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Le Olimpiadi
Premessa - La storia delle Olimpiadi é antichissima.
Re IFITO dell'Elide, sconfitti i Piasti e impadronitosi di un vasto territorio
(l'Elide) comprendente il distretto di Pisa, dove qui poi sorgerà OLIMPIA, decise
di celebrare la vittoria facendo disputare una competizione sportiva.
Era l'anno
776, ed ebbero così luogo i primi Giochi, imperniati su una sola gara, la
corsa, vinta da un certo Coroibo sulla distanza di uno stadio, pari a
I GIOCHI OLIMPICI erano i più
famosi di tutti. Il loro primo istitutore sembra essere stato PELOPE,
il giovane che il padre mise a morte facendolo strozzare, poi lo imbandì
per un sacrificio agli Dei. Si disse che Giove mosso a pena, mentre lo
sacrificavano al banchetto gli ridonò la vita. (Forse chi lo strozzò non aveva
stretto molto, caduto in morta apparente rinvenne sgomentando chi lo doveva
sacrificare)
Pelope volle
celebrare questo ritorno con la sua gente con una grande festa allestendo una
competizione proprio di lotta simulata, il kratos; poi si aggiunse il pugilato,
infine altre gare come la corsa.
Pelope poi
diventò re di questo territorio che prese poi il suo nome: il PELOP-ONNESO,
dando vita alla sua stirpe con i figli ATREO (Atridi) e TIESTE. Re di
Argo e di Micene il primo, sposò EUROPA. Costei insidiata da
Tieste che aveva già moglie e prole, il fratello Atreo per vendicarsi gli
imbandì un banchetto con la carne dei suoi figli. Atreo
quando poi morì lasciò ai due figli il regno diviso in due: Micene ad
AGAMENNONE, Sparta a MENELAO.
Dunque eran
già in uso i Giochi ai tempi di Pelope già mille anni prima (
Solo nell'anno
Si celebrarono così i
'Giochi dell'Olimpico Giove'. Poi chiamata OLIMPIADE. Il successo non
mancò. Tutta la gioventù non parlò d'altro per mesi e mesi, prima e
dopo le gare. Contagiò un po' tutti. Lo abbiamo accennato nelle pagine
precedenti. Molti proposero di ripeterle ogni anno.
L'impegno
per organizzarla forse fu grande, le spese pure, qualcuno si affrettò a
dire che erano 'spese pazze', e fu deciso, forse proprio per
quest'ultimo motivo, di ripetere i Giochi ogni quattro anni
(De
Coubertin, riprendendo i Giochi, anche lui dopo la prima edizione, si accorse
che gli organizzatori avevano speso ingenti somme, sproporzionate ai
risultati conseguiti e che era nato il lucro alle spalle degli atleti. I
pericoli li aveva già intuiti e affermò con amarezza 'Ci si serve delle
Olimpiadi per scopi personali, elettorali, o altro genere'. - Ndr.)
OGNI QUATTRO ANNI. Questo il
periodo e lo spazio tempo posto fra l'una e l'altra celebrazione. Vari antichi
autori iniziarono così a stabilire tutto la loro cronologia della storia
sulle Olimpiadi (fu lo storico TIMEO ad adottare questo elemento di
computo cronologico cominciando da quella che ebbe luogo
Lo spirito iniziale di questa
manifestazione - prima d'ogni cosa una competizione sportiva solenne - fu senza
dubbio istituita fra i greci anche per raccogliere insieme i principali uomini
dei differenti stati della Grecia, onde potessero avere l'opportunità di
deliberare affari di pubblico interesse, quanto per ispirare alla gioventù
l'amore della gloria.
I Greci dopo
le prime edizioni, profusero sempre in seguito e sempre di più i loro sforzi
per sostenere la magnificenza di questi giochi, i quali furono regolarmenti
celebrati finchè il popolo mantenne la sua libertà.
