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Le prime fonti di energia




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LE PRIME FONTI DI ENERGIA


Le fonti d'energia, utilizzate dapprima dall'uomo furono la forza meccanica ed eolica.

I mezzi e i metodi con i quali furono sfruttate, subirono lente modificazioni e migliorazioni per lunghi secoli, finché il progresso scientifico chiarendone i fondamentali teorici, non ne promosse la rapida evoluzione e la profonda trasformazione tra la fine del secolo XVIII e tutto il secolo XIX fino ai nostri giorni.





L'evoluzione nell'industria degli idrocarburi


La scoperta del petrolio e dei gas naturali risale a tempi molto remoti.

E' tuttavia, al 1859, ossia l'anno in cui Edwin Drake, scoprì per caso una quantità di petrolio a Titusville (Pennsylvania), che si fa risalire la nascita dell'industria del petrolio.

Il nuovo liquido rilevò ben presto la capacità di trasformarsi in prodotti di consumo che sostituirono (per i costi), i prodotti vegetali ed animali.

Per la diffusione del motore a scoppio.

Nel secondo cinquantennio di vita dell'industria, sotto l'impulso di necessità economiche e politiche secondo la rapidità del progresso tecnico scientifico, il petrolio trovò molti campi ed allargò enormemente i settori dove aveva cominciato ad installarsi, per costruire una preziosa materia futura per la chimica.






Il petrolio


Nome con cui s'indicano le miscele d'idrocarburi naturali, solidi liquidi e gassosi (dal latino Petroleum cioè olio di sasso)

Il petrolio è un liquido oleoso più o meno denso e vischioso di colore da giallo a bruno scuro e a nero, dotato di fluorescenza da verde ad azzurra, d'odore caratteristico, costituito prevalentemente da idrocarburi liquidi che contengono disciolti idrocarburi naturali solidi o gassosi, accompagnate da piccole percentuali di composti ossigenati, solforati e azotati. La composizione elementare dei petroli è compresa nei seguenti limiti:

C 79-89%; H = 9,5-15%; N = 0,02-2%; O = 0,1-7%; S = 0,01-6%

Gli idrocarburi costituenti appartengono alla serie paraffinica, naftenica e aromatica. Gli idrocarburi paraffinici presenti nei petroli, sono tutti quelli della serie CnH2n+2, a partire da n = 1 fino ad arrivare a n = 30-40, del tipo a struttura sia lineare che ramificata; quelli contenenti fino a quattro atomi di C sono gassosi, quelli fino a 16 sono liquidi, e quelli superiori sono solidi. I composti naftenici del petrolio sono idrocarburi del tipo (CH2)n, dove n può arrivare a valori di 20 circa; predominano però derivati del ciclopentano e cicloesano che costituiscono le strutture cicliche più stabili. Gli idrocarburi aromatici, sono caratterizzati dai derivati del benzene e della naftalina.

La maggior parte dei composti ossigenati presenti nel petrolio è di natura acida (acidi grassi alifatici, acidi naftenici); si hanno anche piccole quantità di fenoli.

I composti solforati, che rappresentano sempre composti indesiderati nei petroli, perché causano odori cattivi e soprattutto corrosioni, sono costituiti da idrogeno solforato, da solfuri e da disolfuri.

I composti azotati sono rappresentati da derivati, dalle basi azotate aromatiche e non aromatiche.





LAVORAZIONE

Il petrolio all'atto dell'estrazione, viene privato dell'acqua con la quale è mescolato, i petroli poi subiscono una distillazione (detta anche topping) in modo da separare, i costituenti del petrolio in varie frazioni principali che sono: oli leggeri che distillano a 190°C; oli medi che distillano fra 180 e 300°C; oli pesanti che distillano fra 280 e 350°C; il residuo è quello che non distilla al di sotto dei 350°C.

Ciascuna di queste distillazioni può ulteriormente essere separata, mediante il processo di distillazione, così da ottenere da questi oli, benzine leggere, medie e pesanti. La distillazione viene fatta in colonne, nelle quali i vari prodotti vengono prelevati a seconda delle altezze, queste colonne sono dette torri.

