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Geometrie non euclidee




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GEOMETRIE NON EUCLIDEE


Il matematico greco Euclide diede nei suoi "Elementi" una sistemazione teorica alla geometria destinata a durare per oltre due millenni.

Ma l'importanza degli "Elementi" va al di là della geometria: in tale testo, infatti, il metodo ipotetico-deduttivo viene per la prima volta utilizzato nella costruzione di un sistema teorico di vasto respiro. Tale metodo è stato, fino ai primi decenni del XX secolo, il modello a cui si è ispirata tutta la matematica.

Ognuno dei tredici libri in cui si articolano: "Elementi" comincia con i "termini" che corrispondono a ciò che noi attualmente chiamiamo "definizioni". All'inizio del primo libro compaiono poi gli "assiomi" ed i "postulati" (=sia gli assiomi, sia i postulati sono asserzioni la cui verità è considerata da Euclide come evidente. I postulati riguardano concetti strettamente geometrici, mentre gli assiomi sono enunciati matematici di carattere generale). Attualmente nella matematica moderna, i due termini "assiomi" e "postulati" sono divenuti sinonimi.

Ogni altra asserzione è invece dimostrata.

In questo modo il ricorso all'intuizione come garanzia di verità, se da un lato è reso esplicito (con gli assiomi ed i postulati) dall'altro invece, è circoscritto e limitato ad un "minimo indispensabile".

Questo atteggiamento ha improntato tutta la storia della matematica.

Euclide dunque, per evitare ulteriori appelli all'evidenza intuitiva, in ogni dimostrazione ammette come veri solo gli assiomi, i postulati, e le definizioni precedentemente dimostrate.

Riporto di seguito gli assiomi ed i postulati su cui è basata l'intera teoria euclidea:

ASSIOMI

cose che sono uguali alla stessa cosa, sono uguali tra di loro;

se a cose uguali sono addizionate a cose uguali, le loro somme sono uguali;

se da cose uguali sono sottratte cose uguali, le loro differenze sono uguali;

se a cose sono addizionate cose diseguali, le loro somme sono diseguali;

i doppi di una stessa cosa sono uguali tra loro;

le metà di una stessa cosa sono uguali tra loro;

cose che coincidono tra loro sono tra loro uguali;

il tutto è maggiore della parte.

POSTULATI

Risulti postulato: che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto a ogni altro punto;

E che una retta terminata si possa prolungare continuamente in una retta;

E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro ed ogni raggio;

E che tutti gli angoli retti sono uguali tra loro;

E che, se una retta venendo a cadere su due rette, forma gli angoli interni e dalla stessa parte la cui somma sia minore di due angoli retti, le due rette prolungate illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli la cui somma è minore di due angoli retti.


Per quanto concerne gli assiomi si può notare che il concetto euclideo di uguaglianza comprende i concetti moderni di congruenza e di equivalenza.

Dai postulati 1,2 e 5 si deduce che ciò che Euclide designa con il termine retta attualmente viene definito come segmento di retta. La retta illimitata come intesa attualmente, non esiste secondo Euclide "in atto" ma solo "in potenza", richiamando con questa teoria i concetti base della filosofia di Aristotele.

Attualmente la critica moderna ha messo in luce diversi "postulati sottointesi" a cui Euclide nella sua trattazione fa riferimento, senza enunciarli esplicitamente.

Attualmente i cinque postulati sopraesposti vengono così definiti:

Si afferma l'esistenza di una retta passante per due punti distinti qualsiasi;

Illimitatezza della retta;

Attualmente enunciato come "postulato del trasporto di segmento";

Non ha equivalenti nei moderni manuali di geometria;

Oggi il quinto postulato viene enunciato in modo molto diverso da quello originario: "PER UN PUNTO ESTERNO AD UNA DATA RETTA, PASSA UNA ED UNA SOLA RETTA AD ESSA PARALLELA

Il quinto postulato degli "Elementi" detto anche "postulato delle parallele", ricopre  un ruolo centrale nella nascita delle geometrie non-euclidee.

Le prime perplessità nei confronti di questo postulato sono da attribuirsi alla stesso Euclide. Per capire la natura dei problemi suscitati dal quinto postulato si deve riflettere su alcune considerazioni:

il postulato delle parallele non ha un'evidenza immediata e non rimanda ad alcuna costruzione geometrica. Inoltre i primi quattro postulati restano validi se l'attenzione viene circoscritta ad una porzione circoscritta del piano. Ciò non vale per il quinto postulato infatti:












Le due rette r ed s (nella figura di cui sopra) per formando con t angoli coniugati interni α e β la cui somma è minore di 180°, non si incontrano nella parte di piano delimitata dalla linea blu. Ma se si considera una porzione di piano più ampia, come quella delimitata dalla linea nera, le rette r ed s si incontrano. Si possono inoltre trovare altre rette r' ed s' che, pur formando angoli coniugati interni con t la cui somma è minore di 180° non si incontrano neanche nella parte di piano definita dalla linea nera.