Le guerre
locali non mancavano, ma lo spirito olimpico le faceva interrompere; con i
Giochi la martoriata Grecia ridiventava un popolo unito nello spirito
della fratellanza umana. Era una delle rare occasioni in cui uomini di Paesi,
perfino di gruppi etnici diversi, condizioni politiche, sociali e culturali
diversissime, si ritrovavano a gareggiare insieme, da pari a pari, nel segno
del più puro agonismo.
(Quelle
'Moderne' di De Coubertin non ebbero questa fortuna. Erano
passati 1172 anni dall'ultima, si pensava che con un salto di civiltà così
grande, nessun governo - con una flagrante violazione delle spirito
olimpico - avrebbe sospeso le Olimpiade. Ed invece accadde. Le Olimpiade non
fecero sospendere la guerra, ma la guerra fece sospendere le Olimpiadi.
I 1172 anni
che erano trascorsi- tanto criticati dai 'nuovi saggi', come
'secoli bui', come anni d'oscurantismo e d'inciviltà - insomma erano
passati per nulla'. Ritornarono alle solite gare: a quelle di scannarsi).
Il gran concorso di spettatori
che ad ogni edizione si affollavano a Olimpia, riempiva i combattenti del
più alto spirito di emulazione; e l'uscire vittoriosi era questa la
gloria più grande e stimata.
Secondo
Orazio, la vittoria innalzava colui che vinceva al grado degli Dei. L'anno
veniva distinto con il nome del vincitore nella corsa dei carri, il più
degno d'onore, e le sue lodi erano cantate da più famosi poeti.
Il premio
era una corona di lauro.
La corsa era
considerata come il principale esercizio dei giochi olimpici, ai quali perciò
si dava sempre inizio con le corse a piedi. L'Arena era chiamata STADIO dalla
misura di tal nome contenente circa seicento piedi, ed era anticamente l'intero
spazio destinato per l'esecuzione di tutti gli esercizi. Ma col progredire del
tempo, non solamente il particolare spazio in cui si contendevano i disputanti,
ma similmente anche quello occupato dagli spettatori fu chiamato con quella
denominazione, benchè oltrepassasse forse l'estensione.
In mezzo
allo stadio erano esposti i differenti premi destinati ai vincitori. Ad
un'estremità dell'arrivo c'era la barriera e il luogo delle mosse, formato da
una corda tirata, fuori della quale si affilavano gli uomini che correvano,
come pure i cavalli. Il tirare di questa corda era il segnale della mossa.
Dall'altra estremità dello steccato era posto un termine per quelli che avevano
corso.
Quelli che correvano era schierati in una dritta linea e al momento del segnale precipitavano fuori dalle mosse con una rapidità sorprendente. Nella corsa più breve quello che arrivava il primo era dichiarato vincitore; ma c'erano corse più lunghe nel quale guadagnata la meta, tornavano alla barriera (Staffetta). Corse ancora più lunghe eran quelle dove erano obbligati a ripetere quattro volte, otto volte e anche dodici volte il percorso. Quest'ultima appassionava tanto perchè durava molto tempo, e fino alla fine il vincitore era incerto; quando uno superava l'altro la gente a guardare incitava il proprio beniamino vociando.
Le corse dei cavalli con sopra l'uomo, benchè tenuto in un considerevole grado di stima, e di grande spettacolo, non erano così comuni; ed infatti, in quegli antichi tempi quando l'uso delle staffe era ignoto, doveva esser richiesta gran destrezza per mantenersi sopra il cavallo senza ruzzolare a terra.
Le corse dei carri erano le più famose di tutte; non solamente perchè antichi Principi ed Eroi generalmente combattevano dai carri; ma anche perchè quelli che disputavano il premio in quell'esercizio ai giochi Olimpici, erano persone della più nobile nascita, o distinte per la grandezza delle loro gesta. Due Re di Siracusa, Gelone e Jerone, e Filippo Macedone, contavano fra i loro più alti onori l'aver ottenuto la palma della vittoria in questa disputa. Questi cocchi erano tirati da due o quattro cavalli posti di fronte. Quindi la parola, bi-ga, ha un cocchio da due cavalli e quadri-ga, ha un cocchio da quattro. Tutti i cocchi uscivano dal luogo delle mosse, chiamato Carceres, solo quando era dato il segnale.
