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Geometria: il limite euclideo




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Geometria: il limite euclideo


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GEOMETRIA: IL LIMITE EUCLIDEO



La scienza è sempre stata considerata la disciplina esatta ed indiscutibile per eccellenza. La matematica e la geometria, in questo senso non fanno eccezione. Esse, infatti, sono universalmente considerate i pilastri fondanti di tutte le ricerche scientifiche moderne, perché assolutamente indispensabili ed incrollabili. Non a caso tutti sanno che "la matematica non è un'opinione". Queste due discipline hanno sempre fatto parte della vita dell'uomo, persino agli inizi della civiltà, e hanno contribuito alla realizzazione del mondo come lo conosciamo ora. Perciò prima di poter parlare del limite che la geometria euclidea ha rappresentato per secoli è necessario capire da dove essa sia nata. La geometria trova le proprie origini nella soddisfazione di bisogni pratici, in particolare  nasce dall'esigenza di misurare i campi, tanto è vero che il termine stesso geometria significa "misura della terra" (da ge = terra e metron = misura). Gli Egizi e i Babilonesi furono i primi a parlare di concetti come l'area, la lunghezza, il volume, concetti per noi quasi scontati, ma estremamente utili per costruire strade, templi, dividere campi.

In Grecia, l'attività culturale era estremamente florida e si può dire che qui tutto il sapere matematico venne rielaborato e di molto espanso. Basti pensare alla scuola Pitagorica o a Euclide per capire quanti passi avanti abbiano fatto la matematica e la geometria in quel tempo. Oramai, si rendeva necessaria una teorizzazione di tutti i principi geometrici già utilizzati a livello pratico per poter considerare la geometria non più solo uno strumento, ma anche una scienza. Ed è proprio stato questo il merito di Euclide, l'essere stato capace di svincolare la geometria dagli oggetti materiali e l'averla resa un insieme unitario di principi.

Di Euclide e della sua vita sappiamo molto poco e le uniche testimonianze rimaste sono quelle di Proclo, filosofo vissuto nel V secolo d.c. Dai suoi scritti è possibile dedurre che Euclide sia vissuto attorno al 300 a.c. ad Alessandria d'Egitto. La sua opera più importante, in cui egli pone la basi per la sua geometria, si intitola "Elementi". Essa è composta da 13 libri e riassume tutte le conoscenze geometriche del tempo messe insieme e rielaborate da Euclide stesso.  Dei tredici libri, i primi sei trattano le proposizioni fondamentali della geometria piana, i successivi tre trattano i numeri e le loro proprietà (Euclide fu il primo a teorizzare che i numeri fossero infiniti), il decimo classifica i numeri irrazionali e gli ultimi tre studiano la geometria solida. L'opera, che originariamente non aveva né prefazione né introduzione, cominciava proponendo una serie di definizioni a cui seguivano 4 assiomi e 5 postulati e alcuni teoremi. Euclide evidenzia la differenza fra i due, definendo l'assioma come un principio generale della logica, cioè una verità inconfutabile; i postulati, invece, sono affermazioni dal contenuto geometrico. Perciò, si può dire che sui 5 postulati egli ha fondato tutta la sua riflessione e ha costruito la sua geometria.

Essi sono:

  1. Da un punto ad ogni altro punto è possibile condurre una linea retta
  2. Un segmento di linea retta può essere indefinitamente prolungato in linea retta
  3. Con centro e raggio scelti a piacere è possibile tracciare una circonferenza
  4. Tutti gli angoli retti sono uguali fra loro
  5. Se una retta, intersecando altre due rette, forma con esse angoli interni da una medesima parte la cui somma è minore di due retti, allora queste due rette indefinitamente prolungate finiscono con l'incontrarsi.

I primi 4 postulati vennero subito accettati, in quanto visti come verità assolutamente inconfutabili. Il problema si pose invece sull'interpretazione del V postulato. La spiegazione di per sé, è piuttosto semplice:








La retta GF interseca le altre due rette, AB e CD. Essa forma con queste coppie di angoli interni, che sono appunto α, β, γ e δ. Se la somma degli angoli di una delle due coppie fosse minore di 180°, allora le rette AB e CD opportunamente prolungate si intersecheranno.