In queste torri il petrolio viene sottoposto ad una temperatura capace di vaporizzare le frazioni medie e leggere. I vapori uscenti dalla parte alta della torre, condensati, costituiscono la benzina leggera, le altre frazioni prelevate ad altezze intermedie e basse, vengono destinate a vari trattamenti.

Data la crescente richiesta di prodotti leggeri, a elevato numero d'ottano, da impiegare come carburante, si è cercato di aumentare la produzione, mediante cracking termico e catalitico, che portano alla scissione delle molecole degli idrocarburi più pesanti, dando prodotti a numero minore di atomi di C e quindi più leggeri. I vari tipi d'idrocarburi, si comportano in maniera diversa al riscaldamento; quelli paraffinici possono dare un idrocarburo paraffinico a minor numero d'atomi di C e uno olefinico secondo lo schema:

CnH2n+2 Cn-mH2(n-m)+2 + CmH2n.

Il punto dove avviene la rottura della catena, dipende dalla temperatura e dalla pressione sulla quale si opera. Nel cracking, la massa viene portata ad una temperatura di 600°C quindi le benzine che si ottengono, hanno una maggiore resistenza alla detonazione.

Un altro processo che utilizza catalizzatori è il reforming, che modifica la natura degli idrocarburi componenti attraverso reazioni d'isomerizzazione e di deidrogenazione, fa passare le paraffine ad isoparafine e gli idrocarburi naftenici ad aromatici. Le principali reazioni che si verificano nel reforming sono: la trasformazione del ciclopentano in cicloesano; la trasformazione del cicloesano in idrocarburi aromatici; il cracking degli idrocarburi paraffinici; l'isomerizzazione di paraffine a paraffine ramificate.

Le benzine leggere che si sono ottenute dalla distillazione o dai vari processi di cracking, contengono disciolti diversi idrocarburi, contenenti in genere fino a cinque atomi di C, questi idrocarburi vengono eliminati, introducendo la benzina in una torre di frazionamento, nella quale i prodotti leggeri escono dall'alto sotto forma di gas e abbiamo: propano, butano, butilene e propilene.

Nei processi di polimerizzazione, due molecole di olefine reagiscono fra loro dando ancora una molecola di olefina con peso molecolare più alto, la reazione può avvenire solo sotto l'azione del calore o in presenza di un catalizzatore termico.

Nei processi di alchilazione si fanno reagire fra loro due idrocarburi, uno saturo e l'altro non saturo, ottenendo un composto paraffinico non ramificato. Per esempio: isobutilene + isobutano = isoottano:

CH2 = C(CH3)2  + CH3CH(CH3)2 CH3C(CH3)2CH2CH(CH3)2

Col processo d'alchilazione si ottiene dalle olefine una quantità di benzina maggiore che con la polimerizzazione, quest'ultimo processo utilizza quasi tutte le olefine, mentre l'alchilazione agisce quasi su tutti gli isomeri del butilene, perciò a volte i due processi si applicano insieme, prima l'alchilazione e poi la polimerizzazione.

Dai vari processi di lavorazione del petrolio, si ottengono tra le varie frazioni anche le materie plastiche, un importante materiale per le industrie chimiche.






Le materie plastiche


Si suole comprendere sotto questa denominazione tutti quei composti sintetici di natura organica che durante una o più fasi della lavorazione, hanno in comune una proprietà più o meno accentuata: la plasticità.

Fino a qualche anno fa, le materie plastiche venivano chiamate resine sintetiche, però l'espressione non era corretta perché solo alcune possono intendersi come resine, mentre per la maggior parte sono dei veri materiali da costruzione, aventi proprietà del tutto nuove e superiori a quelle delle resine vere e proprie.

(1838) Le materie plastiche furono scoperte da Regnault, il quale fece polimerizzare spontaneamente alla luce del sole il cloruro di vinile, ottenendo un prodotto solido e plastico.

(1869) Si scoprì la celluloide, ottenuta dalla nitrazione della cellulosa.

(1884) Il francese Chardonnet ottenne, una fibra dalla nitrocellulosa, che sottoposta a filatura e tessitura, poteva sostituire la seta.