Il luogo di
ciascuno dove correre, se a destra o a manca, si determinava a sorte;
poichè alcuni luoghi erano molti più vantaggiosi di altri; quelli ad esempio
posti a manca restavano più vicini alla meta intorno alla quale dovevano
girare, mentre quelli a destra avevano più largo il
circuito da percorrere; i posti occupati da ciascuno avanti la partenza
venivano necessariamente alterati nel tratto del corso, poichè i più rapidi
cavalli e gli aurighi più esperti s'impossesavano subito alla partenza
del lato più vantaggioso, quello interno, che è ovviamente più corto.
Di tutti gli
Ateniesi fu ALCIBIADE il più ambizioso per distingursi in questi Giochi. A tale
oggetto egli teneva un gran numero di cavalli; mandò in una sola volta
perfino 7 cavalli per guadagnare così almeno un premio. Un giorno in cui egli
guadagnò i tre primi premi dette un gran banchetto dove invitò non solo
gli atleti ma anche tutti gli spettatori. Queste vittorie di Alcibiade
furono persino rese immortali da una famosa Ode composta dal celebre EURIPIDE.
Non era necessario a colui che disputava nel corso dei carri, condurre il suo carro in persona. Bastava che egli vi fosse presente, ovvero che vi mandasse i suoi cavalli. Filippo era a Potidea quando ricevette la notizia che i cavalli avevano vinto, pur non guadagnando il premio perchè non presente.
Anche nella corsa dei carri ai Giochi Olimpici, come abbiamo già osservato prima, alle donne all'inizio non si permetteva di contrastare in nessuna disputa gli uomini per guadagnarsi il premio. Forse più tardi il rigore cadde. Infatti, siamo informati dalla storia, che Cinisca, sorella di Agesilao re di Sparta, fu la prima donna che diede il primo esempio nel parteciparvi e anche con successo; ella guadagnò la vittoria nel corso dei carri tirati da quattro cavalli.
Il vincitore, dopo essere stato adornato con una corona d'ulivo, riceveva una palma, ed era condotto per lo stadio da un Araldo, il quale lo proclamava vincitore a suono di tromba. Gli spettatori lo accompagnavano con alte acclamazioni.
Per quelli d'altri Paesi, il campione nel ritornare in patria, i suoi concittadini facevano per il suo ingresso una breccia nel muro, aperta per questo speciale evento. Il campione vi arrivava sopra un carro tirato da quattro cavalli e tutti i suoi concittadini uscivano fuori ad incontrarlo per fargli festa. La vittoria nel corso dei carri era, come già osservammo, stimata fra tutte la più onorevole; e gli storici distinguevano ciascuna Olimpiade col nome di quello che aveva riportato in quella disputa il primo premio. Poi in seguito anche il nome dei quattro anni li si chiamava con i vincitori delle altre gare.
Le sfide degli atleti, o gli esercizi ginnastici formavano la rimanente parte del divertimento ai Giochi. Gli atleti si preparavano a questa pubblica mostra della forza e destrezza, con una regolare educazione non solo delle membra, addestrandosi nelle varie discipline; ma per osservare anche una educazione dello spirito. Infatti, dobbiamo far notare al lettore che nessun Greco che aveva qualità morali compromesse, o commesso cose gravi nel suo paese, poteva partecipare ai Giochi. Severissima la scelta nelle città degli atleti, per non rovinare la fama del proprio luogo dov'egli abitava.