Sulla base di questo postulato e degli altri quattro si fondano molti altri teoremi altrettanto importanti come il teorema di Pitagora, piuttosto che il teorema della somma degli angoli interni. Resta a questo punto da capire come mai il V postulato ha creato così tanti problemi e discussioni per i matematici dei secoli successivi. Infatti, per molto tempo, esso non venne ritenuto un postulato al pari degli altri quattro. Euclide stesso aveva molti dubbi riguardo la formulazione del V postulato tanto che rimase indeciso fino all'ultimo sulla sua pubblicazione e non lo utilizzo per spiegare le prime 28 proposizioni. Molti lo ritennero un teorema (in quanto scritto come se..allora.) e come tale andava dimostrato tramite l'utilizzo degli altri postulati. Tutto ciò diede origine a numerose pseudo dimostrazioni che si rivelarono inesatte e non portarono a nulla.

La figura, invece, dimostra ciò che il postulato intendeva e che verità geometrica voleva affermare.





Il tentativo più importante di dimostrazione del V postulato fu quello di Gerolamo Saccheri (1667- 1733), matematico e padre gesuita. Egli infatti non cercò di riformulare il V postulato, come in molti prima di lui avevano fatto, ma ipotizzò la sua negazione, convinto di arrivare ad un assurdo. Egli voleva quindi fare una dimostrazione per assurdo. In realtà, sebbene inconsapevolmente, stava mettendo le basi per la nascita di due nuove geometrie, dette appunto non euclidee in cui il V postulato è negato. Egli scrisse un trattato a questo proposito " Euclides ab omni naevo vindicatus", i cui obiettivi principali erano la dimostrazione della veridicità del postulato e la sua possibile deduzione dai postulati precedenti. Egli costruì una figura formata da due lati opposti uguali fra loro e da altri due lati perpendicolari ai primi chiamati base e sommità. Il risultato che ottenne fu un quadrilatero bi-rettangolo isoscele come quello in figura.








Data la figura, Saccheri valutò che gli angoli C e D dovessero essere uguali. A questo punto c'erano tre ipotesi da analizzare: gli angoli alla sommità sono retti, ottusi o acuti. Egli voleva considerare la seconda e la terza ipotesi, giungere ad un assurdo e dimostrare, quindi, che la prima ipotesi rimaneva per esclusione l'unica possibile. Tuttavia, i suoi studi non andarono esattamente come aveva previsto. Infatti, analizzando l'ipotesi che gli angoli alla sommità siano ottusi, Saccheri si rese conto che il V postulato di per sé non era incompatibile e lo stesso valeva anche per tutti i teoremi da esso deducibili. Tra questi egli considerò persino il teorema per cui la somma degli angoli interni di un quadrilatero è uguale a quattro angoli retti, teorema che nell'ipotesi dell'angolo ottuso non funziona. Perciò Saccheri si convinse dell'assurdità di questa ipotesi e la scartò. Lo stesso discorso venne fatto anche per gli angoli acuti, ottenendo lo stesso risultato. In realtà, Saccheri dimostrò che le ipotesi considerate erano incompatibili con le conseguenze descritte dalla geometria euclidea ma non che esse fossero assurde in generale. Di fatto, sebbene inconsapevolmente e contro la sua stessa volontà, egli aveva aperto la strada per la nascita delle geometrie non euclidee, e aveva permesso di arrivare alla negazione del V postulato.


Dopo la scoperta di Saccheri si aprì una nuova strada per la geometria. Era giunto il momento della rivoluzione delle geometrie non euclidee, rivoluzione che ha permesso lo sviluppo anche di altre branche della matematica, come l'algebra. Infatti, le geometrie non euclidee hanno permesso di capire come possa esistere una geometria coerente, sebbene essa non sia una rappresentazione evidente dello spazio fisico come lo conosciamo. Quindi, si può dire che almeno matematicamente si possono costruire nuovi spazi e nuove geometrie senza tener conto della loro interpretazione fisica. Oggi con il nome di geometrie non euclidee si intendono due diverse teorie:

geometria iperbolica

geometria ellittica



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