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La crisi dei fondamenti
"Perché mai, o Dei, due e due dovrebbe fare quattro?"
Alexander Pope
Introduzione
Fino ad ora l'attività più profonda dei matematici del XX secolo è stata la ricerca sui fondamenti. I problemi imposti ai matematici, e altri che essi hanno preso volontariamente in considerazione, riguardano non solo la natura della matematica, ma anche la validità della matematica deduttiva.
Nei primi anni del secolo attività diverse convergevano a portare in primo piano il problema dei fondamenti. La prima fu la scoperta di contraddizioni, dette paradossi, soprattutto nella teoria degli insiemi. Numerose altre vennero scoperte all'inizio del secolo; la scoperta di contraddizioni non poteva che disturbare profondamente i matematici. Un altro problema che era stato gradualmente riconosciuto e che venne allo scoperto negli stessi anni è quello della coerenza della matematica. Visti i paradossi sulla teoria degli insiemi, la coerenza, soprattutto in questo settore, doveva essere dimostrata.
Verso la fine del XIX secolo, numerosi studiosi avevano cominciato a rivedere i fondamenti della matematica, e in particolare i rapporti fra matematica e logica. La ricerca in quest'area suggerì a qualche matematico che la matematica poteva essere fondata sulla logica. Altri mettevano in discussione l'applicazione universale dei principi logici, il significato di certe dimostrazioni, ed anche la fiducia nella dimostrazione logica come conferma della fondatezza dei risultati matematici. Le controversie che covavano sotto la cenere prima del 1900 presero violentemente fuoco quando i paradossi e i problemi sulla coerenza aggiunsero nuova legna al fuoco. Da allora in poi la questione di una fondazione corretta di tutta la matematica divenne vitale e d'interesse generale.
I paradossi della teoria degli insiemi
Un paradosso venne espresso in forma popolare da Bertrand Russell (1872-1970) nel 1918 come paradosso «del barbiere».
Un barbiere di villaggio, vantandosi di non aver concorrenza, si fa pubblicità dicendo che lui ovviamente non fa la barba a quelli che si rasano da soli, ma la fa a tutti quelli che non si rasano da soli. Un giorno gli capita di chiedersi se dovrebbe o no radere se stesso. Se si radesse da solo, allora per la prima parte della sua affermazione non dovrebbe farlo; ma se non si radesse da solo, allora, secondo la sua vanteria, dovrebbe farlo.
Consideriamo un'altra forma di questo paradosso, enunciata per la prima volta da Grelling e da Nelson nel 1908 e pubblicata su una rivista: alcune parole descrivono se stesse. Per esempio, la parola "polisillabica" è polisillabica. La parola "monosillabica", però, non è monosillabica. Chiameremo le parole che non descrivono se stesse eterologiche. In altre parole la parola X è eterologica se non è essa stessa X. Ora sostituiamo X con la parola "eterologica". Allora "eterologica" è eterologica se non è eterologica.
Cantor stesso rilevava in una lettera, che non si poteva più parlare di insieme di tutti gli insiemi senza cadere in una contraddizione; ed essenzialmente questo è ciò che viene chiamato in causa dal paradosso di Russell. La classe di tutti gli uomini non è un uomo. Ma la classe di tutte le idee è un'idea. Perciò, alcune classi non sono membri di se stesse, e altre si. Torniamo appunto al paradosso di Russell, e formalizziamolo: sia R l'insieme di tutti gli insiemi che non contengono se stessi come elemento. Poniamo allora due casi:
Se R є R, poiché R contiene se stesso come elemento, dalla definizione data si dovrebbe dedurre che R є R;
Se R є R, poiché R non contiene se stesso come elemento, dalla definizione data si dovrebbe dedurre che R є R.
Si giunge quindi a una contraddizione sia nel caso che si ammetta che R є R sia nel caso che si ammetta che R є R.
La causa di tutti questi paradossi, come rilevano Russell e Whitehead, è che un oggetto viene definito in termini di una classe di oggetti che contiene l'oggetto stesso. Sarebbe come dire che 3 è la classe di tutti gli insiemi che contengono 3 elementi. Simili definizioni sono dette anche impredicative, e si trovano soprattutto nella teoria degli insiemi.
Questi paradossi turbarono profondamente i matematici, perché compromettevano non solo la teoria degli insiemi, ma una larga fetta dell'analisi classica.
