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Relatività ristretta
Nella stesura della teoria della relatività ristretta, pubblicata nel 1905, Einstein fu certamente molto influenzato dai lavori di Michelson e Morley e da quelli di Lorentz.
Michelson e Morley, infatti, avevano finalmente dimostrato l'infondatezza dell'esistenza dell'etere, fluido che avrebbe dovuto permeare tutto lo spazio. Comunemente si credeva che questo etere fosse il mezzo attraverso il quale la luce poteva propagarsi nello spazio. Tale mezzo avrebbe dovuto essere in quiete rispetto al Sole e quindi un osservatore sulla Terra avrebbe dovuto percepire un "vento di etere"dal momento che la Terra è in continuo movimento. Tale vento, però , fu dimostrato essere impercettibile attraverso un famoso esperimento basato sulla divisione della luce in due fasci, i quali, nonostante la direzione diversa, a parità di lunghezza del percorso, risultavano perfettamente sovrapponibili alla fine del tragitto. Era evidente dunque, che nulla aveva frenato uno dei due fasci e che quindi l'etere era da considerare inesistente.
Lorentz, quindi, per poter interpretare il risultato non previsto dall'esperimento e per ottenere che le equazioni di Maxwell potessero avere la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali, elaborò alcune equazioni: le trasformazioni di Lorentz.
Tali trasformazioni non erano altro che un artificio matematico realizzato per giustificare l'esistenza di alcuni fenomeni reali, in quanto Lorentz non era disposto a mettere da parte l'esistenza dell'etere. Queste equazioni nel caso di un moto traslato rispetto all'asse x risultano essere:
Dove x,y,z e t sono le coordinate posizionali e la coordinata temporale di un punto P del sistema S, se x',y',z' e t' sono le corrispondenti grandezze di un secondo sistema S' e se il vettore v è la velocità lungo l'asse x di S rispetto ad S' in moto rettilineo uniforme. Le relazioni permettono di passare da un sistema all'altro nell'ipotesi che gli assi dei due sistemi siano paralleli ed equiversi e che all'istante t=t'=0 le origini dei due sistemi siano coincidenti.
Per quanto riguarda l'esperimento di Michelson e Morley , Lorentz , facendo propria una ipotesi formulata inizialmente da Fitzgerald, attribuì il risultato negativo dell'esperimento alla contrazione longitudinale dei corpi in un movimento attraverso l'etere .
Sulla paternità della teoria della relatività e sulla sua prima formulazione non ci sono dubbi, ma appare evidente l'influsso di tali teorie.
La relatività ristretta si applica a situazioni in cui si può trascurare la forza di gravitazione ed esistono corpi che si muovono ad una velocità che è una frazione apprezzabile di quella della luce c. Nel limite in cui tutte le velocità sono molto piccole rispetto a c e la relatività ristretta si riduce alla meccanica newtoniana.
Eccone i capisaldi:
L'universo può essere osservato da un'infinità potenziale di osservatori equivalenti detti inerziali, in moto uniforme relativo per cui valgono immutati il principio di inerzia di Newton (un corpo su cui non agiscono forze si muove di moto uniforme) e il terzo principio (due corpi agiscono uno sull'altro con forze uguali e opposte).
Il secondo principio lega la forza F all' accelerazione a nella formula F=ma e deve essere modificato perché la massa inerziale m dipende dalla velocità e non può essere considerata constante.
La velocità della luce c è una costante universale che non dipende dal moto dell'osservatore né della sorgente della stessa. Componendo due velocità u e v non otteniamo più la somma u+v bensì un valore che risulta sempre minore di c se u e v sono minori di questa. Se u=c oppure v=c otteniamo sempre c in accordo con la costanza della velocità della luce che appare come un muro insuperabile. Ed effettivamente il valore della massa inerziale discussa al primo punto tede ad infinito se la velocità del corpo tende a c, per cui l' accelerazione indotta da una forza data F tende a zero in questo limite.
La cinematica relativistica induce tre effetti che non hanno analogo nella meccanica newtoniana. Dilatazione di tempi: dati due
sistemi di riferimento O e O' l'uno in moto rettilineo uniforme rispetto all'altro, la durata Dt di un certo fenomeno è maggiore di quella Dt' dello stesso fenomeno quando il sistema è fermo. L'osservatore O percepisce la durata del fenomeno dilatata di un fattore , dove . Inoltre dobbiamo distinguere il tempo proprio, ovvero il tempo del sistema di riferimento in cui l'orologio è in quiete, dal tempo non proprio, ovvero quello dell'osservatore O rispetto al quale O' è in moto con velocità v. Nessuno è un sistema privilegiato dal momento che la dilatazione dei tempi è un effetto perfettamente simmetrico. Contrazione delle lunghezze:dati due sistemi di riferimento O e O' l'uno in moto rettilineo uniforme rispetto all'altro, un dato oggetto di lunghezza x solidale con il sistema di riferimento in moto, verrà percepito dall'osservatore O ridotto in lunghezza di in un fattore .
Dissincronismo: due eventi che sono sincroni per un osservatore inerziale non lo sono più necessariamente per un secondo osservatore in moto relativo. Il tempo non fluisce più nello stesso modo per tutti gli osservatori, ossia equabilmente, come diceva Newton. Tutti questi effetti possono essere considerati come aspetti particolari della geometria dello spazio di Minkowsky (1909) in cui gli eventi sono caratterizzati dalla loro posizione nello spazio e dall'istante in cui avvengono. Lo spazio-tempo è quindi un continuo a quattro dimensioni, tre spaziali ed una temporale i cui punti individuabili su un sistema di assi sono gli eventi . La relatività generale espande ulteriormente il concetto includendo spazi con curvatura.
Equivalenza di massa ed energia. Aggiungendo l'energia E ad un corpo materiale la sua massa aumenta di. La massa che scompare in una reazione chimica o nucleare deve ritrovarsi sotto forma di energia secondo la legge . Un grammo massa corrisponde quindi a circa 21 milioni di kWh.
Effetto Doppler. La luce emessa da una sorgente che si allontana viene ricevuta con frequenza diminuita di un fattore che dipende dalla velocità della sorgente. Questo fa sì che le varie componenti dello spettro visibile si spostino verso il rosso, da cui il nome redshift . Se la sorgente si allontanasse alla velocità della luce, la sua luce verrebbe ricevuta con frequenza nulla e cesserebbe di essere visibile.
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