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A cura di Riccardo Rosa
Alessandro Volta fu un grandissimo fisico e chimico italiano che nacque a Como nel 1745 e qui morì nel 1827. Sesto dei sette figli di del patrizio Filippo e di Maria Maddalena dei conti Inzaghi, rimasto orfano di padre, la sua educazione fu curata dallo zio paterno, canonico Alessandro, che avrebbe voluto avviarlo agli studi giuridici. Invece il giovane, ricco di cultura letteraria ma privo di preparazione scientifica fu attratto dagli studi naturalistici; lo appassionavano in particolare modo gli allora nascenti studi sull'elettricità e già dal 1763 si mise in relazione epistolare con i due maggiori elettrologi europei del tempo, J. A. Nollet e G. B. Beccaria. Esordì nel 1769 con una memoria epistolare ( De vi attractiva ignis electrici ac phaenomenis inde pendentibus) diretta dal Beccaria, col quale polemizzava su una interpretazione teorica del fenomeno di influenza elettrostatica, opponendogli una teoria strutturale, microscopica, alquanto macchinosa, nella quale introduceva, in forma qualora vaga, la considerazione dello "stato elettrico dei corpi", ossia, come oggi si dice, del potenziale. Volta approfondì la propria concezione teorica, passata allora inosservata, e la confort. con lavori sperimentali che fin dal 1765 aveva cominciato a eseguire nel laboratorio privato del suo condiscepolo canonico Giulio Cesare Gattoni. Frutto di questa sua grande tenacia di sforzi fu il suo primo grande successo, l'invenzione nel 1775 dell'elettroforo, precursore delle macchine a influenza elettrostatica costruite successivamente, che ebbe subito diffusione e gli dette rinomanza europea. Nello stesso anno ottenne la cattedra di fisica nelle scuole di Como; nel 1778 fu chiamato nell'università di Pavia come prof. di fisica sperimentale, mantenendo la cattedra per 35 anni. La sua fama si accrebbe progressivamente in seguito all'ideazione dell'eudiametro che impiegò per lo studio dei gas, giungendo alla scoperta del "gas delle paludi' (metano) e alla formulazione di alcune leggi sulla pressione dei miscugli gassosi. Volta, inoltre, compì importanti esperienze sulla dilatazione dell'aria e seppe definire in modo corretto i concetti di 'capacità elettrica' e 'di tensione elettrica'.
Negli anni in cui Volta svolgeva queste ricerche l'abate Luigi Galvani inizi. i suoi studi sulla elettricità negli animali, infatti mentre si trovava nel suo laboratorio un suo allievo per caso urt. una rana essiccata sfiorando i nervi della gamba.
Immediatamente la conseguente e violenta contrazione dei muscoli della rana fecero intuire che non poteva trattarsi di corrente elettrica. Così nel 1791 L. Galvani accertava che se si toccava con una estremità di un arco metallico il fascio di nervi 1ombari di una rana appena morta e scorticata e con l'altro capo i muscoli di una gamba, la rana guizza come scossa da violente convulsioni.
Galvani interpretava il fenomeno assomigliando il muscolo ad un condensatore, la cui armatura negativa fosse la superficie esterna e la positiva l'interna dove S innestato il nervo; l'arco metallico chiude il circuito e la conseguente corrente di "elettricità animale" attraversando il corpo della rana, ne provoca le convulsioni.
Volta dapprima aderì a questa teoria, ma presto riconobbe nella rana semplicemente un sensibile elettrometro animale, un elemento passivo. Egli rivolse l'attenzione a un particolare fisico, che già ripetutamente Galvani aveva
posto in rilievo, senza attribuirgli importanza decisiva: gli esperimenti sulla rana riuscivano molto meglio, se l'arco conduttore è costituito da due metalli diversi. In una celebre memoria del 1792 Volta ripudia la teoria di Galvani: i moti delle rane non sono dovuti al supposto condensatore animale, ma alla diversità dei metalli costituenti l'arco; il fluido messo in moto non è costituito da una presunta elettricità animale, ma da elettricità comune, la quale non solo irrita i nervi di moto, ma eccita anche i nervi di senso, perché si sente un sapore acido o alcalino facendo arco con un conduttore bimetallico tra la punta e un'altra parte della lingua; si percepisce inoltre una sensazione luminosa se i capi dell'arco si applicano rispettivamente alla lingua e al bulbo di un occhio. Volta aggiungeva cos altri due mezzi di rivelazione ai suo sensibili strumenti. Sorse così una lunga polemica tra Volta e Galvani, tra voltiani e galvaniani, tra la scuola di Pavia e quella di Bologna, che fu di pungolo all'ulteriore indagine di Volta e lo costrinse ad estendere via via la sua teoria del contatto.
