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Le Olimpiadi




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Le Olimpiadi

Premessa - La storia delle Olimpiadi é antichissima. Re IFITO dell'Elide, sconfitti i Piasti e impadronitosi di un vasto territorio (l'Elide) comprendente il distretto di Pisa, dove qui poi sorgerà OLIMPIA, decise di celebrare la vittoria facendo disputare una competizione sportiva.
Era l'anno 776, ed ebbero così luogo i primi Giochi, imperniati su una sola gara, la corsa, vinta da un certo Coroibo sulla distanza  di uno stadio, pari a 192,27 m. Una leggenda narra che corrisponderebbe questa a 600 orme (
misura) del piede di Ercole, o forse alle stesse orme (misura) del piede di Ifito. (misura è un etimo che significa anche piede ; ma è un termine usato anche nella metrica della poesia greca-latina) che corrisponde a circa 0,32 m. (non lontana dal foot inglese).Questi Giochi si svolsero e si rivelarono un grande successo, con  grande partecipazione di pubblico. A grande richiesta furono non solo ripetuti ma si aggiunsero altre prove; quella della corsa dei carri e dei cavalli, del disco, del giavellotto, salto in alto e lungo, il pentathlon (che premiava  l'atleta più completo nelle cinque discipline sportive più seguite) ed infine la lotta e il pugilato.

I GIOCHI OLIMPICI erano i più famosi di tutti. Il loro primo istitutore sembra essere stato   PELOPE, il  giovane che il padre mise a morte facendolo strozzare, poi lo imbandì per un sacrificio agli Dei. Si disse che Giove mosso a pena, mentre lo sacrificavano al banchetto gli ridonò la vita. (Forse chi lo strozzò non aveva stretto molto, caduto in morta apparente rinvenne sgomentando chi lo doveva sacrificare)
Pelope volle celebrare questo ritorno con la sua gente con una grande festa allestendo una competizione proprio di lotta simulata, il kratos; poi si aggiunse il pugilato, infine altre gare come la corsa.
Pelope poi diventò re di questo territorio che prese poi il suo nome: il PELOP-ONNESO, dando vita alla sua stirpe con i figli ATREO (Atridi)  e TIESTE. Re di Argo e di Micene il primo, sposò  EUROPA.   Costei insidiata  da Tieste che aveva già moglie e prole, il fratello Atreo per vendicarsi gli imbandì un banchetto con la  carne dei suoi figli.  Atreo   quando poi morì lasciò ai due figli il regno diviso in due:   Micene ad AGAMENNONE,   Sparta a MENELAO. 
Dunque eran già in uso i Giochi ai tempi di Pelope  già mille anni prima (1700 a.C. Ndr.). Con molta probabilità possiamo considerarlo  generalmente l'istitutore dei Giochi secondo la tradizione. Ma nessun particolare tempo era da principio destinato per la loro celebrazione, erano occasionali, e verso l'800 a.C. quasi se ne era perso il ricordo.

Solo nell'anno 784 a.C., Re IFITO quando conquistò l'Elide, avuto notizia di questa usanza quasi dimenticata la riportò alla luce (De Coubertin, li ripropose anche lui dopo 1172 anni. - Ndr.). Questi giochi erano anticamente consacrati a Giove (Zeus) e si svolgevano nelle vicinanze di Olimpia, città nel distretto di Pisa,  che proprio Ifito aveva alcuni anni addietro conquistato come territorio. Volendo celebrare una grande e indimenticabile festa,  gli abitanti vinti gli proposero il ritorno a questa singolare antichissima manifestazione che solo oralmente veniva ricordata.

Si celebrarono così i 'Giochi dell'Olimpico Giove'. Poi chiamata OLIMPIADE. Il successo non mancò. Tutta la gioventù  non  parlò d'altro per mesi e mesi, prima e dopo le gare. Contagiò un po' tutti. Lo abbiamo accennato nelle pagine precedenti. Molti proposero di ripeterle ogni anno.
L'impegno per organizzarla forse fu grande, le spese pure,  qualcuno si affrettò a dire che erano 'spese pazze', e fu deciso, forse proprio per quest'ultimo motivo, di ripetere i Giochi ogni quattro anni
(De Coubertin, riprendendo i Giochi, anche lui dopo la prima edizione, si accorse che gli organizzatori  avevano speso ingenti somme, sproporzionate ai risultati conseguiti e che era nato il lucro alle spalle degli atleti. I pericoli li aveva già intuiti e affermò con amarezza 'Ci si serve delle Olimpiadi per scopi personali, elettorali, o altro genere'. - Ndr.)