Per la cura del corpo essi dovevano prima della loro comparsa ai pubblici giochi spendere dieci mesi nei ginnasi dove sotto la direzione di particolari maestri destinati a tale oggetto, osservavano la più rigida temperanza per indurire i loro corpi e adattarli agli esercizi richiesti. Gli atleti prima di combattere si sfregavano ed ungevano accuratamente, perchè le membra e le giunture si rendessero in tal modo più forti e pieghevoli; e combattevano in ogni gara del tutto nudi per dar meno presa ai loro avversari. Fu per questo proibito come spettacolo alle donne. Clamoroso fu un caso di una madre che volendo assistere alle gare del figlio si travestì da uomo; ma nell'entusiasmo fu poi scoperta e tolsero la vittoria al figlio.
LE DISCIPLINE
Coloro che presiedevano a questi
giochi, per fare osservare le corrette regole d'ogni disciplina, si chiamavano
Agnoteti. I diversi esercizi nei quali si contrastavano gli atleti erano:
Proprio perchè cinque fu detto del PENTATHLON.Il vincitore era l'atleta che si ammirava moltissimo, sia per la sua grande bravura in tutto, ma anche perchè ognuna delle sue membra godeva una infinita ammirazione. Erano quelli che con grande abilità i migliori scultori prendevano come modelli di forza e anche di bellezza.
IL PUGILATO é anche questo un esercizio molto conosciuto in simil guisa. In questo i disputanti combattevano con pugno armati di cesti, una sorta di guanto di striscie di cuoio foderato di lastra di ferro, per rendere i colpi più violenti. Per preservare dalla contusione le loro teste, usavano una sorte di larga berretta imbottita. Qualche volta dopo aver lungo tempo conteso rimanevano così esausti dal sudore e dalla fatica, che erano obbligati a sospendere l'incontro per un poco di tempo per poter prendere lena e rinfrescarsi. Queste mischie alle volte li sfiguravano orribilmente, lasciando tutte le membra coperte di dolorose contusioni, con gli ossi delle guance rotti, alle volte anche con un occhio fuori, e talvolta cadevano morti sul campo con un solo pugno alla parte del mento o a destra e a manca del viso.
IL PANCRAZIO si chiama cosi dal nome che porta, la kratos é l'intera forza del corpo. Esso era un'unione della lotta e del pugilato; poichè i combattenti adoperavano tutti i mezzi della forza per superarsi, stringer la gola, far sgambetto e simili praticati dall'uno, e usati dall'altro. Avevano persino libertà di percuotere con i piedi e fare uso delle unghie e dei denti.
Tali combattimenti a noi giustamente sembrano barbari e orribili, quasi come quelli dei romani gladiatori, con gli spettatori certamente privi di umanità. Prendevano piacere nel mirare uomini a sforzarsi in questa maniera per sfigurarsi e persino trucidarsi l'un l'altro.
IL DISCO era un esercizio, in cui
i disputanti impiegavano tutta la loro forza nello scagliare un pezzo di pietra
o di piombo di forma rotonda, ordinariamente di un tal peso che potevasi con
difficoltà sostenere con ambe le mani. Questo, come molti degli altri esercizi,
era diretto a dar forza al corpo delle braccia e delle gambe.
La loro
positura quando lanciavano il disco più piccolo era così: essi avanzavano una
delle gambe ad una conveniente distanza dall'altra, curvavano il loro corpo e
tenendo il disco con un braccio, appoggiavano tutto il proprio peso sopra la
gamba più avanzata; allora dopo due o tre movimenti, sulla maniera di
bilanciare tutto il corpo lanciavano il disco. Colui che lo gettava
più lontano guadagnava il premio. Ma oltre a questo avevano altri vari
metodi di tirare il disco, facendo generalmente uso di ambe le braccia nello
stesso tempo.
IL SALTO e il GIAVELLOTTO erano due esercizi nei quali i disputanti si sforzavano di saltare, e di tirare il giavellotto più a lungo possibile; restava vincitore colui che saltava o tirava più a lungo degli altri.
Oltre gli esercizi sopra
descritti ai Giochi Olimpici i poeti e i più bei geni di questi tempi avevano
per costume di contribuire anche essi al pubblico divertimento, con il recitare
innanzi a quella vasta assemblea alcuni delle loro migliori composizioni.