Quindi si può affermare che il quinto postulato della geometria euclidea non vale in tutte le parti di piano limitate (appunto perché le rette possono non incontrarsi nella parte di piano considerata ma possono incontrarsi nella parte esterna al piano considerato).


Se si considera uno spazio illimitato cosa succede? Il quinto postulato può essere ritenuto valido?


Per duemila anni si sono succeduti numerosi tentativi di eliminare il riscorso al postulato delle parallele senza distruggere l'edificio teorico euclideo. Questi tentativi possono essere classificati in tre diverse categorie:

1) sostituzione del quinto postulato di Euclideo con altri la cui evidenza intuitiva è maggiore;

2) riformulare la definizione di parallelismo per rendere superflua l'applicazione del quinto postulato euclideo;

3) tentativo di dimostrazione della veridicità del quinto postulato di Euclide in modo tale da essere reinserito negli "Elementi" come teorema.

Tuttavia nessuno dei tentativi qui analizzati resiste alle critiche successive.


Gli  sforzi di dimostrare il quinto postulato di Euclide continuano ad avere scarso successo fino al XVII secolo. L'italiano Saccheri ha il merito di aprire una nuova strada tentando di dimostrare il postulato delle parallele per assurdo. In tal modo, pur non riuscendo nel suo intento, getta inconsapevolmente le basi delle geometrie non-euclidee.

Il modo di procedere nelle dimostrazioni pera assurdo consiste nel negare la tesi che si vuole dimostrare e nel trarne le conseguenze si giunge ad una contraddizione.

Saccheri parte dalla negazione non del postulato delle parallele ma di una proposizione ad esso equivalente.

Saccheri comincia con il considerare una figura geometriche che chiama quadrilatero birettangolo. Considerata questa figura, cosa si può dire degli angoli in C e in D?

In linea di principio si possono ammettere tre possibilità:

- angoli in C ed in D sono acuti;

- angoli in C ed in D sono retti;

- angoli in C ed in D sono ottusi.

Saccheri dimostra che se una delle tre ipotesi vale per questo particolare quadrilatero birettangolo tale ipotesi vale per ogni altro quadrilatero birettangolo.

Nella geometria tradizionale vale l'ipotesi dell'angolo retto ma per dimostrarne la veridicità occorre far ricorso al postulato delle rette parallele. Nel caso in cui si ammettesse che gli angoli considerati sono retti, si potrebbe facilmente risalire al quinto postulato di Euclide. L'ipotesi dell'angolo retto è quindi la proposizione equivalente che Saccheri nega nella sua dimostrazione per assurdo, per dimostrarne alla fine la veridicità.


Quindi per assurdo Saccheri nega l'ipotesi dell'angolo retto, e considera vera l'ipotesi degli angoli ottusi e ne trae alcune osservazioni:

1) la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di 180°;

2) una perpendicolare ed una obliqua alla stessa retta si incontrano sempre.

Quest'ultima osservazione permette a Saccheri di eliminare l'ipotesi dell'angolo ottuso: infatti da essa si può risalire al postulato delle rette parallele che era stato negato in principio.


La ricerca della contraddizione nella dimostrazione per assurdo, partendo dal considerare vera l'ipotesi dell'angolo acuto è più complicata; Saccheri espone le osservazioni che si possono dedurre dal fatto che gli angoli in D ed in C siamo acuti:

1) la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di un angolo piatto;

2) si possono trovare una perpendicolare ed un'obliqua ad una stessa retta che non si incontrano mai;

3) data una retta r ed un punto P, ad essa esterno, esistono due rette a e b, passanti per P, che hanno le seguenti proprietà:

- ogni retta passante per P che cade all'interno dei due angoli formati da a e b, che non intersecano la retta r, che non contengono la perpendicolare da P ad r, non incontra r;

- ogni retta passante per P, che cade all'esterno di tali angoli, incontra r.

- esistono delle rette asintotiche in questo caso a e b, che non secheranno mai la retta r.
















Saccheri non riesce a dedurre dall'ipotesi dell'angolo acuto una vera e propria contraddizione, accontentandosi di concludere la propria ricerca con il definire il risultato ottenuto come ".ripugnante la natura di linea retta.".


Molti matematici proseguono le ricerche di Saccheri fino all'arrivo di Lobačevskij.


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