La radioastronomia
Par. 1) Lo studio delle onde
radio
Prima degli anni Cinquanta lo studio
astronomico era basato soltanto sull'analisi spettroscopica della luce emessa
dalle stelle. La nascita della radioastronomia si può far risalire agli anni
Trenta, quando l'ingegnere americano Karl Jansky intuì che un certo disturbo
nella ricezione delle onde radio intercontinentali era dovuto a radiazioni
extraterrestri emesse da oggetti stellari. Da quel momento gli studi
radioastronomici hanno avuto un incremento via via crescente, permettendo
grandi scoperte.
Par. 2) Le pulsar
L'dea
di costruire un telescopio a raggi X, sorta da una collaborazione tra Bruno
Rossi e Riccardo Giacconi, si concretizzò con il lancio di un piccolo
osservatorio disposto opportunamente in un missile. Le misure effettuate
portarono a pensare che dovesse esistere, al di fuori del sistema solare, una
intensa sorgente di raggi X. Essa fu battezzata Sco X-1; cinque anni più tardi si conoscevano già più di trenta
sorgenti, tra le quali quella della Nebulosa del Granchio. In breve tempo fu
accreditata una spiegazione secondo la quale l'intensa emissione X di una
sorgente solidale con la nebulosa del Granchio doveva essere causata dalla
presenza di una stella di neutroni immersa nei resti di una supernova esplosa
nel 1054, anno in cui l'evento fu registrato da astronomi cinesi. Il nucleo
collassato della supernova era dunque una stella di neutroni, con minime
dimensioni e densità elevatissima, che ruotava su se stessa ad alta velocità
emettendo nello spazio, ogni 0,033 secondi, un impulso. La sorgente X della
Nebulosa del Granchio fu adottata come modello di stella di neutroni rotante
comunemente chiamato pulsar e proposto nel 1967 da Franco Pacini.
La
scoperta delle pulsar risale al 1967 ed è dovuta agli astronomi Jocelyn Bell e
Anthony Hewish. Secondo le più recenti teorie, le pulsar sono stelle di materia
altamente compatta, formata prevalentemente da neutroni prodotti per collasso
gravitazionale. Si ritiene che tali residuati stellari possiedano un forte
campo magnetico, capace di intrappolare ed accelerare particelle cariche: a ciò
è dovuta l'emissione elettromagnetica in un fascio che ruota assieme alla
stella. I radiotelescopi percepiscono una "pulsazione" ogni volta che il fascio
di radiazione li investe (ad intervalli periodici).
Par. 3) Le quasar
Alcuni lontani sistemi stellari
presentano una marcata emissione nel campo delle radioonde. Queste galassie si
differenziano dalle altre per determinate caratteristiche fisiche, e sono per
questo denominate quasi-stellar
astronomical radio-source, ovvero quasar. Esse inviano segnali dalle
regioni più remote dell'universo, addirittura da distanze di miliardi di anni
luce. Se tali galassie fossero simili a tutte le altre, dovrebbero avere
dimensioni gigantesche per riuscire ad emettere una così forte radiazione, ma
al contrario esse sembrano di dimensioni abbastanza ridotte, se paragonate alle
galassie ordinarie. Tutto ciò fa supporre che il loro "motore energetico" non
sia la tradizionale reazione termonucleare, bensì la forza gravitazionale,
particolarmente intensa per la presenza di una grandissima massa. Al centro
delle quasar potrebbe infatti trovarsi un buco nero, attorno al quale tutta la
materia girerebbe vorticosamente per poi precipitarvi sopra, provocando
l'aumento della temperatura (che spiegherebbe l'enorme energia emessa). In ►fig.1 si vede una quasar che emette un "getto"
di materia altamente energetica.