OGNI QUATTRO ANNI. Questo il periodo e lo spazio tempo posto fra l'una e l'altra celebrazione. Vari antichi autori iniziarono così a stabilire tutto la loro cronologia della storia sulle Olimpiadi (fu lo storico   TIMEO ad adottare questo elemento di computo cronologico cominciando da quella che ebbe luogo 776 a.C. Del resto non era in uso un calendario. Anzi, per alcuni secoli,  per ricordare gli anni si iniziò a citare il nome del vincitore della corsa dei carri, la gara più famosa e ambita di ogni stato partecipante.

Lo spirito iniziale di questa manifestazione - prima d'ogni cosa una competizione sportiva solenne - fu senza dubbio istituita fra i greci anche per raccogliere insieme i principali uomini dei differenti stati della Grecia, onde potessero avere l'opportunità di deliberare affari di pubblico interesse, quanto per ispirare alla gioventù l'amore della gloria.
I Greci dopo le prime edizioni, profusero sempre in seguito e sempre di più i loro sforzi per sostenere la magnificenza di questi giochi, i quali furono regolarmenti celebrati finchè il popolo mantenne la sua libertà.
Le guerre locali non mancavano, ma lo spirito olimpico le faceva interrompere; con i Giochi la martoriata Grecia ridiventava un  popolo unito nello spirito della fratellanza umana. Era una delle rare occasioni in cui uomini di Paesi, perfino di gruppi etnici diversi, condizioni politiche, sociali e culturali diversissime, si ritrovavano a gareggiare insieme, da pari a pari, nel segno del più puro agonismo.
(Quelle 'Moderne' di De Coubertin non ebbero questa  fortuna. Erano passati 1172 anni dall'ultima, si pensava che con un salto di civiltà così grande, nessun governo  - con una flagrante violazione delle spirito olimpico - avrebbe sospeso le Olimpiade. Ed invece accadde. Le Olimpiade non fecero sospendere la guerra, ma la guerra fece sospendere le Olimpiadi.
I 1172 anni che erano trascorsi- tanto criticati dai 'nuovi saggi',   come 'secoli bui', come anni d'oscurantismo e d'inciviltà - insomma erano passati per nulla'. Ritornarono alle solite gare: a quelle di scannarsi).

Il gran concorso di spettatori che ad ogni edizione si affollavano a Olimpia,  riempiva i combattenti del più alto spirito di emulazione; e l'uscire vittoriosi era  questa la gloria più grande e stimata.
Secondo Orazio, la vittoria innalzava colui che vinceva al grado degli Dei. L'anno veniva distinto con il nome del vincitore nella corsa dei carri,  il più degno d'onore, e le sue lodi erano cantate da più famosi poeti.
Il premio era una corona di lauro.

La corsa era considerata come il principale esercizio dei giochi olimpici, ai quali perciò si dava sempre inizio con le corse a piedi. L'Arena era chiamata STADIO dalla misura di tal nome contenente circa seicento piedi, ed era anticamente l'intero spazio destinato per l'esecuzione di tutti gli esercizi. Ma col progredire del tempo, non solamente il particolare spazio in cui si contendevano i disputanti, ma similmente anche quello occupato dagli spettatori fu chiamato con quella denominazione, benchè oltrepassasse forse l'estensione.
In mezzo allo stadio erano esposti i differenti premi destinati ai vincitori. Ad un'estremità dell'arrivo c'era la barriera e il luogo delle mosse, formato da una corda tirata, fuori della quale si affilavano gli uomini che correvano, come pure i cavalli. Il tirare di questa corda era il segnale della mossa. Dall'altra estremità dello steccato era posto un termine per quelli che avevano corso.

Quelli che correvano era schierati in una dritta linea e al momento del segnale precipitavano fuori dalle mosse con una rapidità sorprendente. Nella corsa più breve quello che arrivava il primo era dichiarato vincitore; ma c'erano corse più lunghe nel quale guadagnata la meta, tornavano alla barriera (Staffetta). Corse ancora più lunghe eran quelle dove erano obbligati a ripetere quattro volte, otto volte e anche dodici volte il percorso. Quest'ultima appassionava tanto perchè durava molto tempo, e fino alla fine il vincitore era incerto; quando uno superava l'altro la gente a guardare incitava il proprio beniamino vociando.

Le corse dei cavalli con sopra l'uomo, benchè tenuto in un considerevole grado di stima, e di grande spettacolo, non erano così comuni; ed  infatti, in quegli antichi tempi quando l'uso delle staffe era ignoto, doveva esser  richiesta gran destrezza per mantenersi sopra il cavallo senza ruzzolare a terra.