A una
Olimpiade Erodoto pubblicamente lesse la sua 'Istoria'; la quale fu
così altamente approvata e applaudita che ciascuno dei nove libri dei quali
essa era composta fu onorato col nome di una delle 9 Muse.
In simil
modo Lisia, il famoso oratore Ateniese, recitò un'orazione dove si congratulò
con i Greci per aver questi umiliato il potere del tiranno Dionisio. Vari altri
oratori vi andarono a leggere il loro migliore discorso. Pindaro e
Simonide trattarono l'argomento Olimpiade in tutte le loro opere
Fu infatti, poi uno studioso francese, Michel Breal, che chiese a P. De Coubertin di includere nei primi giochi dell' era moderna una prova che ricordasse la famosa corsa del 'soldato di Maratona'.
Il mito si ripete. Atene, 8
aprile 1896. Nel pomeriggio, alle 14, viene dato il via alla corsa di fondo
che, da quell' anno, prenderà il nome di Maratona per la prima volta, almeno
ufficialmente nella storia dello sport, degli uomini corrono per circa 40° km.
Gli spettatori vedono dopo il
La maratona di Londra del giorno 24 luglio 1908 si corse sulla distanza che divide il castello reale dallo stadio olimpico. Allo stadio attendono 90.000 spettatori e 100.000 ve ne sono lungo il percorso. I concorrenti che partecipano alla maratona sono 30. Ci sono alcuni concorrenti che si giocano la vittoria: JACK, PRINCE, LORD e l'africano HEFFERRON. Ma verso la fine spunta un ometto calvo con il numero 19, era un pasticcere italiano di nome DORANDO PIETRI che non vinse la maratona perchè cadde prima del traguardo ma fu aiutato a rialzarsi e arrivò primo.
I vincitori di questi antichi giochi avevano il diritto di precedenza a tutti i pubblici spettacoli. Oltre questa generale concessione essi erano particolarmente onorati a Sparta con i privilegi di esser mantenuti a pubbliche spese, o di combattere come custode e vicino alla persona del re.
GLI ALTRI GIOCHI
I GIOCHI PITII si celebravano a Delfo ogni quattro anni in onore di Apollo; e particolarmente in memoria della sua vittoria sovra il serpente Pitone. I vincitori di quelli venivano coronati di lauro.
I GIOCHI NEMEI si celebravano ogni due anni a Nemea, città del Peloponneso, in onore di Ercole il quale aveva ucciso il leone che infestava la foresta Nemea. Il vincitore in questi era incoronato di prezzemolo.
I GIOCHI ISTMICI si celebravano ogni quattro anni nell'Istmo di Corinto in onore di Nettuno. Essi furono istituiti da Teseo. Il vincitore di questi aveva una corona di foglie di pini.
Fino al
Con tale
attività promozionale e la risonanza che i Giochi andavano assumendo, per i
preparativi e lo svolgimento, la manifestazione iniziò a coinvolgere
molte persone e a interessare Principi, Re e governanti di altri Stati.
Anzi, quando iniziarono a partecipare loro stessi nelle gare, la vittoria in
una disciplina iniziò a diventare un fatto nazionale, quindi politico,
che coinvolgeva il prestigio del Paese con il tifo 'nazionalistico'
dell'intera popolazione.
Diventata dunque famosa come manifestazione iniziarono ad interessarsene anche i poeti, i letterati, i musicanti che componevano inni dedicati; poi a coinvolgere i sacerdoti che inauguravano e chiudevano con sfarzose celebrazioni religiose sia quando iniziavano i Giochi, dove c'era il solenne rito del giuramento degli atleti e dei giudici, sia quando terminavano, ringraziando con i riti e i sacrifici le divinità.
Per onorare i vincitori si componevano e si declamavano versi. L'attenzione degli organizzatori cadde anche nella scelta delle composizione di questi encomi solenni. Per scegliere quindi i migliori panegirici istituirono dei concorsi che presto attirarono le migliori penne dei più famosi autori del mondo conosciuto. Dal concorso alla gara il passo fu breve, fu così che oltre che essere soltanto una competizione sportiva e una solennità religiosa, i Giochi si trasformarono in vere e proprie manifestazioni culturali, con gare di poesia, di eloquenza, di opere letterarie (Es. Erodoto presentò alle olimpiadi le sue Storie - 9 volumi),.