L 'assiomatizzazione della teoria degli insiemi
L' assiomatizzazione della geometria e dei sistemi numerici aveva risolto problemi logici in quelle aree, e sembrava probabile che con l'assiomatizzazione si sarebbero chiarite le difficoltà della teoria degli insiemi. Il primo ad affrontare il compito fu il matematico tedesco Zermelo (1871-1953), il quale era convinto che i paradossi nascessero dal fatto che Cantor non aveva ristretto il concetto di insieme. Nel 1895 Cantor aveva definito un insieme come una collezione di oggetti distinti della nostra intuizione o del nostro pensiero. La cosa era piuttosto vaga, e perciò Zermelo sperava che assiomi chiari ed espliciti avrebbero chiarito ciò che si deve intendere con insieme e quali proprietà esso debba avere. Cantor stesso non era inconsapevole del fatto che il suo concetto di insieme creava dei problemi. In una lettera a Dedekind del 1899 distingueva fra insiemi coerenti e insiemi incoerenti. Zermelo pensava di poter restringere la definizione di insieme agli insiemi coerenti di Cantor, e che questo sarebbe stato sufficiente per la matematica. Il suo sistema assiomatico conteneva concetti fondamentali e relazioni, definiti solo dagli enunciati degli assiomi stessi. Fra questi c'era il concetto stesso di insieme e la relazione di appartenenza a un insieme. Non veniva usata alcuna proprietà degli insiemi che non fosse garantita dagli assiomi. Anche l'esistenza di un insieme infinito e operazioni quali l'unione di insiemi e la formazione di sottoinsiemi venivano fornite dagli assiomi.
Il programma di Zermelo prevedeva di ammettere nella teoria degli insiemi solo quelle classi che con meno probabilità avrebbero generato contraddizioni. Perciò la classe nulla, ogni classe finita e la classe dei numeri interi sembravano sicure. Data una classe sicura, le classi formate da essa, ogni sottoclasse, l'unione delle classi sicure e la classe di tutti i sottoinsiemi di una classe sicura, dovrebbero essere classi sicure. Tuttavia egli evitava la complementazione perché, mentre x può essere una classe sicura, il suo complemento, cioè tutti i non-x, potrebbe non essere sicuro in qualche universo di oggetti.
La teoria formale degli insiemi di Zermelo evita i paradossi, almeno in quanto finora non ne sono stati scoperti all'interno della teoria. Tuttavia la coerenza della teoria degli insiemi assiomatizzata non è stata dimostrata. A proposito della questione aperta della coerenza, Poincarè osservò:
"Abbiamo messo un recinto intorno al gregge per proteggerlo dai lupi, ma non sappiamo se ci fossero già dei lupi nel gregge".
L' assiomatizzazione della teoria degli insiemi, anche se lasciava aperte questioni quali la coerenza, avrebbe potuto tranquillizzare i matematici a proposito dei paradossi e portare a un declino dell'interesse per i fondamenti. Ma ormai erano divenute attive e agguerrite molte scuole di pensiero sui fondamenti, indubbiamente risvegliate dai paradossi e dal problema della coerenza. Ai fautori di queste filosofie il metodo assiomatico proposto da Zermelo e da altri non parve soddisfacente. Secondo alcuni esso era discutibile perché presupponeva l'uso della logica, proprio quando la logica e le sue relazioni con la matematica erano sotto indagine. Altri, più radicali, discutevano dell'opportunità di fare affidamento su qualsiasi tipo di logica, soprattutto se applicata agli insiemi infiniti.
Le tre scuole
La scuola logista
i cui fondatori furono Bertrand Russell e Alfred North Whitehead (1861-1947), si ripropone di fondare tutta la matematica sulla logica: al lavoro di tale scuola si deve, tra l'altro, gran parte del formalismo logico oggi comunemente adottato. Come abbiamo già visto, l'analisi infinitesimale viene fondata sull'aritmetica e questa, a sua volta, sulla teoria degli insiemi: la teoria degli insiemi viene ridotta quindi alla logica: non è necessario alcuno degli assiomi propri di ciascuna delle teorie matematiche, che divengono così semplici estensioni della logica e dei suoi assiomi. Tuttavia, per rendere possibile tale costruzione, i logicisti dovettero introdurre degli assiomi, quali l'assioma della scelta e l'assioma della riducibilità, che furono fortemente criticati, essendo molto lontani dall'evidenza intuitiva che solitamente si richiede a un assioma. Oggetto di forti critiche fu anche la complessiva artificiosità della costruzione logicista.
