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TEMPO DELLA SCIENZA E TEMPO DELLA COSCIENZA
Henri Bergson discusse i presupposti e gli esiti della teoria della relatività nell'opera "Durata e simultaneità", scritta nel 1922. La questione centrale dell'opera riguarda ovviamente il tempo, che, dopo la grande rivoluzione teorica formulata da Einstein, sembra dover rinunciare alla propria unità e indivisibilità.
Bergson pone una radicale distinzione tra due diverse concezioni possibili del tempo, distinguendo tra tempo della scienza e tempo della vita o della coscienza.
Il tempo proposto dalle scienze è un susseguirsi ordinato e 'meccanico' di eventi, ovvero il tempo è rigidamente determinato nei suoi passaggi temporali dal passato, al presente e al futuro. Il tempo, per la fisica, è un susseguirsi di fotogrammi, analogamente alla pellicola cinematografica. Infatti esso è fatto di istanti tutti uguali ed è reversibile: un esperimento, ad esempio, può essere ripetuto più volte sempre con lo stesso risultato. In realtà, afferma Bergson, la suddivisione dell'azione in istantanee è un processo a posteriori messo in atto dalla mente umana, che cerca così di mettere ordine in una realtà che altrimenti sembrerebbe inafferrabile e incomprensibile. Se il tempo non fosse inteso come un susseguirsi ordinato di ricordi dal passato al presente, nulla sarebbe comprensibile.
Il tempo percepito dallo spirito non coincide con quello misurato dai fisici. La coscienza percepisce il tempo come durata, ovvero la coscienza vive il presente prolungandosi in parte nel passato e in parte nel futuro, vive il presente abbracciando l'immediato passato e l'immediato futuro, nell'impossibilità di congelare il presente in un unico momento definito (il presente è il ricordo dell'immediato passato e l'anticipazione dell'immediato futuro).
Inoltre la durata della coscienza non necessariamente vive il tempo dando ad ogni singolo attimo la stessa durata; per la coscienza vi sono attimi più intensi di altri e attimi più lunghi di altri, quindi il tempo della vita è fatto da istanti diversi qualitativamente ed eterogenei, al contrario di quelli omogenei del tempo della scienza. Per la coscienza un attimo può durare un'eternità, altri sembrano talmente veloci da non potersi nemmeno ricordare. La durata della coscienza è quindi il moto ondoso del presente che, tendendo sempre e comunque verso il futuro, trascina con sé qualche traccia del passato.
La nostra durata non è il susseguirsi di un istante a un altro istante: in tal caso esisterebbe solo il presente, il passato non si perpetuerebbe nel presente e non ci sarebbe evoluzione né durata concreta. La durata è l'incessante progredire del passato che intacca l'avvenire e che, progredendo, si accresce. E poiché si accresce continuamente, il passato si conserva indefinitamente.»
(H. Bergson, L'evoluzione creatrice, 1907)
Al contrario del tempo della scienza, il tempo della vita non è reversibile, in quanto fatto da momenti irripetibili: non è possibile ricreare un avvenimento già accaduto.
Conseguenza di questa sopravvivenza del passato è l'impossibilità, per una coscienza, di passare due volte per l'identico stato. Le circostanze possono ben rimanere le stesse: la persona su cui agiscono non è più la stessa, perché la colgono in un momento nuovo della sua storia. La nostra personalità che va via via formandosi mediante il progressivo accumularsi dell'esperienza, muta continuamente; e però nessuno stato di coscienza, anche se resta identico alla superficie, si ripete mai in profondità. Questo perché la nostra durata è irreversibile: per poter riviverne anche un momento solo bisognerebbe annullare il ricordo di tutti i momenti successivi.»
(H. Bergson, L'evoluzione creatrice, 1907)
Infine il tempo della fisica è fatto da momenti distinti l'uno dall'altro, mentre il tempo dell'esistenza da momenti che si compenetrano e si sommano tra di loro.
Ci sono due immagini significative proposte da Bergson per esemplificare i due concetti: il tempo della scienza ha come simbolo una collana di perle, uguali e distinte tra loro, mentre il tempo della durata è rappresentato da un gomitolo o da una valanga, dato che cresce continuamente su se stesso. Infatti è come una corrente in cui tutto è nuovo e nello stesso tempo conservato.
Secondo Bergson «per un essere cosciente esistere significa mutare, mutare significa maturarsi, maturarsi significa creare indefinitamente se stesso». In questo modo la vita spirituale diventa auto-creazione e libertà. Solo il tempo della vita è concreto ed è il nostro tempo interiore, al contrario il tempo della scienza è solo un concetto astratto, esteriore e spazializzato. Per questa ragione il filosofo identifica il primo come la durata reale, mentre ritiene che il secondo sia solo una costruzione formale di tipo fisico-matematico.
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