Due curiosità. - Non era permesso alle donne
non solo di partecipare, ma nemmeno di assistere ai Giochi. Il motivo era che
tutti gli atleti combattevano o gareggiavano del tutto nudi per evitare nel
corso delle gare una presa ai loro avversari. Ci fu anche un clamoroso caso di
una madre (Callipatera) che si travestì da uomo per assistere alla gioia del
trionfo di suo figlio. Scoperta, fu da allora adottato un provvedimento di far
denudare all'ingresso non solo gli atleti ma anche tutti gli spettatori.
Questo rigore cambiò con i tempi, ma rimase sempre l'intolleranza verso le
donne sia come spettatrici e sia come partecipanti. Cinisca, nobile
sorella di Agesilao re di Sparta, fu la prima donna (facendo cambiare i
regolamenti) che diede il primo esempio nel parteciparvi e anche con successo;
guadagnò la vittoria nel corso dei carri tirati da quattro cavalli nel
Quanto ai fanciulli, nelle prime edizioni era
esclusa la loro partecipazione fino al
Nel
Sparta
(Peloponneso), invece volle rinchiudersi nel suo conservatorismo,
mantenendo intatto il carattere guerriero e rude, con la sua vecchia
costituzione aristocratica oligarchica, e seguitò a conservare (peggio, a
obbligare) i giovani fin dalla nascita all'esercizio delle armi, secondo una
disciplina ferrea (abiti, cibi, giacigli, rozzi per temprare il fisico e il
carattere, ma scarsa o del tutto inesistente l'istruzione nelle lettere) venne
poi a trovarsi in difficoltà quando dovette affrontare il primo grande nemico
comune della Grecia:
L'altra curiosità nei Giochi antichi era la sfida
'dilettantistica'; ma gli sponsor non mancavano e non era
assente la corruzione. La mercede e il lucro, cioè la mercificazione
c'era e vi dimorava assai; servirsi delle insegne dello sport per scopi
personali ed elettorali, anche questa era una deplorevole realtà nel costume
greco e poi in quello romano. I Giochi interessarono sia la politica sia
l'ambizione di qualche arricchito. La prima complicò i meccanismi con la
sua organizzazione sempre più burocratica, mentre i secondi per i propri
interessi i Giochi e gli atleti li mercificarono.
(Le
iscrizioni venute alla luce a Pompei, offrono delle testimonianze inequivocabili.
Es. Sulla facciata della Casa di Giulia Felice (documento nel Museo di Pompei
CIL, IV, n. 1147) il 'Palazzinaro' arricchito Aulo Vettio, mecenate
(!?), decise di 'scendere in campo' anche nella politica e
opportunisticamente si mise a cercare i voti presso i tifosi della squadra che
lui sponsorizzava, dichiarando di essere meritevole per il lodevole e munifico
piacere e il godimento che lui offriva al 'popolo' con la
'sua' 'squadra di palla' molto famosa. Per ottenere
questo consenso, utilizzò nella sua propaganda elettorale il nome,
le insegne e i colori della squadra per farsi eleggere senatore.
(Pensando
(lo abbiamo documentato) come é nato in Italia un conosciuto Partito politico,
nulla di nuovo sotto il sole. Il promotore (anche lui 'palazzinaro')
non ha inventato nulla di nuovo. E, il 'popolo', come ancora lo
chiama il nuovo 'unto dal signore', non é proprio per nulla
cambiato'.
