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Dato un numero naturale n, si chiama n fattoriale il numero denotato con n! ed ottenuto dal prodotto dei primi n numeri interi:
n! =
Si assume, per convenzione, 0! = 1.
Esempio
3! = ; 5! = ; 6! = .
Si chiama permutazione di una funzione biettiva p : .
L'insieme delle permutazioni di si denota con Sn ed è formato da n! elementi.
Ogni permutazione si può rappresentare con la scrittura:
oppure, più semplicemente, con:
dove pi = p(i).
Sia p Sn , si dice che p presenta una inversione nella coppia (h,k) x se h<k e p(h)>p(k).
Il numero di coppie di inversione per p si indica con (p). Si chiama segno di p il numero:
sign(p) = (-1) (p)
La permutazione p è detta di classe pari se sign(p) = 1 ((p) pari), di classe dispari se
sign(p) = -1 ((p) dispari).
Esempio
Consideriamo la permutazione: (6,8,1,7,5,3,4,2), l'insieme delle coppie di inversione è dato da:
quindi, (p) = 20 e p è di classe pari.
Il segno di una permutazione si può determinare calcolando le coppie di inversione oppure, più semplicemente, il numero di intersezione dei collegamenti: i ______ pi nella rappresentazione di p.
Esempio
La permutazione
è di classe pari in quanto i collegamenti: i ______ pi si intersecano due volte.
Sia A, si chiama determinante della matrice A il numero:
det (A) = =
cioè la somma di tutti i possibili prodotti di n elementi appartenenti a righe e colonne diverse tra loro.
Esempio
Calcoliamo il determinante della matrice:
A =
Le permutazioni di S2 sono:
p = q =
di cui la prima è di classe pari e la seconda di classe dispari. Dunque:
det(A) = .
Si provi, per esercizio, a calcolare la formula del determinante di una matrice quadrata di ordine 3.
Proprietà dei determinanti
Il determinante di una matrice A gode delle seguenti proprietà:
d1) = ;
d2) Se B è ottenuta scambiando due righe (o colonne) di A, allora = - ;
d3) Se B è ottenuta da A sommando ad una riga (o colonna) una combinazione lineare delle restanti righe (colonne), allora = ;
d4) Il determinante di A si annulla se e solo se le righe o le colonne di A sono linearmente dipendenti.
Calcolo del determinante con la regola di Laplace
Sia A, si dice complemento algebrico dell'elemento ahk , e si indica con Ahk, il determinante della matrice quadrata di ordine n-1 ottenuta da A sopprimendo la h-esima riga e la k-esima colonna preso con il segno (-1)h+k.
Teorema di Laplace. Il determinante di una matrice quadrata A di ordine n è dato dalla somma dei prodotti degli elementi di una sua riga (o colonna) per i rispettivi complementi algebrici. Cioè:
=
oppure
=
Esempio
Calcoliamo i determinante della matrice
A =
applicando la regola di Laplace alla seconda riga.
=
Il teorema di Laplace fornisce un metodo semplice per il calcolo del determinante. Ovviamente conviene applicarlo alla riga o colonna "più semplice", ossia alla linea contenente più zeri.
Teorema. Il determinante di una matrice triangolare è il prodotto degli elementi della diagonale principale.
Dimostrazione. Basta applicare il teorema di Laplace nel senso indicato dal seguente schema:
= = =
Calcolo del determinante con il metodo di eliminazione di Gauss
Il metodo di eliminazione di Gauss è una procedura che permette di trasformare una qualunque matrice quadrata A in una matrice triangolare , mediante una successione finita di trasformazioni elementari del tipo :
: scambio di due differenti righe: (o colonne: );
: somma di una riga (o colonna) con un'altra moltiplicata per uno scalare: ().
Poiché le trasformazioni del tipo cambiano il segno del determinante, mentre le trasformazioni del tipo non alterano il determinante, le matrici A ed avranno lo stesso determinante se si è operato un numero pari di scambi di righe o colonne, se invece si è operato un numero dispari di scambi allora = .
Descriviamo ora il metodo di eliminazione di Gauss. Sia
A =
Una matrice quadrata di ordine n. Mediante scambi di righe o colonne facciamo in modo che (se A è diversa dalla matrice nulla ciò è sempre possibile). Dobbiamo ora operare in modo che tutti gli elementi della prima colonna, eccetto il primo, siano nulli. Pertanto, per ogni basta sottrarre alla j-esima riga della matrice A la prima riga moltiplicata per .