La scuola intuizionista
i cui rappresentanti più importanti sono senza dubbio il francese Jules Henry Poincaré (1854-1912) e l'olandese Luitzen Egbertus Brouwer (1881-1966), si propone invece di rifondere la matematica su basi costruttive e finitiste: il concetto di infinito in atto è, secondo l'intuizionismo, il peccato originale della matematica e la causa di tutti i paradossi. Si osservi che non viene respinto in blocco il concetto di infinito: ad esempio, il concetto di numero naturale è considerato legittimo, in quanto ogni numero naturale può essere costruito applicando la funzione successivo un numero finito di volte a partire dallo zero; l'insieme dei numeri naturali può essere quindi considerato legittimamente, a condizione che lo si consideri come dato in potenza, in quanto ogni suo elemento è costruibile, ma non può essere considerato come dato nella sua totalità.
Questo approccio porta a rifiutare l'applicazione della legge del terzo escluso agli insiemi infiniti: dalla dimostrazione che non tutti gli elementi di un insieme infinito godono di una certa proprietà, non è lecito dedurre l'esistenza di qualche elemento che non gode di tale proprietà, a meno che un tale elemento non possa essere individuato con un procedimento costruttivo. Analogamente è respinta ogni definizione che non indichi esplicitamente il metodo necessario a costruire l'oggetto definito. Il concetto di numero reale, così com'è a noi noto, non è legittimo: gli intuizionisti accettano solo i numeri reali ricorsivi, ossia quei numeri reali che possono essere effettivamente approssimati con una qualunque precisione prefissata in un numero finito di passi.
L'approccio intuizionista è apparentemente molto limitativo, in quanto nega validità alle dimostrazioni per assurdo così comuni nella matematica e, per questo, incontrò forti resistenze. Ciò nonostante gli intuizionisti riescono a ricostruire, sulle basi da essi proposte, buona parte della matematica classica e dell'analisi infinitesimale.
La scuola formalista
rappresentata soprattutto dal tedesco David Hilbert fu forse quella il cui programma ebbe, paradossalmente, più successo anche negli insuccessi. Il formalismo si propone di chiarire alcuni fondamentali concetti matematici e metamatematici, quali i concetti di coerenza, dimostrazione e lo stesso concetto di verità, applicando a essi gli stessi metodi della matematica. Nel far ciò assume e rielabora la logica formale proposta dai logicisti e pone così le basi di molte fruttuose teorie, quali la logica matematica nella sua forma attuale, la teoria della ricorsivi, la teoria della dimostrazione, la teoria dei modelli. Pur accettando nella matematica il concetto di infinito e le dimostrazioni per assurdo, il formalismo, per mettersi al riparo dalle critiche intuizioniste e da eventuali paradossi, a livello metamatematico cerca di limitarsi all'applicazione di metodi finitisti e costruttivi. Non ci dilungheremo oltre nell'esposizione dell'approccio formalista, perché esso è, sostanzialmente, quello seguito nella parte teorica di questo capitolo. Ci limitiamo a osservare che il programma di Hilbert, che era quello di dimostrare la coerenza dell'aritmetica, fallì definitivamente nel 1931, quando l'austriaco Kurt Gödel -1978) dimostrò l'indimostrabilità della coerenza dell'aritmetica con metodi finitisti: si tratta di un corollario del famoso teorema d'incompletezza.
1° teorema di Gödel:
Se il sistema formale P è non contraddittorio, allora è sintatticamente incompleto, nel senso che esiste una proposizione G di P tale che tanto G quanto ~G sono indimostrabili in P.
2° teorema di Gödel: se P è non contraddittorio, la sua non contraddittorietà non può essere dimostrata in P; più precisamente scelta opportunamente una formula, diciamo N(P), che esprime la non contraddittorietà di P, si ha che N(P) è indimostrabile in P.
Concludendo, si può dire che nessuna delle tre scuole riuscì a raggiungere gli obiettivi che si era prefissata: il logicismo e l'intuizionismo, per motivi diversi, non riuscirono a fornire un approccio alla matematica universalmente accettabile, mentre il formalismo, che ebbe indubbiamente più successo, si scontrò con i risultati di Gödel. Tuttavia, molte delle proposte di questi movimenti ebbero una notevole influenza e aprirono le porte a nuovi fruttuosi sviluppi che ancora oggi sono al centro della ricerca. Nonostante l'«impasse» a cui è giunta la ricerca sui fondamenti, la matematica resta viva e vitale.
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