Le corse dei carri erano le più famose di tutte; non solamente perchè antichi Principi ed Eroi generalmente combattevano dai carri; ma anche perchè quelli che disputavano il premio in quell'esercizio ai giochi Olimpici, erano persone della più nobile nascita, o distinte per la grandezza  delle loro gesta. Due Re di Siracusa, Gelone e Jerone, e Filippo Macedone, contavano fra i loro più alti onori l'aver ottenuto la palma della vittoria in questa disputa. Questi cocchi erano tirati da due o quattro cavalli posti di fronte. Quindi la parola, bi-ga, ha un cocchio da due cavalli e quadri-ga, ha un cocchio da quattro. Tutti i cocchi uscivano dal luogo delle mosse, chiamato Carceres, solo quando era dato il segnale. 


Il luogo di ciascuno dove correre, se a destra o  a manca, si determinava a sorte; poichè alcuni luoghi erano molti più vantaggiosi di altri; quelli ad esempio posti a manca restavano più vicini alla meta intorno alla quale dovevano girare, mentre quelli   a destra   avevano  più largo il circuito da percorrere;  i posti occupati da ciascuno avanti la partenza venivano necessariamente alterati nel tratto del corso, poichè i più rapidi cavalli e gli aurighi più esperti  s'impossesavano subito alla partenza del lato più vantaggioso, quello interno, che è ovviamente più corto.


Di tutti gli Ateniesi fu ALCIBIADE il più ambizioso per distingursi in questi Giochi. A tale oggetto egli teneva un gran numero di cavalli;  mandò in una sola volta perfino 7 cavalli per guadagnare così almeno un premio. Un giorno in cui egli guadagnò i tre primi premi dette un gran banchetto dove invitò  non solo gli atleti ma anche tutti gli spettatori.  Queste vittorie di Alcibiade furono persino rese immortali da una famosa Ode composta dal celebre EURIPIDE.

Non era necessario a colui che disputava nel corso dei carri, condurre il suo carro in persona.  Bastava che egli vi fosse presente, ovvero che vi mandasse i suoi cavalli. Filippo era a Potidea quando ricevette la notizia che i cavalli  avevano vinto, pur non guadagnando il premio perchè non presente.

Anche nella corsa dei carri ai Giochi Olimpici, come abbiamo già osservato prima, alle donne all'inizio non si permetteva di contrastare in nessuna disputa gli uomini per guadagnarsi il premio. Forse più tardi il rigore cadde. Infatti, siamo informati dalla storia, che Cinisca, sorella di Agesilao re di Sparta, fu la prima donna che diede il primo esempio nel parteciparvi e anche con successo; ella guadagnò la vittoria nel corso dei carri tirati da quattro cavalli.

Il vincitore, dopo essere stato adornato con una corona d'ulivo, riceveva una palma, ed era condotto per lo stadio da un Araldo, il quale lo proclamava vincitore a suono di tromba. Gli spettatori lo accompagnavano con alte acclamazioni.

Per quelli d'altri Paesi, il campione nel ritornare in patria, i suoi concittadini facevano per il suo ingresso  una  breccia nel muro, aperta per questo speciale evento. Il campione vi arrivava sopra un carro tirato da quattro cavalli e tutti i suoi concittadini uscivano fuori ad incontrarlo per fargli festa. La vittoria nel corso dei carri era, come già osservammo, stimata fra tutte la più onorevole; e gli storici distinguevano ciascuna Olimpiade col nome di quello che aveva riportato in quella disputa il primo premio. Poi in seguito anche il nome dei quattro anni li si chiamava con i vincitori delle altre gare.

Le sfide degli atleti, o gli esercizi ginnastici formavano la rimanente parte del divertimento ai Giochi. Gli atleti si preparavano a questa pubblica mostra della forza e destrezza, con una regolare educazione non solo delle membra, addestrandosi nelle varie discipline; ma per osservare anche una educazione dello spirito. Infatti, dobbiamo far notare al lettore che nessun Greco che aveva  qualità morali compromesse, o commesso cose gravi nel suo paese, poteva partecipare ai Giochi. Severissima la scelta nelle città degli atleti, per non rovinare la fama del proprio luogo dov'egli abitava.

