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La morale del dipinto indica che per quanto ingegnoso sia Dedalo non può eguagliare il Creatore si basano su parvenze. Van Dyck sottolinea ancor di più quest'aspetto rappresentando Icaro con i tratti di un angelo, ovvero la creatura divina per eccellenza.
Questo angelo, però non ha nulla di spirituale, al contrario la sua nudità rivela una spiccata sensualità.
In generale nel dipinto si respira un'aria di tensione:i due personaggi sono concentrati, quasi arrabbiati l'uno con l'altro. Sembrano presagire l'importanza del momento e forse in quello sguardo c'è l'intuizione di ciò che succederà.
Icaro sta indicando nella direzione dell'osservatore, domandando perplesso la strada al padre, che, invece punta il dito verso il cielo.
Anthony van Dyck nasce ad Anversa il 22 marzo 1599, da un ricco mercante di sete. Fin da bambino mostra un notevole talento artistico, così all'età di dieci anni viene accolto nell'atelier di Hendrik van Balen. Nel 1615 apre una propria bottega e tre anni più tardi risulta iscritto nella gilda dei pittori. In questo periodo inizia la collaborazione con Rubens, con il quale partecipa all'esecuzione dei cartoni della Storia di Decio Mure per Franco Cattaneo ( ) e alla decorazione del soffitto della chiesa del Gesù ad Anversa (1620). Passa due anni nella bottega di Rubens ad Anversa. In questo periodo, l'opera di Van Dyck segue i canoni del capobottega e con tale maestria che alcune opere attribuite a Rubens sono state recentemente ascritte nel catalogo di Van Dyck
Dopo un breve soggiorno in Inghilterra (1620), dal 1621 al 1627 vive in Italia, prevalentemente a Genova. L'artista compie due viaggi a Roma, nel 1622 e nel 1623; visita inoltre Firenze, Bologna e Venezia. Durante la sua permanenza a Palermo, fra l'aprile e il settembre 1624, la confraternita del rosario di San Domenico gli commissiona la Madonna del rosario. In Italia trovò molte richieste come ritrattista, ma qui in Italia maturò anche il suo stile più personale. Alleggerì la robustezza tipicamente fiamminga delle sue prime opere per concentrarsi su un modo di dipingere più elevato ed elegante. È nei ritratti di personalità italiane che sviluppa i moduli della ritrattistica che lo renderà famoso, figure erette, sedute ma soprattutto le mani dette in posa "Van Dyck".
Nel luglio dell'anno successivo l'artista intraprende un viaggio a Marsiglia e Aix-en-Provence per visitare Peiresc, amico di Rubens. Tornato ad Anversa (1626), inizia un'attività intensissima, divenendo anche il pittore di corte dell'arciduchessa Isabella ( ). Nel 1629, dopo un altro soggiorno in Inghilterra, dipinge per il re Carlo I Rinaldo e Armida. Nel 1632 Van Dyck parte nuovamente, fermandosi prima in Olanda, alla corte di Federico Enrico, poi a Bruxelles e infine a Londra, dove è nominato cavaliere e pittore ufficiale del re. Ispirandosi a Tiziano, Veronese e Bellini rinnovò la gamma dei colori scegliendo toni purissimi che sfavillano come fossero gioielli. Grazie a quest'innovazione e al talento naturale, diventò il più grande ritrattista del periodo con un successo grandissimo a Genova e soprattutto alla corte di Carlo I d'Inghilterra.
Ritorna per un breve periodo in patria nel 1634, e nel mese di ottobre è nominato decano onorario della gilda di San Luca. L'anno seguente fa ritorno a Londra. Per il sovrano inglese realizza numerosi ritratti fra i quali un Ritratto di Carlo I in tre posizioni perché fornisca da modello a Bernini per un busto del re. La produzione artistica del pittore è quasi esclusivamente rivolta all'esecuzione di ritratti, non solo della corte ma anche di tutta l'aristocrazia inglese. I suoi ritratti dell'aristocrazia e della corte inglese sono rischiarati da una ancor più viva luminosità e la fedeltà ai soggetti diventa impressionante.
Su sollecitazione del sovrano sposa Mary Ruthven, damigella della regina Enrichetta Maria (1639), dalla quale avrà, due anni più tardi, una figlia, Justiniana. Nel 1640 è a Parigi, dove spera di ottenere la committenza per la Grande Galerie del Louvre, affidata poi a Poussin. Rientrato a Londra all'inizio del 1641 Van Dyck muore il 9 dicembre dello stesso anno. Sepolto nella chiesa di Saint Paul, la sua tomba andrà distrutta nel grande incendio scoppiato nella capitale inglese nel 1666.
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