basilica di Santa Croce, gotico italiano
Posizione: P.za Santa Croce, 16, Firenze
Datazione
Santa Croce è una tra le più note chiese fiorentine con una densità d’opere d'arte straordinaria anche per una città come Firenze.
La facciata è gotica, le fiancate sono a timpani triangolari con bifore.
L'interno è a croce egizia (T), a tre navate con pilastri ottagonali sottili e leggeri.
L’abside poligonale ripone il tema dello spazio unificato dominato dai valori della luce.
Gli altari sono ben dodici con dipinti di Vasari, Santi di Tito, Cigoli e altri, sul tema della Passione.
Nella gran ricchezza d’opere si rammentano solo la sagrestia trecentesca, con terracotta di Giovanni della Robbia, e gli affreschi della maturità giottesca (1325).
Splendida è la cappella maggiore in stile gotico.
All’interno la navata centrale è chiusa da capriate in legno, poiché la sua notevole ampiezza (38 m) non ha consentito una copertura in pietra.
Santa Croce contiene le tombe di personaggi facoltosi e del mondo artistico.
Appena dopo l’ingresso, sulla destra, si trova la tomba di Michelangelo, disegnata dal Vasari nel 1564, che prevedeva di ornarla con opere del maestro.
Segue il cenotafio di Dante (Stefano Ricci, inizi XIX secolo), che già Michelangelo aveva chiesto invano di erigere, il monumento a Vittorio Alfieri del Canova e la tomba di Niccolò Machiavelli (Innocenzo Spinazzi, 1787), celebre uomo politico e autore de Il Principe e La Mandragola.
A sinistra della porta d’accesso al primo chiostro è posto il monumento a Leonardo Bruni (Bernardo Rossellino, 1444 - 1445).
Segretario comunale, umanista e sostenitore degli ideali repubblicani, il Bruni ideò i soggetti per la Porta de Paradiso del Ghiberti e scrisse gli Historiarum Florentini populi libri XII, elevando Firenze a degna erede di Atene e di Roma e i tre grandi fiorentini Dante, Petrarca e Boccaccio ad eroi.
La tomba di Ugo Foscolo, al termine della navata centrale sulla destra, è opera di Antonio Berti del 1939.
Nel 1871 le ceneri dello scrittore, morto da esule vicino a Londra, furono accolte nella chiesa da lui immortalata nei Sepolcri.
La Basilica di Santa Croce divenne il fulcro della vita spirituale, sociale e culturale di Firenze, basti pensare che qui hanno lavorato artisti del calibro di Cimabue, Giotto, Donatello e Brunelleschi.
Nel chiostro della chiesa di Santa Croce si trova uno dei capolavori del Brunelleschi, la Cappella dei Pazzi, famiglia rivale dei Medici, la cui costruzione fu portata a termine dopo la sua morte dal suo allievo e continuatore Michelozzo.
All'ingresso si trova un portico classicheggiante con elegante combinazione di linee quadrate ed arco a tutto sesto; l'esterno presenta decorazioni sultoree di Benedetto da Maiano, Desiderio di Settignano, Luca della Robbia e alcuni allievi di Donatello.
L'interno rappresenta forse l'esempio più alto e coerente dell’architettura rinascimentale fiorentina, in cui la perfezione rigorosa delle linee è interrotta solo dai medaglioni colorati di Luca della Robbia, che danno una nota di vivacità all'austero e sobrio ambiente.
Infine, nel Museo dell'Opera di Santa Croce, troviamo il prezioso e famoso crocifisso di Cimabue.
La basilica di Santa Croce è uno dei pochissimi esempi di gotico in Italia, con le sue vetrate, testimoni dell’origine e dello sviluppo dell’artevetraria a Firenze, che illuminano l’interno a croce commissa (a tau) a tre navate.
Il progetto fu affidato a Arnolfo di Cambio, il più grande architetto dell’epoca, reso famoso dalla progettazione e costruzione di edifici pubblici, quali il Palazzo dei Priori (oggi Palazzo Vecchio) e il Bargello, e religiosi come il Duomo di Firenze.
Lungo i transetti si trovano le cappelle delle famiglie fiorentine, decorate ad affresco con vite di santi legati alla storia dei committenti.