Per la cura del corpo essi dovevano prima della loro comparsa ai pubblici giochi spendere dieci mesi nei ginnasi dove sotto la direzione di particolari maestri destinati a tale oggetto, osservavano la più rigida temperanza per indurire i loro corpi e adattarli agli esercizi richiesti. Gli atleti prima di combattere si sfregavano ed ungevano accuratamente, perchè le membra e le giunture  si rendessero in tal modo più forti e pieghevoli; e combattevano in ogni gara del tutto nudi per dar meno presa ai loro avversari. Fu per questo proibito come spettacolo alle donne. Clamoroso fu un caso di una madre che volendo assistere alle gare del figlio si travestì da uomo; ma nell'entusiasmo fu poi scoperta e tolsero la vittoria al figlio.

LE DISCIPLINE

Coloro che presiedevano a questi giochi, per fare osservare le corrette regole d'ogni disciplina, si chiamavano Agnoteti. I diversi esercizi nei quali si contrastavano gli atleti erano: la LOTTA, il PUGILATO, il PANCRAZIO, il tirare il DISCO e il SALTO. Una particolare menzione e grosso premio di grande prestigio era per quell' atleta che partecipava a tutti i cinque esercizi e  otteneva buoni risultati.

Proprio perchè cinque fu detto del PENTATHLON.Il vincitore era l'atleta che si ammirava moltissimo, sia per la sua grande bravura in tutto, ma anche perchè ognuna delle sue membra godeva una infinita ammirazione. Erano quelli che con grande abilità i migliori scultori prendevano come modelli di forza e anche di bellezza.

LA LOTTA é un esercizio dovunque così ben conosciuto, che é superfluo lo spendere molte parole nel descriverlo. Ciascuna parte contendente adoperava la sua più gran forza, agilità e destrezza, per atterrare l'avversario. Ma se  colui che cadeva traeva seco il suo oppositore, la disputa non era finita, perchè essi seguitavano a dibattersi, e quegli che al fine otteneva il disopra ed obbligava l'altro immobile nella stretta a dimandar la resa, era dichiarato vincitore.Milone di Crotone e Polidamente, furono i più rinomati lottatori dell'antichità.

IL PUGILATO é anche questo un esercizio molto conosciuto in simil guisa. In questo i disputanti combattevano con pugno armati di cesti, una sorta di guanto di striscie di cuoio foderato di lastra di ferro, per rendere i colpi più violenti. Per preservare dalla contusione le loro teste, usavano una sorte di larga berretta imbottita. Qualche volta dopo aver lungo tempo conteso rimanevano così esausti dal sudore e dalla fatica, che erano obbligati a sospendere l'incontro per un poco di tempo per poter prendere lena e rinfrescarsi. Queste mischie alle volte li sfiguravano orribilmente, lasciando tutte le membra coperte di dolorose contusioni,  con gli ossi delle guance rotti, alle volte anche con un occhio fuori, e talvolta cadevano morti sul campo con un solo pugno alla parte del mento o a destra e a manca del viso.

IL PANCRAZIO si chiama cosi dal nome  che porta,  la kratos é l'intera forza del corpo. Esso era un'unione della lotta e del pugilato; poichè i combattenti adoperavano tutti i mezzi della forza per superarsi, stringer la gola, far sgambetto e simili  praticati dall'uno, e usati dall'altro. Avevano persino libertà di percuotere con i piedi e fare uso delle unghie e dei denti.

Tali combattimenti a noi giustamente sembrano barbari e orribili, quasi come quelli dei romani gladiatori, con gli spettatori  certamente  privi di umanità. Prendevano piacere nel mirare uomini a sforzarsi in questa maniera per  sfigurarsi e persino trucidarsi l'un l'altro.

IL DISCO era un esercizio, in cui i disputanti impiegavano tutta la loro forza nello scagliare un pezzo di pietra o di piombo di forma rotonda, ordinariamente di un tal peso che potevasi con difficoltà sostenere con ambe le mani. Questo, come molti degli altri esercizi, era diretto a dar forza al corpo delle braccia e delle gambe.
La loro positura quando lanciavano il disco più piccolo era così: essi avanzavano una delle gambe ad una conveniente distanza dall'altra, curvavano il loro corpo e tenendo il disco con un braccio, appoggiavano tutto il proprio peso sopra la gamba più avanzata; allora dopo due o tre movimenti, sulla maniera  di bilanciare tutto il corpo lanciavano il disco. Colui che lo gettava più lontano guadagnava il premio. Ma oltre a questo avevano altri vari metodi di tirare il disco, facendo generalmente uso di ambe le braccia nello stesso tempo.

IL SALTO e il GIAVELLOTTO erano due esercizi nei quali i disputanti si sforzavano di saltare, e di tirare il giavellotto più a lungo possibile; restava vincitore colui che saltava o tirava più a lungo degli altri.