Dapprima egli ammetteva che il "disequilibrio elettrico", e cioè la differenza di potenziale, si verificasse nel contatto dei metalli con i conduttori liquidi; poi ammise che si ha un disequilibrio anche nel contatto di due conduttori liquidi dissimili. Infine, nel 1796, dopo aver messo in evidenza con mezzi esclusivamente fisici (l'elettroscopio condensatore), la tensione che insorge nel contatto di due conduttori eterogenei, un'estesissima sperimentazione lo condusse alla teoria definitiva: si ha uno sbilancio elettrico (o tensione) nel contatto di due conduttori diversi. Su questo 'effetto Volta' si discusse per tutto il secolo XIX.
Volta continuando nella sperimentazione, scoprì che, mentre S impossibile sommare le tensioni formando una catena di coppie bimetalliche tutte uguali, si ottiene invece l'effetto additivo se si inserisce un conduttore umido tra le coppie bimetalliche tutte uguali e disposte nel medesimo ordine. All'apparecchio così costruito Volta dette dapprima il nome di 'organo elettrico artificiale', poi di ' appareil a colonne', che i francesi modificarono in ' appareil a pile', donde la denominazione di "pila" L'apparecchio, costruito alla fine del 1799, fu annunziato dal Volta in una famosa lettera del 20 marzo 1800 a Sir Joseph Banks, presidente della Royal Society. La scoperta si diffuse rapidamente e ne fu subito riconosciuta la grande importanza. Piovvero sullo scienziato onori e ricompense.
Nel 1801 l'Istituto di Francia, su proposta di Napoleone, gli assegnò una medaglia d'oro e un cospicuo premio in denaro; fu nominato membro della Consulta di Lione, nel 1803 fu eletto per acclamazione presidente dell'Istituto Nazionale Italiano di Bologna. Nel 1805 Napoleone gli assegnò una pensione annua. Nel 1809 lo nominò senatore del Regno d'Italia e nel 1814 lo fece conte. Dopo l'invenzione della pila l'attività di Volta si attenuò; tuttavia numerosi e ancora importanti sono i lavori da lui compiuti dopo il 1800; tra essi una celebre memoria sulla formazione della grandine. Accanto all'attività puramente scientifica di Volta non può essere dimenticata quella di maestro e di cittadino e ancora la sua attività di agricoltore. La controversia Galvani - Volta.
La controversia fra l'abate Luigi Galvani e Alessandro Volta sorse dall'affermazione del Galvani secondo il quale esisteva un fluido simile a quello elettrico insito negli animali, fluido di cui aveva postulato l'esistenza dopo aver condotto degli esperimenti su delle rane preparate denudandone il midollo spinale e i nervi crurali e lasciandoli collegati alle cosce Gli esperimenti condotti dal Galvani consistevano nel toccare con un arco metallico eterogeneo il nervo e il muscolo dell'animale, i cui muscoli si contraevano violentemente. Tale contrazione secondo il Galvani era prodotta da una rottura dell'equilibrio presente tra muscolo e nervo ad opera dell'arco; Il Volta che era stato in principio entusiasta delle teorie Galvaniche mostrò dei dubbi nel 1792, anno in cui affermò che non è il fluido elettrico insito nell'animale, bensì è il contatto fra due metalli di diversa specie o fra due corpi umidi a generare una differenza di potenziale e quindi a muovere il fluido elettrico attraverso la coscia della rana generandone la contrazione; egli si impegno a classificare anche quali fossero i metalli migliori per generare un flusso di corrente. Questa dichiarazione derivò dell'osservazione del fenomeno per il quale se si cercava di eccitare i muscoli di una rana con armature di metallo diverso invece che di armature omogenee avvenivano contrazioni molto più violente. La polemica spentasi nel 1793 si riaccese l'anno successivo quando il Galvani mostro un nuovo esperimento che dimostrava che la presenza di umidità non favoriva le contrazioni: prese infatti una rana nuda e ne toccò i nervi con la zampa di un'altra rana e vide che in presenza di saliva sui muscoli avvenivano forti contrazioni, ma non avveniva lo stesso in presenza d'acqua; per tutto risposta il Volta asserì che era impossibile provocare un fluido elettrico in presenza di archi omogenei. Fece a questo proposito un esperimento in cui realizzò circuiti i cui componenti erano l J una volta due conduttori di prima classe (così definiti da Volta i conduttori metallici) e da una rana, la seconda volta da un conduttore di prima e un conduttore di seconda classe (conduttori non metallici che Volta definì 'umidi') e da una rana e la terza volta da due conduttori di seconda classe e da una rana; in tutti e tre i casi si verificavano contrazioni in relazione ai tipi di conduttori usati ma in questi circuiti era sempre fondamentale la presenza di umidità per eccitare il fluido.
