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Elettrone




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ELETTRONE


La massa dell'elettrone è circa 1.836 volte più piccola di quella del protone; esso è difatti la più leggera particella carica che si conosca. Gli elettroni furono prodotti allo stato libero per la prima volta nei raggi catodici e successivamente nell'effetto fotoelettrico e termoionico. J. J. Thomson ne misurò il rapporto tra carica e massa (1897) e diede una prima valutazione del valore assoluto della carica che fu poi misurata accuratamente da Millikan (1909). Esistono numerosi altri fenomeni in cui si producono elettroni allo stato libero; oltre a quelli già detti i principali sono: 1. ionizzazione degli atomi bombardati con radiazioni ionizzanti; 2. decadimenti di molte particelle; 3. trasmutazioni radioattive con emissione di raggi b (elettroni); 4. conversione interna; 5. produzione di coppie, in cui un fotone di energia sufficientemente elevata (maggiore di 1 Mev) si materializza in una coppia elettrone-positone.

L'ultimo processo, osservato da Anderson (1932), fu la prima conferma della meccanica quantistica relativistica fondata da P.A.M. Dirac (1930), che prevede l'esistenza di un antielettrone, cioè di una particella identica all'elettrone, ma di carica opposta. In accordo con la teoria di Dirac l'elettrone possiede un momento angolare intrinseco, o spin,pari a 1/2 h/2p (dove h è la costante di Planck),che permette di interpretare (Uhlenbeck e Goudsmit, 1925) la struttura fine dello spettro atomico e altre caratteristiche spettroscopiche come l'effetto Zeeman anomalo. La carica e lo spin dell'elettrone comportano l'esistenza di un momento magnetico intrinseco pari a un magnetone di Bohr. Su tale proprietà dell'elettrone è fondato il comportamento ferromagnetico di molte sostanze. L'elettrone, in virtù della sua massa molto piccola, può essere accelerato fino a velocità molto prossime a quella della luce; in queste condizioni l'elettrone si discosta dal comportamento previsto dalla meccanica classica: la sua massa aumenta con la velocità, come aveva già osservato W. Kaufmann (1902) nei raggi b. Precisamente la teoria della relatività prevede che la massa mu di un elettrone con velocità u è

dove m è la massa dell'elettrone a riposo e c la velocità della luce. In accordo con la meccanica quantistica l'elettrone, al pari di ogni altra particella, possiede anche un carattere ondulatorio e può dare origine ai fenomeni caratteristici della propagazione per onde, come la diffrazione e l'interferenza (Davisson e Germer, 1927) che sono alla base dell'ottica elettronica ondulatoria.

L'elettrone, assieme ai mesoni m e ai neutrini, appartiene alla classe dei leptoni, è quindi una particella che subisce solo interazioni deboli ed elettromagnetiche; inoltre soddisfa al principio di esclusione di Pauli e segue la statistica di Fermi-Dirac. Quest'ultima proprietà conferisce al gas di elettroni esistente in ogni cristallo un comportamento caratteristico che si discosta notevolmente da quello di un gas classico e che permette di interpretare le principali proprietà elettriche, magnetiche, ottiche e termiche dei cristalli.

Nella configurazione elettronica d'un elemento gli elettroni, in accordo con la meccanica quantistica e la spettroscopia, occupano livelli energetici discreti e le grandezze fisiche associate a ciascun elettrone sono definibili mediante i numeri quantici n, l, m, s, detti rispettivamente numero quantico principale, secondario o orbitale, magnetico, di spin, per i quali valgono le regole seguenti: n è un numero intero maggiore di 0, l può assumere tutti i valori interi positivi minori di n, cioè 0, 1, 2 , n-1; m può assumere tutti i valori interi compresi fra -l e + l; s assume i valori + 1/2 e ­ 1/2.

I quattro numeri quantici definiscono completamente lo stato di un elettrone nell'atomo: infatti, per il principio di esclusione di Pauli, due elettroni non possono avere tutti e quattro i numeri quantici uguali. L'insieme degli elettroni aventi lo stesso numero quantico principale è detto "guscio" o "livello" (in ingl. shell): i "sottolivelli" (subshell) sono gli insiemi di elettroni aventi lo stesso valore di n e di l. I livelli sono comunemente indicati o con il valore di n o con le lettere convenzionali K, L, M, N, ecc., rispettivamente per i valori di n uguali a 1, 2, 3, 4, ecc. I sottolivelli sono invece indicati facendo seguire al valore di n quello di l indicato con le seguenti lettere:

Valore di l .....Simbolo

s

p

d

f


Tali simboli derivano dalla lettera iniziale dei termini inglesi secondo i quali erano classificate, agli albori della spettroscopia, le righe dello spettrogramma: sharp (netta), principal(principale), diffuse (diffusa), fundamental(fondamentale). Perciò un elettrone avente n = 1 l = 0 si indica con 1s, quello per cui è n = 3 l = 2 è 3d, ecc. Dalle relazioni esistenti tra i numeri quantici, si vede che il sottolivello s può ospitare al massimo 2 elettroni, p 6 elettroni, d 10 elettroni, ecc. Il numero di occupazione del sottolivello è indicato a esponente del simbolo: per es. per indicare che in un certo atomo (il cromo) ci sono 5 elettroni con n = 3 l = 2 si scrive 3d5.

Il livello energetico di ciascun elettrone è completamente determinato conoscendo i quattro numeri quantici. Si può dire, grossolanamente, che l'energia dell'elettrone cresce con i suoi numeri quantici n, l. Più precisamente si ha che i sottolivelli si succedono nel seguente ordine per quanto riguarda l'energia: 1s, 2s, 3s, 3p, 4s, 3d, 4p, 5s, 4d, 5p, 6s, 4f, 5d, 6p, 7s.

Tenendo presente le successioni di tali livelli si può "costruire" l'intera tavola periodica degli elementiintroducendo un elettrone alla configurazione elettronica dell'atomo immediatamente precedente, nel più basso livello di energia possibile. Sono da notare i seguenti punti:

1. Quando il numero atomico dell'elemento è tale che viene completato un sottolivello immediatamente precedente un sottolivello a numero quantico principale maggiore, tale elemento è molto stabile e praticamente inerte a reazioni chimiche, data la notevole distanza dei livelli energetici dei due sottolivelli. È il caso dei gas rari.

2. Le analogie chimiche tra elementi diversi sono dettate da configurazioni elettroniche analoghe. Ad es. il gruppo dei metalli alcalini è caratterizzato dalla presenza di un elettrone s in più rispetto alla configurazione stabile di un gas raro. È perciò spiegata la grande tendenza di tutti i metalli di questo gruppo a fornire ioni monovalenti del tipo Na+.

3. Il riempimento dei sottolivelli 3d, 4d, 5d, che avviene quando sono già completati sottolivelli a numero quantico principale maggiore, porta alla formazione dei tre periodi di transizione. Il dislivello energetico non grande tra i sottolivelli d che si vanno riempiendo e quelli a numero quantico principale maggiore già riempiti, rende possibili delle transizioni elettroniche tra un tipo di sottolivelli e l'altro. Ciò spiega perché gli elementi di transizione abbiano in genere ioni colorati a valenza variabile.

4. Il riempimento dei sottolivelli 4f e 5f porta invece alle serie dei lantanidi e degli attinidi. Dato che tali sottolivelli sono molto lontani dalla superficie esterna dell'atomo, cioè dagli elettroni di valenza, si ottengono delle serie di elementi a comportamento chimico del tutto uguale, e perciò sono riuniti in una sola casella nella tabella periodica degli elementi.


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