Tra loro, la Cappella Bardi e la Cappella Peruzzi affrescate da Giotto e la Cappella Bardi di Vernio che ospita il crocifisso ligneo di Donatello.
A seguito dell’intervento progettato da Giorgio Vasari furono innalzati lungo le navate laterali dodici altari in pietra serena decorati con dipinti che illustrano la Passione di Cristo e la storia della Croce cui è dedicata la Basilica.
Il primo chiostro del complesso presenta una delle architetture più rappresentative del Rinascimento italiano progettate da Filippo Brunelleschi: la Cappella Pazzi.
Il grande architetto, costruttore della cupola del Duomo, rappresenta qui gli ideali dell’umanesimo in un’architettura dalle forme perfette, dove tutto rimanda alla centralità dell’uomo.
L'antico Refettorio fu edificato nella prima metà del XIV secolo e conserva gli affreschi di Taddeo Gaddi raffiguranti l’ultima cena.
Dalla fine del XVIII secolo costituisce parte del museo e ospita il grande Crocifisso di Cimabue, gravemente danneggiato dall'alluvione del 1966.
Nel corso dei secoli la Basilica si è arricchita di opere d’arte di grande importanza (tra cui l’Annunciazione di Donatello o le ceramiche invetriate dei Della Robbia), ma è nella funzione di mausoleo dei grandi italiani che Santa Croce diviene scenario dei principali scultori impegnati a magnificarne il ricordo attraverso i loro monumenti funebri.
In quest’ambito si collocano il monumento all'umanista Leonardo Bruni, opera di Bernardo Rossellino, e il monumento a Vittorio Alfieri realizzato dal massimo esponente del neoclassicismo italiano, Antonio Canova.
La facciata neogotica della basilica è opera ottocentesca, realizzata dall’architetto Nicola Matas.
La chiesa francescana di Santa Croce, costruita a partire dal 1295 su probabile progetto di Arnolfo di Cambio, è tuttora ricchissima di dipinti trecenteschi, nonostante le perdite dovute alle trasformazioni subite nel corso dei secoli, e in particolare alla ristrutturazione operata da Giorgio Vasari nel 1566.
GLI AFFRESCHI NELLE CAPPELLE
Si tratta certamente del monumento fiorentino dove meglio si può seguire l’attività di Giotto; del resto, già nei Commentari di Lorenzo Ghiberti si ricordano 'quattro cappelle e quattro tavole' da lui dipinte 'nell’ordine de’frati minori in Firenze'.
Inoltre, nella chiesa e nell’attiguo Museo dell’opera di Santa Croce, si trovano numerose testimonianze di pittura e di scultura fra Due e Trecento.
Cappella
Peruzzi
Storie dei santi
Giovanni battista e Giovanni evangelista, dipinti murali a secco
La cappella apparteneva a una potente famiglia di banchieri fiorentini; è posta nella parte destra del transetto (la seconda a partire da quella maggiore); sul lato destro, sono raffigurate tre storie di San Giovanni evangelista: Visione nell’Isola di Patmos, Resurrezione di Drusiana, Ascensione del santo; su quello sinistro, tre storie di San Giovanni battista: Annuncio dell’angelo a Zaccaria, Natività del Battista, Banchetto di Erode.
Nell’archivolto di ingresso, si vedono otto busti di profeti in cornici esagonali; nella volta a crociera, i simboli degli Evangelisti; sulla parete di fondo, sopra la bifora, un Agnus Dei.
Si
conservano inoltre, nelle cornici che inquadrano gli affreschi, alcuni esagoni
con teste maschili, ritenute talvolta, per la loro espressività, ritratti di
membri della famiglia Peruzzi. Data la ristrettezza dello spazio, è
consigliabile osservare i dipinti dall’ingresso della cappella, adottando il
punto di vista obliquo previsto dallo stesso Giotto.
Questi dipinti, come quelli dell’attigua cappella Bardi, vennero imbiancati nel
1714; furono poi riscoperti tra il 1841 e il 1862 da Antonio Marini e Pietro
Pezzati e restaurati con vistose e arbitrarie integrazioni.
Il nuovo intervento curato da Leonetto Tintori nel 1958-1961, con la rimozione delle ridipinture, ha messo in risalto la pessima conservazione del ciclo.
