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Arte musiva e architettura del Duomo di Monreale (Palermo)
Con la lunga campagna di restauro,che ha portato alla revisione generale dei mosaici del Duomo,è stato condotto a termine un programma di lavoro finalizzato esclusivamente alla conservazione e al consolidamento della decorazione musiva.I lavori hanno ininterrottamente tenuto impegnati i restauratori dal 1965 al 1982; e i 17 anni trascorsi lasciano capire quanto sia stato particolarmente laborioso l'intervento richiesto dalle operazioni che caratterizzano tale restauro musivo.
Terminati i restauri emerse l'esigenza d'estendere un piano di studio finalizzato a consolidare la conoscenza acquisita a seguito delle importanti scoperte avvenute negli ultimi cinque anni di lavori eseguiti sulle pareti della parte centrale del transetto e dell'abside maggiore.La problematica scaturita da questi fortuiti ritrovamenti ,connessa agli aspetti architettonici e musivi del Duomo,costituisce senz'altro un incentivo per arricchire la conoscenza che d'esso si aveva fino ad oggi.Infatti gli elementi venuti casualmente alla luce durante il restauro musivo inducono ad aggiornare gli studi dell'insigne Monumento conosciuto in tutto il mondo.
Il ritrovamento di materiali e d'elementi architettonici, celati sotto il rivestimento musivo, sollecita a muovere inedite considerazioni sull'organismo architettonico, sulla stessa decorazione musiva e sul rapporto tra architettura e mosaici.Ma, in particolare il ritrovamento ,d'elementi architettonici scoperti per caso ,e vale a dire: la finestra murata posta al disopra dell'arco tra navata centrale e coro; le finestre contrapposte ,anch'esse murate,al disopra dell'arco tra coro e "pròtesis" e dell'arco tra coro e "diacònicon"; gli alveoli,murati,predisposti in origine per accogliere colonne angolari ,al disopra di quelle esistenti nell abside centrale;infine le cornici,sagomate in pietra d'intaglio ,all'imposta del catino dell'abside centrale e all'imposta dell'arco tra coro e "diacònicon" nel portare un prezioso contributo alla conoscenza della storia del Duomo,come accennato sopra,ripropongono un'attenta lettura critica della sua spazialità che,prima dei restauri 1965-1982,era stata definita in un rapporto d'armonico equilibrio tra architettura e mosaici.
Si può senz'altro ritenere che l'architettura del Duomo, per quanto riguarda la sua spazialità interna, debba essere attentamente riesaminata attraverso nuovi studi, tenendo conto delle trasformazioni del passato, a partire dal XVII secolo, avvenute durante ci arcivescovadi di de Los Cameros (1656-1668) e di Ruano (1673-1703), fino a tutto il XIX secolo, prima del 1811 e soprattutto dopo, allorché l'incendio che divampò in quell anno nel transetto fornì l'occasione per affrontare un restauro di vaste proporzioni.Bisogna ricordare, inoltre, che questi restauri, estesi a tutto il Duomo, furono ripresi più tardi, dopo il 1880, dall'architetto Patricolo; il quale li condusse in maniera più sistematica, anche se con il chiaro intento di intervenire secondo gli indirizzi culturali del suo tempo.Ancora oggi rimane significativo leggere attentamente ciò che quest'architetto ha lasciato scritto nella sua "Relazione su quanto occorra per provvedere ad una bene intesa restaurazione e conservazione del Real Duomo Di Monreale"Il Patricolo, infatti, a proposito delle finestre e feritoie murate, probabilmente dai mosaicisti del XII secolo, che tuttora si possono guardare percorrendo le scale delle tori sulle pareti attigue alle navate laterali, faceva rilevare che sarebbe stato "utile scrostare le pareti interne per scoprire le finestre e feritoie che si osservano nel muro comune colla navatina; e ciò anche all'oggetto di esaminare se sia il caso di aprirle, qualora, dietro accurate ricerche sui mosaici che sono dal lato della chiesa, risultasse di essere state sicuramente aperte in origine".
Come si sa, le trasformazioni avvenute nel corso del XVII secolo durante l'arcivescovato di de Los Cameros portarono sostanziali modifiche all'interno del Duomo.Probabilmente a quel tempo, come si può osservare ancora ora da alcuni segni ancora visibili all'esterno delle navate laterali, i vani delle finestre furono alterati nelle dimensioni allorché furono rimosse le lastre di piombo "forate a certi lavori"che, come fin ora attestato, conferivano all'interno del Duomo, sin dalle origini, "La Monastica clausura" che il patricolo aspirava a ripristinare.