Ai Giochi, gli atleti fino al giorno prima nella loro città o nel loro Paese erano degli anonimi personaggi, dopo la vittoria, ritornando al loro paese come campioni di questo o quell'altro sport, la fama (diremmo oggi nazionalpopolare) di cui godevano tra la plebe, li portava (venivano abilmente strumentalizzati dal furbo politico di turno) ad assumere cariche cittadine prestigiose, spesso con il rammarico, il disgusto e il disprezzo di uomini molto più dotti, capaci e votati - nella stessa città - alla politica da una vita. Ma 'nel sentir della gente', come oggi afferma un politico in ascesa in Italia, quello era l'uomo più acclamato e votato, anche se aveva usato i piedi piuttosto che la testa per arrivare al governo o a pubbliche cariche che invece ambivano validi magistrati e legislatori. Uno dei casi clamorosi fu un 'barbaro' Armeno: dopo aver vinto al pugilato, divenne addirittura Re della sua gente; Varazdat. Nella Storia (lui, come Vettio a Pompei e altri) ci sono entrati (li stiamo citando), ma non certo per le loro qualità di politici; il primo brillò con la luce riflessa dalle grosse mani che menavano, l'altro con quella riflessa dai piedi che calciavano. Ma uomini opachi erano e opachi rimasero.
I GIOCHI dal
Iniziavano i 'secoli bui'. Una vita
colorata tutta di nero funereo, e tutt'attorno, un'assordante silenzio tombale.
Unica indicazione nel percorso dell'esistenza delle 46 generazioni che
seguirono, fu quella di insegnargli una strada faticosa: a 'vivere'
con la rassegnazione. Ma fu un vivere? Nella natura umana VIVERE non é
rassegnarsi. La rassegnazione è il coraggio ridicolo di uno sciocco, porta solo
alla solitudine esistenziale e spegne l'energia vitale dell'uomo: prima quella
individuale poi quella collettiva. Uno stato umiliante che lentamente porta a
soffrire, poi senza neppure avvertirla, porta all'umiliazione e a non avere
neppure stima di se stesso. La vita diventa inutile, ed è una morte anticipata.
Chi invece è
disposto ad agire è disposto e sa anche soffrire senza provare
umiliazione. Dopo una gara persa si pensa e ci si prepara con
l'autodisciplina alla rivincita in un'altra edizione. Anche la vita ha tante
edizioni: una ogni mattina. Ogni mattina il mondo non è la stessa
'arena' del giorno precedente, ed offre una change a tutti. Per un
fatto biologico molto semplice: il nostro avversario può benissimo essere
uscito un bel mattino dall''arena' con la sua ultima
'edizione', stecchito. E noi rientriamo in gara.
Con la rassegnazione nel mondo non si muove
nulla. Ed é quello che accadde subito dopo il 396.
Lo
sport nel Cristianesimo (un distinguo: non la religione cristiana,
ma gli uomini che la gestirono) non rientrava nello spirito della
fratellanza universale.Ecumenica, ma appartata, distante, lontana, con la
vocazione all'isolamento, e ad annullare la volontà.Consorzio di fratellanza, e
poi a non promuovere, ma più spesso a respingere o sempre impegnata a
dividere ogni tipo di promiscuità i rapporti interpersonali, sociali,
collettivi.Ci fu poi la riscoperta dell'umanesimo, poi venne l'illuminismo, il
liberismo. E non è che le nuove concezioni della vita trovarono dei
grandi profeti. Se quelli di prima fecero tanti errori trasformando la vita in
una rigorosa (imposta) assurda ascesi, i secondi rifiutando in blocco ogni
esperienza spirituale, non volendo ostinatamente raccogliere nulla di
quanto era valido, ritornarono all'individualismo più sfrenato; lo stesso
dicasi poi nel liberismo, ritornarono non più al feudo territoriale ma al feudo
economico con i monopoli di alcune attività, spesso dimenticando il rispetto
dell'individuo per raggiungere egoisticamente e anche cinicamente i propri
scopi. Solo la storia dei prossimi millenni potrà giudicare chi ha commesso i
più gravi errori e orrori. Quelli del primo millennio (a causa dell'ignoranza
diffusa) avranno delle scusanti, ma quelli del secondo, non sappiamo proprio
come li assolveranno. Ci compiangeranno leggendo certe contraddizioni fra
cultura e forza bruta.