Esso non è caratterizzato infatti da un’esecuzione 'a buon fresco', ma a secco, forse imposta dalla necessità di terminare rapidamente l’opera; questo ha comportato però gravi cadute di colore e impoverimento della superficie dipinta.
Per quanto è possibile giudicare nello stato attuale, si nota qui una concezione monumentale, che riguarda non solo le architetture, ma gli stessi personaggi. Se si osservano i pochi brani ben conservati (come la mano di San Giovanni nella Resurrezione di Drusiana) si nota un vigore plastico degno quasi di un pittore del Quattrocento.
La lunetta
con la Visione nell’Isola di Patmos contiene una delle più felici
caratterizzazioni paesistiche di Giotto, paragonabile alla visione marina
realizzata nella cappella della Maddalena della Basilica inferiore di Assisi.
Come è noto, l’unica opera giottesca sicuramente databile è la cappella degli
Scrovegni a Padova (1303-1305).
Neppure per la cappella Peruzzi esistono dati documentari o storici che possano suggerirne la data di esecuzione: è molto probabile che il committente fosse un esponente della famiglia chiamato Giovanni, che volesse così celebrare i più importanti santi di questo nome, ma, come è facile immaginare, molti sono i Giovanni Peruzzi vissuti nella prima metà del Trecento.
La difficoltà è aumentata dalle condizioni dei dipinti.
La critica ha assunto
posizioni molto variegate, proponendo datazioni che vanno dal 1310 circa al
1328 (anno della partenza di Giotto per Napoli); tuttavia, per vari motivi, tra
cui alcune affinità con i citati affreschi della cappella della Maddalena,
ritenuti per motivi stilistici di poco posteriori a quelli di Padova, i dipinti
della cappella Peruzzi sembrano da ricondurre al decennio 1310-1320.
Questi dipinti furono ammirati e studiati da Michelangelo, che riprodusse due
delle figure di sinistra dell’Ascensione di San Giovanni evangelista in un
disegno a penna e sanguigna ora conservato al Louvre.
Giotto fornì anche un polittico per la cappella; generalmente lo si identifica
con quello, a cinque scomparti e raffigurante Cristo benedicente tra San
Giovanni evangelista, la Vergine, i santi Giovanni battista e Francesco (tutti
a mezza figura) oggi conservato al North Carolina Museum of Art di Raleigh.
Cappella Bardi
Storie di San Francesco, affreschi
Anche i Bardi, come i Peruzzi, erano banchieri; la loro cappella si trova a destra della cappella maggiore.
Vi viene svolto, in sette episodi, il tema della vita di San Francesco; già trattato da Giotto in età giovanile nella basilica superiore di Assisi; anche in questo caso la fonte è la Legenda maior di Bonaventura da Bagnoregio.
Sopra l’ingresso della cappella è raffigurato San Francesco che riceve le stigmate, tra due medaglioni con Adamo ed Eva; la sequenza biografica deve essere seguita passando da una parete all’altra: in alto, a sinistra, Rinuncia agli averi, a destra, Conferma della Regola; nel registro centrale, a destra, Prova del fuoco davanti al sultano, a sinistra, Apparizione nel capitolo di Arles; in basso, a sinistra, Funerali di San Francesco e accertamento delle stigmate, a destra, Apparizione al vescovo Guido di Assisi e a frate Agostino.
Nel
sottarco di ingresso sono raffigurati, entro cornici polilobate, busti di
santi; nella volta a crociera San Francesco in gloria e le tre Virtù
francescane (Castità, Povertà e Obbedienza); sulla parete di fondo, a
sinistra della bifora, i Santi Ludovico di Tolosa e Chiara; a destra, Santa
Elisabetta di Ungheria. Il punto di vista consigliabile è al centro della
cappella.
Questi affreschi, come i murali dell’attigua cappella Peruzzi, vennero
imbiancati nel 1714; vennero riscoperti e restaurati nel 1852 da Gaetano
Bianchi, che apportò numerose integrazioni e ridipinture, rimosse poi nel
1958-1959 da Leonetto Tintori. Sono risultati così evidenti i segni delle
lapidi sepolcrali che vennero murate sulle pareti, determinando delle lacune
nelle scene poste in basso.
La
figura di San Luigi di Francia che si trovava sulla parete di fondo,
completamente ricreata dal Bianchi, venne staccata in questa occasione.