Si ottiene così una matrice del tipo
=
che ha lo stesso determinante della matrice A o, al più, il suo opposto. Operando in modo analogo sulle colonna successive, si perviene ad una matrice triangolare il cui determinante differisce da quello di A al più per il segno.
Esempio
A =
tenuto conto che si è effettuato un solo scambio di righe, il determinante della matrice A risulta:
=
Rango di una matrice
La proprietà d4 consente di stabilire rapidamente se un sistema di n vettori numerici di ordine n, è linearmente dipendente o indipendente. Basta infatti considerare la matrice A che ammette i vettori come righe o come colonne e calcolare il determinante di A. Se = 0 allora i vettori saranno linearmente dipendenti, diversamente essi saranno linearmente indipendenti.
Esempio
Siano dati i vettori u = (1,1,2), v = (0,-1,1) e w = (1,3,0) di . Per stabilire se sono linearmente dipendenti, consideriamo la matrice
A = ;
Essendo = 0 allora i vettori u, v e w sono linearmente dipendenti.
Il metodo dei determinanti non è applicabile in generale, perché se l'ordine dei vettori è diverso dal numero dei vettori si ottiene una matrice non quadrata.
Per studiare in generale la dipendenza lineare di un sistema di vettori bisogna ricorrere al concetto di rango di una matrice.
Sia A, si dice minore di ordine k di A (km e kn) una matrice quadrata di ordine k ottenuta da A sopprimendo m-k righe e n-k colonne.
Esempio
A =
Sono minori di ordine due di A, ad esempio, le matrici:
,
è ottenuta da A sopprimendo la terza riga e la terza e quarta colonna; è ottenuta da A sopprimendo la prima riga e la prima e quarta colonna.
Si definisce rango di una matrice A, e si indica con (A), l'ordine massimo di un minore estratto da A con determinante diverso da zero.
Ovviamente, se la matrice A è quadrata di ordine n, allora (A) = n se e solo se il determinante di A è diverso da zero.
Teorema. Sia A, la dimensione dello spazio generato dalle righe della matrice A coincide con la dimensione dello spazio generato dalle colonne di A. Inoltre si ha:
(A) = dim L = dim L.
I minori della matrice aventi determinante non nullo e di ordine massimo (cioè pari al rango di A) sono detti minori fondamentali.
Le righe e le colonne che formano un minore fondamentale costituiscono una base, rispettivamente, di L e di L. Cioè costituiscono un sistema massimo di righe e di colonne linearmente indipendenti.
Esempio
Calcoliamo la dimensione ed una base del sottospazio vettoriale W di , dato da:
W = L((1,-1,2,0),(0,-1,1,1),(1,1,0,-2)).
Consideriamo la matrice:
A =
Poiché il minore formato dalle prime due righe e dalle prime due colonne ha determinante diverso da zero, allora il rango di A è almeno 2. Per stabile se vale 2 o 3, occorre esaminare i minori del terzo ordine. Ossia:
.
Il determinante di ciascuna di tali matrici è zero, pertanto il rango di A e quindi la dimensione di W è due. Il minore costituito dalle prime due righe e dalle prime due colonne è un minore fondamentale, dunque, una base di W è data da .
Osserviamo che, in generale, il minore fondamentale non è unico. Un altro minore fondamentale si ottiene, ad esempio, considerando le prime due righe e la seconda e quarta colonna.
Determinare gli altri minori fondamentali di A ed almeno un'altra base di W.
Il rango di una matrice può essere calcolato direttamente in base alla definizione, come nel precedente esempio, oppure, in modo più semplice, mediante il teorema degli orlati.
Sia A ed M un minore di ordine h della matrice A. Si definisce orlato di M ogni minore di A di ordine h+1 contenente M come minore.
Esempio
Consideriamo la seguente matrice
A = ,
e sia M i minore di ordine due ottenuto sopprimendo la prima riga e le prime due colonne, M=. Gli orlati di M sono:
A1 = A2 =
Teorema (degli orlati). Una matrice A ha rango h se e solo se esiste un minore di ordine h con determinante non nullo tale che tutti i suoi orlati abbiano determinante nullo.
Esempio
Calcoliamo il rango della matrice A data da
A =
Il minore M della matrice A formato dalle prime due righe e dalle prime due colonne di A ha determinante non nullo, dunque il rango di A è almeno due. Consideriamo gli orlati di M:
Poiché essi hanno tutti determinante nullo, il rango della matrice A è due.