Questo fluido era molto simile al fluido elettrico, a tal punto da potersi definire esso stesso fluido elettrico ed era "imponderabile" poiché poteva attraversare anche i materiali più compatti; quei materiali che si lasciavano attraversare erano chiamati conduttori, mentre gli altri, quelli cioè che offrivano una resistenza al fluido erano detti isolanti. 'Se è impossibile creare uno squilibrio in un materiale omogeneo', affermava Galvani, ' allora lo squilibrio si crea fra i deferenti e l'animale o nell'animale stesso'. in tutti e due i casi si avvalorava l'ipotesi di Galvani. Ma l'esperimento successivo del Volta dimostrò come non era l'elettricità animale a scorrere tra nervo e muscolo bensì era un'energia comune generata dai pezzi di stagno e di argento. L'esperimento à infatti consisteva nel prendere una rana, isolarne i nervi crurali e trapassare con un uncino d'argento il piede posteriore e con un altro il piede anteriore. Presi poi un pezzo di stagno e uno di argento e messi questi a contatto formando un arco e toccando con una estremità un uncino e con l'altra estremità l'altro uncino Volta poté notare che non vi erano contrazioni ripetendo lo stesso esperimento ma separando lo stagno e l'argento Volta si accorse che le contrazioni erano abbastanza violente. Ne concluse che il fluido elettrico che passava dallo stagno all'argento attraverso il corpo di à colui che compiva l'esperimento passava anche attraverso la rana, che, contrariamente al primo esperimento, veniva a far parte del circuito e quindi stimolata. Questo esperimento non fu accettato dal Galvani poiché i risultati non erano costanti e non dimostrava l'inesistenza di un fluido animale .
Volta in una sua lettera afferma che questa viene rimossa dall'equilibrio nel quale si trova per l'azione delle armature metalliche e determinata dalle medesime a quella parte in cui esse scambievolmente di toccano quando fanno le veci dell'arco, o sono a contatto con un arco. Il Volta considerava cos le contrazioni come un puro stimolo meccanico e il corpo della rana si comportava come un qualsiasi conduttore e quindi lo stimolo meccanico era una pura e semplice conseguenza del passaggio della corrente elettrica nei nervi.
Galvani certo della esistenza di una elettricità animale si prepose lo scopo di scoprire i meccanismi naturali, insiti negli stessi animali, che la provocano, e cerco appunto qualcosa nella rana che si avvicinasse maggiormente al comportamento di un arco. Ne deduce che sono i nervi, che punti, compressi, o penetrati da sostanze come potassa mista o carbonato o da una semplice soluzione di sale marino, provocano delle contrazioni. Galvani ne deduce che all'interno dell'animale vi siano due archi: uno che porta la corrente dal nervo al muscolo, chiamato arco naturale esterno, e l'altro che porta l'elettricità dal muscolo al nervo, detto arco naturale interno. Gli archi secondo Galvani sono costituiti dagli involucri del nervo, dalle parti umide del nervo, dagli umori, dalle membrane, e dalle sostanze nervose. Questo arco comunicherebbe ad una estremità con la parte più intima delle fibre muscolari, mentre l'altra con la parte esterna del muscolo; quest'arco risulterebbe interrotto da una sostanza coibente formata da un olio finissimo mista ad una linfa che oppone resistenza al passaggio della corrente. La resistenza della linfa può essere facilmente spezzata con una corrente di una certa intensità e quando ciò avviene allora la corrente passa dall'interno delle fibre muscolari all'esterno del muscolo, provocando delle contrazioni. Egli spiega questo circolo di elettricità con la seguente teoria: una 'piccola torrente' di elettricità mossa dalla naturale tendenza all'equilibrio scorre per una legge naturale dell'animale, dalla intima parte delle fibre muscolari ai vari rametti nervosi che appartengono a tali fibre, e da tali rametti al nervo fuori dal muscolo; la medesima 'torrente' penetrando attraverso lo stato oleoso e coibente di questo nervo, trapassa alle membrane che lo investono, e per la sostanza di queste, o per l'umidità, si porta alla parte esterna delle fibre muscolari.
Questa torrente secondo il Galvani scorre placidamente quando i muscoli si trovano in uno stato di quiete, stato di quiete durante il quale tuttavia i muscoli sono sempre in uno stato di contrazione naturale per effetto della torrente che scorre al loro interno. Per ottenere una qualsiasi contrazione bisogna alterare lo stato di equilibrio della torrente, cosa che può essere fatta esclusivamente facendo deviare la torrente e non accrescendone velocità o forza. Deviando la torrente essa compie uno sbalzo da una parte e dall'altra del nervo. Per questo lo sbalzo che essa compie è da attribuire all'arco poiché o esso è un migliore deferente rispetto all'arco naturale esterno, o esso rappresenta un percorso pi- breve per la torrente. Galvani si prepose in seguito l'obbiettivo di scoprire quali fossero gli agenti interni che provocano le contrazioni e dedusse che quando un individuo vuol compiere un movimento, la nostra anima, agendo sul cervello, va a determinare una quantità maggiore di elettricità nel muscolo che vuole muovere, accrescendo l'attività dell'arco naturale. Galvani definì questa, allora, elettricità animale che sebbene sia simile per molti aspetti all'elettricità comune, ne differisce per altri e individua due leggi che determinano il suo comportamento:
L'elettricità animale agisce solo in presenza dell'arco
2) L'elettricità animale non si allontana mai dall'animale a cui appartiene, e circola solo all'interno di questo.