Nonostante alcune mancanze, gli affreschi si leggono assai meglio di quelli
della contigua cappella Peruzzi.
Giotto dimostra di aver raggiunto un alto livello nella resa della terza dimensione e nella raffigurazione delle architetture: le scene superiori sono concepite coerentemente con una visione dal basso.
I tipi umani, robusti e longilinei, sono caratterizzati da un’espressività tanto profonda quanto pacata.
La
gamma cromatica si arricchisce di toni delicati, e anche il bruno delle vesti
dei frati dà un’impressione di varietà e non di monotonia.
La presenza di San Ludovico di Tolosa, fratello di Roberto d’Angiò, è indice
dei legami della città di Firenze con il re di Napoli (presso il quale Giotto
avrebbe lavorato dal 1328 al 1334) e fornisce un utile punto di riferimento per
la datazione di questo ciclo, sicuramente posteriore al 1317, in cui Ludovico
venne santificato. Una datazione poco dopo il 1320 sembra, anche per motivi
stilistici, assai probabile.
Un disegno cinquecentesco (attribuito a Michelangelo o ad artisti a lui vicini
come Sebastiano del Piombo o Daniele da Volterra) comprende le copie di tre
teste di frati dell’affresco con l’Apparizione al vescovo Guido di Assisi e a
frate Agostino.
Anche la cappella Bardi possedeva probabilmente un polittico giottesco (che
però non è sicuramente identificabile): solo nel 1595 vi fu collocata la pala
duecentesca con San Francesco e venti storie della sua vita, certamente
anteriore al 1266 perché illustra episodi narrati nella Vita prima di Tommaso
da Celano ed esclusi dalla Legenda maior di Bonaventura da Bagnoregio, che fu
dichiarata in quell’anno unica biografia del Santo ufficialmente ammessa.
Crocifissione
frammenti di
affresco
Sulla parete della navata sinistra, accanto all’ultimo altare, si trovano alcuni frammenti di una Crocifissione che Giorgio Vasari riferiva a Giotto.
Le uniche parti leggibili sono un braccio del Cristo e un particolare della fascia decorativa raffigurante l’Agnello apocalittico in trono.
Cappella Baroncelli
Incoronazione della Vergine e santi, tempera e oro su tavola, cm 185x323
La tavola, concepita originariamente come polittico a cinque scomparti con tavole a cuspide ogivale e predella, venne trasformata nel Quattrocento, secondo una prassi diffusa all’epoca, in una pala rettangolare con cornice intagliata di gusto classicheggiante, con l’aggiunta di settori triangolari con cherubini; nell’occasione venne asportata la bellissima cuspide con l’Eterno e angeli che coronava il complesso, ora conservata al San Diego Museum of Art di San Diego in California, caratterizzata da una complessa iconografia.
Nel
pannello centrale si vede Cristo che incorona la Vergine, con
quattro angeli alla base del trono; in quelli laterali, una fitta schiera di
santi, con angeli musicanti e cantori in primo piano. Nella predella sono
raffigurati, entro esagoni, un Santo vescovo, San Giovanni battista, il
Cristo in pietà, i santi Francesco e Onofrio.
L’opera è firmata OPUS MAGISTRI IOCTI; tuttavia è stata a lungo ritenuta
un’opera non autografa, e perfino attribuita a Taddeo Gaddi, il fedele
discepolo di Giotto che eseguì in effetti gli affreschi della cappella.
Soltanto negli ultimi decenni si è avviata una rivalutazione dei valori di questo dipinto, di cui si sottolinea l’eleganza della scena centrale e la compattezza quasi prospettica dei gruppi laterali.
In rapporto con questo maggiore apprezzamento, è stata anche proposta una datazione non più agli ultimi anni di vita di Giotto, ma subito prima della sua partenza per Napoli nel 1328, che è anche l’anno di esecuzione degli affreschi.
CIMABUE E IL CROCIFISSO
La pittura di Cimabue, sulla cui vita si hanno notizie certe solo fra il 1272 e il 1302, conclude l'epoca dell'egemonia dell'arte bizantina.
In effetti, egli resta fedele ai
canoni della tradizione bizantina, ma portandola alla sua massima capacità
espressiva e svolgendo un'innovativa ricerca sulle forme e sul colore: indica
così la strada a Giotto ed alla nuova pittura italiana, come ricorda Dante
citandoli nel 'Purgatorio'.