Osserviamo che, in virtù del teorema degli orlati è stato sufficiente esaminare, nell'esempio precedente, il determinante di due minori di ordine tre. Ricorrendo direttamente alla definizione, per calcolare il rango di A, avremmo dovuto esaminare il determinante dei quattro possibili minori di ordine tre della matrice A.
Inversa di una matrice
Una matrice quadrata A si dice invertibile se esiste una matrice , detta matrice inversa, tale che .
Esempio
La matrice sarà invertibile se esiste una matrice tale che , cioè
Uguagliando le componenti si ottiene:
Dunque, la matrice è invertibile e la sua inversa è .
Per un calcolo più rapido della matrice inversa conviene applicare le seguenti proprietà:
A invertibile e .
A invertibile e .
Dove A* = (Aij) è la matrice i cui elementi sono i complementi algebrici degli elementi di uguale posizione di A.
Esempio
A = , det (A) = 2, A* = e A-1 = .
Sistemi lineari
Un sistema lineare è un insieme di m equazioni in n incognite a coefficienti in un campo K.
Un sistema lineare si può quindi indicare nel modo seguente:
S :
Con . Gli scalari si chiamano coefficienti delle incognite, mentre gli scalari si dicono termini noti.
Ad ogni sistema lineare S si può associare la matrice dei coefficienti A = (), detta anche matrice incompleta, e la cosiddetta matrice completa C ottenuta aggiungendo ad A la colonna dei termini noti.
C =
Esempio
S : A = C =
Denotate con le colonne della matrice completa , il sistema lineare S assume la seguente forma vettoriale:
Utilizzando, invece, il prodotto tra matrici, il sistema lineare S si può scrivere nella seguente forma matriciale:
AX = B
dove X = e B = .
Si chiama soluzione del sistema S una n-upla di K che verifica tutte le equazioni del sistema S, ossia:
o equivalentemente, utilizzando la forma vettoriale,
.
L'insieme delle soluzioni di S sarà indicato con Sol(S). Il sistema S si dice compatibile se Sol(S) , ossia esiste qualche soluzione, si dice, invece, incompatibile (o impossibile) se è privo di soluzioni, cioè Sol(S) =
Dalla relazione (*) si deduce che se il sistema S è compatibile allora la colonna dei termini noti è combinazione lineare delle colonne della matrice A. Viceversa se dipende linearmente dalle colonne della matrice A, allora esiste una n-upla di K tale che , ma questo vuol dire che è una soluzione, cioè che il sistema è compatibile. Possiamo allora concludere dicendo che il sistema S è compatibile se e solo se . Inoltre, se il sistema S è compatibile, le sue soluzioni sono tante quanti i modi di esprimere come combinazione lineare dei vettori . Questi risultati ci consentono di provare i seguenti:
Teorema di Rouché - Capelli. Un sistema lineare AX = B è compatibile se e solo se .
Dimostrazione. Sappiamo che = dim e
Se il sistema è compatibile, e, dunque, e .
Viceversa, se allora i sottospazi e hanno la stessa dimensione, ed essendo , essi necessariamente devono coincidere. Pertanto:
Dunque il sistema è compatibile.
Teorema di unicità. Sia AX = B un sistema di m equazioni in n incognite. Se == n, allora il sistema è compatibile ed ammette una sola soluzione.
Dimostrazione. Se == n, il sistema è compatibile per il teorema di Rouché - Capelli.
Inoltre, essendo = n, le colonne della matrice A sono linearmente indipendenti, dunque il vettore si può esprimere in un solo modo come combinazione lineare dei vettori e ciò comporta, per le considerazioni precedenti, l'unicità della soluzione.
Teorema di Cramer. Un sistema lineare AX = B in n equazioni ed n incognite tale che il determinante di A è diverso da zero, ammette una sola soluzione . Inoltre si ha:
,
Dove è la matrice ottenuta da sostituendo alla sua i-esima colonna la colonna dei termini noti.
Esempio
Il sistema ammette una sola soluzione data da:
, ,
Calcolo delle soluzioni col metodo di Gauss
Esamineremo adesso un metodo, molto usato, per il calcolo delle soluzioni di un sistema lineare, noto come il metodo di eliminazione di Gauss. Questo metodo consiste in una successione finita di operazioni sulle equazioni di un sistema lineare:
scambiare tra loro due equazioni;
sommare ad una equazione un'altra per uno scalare diverso da zero.
Ogni volta che si esegue una operazione di questo tipo si ottiene un nuovo sistema che ha le stesse soluzioni. Due sistemi aventi le stesse soluzioni si dicono equivalenti. Eseguendo queste operazioni opportunamente su di un sistema si perviene ad un sistema equivalente che si risolve a prima vista.