Oltre gli esercizi sopra descritti ai Giochi Olimpici i poeti e i più bei geni di questi tempi avevano per costume di contribuire anche essi al pubblico divertimento, con il recitare innanzi a quella vasta assemblea alcuni delle loro migliori composizioni.
A una Olimpiade Erodoto pubblicamente lesse la sua 'Istoria'; la quale fu così altamente approvata e applaudita che ciascuno dei nove libri dei quali essa era composta fu onorato col nome di una delle 9 Muse.
In simil modo Lisia, il famoso oratore Ateniese, recitò un'orazione dove si congratulò con i Greci per aver questi umiliato il potere del tiranno Dionisio. Vari altri oratori vi andarono a leggere il loro migliore discorso. Pindaro e Simonide  trattarono l'argomento Olimpiade in tutte le loro opere

LA MARATONA - La storia: Questa disciplina fu aggiunta in seguito. Per ricordare ill 12 settembre del 490 a.C. quando nei pressi dell'antica cittadina greca di Maratona (circa 4 km dalla ricostruita Maratona moderna) oltre 100.000 persiani inviati da Dario in una spedizione punitiva contro Atene, vennero sconfitti da 9000 Atenesi e 1000 Plateesi di Milziade, il quale colse il nemico nel momento della sua maggior crisi, cioè durante l'imbarco per tornare in Persia. La notizia venne portata agli Atenesi da un campione olimpico di Dolichos (Fidippide) che percorse i 42 km che separano la zona del combattimento da Atene e giunto dinanzi ai suoi concittadini mormorò: 'Rallegratevi abbiamo vinto'. Poi si accasciò al suolo spirando per il grande sforzo fisico sostenuto. BREAL non poteva certo supporre che l' immagine mitica di Fidippide potesse rivivere alle olimpiadi di Atene (1896) e di Londra (1908).

Fu infatti, poi uno studioso francese, Michel Breal, che chiese a P. De Coubertin di includere nei primi giochi dell' era moderna una prova che ricordasse la famosa corsa del 'soldato di Maratona'.

Il mito si ripete. Atene, 8 aprile 1896. Nel pomeriggio, alle 14, viene dato il via alla corsa di fondo che, da quell' anno, prenderà il nome di Maratona per la prima volta, almeno ufficialmente nella storia dello sport, degli uomini corrono per circa 40° km. Gli spettatori vedono dopo il 15 km, il francese LARMUSIAUX e l' americano BLACK staccare gli avversari. Al 23° km crollano sia BLACK e LARMUSIAUX e passa in testa l' australiano FLACH. I corridori greci stanno avanzando, appena prima dell' arrivo il greco LOUIS  passa in prima posizione e quando arriva nello stadio, sfinito, i due principi (di Atene) lo aiutano a tagliare il traguardo. Il giorno seguente LOUIS viene decretato vincitore.

La maratona di Londra  del  giorno 24 luglio 1908 si corse sulla distanza che divide il castello reale dallo stadio olimpico. Allo stadio attendono 90.000 spettatori e 100.000 ve ne sono lungo il percorso. I concorrenti che partecipano alla maratona sono 30. Ci sono alcuni concorrenti che si giocano la vittoria: JACK, PRINCE, LORD e l'africano HEFFERRON. Ma verso la fine spunta un ometto calvo con il numero 19, era un pasticcere italiano di nome DORANDO PIETRI che non vinse la maratona perchè cadde prima del traguardo ma fu aiutato a rialzarsi e arrivò primo.

I vincitori di questi antichi giochi avevano il diritto di precedenza a tutti i pubblici spettacoli. Oltre questa generale concessione essi erano particolarmente onorati a Sparta con i privilegi di esser mantenuti a pubbliche spese,  o di combattere  come  custode e vicino alla persona del re.

GLI ALTRI  GIOCHI

I GIOCHI PITII si celebravano a Delfo ogni quattro anni in onore di Apollo; e particolarmente in memoria della sua vittoria sovra il serpente Pitone. I vincitori di quelli venivano coronati di lauro.

I GIOCHI NEMEI si celebravano ogni due anni a Nemea, città del Peloponneso, in onore di Ercole il quale aveva ucciso il leone che infestava la foresta Nemea. Il vincitore in questi era incoronato di prezzemolo.

I GIOCHI ISTMICI si celebravano ogni quattro anni nell'Istmo di Corinto in onore di Nettuno. Essi furono istituiti da Teseo. Il vincitore di questi aveva una corona di foglie di pini.