(1897) Kraemer e Spilker, ottenevano le resine cumaroniche, per polimerizzazione del cumarone.

(1901) Abbiamo le prime resine alchidiche.

(1905) Il dottor Baekeland, preparava per condensazione del fenolo con la formaldeide, un composto resinoso, chiamato dal suo nome bachelite.

(1920) Il cecoslovacco John, preparava un prodotto solido incolore e trasparente che chiamo pollopas.

Nel frattempo, si veniva affermando un'altra classe di prodotti: le resine viniliche e le resine acriliche.

(1929-36) Venivano messi in commercio i primi filati di nailon, ottenute dalla preparazione delle resine poliammidiche.

(1936) Abbiamo i primi brevetti riguardanti la produzione di prodotti solidi di polimerizzazione ad elevata pressione dell'etilene.

Più recentemente, sono venute in commercio altre due classi di resine che pur essendo largamente affermate sono ancora suscettibili di largo sviluppo; esse sono il vasto gruppo delle resine poliesteri ed epossidiche.

(1943) Per opera della società Dow Corning erano messe in commercio le prime resine del gruppo dei siliconi.


PREPARAZIONE DELLE MATERIE PLASTICHE

I composti macromolecolari da cui risultano costituite le varie materie plastiche possono essere prodotti di polimerizzazione (vale a dire polimeri formati da un unico monomero o da più monomeri, in altre parole copolimeri), o prodotti di policondensazione di peso molecolare sempre elevato. Le proprietà sia meccaniche, sia fisiche, che chimiche, dipendono dalla gran parte dalla grandezza e dalla struttura di queste macromolecole. Così i prodotti a struttura lineare risultano generalmente termoplastici e facilmente solubili, invece le macromolecole a struttura tridimensionale sono insolubili e termoindurenti, ovvero non possono più tornare alla loro plasticità originaria. E' possibile trasformare una macromolecola a struttura lineare in tridimensionale, in pratica passare da un materiale termoplastico ad uno termoindurente, da un materiale solubile ad uno insolubile.

Nei prodotti di policondensazione, si può ottenere la trasformazione usando un adeguato rapporto d'agente condensante o monomeri polifunzionali; nei prodotti di polimerizzazione occorre mescolare al monomero un pò di composto polifunzionale.

Il peso molecolare è notevolmente responsabile dello stato fisico e chimico dei vari prodotti. Così i polietileni di basso peso molecolare si presentano sotto forma di prodotti dalla consistenza cerosa; con il crescere del peso molecolare essi assumono sempre maggiore consistenza; in maniera analoga variano le loro proprietà meccaniche.

Un altro fattore che influenza notevolmente le caratteristiche delle varie materie plastiche è rappresentato dall'orientamento delle varie macromolecole; una loro parallelizzazione conferisce al materiale un aumento delle proprietà meccaniche; ciò è di grande interesse specie per la fibre tessili (nailon, ecc.)

Le materie plastiche possono classificarsi in vari modi, o prendendo come criterio distintivo, il campo d'applicazione in base alle caratteristiche fisico-meccaniche o alla natura chimica o ai metodi di preparazione. In base alle caratteristiche fisico- meccaniche si distinguono in fibrosi, in plastici (termoplastici e termoindurenti) e in elastici. In base alla natura chimica e ai metodi di preparazione, le materia plastiche possono distinguersi in naturali o derivate (da sostanze naturali già a struttura macromolecolare) e in sintetiche (ottenute per polimerizzazione o per policondensazione).


LAVORAZIONE

Secondo il loro comportamento al calore, torna utile fare una distinzione tra materie plastiche termoindurenti e materie plastiche termoplastiche. Le prime all'aumentare della temperatura divengono plastiche e facilmente forgiabili, ma al di là di un certo valore acquistano durezza e rigidità, in modo irreversibile. Le termoplastiche invece portate allo stato plastico, per aumento della temperatura e foggiate, acquistano durezza per raffreddamento, salvo a ridiventare plastiche ad una nuova somministrazione di calore. 

Le materie plastiche insieme al petrolio sono di primaria importanza nell'industria della chimica.



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