Illustriamo questo metodo attraverso alcuni esempi.
Esempio 1. Sistema con una sola soluzione.
E' facile verificare, in base ai teoremi precedenti, che tale sistema ammette una sola soluzione.
Per calcolare tale soluzione, con il metodo di eliminazione di Gauss, occorre eseguire sulle equazioni del sistema le stesse operazioni analoghe a quelle che si eseguono su una matrice quadrata per renderla triangolare.
Il primo passo serve a far in modo che il coefficiente della prima incognita nella prima equazione sia diverso da zero, mediante scambi di equazioni o di incognite. Nel nostro caso non occorre alcuna operazione perché il coefficiente della prima incognita, nella prima equazione, è diverso da zero.
Il secondo passo ha lo scopo di annullare il coefficiente della prima incognita in tutte le equazioni eccetto la prima. Per ottenere ciò, nel nostro caso, basta sottrarre alla seconda equazione la prima e alla terza equazione la prima moltiplicata 2. Dopo tali operazioni si ha:
Adesso basta proseguire allo stesso modo sul sistema costituito dalle ultime due equazioni del sistema. Cioè basta sottrarre alla terza equazione la seconda moltiplicata 1/2. Si ottiene così
Sostituendo nella seconda equazione il valore di z calcolato nella terza equazione si ottiene il valore di y, infine sostituendo nella prima equazione sia il valore di x che quello di z si ottiene la soluzione finale:
Esempio 2. Sistema con più soluzioni.
Procediamo direttamente sulla matrice completa associata al sistema:
A questo punto il corrispondente sistema di equazioni è
Poiché la terza equazione è, ovviamente sempre soddisfatta, il sistema si riduce alle prime due equazioni. Posto , il sistema diventa
Dunque le soluzioni del sistema sono le terne del tipo con variabile in R.
Esempio 3. Sistema privo di soluzioni.
Le prime due equazioni sono le stesse dell'esempio precedente, la terza equazione differisce, invece, da quella relativa all'esempio precedente per il solo termine noto. Ripetendo gli stessi passaggi eseguiti in precedenza si ha:
a cui corrisponde il sistema:
che risulta, chiaramente, privo di soluzioni.
Come si può osservare, con il metodo di eliminazione di Gauss non è necessario studiare il sistema rispetto alla compatibilità ed al numero di soluzioni, infatti queste informazioni si deducono direttamente dalla applicazione del suddetto procedimento.
Sistemi omogenei
Un sistema lineare si dice omogeneo se la colonna dei termini noti è nulla.
Un sistema omogeneo AX = 0 ammette come soluzione il vettore nullo e, quindi, è sempre compatibile. Per il teorema di unicità, se il rango della matrice A coincide col numero delle incognite, il vettore nullo è l'unica soluzione.
In particolare, se A è una matrice quadrata, cioè il sistema ha un numero di equazioni pari al numero delle incognite, allora il sistema omogeneo ammette una sola soluzione, quella nulla, se e solo se det A0.
Teorema. L'insieme delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo, AX = 0, è un sottospazio vettoriale di Kn di dimensione h = .
Teorema. Le soluzioni di un sistema lineare AX = B sono tutte e sole del tipo dove è una soluzione particolare di AX = B e è una soluzione di AX = 0, sistema omogeneo associato ad AX = B.
Dimostrazione. Sia una soluzione particolare di AX = B e Z una soluzione del sistema omogeneo associato, allora A= B e AZ = 0 e quindi, sommando membro a membro, A+AZ = A(+Z) = B. Pertanto (+Z) è una soluzione di AX = B.
Viceversa, se Y è una soluzione di AX = B e una soluzione particolare, allora AY - A= B -B = 0 e, quindi, Y - è una soluzione di AX = 0.
Facciamo vedere attraverso un esempio che ogni sottospazio vettoriale di Kn, di dimensione h, coincide con lo spazio delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo, la cui matrice associata ha rango n - h.
Esempio
Consideriamo il sottospazio di W = L ((1,2,0,-1),(0,1,0,1)). Un vettore di appartiene a W se e solo è combinazione lineare dei generatori di W, ossia
L'equazione vettoriale di cui sopra equivale al sistema di equazioni
da cui eliminando i parametri e si ottiene
Tali tipi di rappresentazioni sono note, rispettivamente, come rappresentazione parametrica e rappresentazione cartesiana del sottospazio W.
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