Fino al 472 a.C. si svolgevano nell'arco di un giorno e i partecipanti provenivano dalle zone circostanti l'Elide (Arcadia, Laconia, Argolide, Acaia, Messenia);  poi la durata dei Giochi   fu portata a cinque giorni e furono organizzate, prima in una dimensione regionale peloponnesiaca, poi a una molto più vasta, di risonanza panellenica. Appositi  araldi percorrevano grandi città d'altre regioni, anche lontane, per annunciare l'imminente svolgimento dei giochi.
Con tale attività promozionale e la risonanza che i Giochi andavano assumendo, per i   preparativi e lo svolgimento,  la manifestazione iniziò a coinvolgere molte persone e a interessare Principi, Re  e governanti di altri Stati. Anzi, quando iniziarono a partecipare loro stessi nelle gare, la vittoria in una disciplina iniziò a diventare un fatto nazionale, quindi politico,  che coinvolgeva il prestigio del Paese con il tifo 'nazionalistico' dell'intera popolazione.

Diventata dunque famosa come manifestazione  iniziarono ad interessarsene anche i poeti, i letterati, i musicanti che componevano inni dedicati; poi a coinvolgere i sacerdoti che  inauguravano e chiudevano  con sfarzose celebrazioni religiose sia quando iniziavano i Giochi, dove c'era il solenne rito del giuramento degli atleti e dei giudici, sia quando terminavano, ringraziando con i riti e i sacrifici le divinità.

Per onorare i vincitori  si componevano e si declamavano versi. L'attenzione degli organizzatori cadde anche nella scelta delle composizione di questi encomi solenni. Per scegliere quindi  i migliori panegirici istituirono dei concorsi che presto attirarono le migliori penne dei più famosi autori del mondo conosciuto. Dal concorso alla gara il passo fu breve, fu così che oltre che essere soltanto una competizione sportiva e una solennità religiosa, i Giochi si trasformarono  in vere e proprie manifestazioni culturali, con gare di poesia, di eloquenza, di opere letterarie (Es. Erodoto presentò alle olimpiadi  le sue Storie - 9 volumi),.

Due curiosità. -  Non era permesso alle donne non solo di partecipare, ma nemmeno di assistere ai Giochi. Il motivo era che tutti gli atleti combattevano o gareggiavano del tutto nudi per evitare nel corso delle gare una presa ai loro avversari. Ci fu anche un clamoroso caso di una madre (Callipatera) che si travestì da uomo per assistere alla gioia del trionfo di suo figlio. Scoperta, fu da allora adottato un provvedimento di far denudare all'ingresso non solo gli atleti ma anche tutti gli spettatori.  Questo rigore cambiò con i tempi, ma rimase sempre l'intolleranza verso le donne sia come spettatrici e sia come partecipanti.   Cinisca, nobile sorella di Agesilao re di Sparta, fu la prima donna (facendo cambiare i regolamenti) che diede il primo esempio nel parteciparvi e anche con successo; guadagnò la vittoria nel corso dei carri tirati da quattro cavalli nel 376 a.C. Si celebrarono con una partecipazione di atleti di vari Paesi e uno sfarzo mai visto; era del resto la Centesima Olimpiade.

Quanto ai fanciulli, nelle prime edizioni era esclusa la loro partecipazione fino al 632 a.C., poi alla XXXVII edizione vi furono ammessi partecipando alle discipline tipicamente atletiche, escludendoli da quelle cruente,  quelle che richiedevano grande perizia, come la corsa dei cavalli e dei carri - la più spettacolare e pericolosa - e dalle corse dette oplitiche che si svolgevano con gli atleti rivestiti con le armature di guerra. Del resto, coinvolgendo nel tifo prima le città poi anche i governi come fatto sociale e culturale,  erano nate nel frattempo numerose palestre con istruttori, costruite e pagati con i soldi dello Stato, quindi fin dalla giovane età i fanciulli erano coinvolti in quel prestigio che i Giochi apportavano.Questo risvolto nazionalistico non era solo un beneficio -  diremmo oggi  solo di 'immagine'  politica  - ma era semmai l'aspetto sociale il fatto più importante e sostanziale da apprezzare e valutare;  fu dunque preso in grande considerazione. La valutazione di una realtà oggettiva era la stessa  quando nel 1892 alla Sorbona  De Coubertin sostenne la sua tesi pedagogica. Ripropose lo sport e i giochi per l'educazione, affermando che in una società che stava andando verso la degenerazione, questa era il miglior rimedio contro i pericoli del sedentarismo, la pigrizia mentale e fisica dei giovani lasciati allo sbando.