È anche probabile come tale trasformazione, esaltata dai contemporanei per l'innovazione "per la quale si vede a chiaro lume la vera bellezza ed ammirabile artifizio di questa chiesa", abbia alterato anche i mosaici adiacenti; e di ciò si può avere la percezione osservando che spesso le finestre interferiscono con le scene o con i personaggi raffigurati nei mosaici.Infatti, questi, talvolta, sembrano rimasti serrati fra uno stipite e l'altro delle finestre.La trasformazione alle finestre sicuramente influì sulle condizioni di luminosità all'interno del Duomo.
Sappiamo, dalla descrizione che ne fa il Lello, del "poco lume" che filtrava dalle finestre alla "tedesca", ma i mosaicisti di Monreale tennero conto di queste condizioni, variabili da zona a zona, per la scelta dei colori e delle tonalità delle tessere musive da inserire nei volti, nelle mani, nei piedi e nei drappeggi dei personaggi raffigurati nelle varie scene; dove il fondo d'oro serviva a porre l'immagine fuori del tempo e dello spazio.
La peculiarietà del colore delle tessere in funzione delle condizioni di luminosità si manifesta soprattutto nei mosaici bizantini del secolo XI, all'epoca della dinastia macedone, e permane per tutto il XII secolo sino all'epoca dei comuni.
Dalle osservazioni ravvicinate, si ritiene che a Monreale la scelta dei colori e dei toni rientra nei canoni musivi dei secoli XI e XII, caratterizzanti il periodo classico dell'arte bizantina, almeno nei mosaici del bema, delle absidi e del transetto.Altra caratteristica degna d'attenzione riscontrabile a Monreale, riguarda d'accorgimenti qui presi dai mosaicisti, rimasti aderenti ai canoni musivi classici, per eliminare la deformazioni ottiche.Infatti, gli stessi accorgimenti furono adottati anche a Monreale, soprattutto nel transetto e nel bema, ad esempio nella scena musiva dove è rappresentato il battesimo di Cristo.
Sembrerebbe che, tra le trasformazioni avvenute a partire dal 1650, potrebbero includersi anche quelle che interessano le finestrelle degli ambulacri all'interno dei muri settentrionali e meridionali del transetto.Gli spigoli di queste finestrelle, infatti, tagliano notevolmente i mosaici d'alcune parti dei personaggi e delle architetture; e poiché tale imperfezione non può essere attribuita ai mosaicisti del XII secolo si può ipotizzare che esse in origine avessero dimensioni minori o uguali a quelle murate, già osservate dal Patricolo, tuttora ben visibili nelle scale delle torri.
Ancora a proposito di finestre, si può attribuire ad un restauro del XV-XVI secolo il mosaico che divide le due scene del primo ordine nella cappella di San Paolo, sopra il portale d'accesso della cappella Del Crocifisso, dove forse in origine si apriva una finestra (loggia reale) contrapposta alla finestra nella Cappella Di San Pietro, sopra il portale d'accesso alla sacrestia.
Queste considerazioni sulle finestre, la probabile esistenza d'altre finestre murate in epoche diverse e gli elementi architettonici scoperti nel corso di recenti restauri musivi ripropongono una nuova lettura della spazialità e del rapporto tra architettura e mosaici, ritenuto sino ad oggi legato in un'armonica e inscindibile unità.
Si può senz'altro affermare che sono i mosaici a plasmare l'architettura e a modificarla; vale a dire, sono i Maestri mosaicisti sopraggiunti ai Maestri costruttori, ad adattarla alle esigenze delle narrazioni dei sacri cicli, espresse attraverso le scene e le figure che formano il ricco ornamento musivo.
Sembra vacillare l'ipotesi, fin ora sostenuta negli studi sul Duomo di Monreale, di un solo maestro che progetta, coordina dirige e sovrintende le due maestranze lavorarono in due tempi consecutivi, sembra invece che esseabbiano lavorato sotto la guida di due maestri: l'Architetto e il Mosaicista.
Quindi genti diverse legate e culture diverse.Infatti, com'è noto, nei costruttori, anche se tra essi lavorano maestranze di svariate etnie, prevale una guida di cultura occidentale, o sensibilizzata da influenze continentali; mentre nei mosaicisti, sopraggiunti ai primi, prevale una cultura sensibilizzata da influenze orientali, ma aperta anche a istanze locali.
Da quanto è stato possibile osservare, durante lo svolgimento del lavoro di restauro musivo, si è indotti a ritenere che i mosaicisti, sotto la guida di un Maestro o un coordinatore, non tennero conto della spazialità ideata e realizzata da un capo- costruttore o dall'Architetto che, forse, aveva previsto per la decorazione musiva una superficie meno estesa.
Certamente i vani predisposti per le finestre interne, oltre a motivare esigenze tecniche, stabilendo in elevazione un rapporto di continuità tra spazi interni, e le colonne angolari, disposte su tre livelli per dare maggiore slancio all'abside centrale in cui dominava la figura del Pantocratore, contribuivano a rendere una spazialità più articolata .
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