Il primo documento in cui viene ricordato è del 1272, quando se ne cita la
presenza a Roma. Sono anni in cui la Chiesa si rinnova, appoggiando i nuovi
ordini monastici: fra questi, per primi, i Francescani.
Così, il secondo punto di riferimento per Cimabue è la basilica francescana di Assisi, dove lavora a partire dal 1278 ca., avendo a fianco il senese Duccio di Boninsegna e il fiorentino Giotto (cosa che rende problematico comprenderne i rapporti di scambio effettivi).
Prima di Roma sembra collocarsi il Crocifisso di Arezzo (1265-68 ca.), ancora quasi pietrificato nella tensione.
Prima di Assisi ci sarebbe invece il celebre Crocifisso di Santa Croce.
DATI INFORMATIVI
Autore: Cimabue
Titolo e denominazione: Crocifisso
Collocazione: Firenze, Santa Croce
Originale o copia: Originale
Datazione: 1265-68 ca.
Il crocifisso si trova nel Refettorio.
Purtroppo è stato gravemente danneggiato da un’alluvione nel 1966 e solo parzialmente recuperato.
ITINERARIO DA PERCORRERE E ORARI DI VISITA
Partendo dalla Stazione si potrebbe prendere il 23 che porta esattamente davanti alla piazza della Basilica.
Sono cerchiati in rosso la fermata di partenza (in alto a sinistra) di fianco
alla stazione e la fermata di arrivo (in basso a destra).
Informazioni utili:
Basilica di Santa Croce e Museo dell'Opera di Santa Croce Piazza Santa Croce 16
- Firenze
Telefono: 055 2466105 Ingresso: € 4,00; biglietto cumulativo
Basilica di S. Croce e Museo dell'Opera
Orario: Festivo - 13 - 17.30.
Feriale - 9.30 - 17.30.
DIARIO DI BORDO
Ci siamo trovati a casa di Eleonora il 3 gennaio 2006. Abbiamo acceso il computer, per prima cosa e ci siamo divisi in due gruppi: Eleonora, Valentina e Sabrina hanno cercato le informazioni e le immagini su internet, mentre Davide e Andrea hanno cercato le informazioni sul libro e su alcune enciclopedie portate da casa.
La prima tappa è stato cercare informazioni sulla Chiesa di Santa Croce e dopo varie ricerche su google.it, abbiamo messo insieme i vari pezzi e abbiamo creato una mini descrizione. I ragazzi, dal libro, ci hanno dettato i dati informativi e le informazioni che ritenevano più importanti.
Una volta che la basilica era terminata abbiamo fatto una “pausa-merenda” e abbiamo discusso su come dividere i compiti per continuare le ricerche. Abbiamo deciso di non cercare informazioni sul libro poiché erano un po’ vaghe e difficili da trovare. Ci siamo messi tutti e cinque davanti al display del computer e abbiamo cercato di analizzare in qualche modo gli affreschi delle cappelle di Santa Croce. Sempre su google.it abbiamo digitato un po’ di parole per giungere ad un sito e abbiamo cercato di ridurre le informazioni che ci dava. Subito dopo abbiamo cercato le immagini e ognuno ne ha scelta una (infatti le immagini presenti sono cinque). Erano già passate tre ore e dovevamo ancora cercare informazioni sul Crocifisso di Cimabue, gli orari di visita e l’itinerario da percorrere. Andrea aveva portato il suo pc portatile e quindi, per affrettare i tempi, abbiamo deciso di ridividerci ed effettuare le ricerche in due diversi computer. Eleonora, Valentina e Sabrina hanno cercato l’itinerario e Davide e Andrea invece hanno cercato delle informazioni su Cimabue e il suo crocifisso.
Le ricerche hanno entrambe occupato un’oretta abbondante, soprattutto per i ragazzi perché le informazioni sulla rete scarseggiavano, quindi hanno deciso di riaprire il libro e hanno preso le informazioni più importanti da lì. Le ragazze hanno fatto qualche telefonata ad agenzie turistiche per sapere i prezzi di ingresso e dopo un po’ di tempo il lavoro era finito.
Speriamo di aver fatto un lavoro completo, senza errori e soprattutto chiaro!
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