Nel 700 a.C. in Grecia i problemi erano gli stessi, proprio identici.  Due regioni, pur vicine camminavano dentro la storia in un modo diverso. Nell'arco di un secolo i mutamenti nell'Attica (Atene) furono sconvolgenti. L'evoluzione in campo culturale con la diffusione della scrittura, furono pari se non superiori alla trasformazione della società del nostro '900 in Europa, mutando l'aspetto culturale, economico, demografico e urbanistico delle città. L'aristocrazia terriera-guerriera perse a poco a poco il suo prestigio allorchè all'attività agricola si affiancarono gradatamente la produzione artigianale e il commercio. Si formò così una 'borghesia' industriale e mercantile che offuscherà il carattere eroico degli antichi signori, che fondavano il loro prestigio solo sulla supremazia militare, in quanto erano gli unici - possedendo terre - che potessero mantenere cavalli e uomini da combattimento. Con le prime riforme ad Atene nacquero i primi governi democratici e nella sua lotta, il popolo trovò a volte alcuni nobili, passati dalla loro parte, i quali lo guidarono assumendosi insieme alla responsabilità   dell'azione, anche il potere di attuarla. Governatori illuminati che protessero i ceti imprenditoriali,   favorirono  le opere pubbliche, le arti, la cultura, permettendo la formazione di uno Stato nazionale. Due/tre generazioni e l'Attica iniziò il suo straordinario cammino creando una civiltà che nonostante fu poi sepolta per quindici secoli tornò a illuminare il mondo nel XIII-XV secolo.

Sparta (Peloponneso), invece volle rinchiudersi nel suo conservatorismo,  mantenendo intatto il carattere guerriero e rude, con la sua vecchia costituzione aristocratica oligarchica, e seguitò a conservare (peggio, a obbligare) i giovani fin dalla nascita all'esercizio delle armi, secondo una disciplina ferrea (abiti, cibi, giacigli, rozzi per temprare il fisico e il carattere, ma scarsa o del tutto inesistente l'istruzione nelle lettere) venne poi a trovarsi in difficoltà quando dovette affrontare il primo grande nemico comune della Grecia: la Persia.  Si vide contrariamente alle aspettative, l'affermazione di Atene, dove l'intelligenza e l'abnegazione di un popolo 'nuovo',  unito,   compensarono in abbondanza la mancanza della forza bruta che invece Sparta ostentava. Nel 490 e 525  con Milziade e  Temistocle gli Ateniesi, pur uniti virtualmente agli Spartani, nella grande prova decisiva contro i Persiani dovettero rinunciare al loro aiuto e far da soli, perchè da due secoli gli Spartani pur apparentemente uniti non avevano una coscienza nazionale, erano rimasti all'organizzazione culturale e politica del gregge (al 'credere, obbedire, combattere') guidato da un capo branco arcaico.

L'altra curiosità nei Giochi antichi era la sfida 'dilettantistica'; ma gli sponsor non mancavano e non era assente la corruzione. La mercede e il lucro, cioè la mercificazione  c'era e vi dimorava assai;   servirsi delle insegne dello sport per scopi personali ed elettorali, anche questa era una deplorevole realtà nel costume greco e poi in quello romano. I Giochi interessarono sia la politica sia  l'ambizione di qualche arricchito. La prima complicò i meccanismi con la sua organizzazione sempre più burocratica, mentre i secondi per i propri interessi i Giochi e gli atleti li mercificarono.
(Le iscrizioni venute alla luce a Pompei, offrono delle testimonianze inequivocabili. Es. Sulla facciata della Casa di Giulia Felice (documento nel Museo di Pompei CIL, IV, n. 1147) il 'Palazzinaro' arricchito Aulo Vettio, mecenate (!?), decise di 'scendere in campo' anche nella politica e opportunisticamente si mise a cercare i voti presso i tifosi della squadra che lui sponsorizzava, dichiarando di essere meritevole per il lodevole e munifico piacere e il godimento che lui offriva al 'popolo' con la 'sua' 'squadra di palla'  molto  famosa. Per ottenere questo consenso, utilizzò nella sua  propaganda  elettorale il nome, le insegne e i colori della squadra per farsi eleggere senatore.
(Pensando (lo abbiamo documentato) come é nato in Italia un conosciuto Partito politico, nulla di nuovo sotto il sole. Il promotore (anche lui 'palazzinaro') non ha inventato nulla di nuovo. E, il 'popolo', come ancora lo chiama il nuovo  'unto dal signore', non é proprio per nulla cambiato'.