I Giochi rinacquero nel 1896 per iniziativa del
barone parigino PIERRE FREDI DE COUBERTIN (Un primo, sfortunato
tentativo, era stato promosso dal mecenate greco Zapas nel 1859, ma non fu
coronato da successo).
DE COUBERTIN
non era un uomo qualunque, ma un grande umanista fortemente impegnato a
risolvere i problemi sociali del tempo (molto inquieti), sensibile
soprattutto - lui pedagogista all'Accademia di Francia - a quelli giovanili.
Abbandonò il prestigioso insegnamento e si dedicò interamente all'educazione
sportiva, sostenendo che lo sport era il miglior rimedio contro i pericoli di
corruzione, sedentarismo, depravazione, pigrizia mentale e fisica dei giovani.
Il 25
novembre del 1894 intervenne alla Sorbona in un congresso internazionale di
organizzazioni sportive convocato a Parigi. Il suo discorso
conquistò i rappresentanti delle 12 nazioni intervenute che
votarono all'unanimità la rinascita delle Olimpiadi. Costituirono il comitato
internazionale olimpico (CIO), e la prima manifestazione fu deciso che si
sarebbe svolta ad Atene.
Nel 1896, era il 6 Aprile, all'inaugurazione dei giochi, fu per la prima volta eseguito anche un inno espressamente commissionato al poeta Costis Palamas e al musicista Spirou Samara, entrambi di nazionalità greca. L'inno con una strofa invocava lo 'Spirito antico ed eterno, creatore della bellezza, della grandezza e della verità, discendi in mezzo a noi, brilla come la luce nella gloria della terra e del cielo', cadde poi in disuso e, di Olimpiade in Olimpiade, ogni paese provvide a farne comporre o rielaborare uno per conto proprio. Così furono eseguiti tra gli altri, gli inni dello svedese Alexanderson, di Albert Thomas, di Ricard Strauss, di Roger Quilter del dodecaforista Michael Spisa, di Domenico Fantini. Da Tokio (1964) in avanti è stato ripristinato l'inno di Palamas e Samara.
Ai primi giochi di Atene del 1896 erano presenti 13 nazioni e 245 concorrenti. Nove le discipline sportive: atletica, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro.
In realtà erano state programmate anche gare di canottaggio e vela ma non vennero svolte a causa del cattivo tempo'.Nel 1904 fu la volta delle olimpiadi di St. Louis (dal 14 maggio al 18 novembre) caratterizzate da una abnorme proliferazione di gare (390, ma solo 58 quelle ufficiali). Una edizione non ufficiale dei giochi ebbe luogo nel 1906 ad Atene per celebrare il decimo anniversario della restaurazione delle gare olimpiche. I giochi del 1908, assegnati in un primo tempo a Roma, furono poi spostati a Londra per l'impossibilità del Comitato Olimpico Italiano di organizzarli. Il programma a Londra si allargò fino a 21 sport, il successo fu notevole: più di 2000 concorrenti, di cui 36 donne, per 22 Paesi.
Seguirono
quelle di Stoccolma nel 1912. Nel 1916 i giochi che avrebbero dovuto
svolgersi a Berlino non furono disputati per la guerra. Ripresero ad Anversa
nel 1920 e a questi (fra le tante punizioni)
Con la ripresa dei giochi nel 1896 era nato anche Il CIO, di cui Pierre De Coubertin fu il fondatore nonchè il primo presidente. E' l'organismo cui compete la direzione del movimento olimpico e la regolamentazione dei giochi nel mondo intero, la scelta delle città che organizzano quadriennalmente i giochi, l'approntamento e l'aggiornamento dei programmi di gare. Il CIO ha sede a Losanna. Ad esso aderiscono 26 federazioni internazionali in rappresentanza di altrettanti sport olimpici, più oltre 6 federazioni riconosciute, i cui sport non fanno peraltro parte del programma dei giochi olimpici.
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