Egli si propose allora di scoprire come l'elettricità atmosferica o quella comune potesse stimolare quella animale tanto da provocare delle contrazioni.
Per opporsi a questa teoria il Volta volle ripetere degli esperimenti facendo cadere i nervi su un muscolo staccato dell'animale; egli osservò che avvenivano delle contrazioni, contrazioni che lui attribuì allo squilibrio che si creava fra i due metalli che costituivano le armature. Galvani cercò di replicare nel seguente modo : preparò una rana, pose il nervo sciatico su di una porzione di osso tagliato e mantenne la rana sospesa per una gamba con la mano, poi piegò la gamba per la quale la teneva lentamente, fino a che il nervo toccasse un muscolo e verificò che vi erano delle contrazioni; questo risultato fu per Galvani inconfutabile per dimostrare l'esistenza di una energia animale, ma per rendere anco più evidente l'esperimento sostituì alla coscia un qualsiasi coibente, ma in questo caso non si verificarono contrazioni; allora egli sostituì la coscia con una singola porzione di muscolo isolata con un coibente e anche in questo caso non si verificarono contrazioni. Poi sostituì l'arco metallico con un arco animale e in questo caso vi erano delle contrazioni, poi provò a mettere a contatto un nervo con una parte di muscolo isolata e verificò che non si avevano contrazioni: ciò dimostrava che vi era una elettricità animale accanto all'eterogeneità tra nervo e muscolo.
Successivamente Galvani fece un esperimento per dimostrare la non dipendenza delle contrazioni dall'eterogeneità delle armature : prese una rana e ne separò i due nervi sciatici lungo l'uscita del canale vertebrale e divise anche le gambe in modo che ognuna rimanesse con il proprio nervo . Quindi piegò il nervo di una ad arco, e sollevatolo con un cilindretto di vetro, lo fece cadere sull'arco nervoso toccandolo in due punti: così facendo la gamba si muoveva e l'armatura era omogenea . Successivamente Galvani decise di raggruppare tutte le leggi sull'elettricità animale che egli aveva sperimentato con le rane e trovò sette punti fondamentali:
1) L'elettricità, che induce contrazioni muscolari, è insita nei muscoli e nelle fibre muscolari ma in un differente stato. nei muscoli tale elettricità è positiva, nelle fibre è negativa. Tale differenza S dovuta alla struttura intima della fibra muscolare.
2) Lo sbilancio che si viene a creare grazie a tale differenza di carica genera l'elettricità che circola nel muscolo.
3) L'elettricità che parte nel muscolo far. ritorno in esso, poiché il 'circolo' parte e termina nel muscolo.
4) L'elettricità parte dal muscolo per fluire nel nervo a causa della presenza dell'armatura e dell'arco. Le stesse forze fanno passare l'elettricità nell'arco per poi farla ritornare al muscolo.
5) L'elettricità torna al muscolo seguendo il percorso più breve, proprietà che si può riscontrare anche nell'elettricità raccolta nella bottiglia di Leida.
6) I nervi sono i conduttori naturali dell'elettricità animale poiché si insinuano nella parte intima della fibra muscolare ove risiede tale elettricità.
7) I nervi esercitano la loro funzione di conduttori anche per la loro intima parte .
Se si interrompe questa, oppure quando esiste dell'umidità, i nervi possono condurre elettricità al di fuori dal muscolo. Un'ultima prova a sostegno della sua teoria la ebbe quando getto dei pezzi di muscolo di rana su di una torpedine, animale capace di dare scosse a chi lo tocca, e notò che sia i muscoli della rana, sia il cuore della torpedine subivano delle contrazioni, ma il cuore si contraeva un istante dopo i muscoli; questo fatto fu interpretato dal Galvani come una diversa risposta degli organi all'elettricità animale che differiva da quella comune in quanto quest'ultima avrebbe provocato contrazioni simultanee. Galvani, conclusi i suoi esperimenti attraverso i quali aveva acceso l'interesse di molti altri fisiologi, li invitò a proseguire gli esperimenti, e egli stesso continuò le sue esperienze con animali di taglia maggiore quali cavalli e buoi.
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