Ai Giochi, gli atleti fino al giorno prima nella loro città o nel loro Paese erano degli  anonimi personaggi, dopo la vittoria, ritornando al loro paese come campioni di questo o quell'altro sport, la fama (diremmo oggi nazionalpopolare)  di cui godevano  tra la plebe,  li portava (venivano abilmente strumentalizzati dal furbo politico di turno) ad assumere cariche cittadine prestigiose, spesso con il rammarico, il disgusto e il disprezzo  di uomini molto più dotti, capaci e votati - nella stessa città - alla politica da una vita. Ma 'nel sentir della gente', come oggi afferma un politico in ascesa in Italia, quello era l'uomo più acclamato e votato, anche se aveva usato i piedi piuttosto che la testa per arrivare al governo o a  pubbliche cariche che invece ambivano validi magistrati e legislatori. Uno dei casi clamorosi fu un 'barbaro' Armeno:  dopo aver vinto al pugilato, divenne addirittura Re della sua gente; Varazdat. Nella Storia  (lui, come Vettio a Pompei e altri)  ci sono entrati (li stiamo citando),  ma non certo per le loro qualità di politici; il primo  brillò con la  luce riflessa dalle grosse mani che menavano, l'altro con quella riflessa dai piedi che calciavano. Ma uomini opachi erano e opachi rimasero.

I GIOCHI dal 776 a.C., ogni 4 anni, per 1172 anni vennero celebrati in continuazione,  per un totale di 294 edizioni. Fu l'Imperatore Teodosio che nel 396 d.C. li soppresse, perchè  i Giochi e tutte quelle manifestazioni, prima durante e dopo che seguivano (riti, balli, e feste di ogni genere, ma anche fiorenti palestre dove tutto l'anno si allenavano gli aspiranti neo campioni) li considerò tutte pagani. Compresa la danza, la musica e il poetare.

Iniziavano i 'secoli bui'. Una vita colorata tutta di nero funereo, e tutt'attorno, un'assordante silenzio tombale. Unica indicazione nel percorso dell'esistenza delle 46 generazioni che seguirono, fu quella di insegnargli una strada faticosa: a 'vivere' con la rassegnazione. Ma fu un vivere? Nella natura umana VIVERE non é rassegnarsi. La rassegnazione è il coraggio ridicolo di uno sciocco, porta solo alla solitudine esistenziale e spegne l'energia vitale dell'uomo: prima quella individuale poi quella collettiva. Uno stato umiliante che lentamente porta a soffrire, poi senza neppure avvertirla, porta all'umiliazione e a non avere neppure stima di se stesso. La vita diventa inutile, ed è una morte anticipata.
Chi invece è disposto ad agire  è disposto e sa anche soffrire senza provare umiliazione. Dopo una  gara persa si pensa e ci si prepara con l'autodisciplina alla rivincita in un'altra edizione. Anche la vita ha tante edizioni: una ogni mattina. Ogni mattina il mondo non è la stessa 'arena' del giorno precedente, ed offre una change a tutti. Per un fatto biologico molto semplice: il nostro avversario può benissimo essere uscito un bel mattino dall''arena' con la sua ultima 'edizione', stecchito. E noi rientriamo in gara.

Con la rassegnazione nel mondo non si muove nulla. Ed é quello che accadde subito dopo il 396.
  Lo sport nel  Cristianesimo (un distinguo: non la religione cristiana, ma gli uomini che la gestirono)  non rientrava nello spirito della fratellanza universale.Ecumenica, ma appartata, distante, lontana, con la vocazione all'isolamento, e ad annullare la volontà.Consorzio di fratellanza, e poi a  non promuovere, ma più spesso a respingere o sempre impegnata a dividere ogni tipo di promiscuità  i rapporti interpersonali, sociali, collettivi.Ci fu poi la riscoperta dell'umanesimo, poi venne l'illuminismo, il liberismo. E non è che   le nuove concezioni della vita trovarono dei grandi profeti. Se quelli di prima fecero tanti errori trasformando la vita in una rigorosa (imposta) assurda ascesi, i secondi rifiutando in blocco ogni esperienza spirituale, non volendo ostinatamente raccogliere  nulla di quanto era valido,  ritornarono all'individualismo più sfrenato; lo stesso dicasi poi nel liberismo, ritornarono non più al feudo territoriale ma al feudo economico con i monopoli di alcune attività, spesso dimenticando il rispetto dell'individuo per raggiungere egoisticamente e anche cinicamente i propri scopi. Solo la storia dei prossimi millenni potrà giudicare chi ha commesso i più gravi errori e orrori. Quelli del primo millennio (a causa dell'ignoranza diffusa) avranno delle scusanti, ma quelli del secondo, non sappiamo proprio come li assolveranno. Ci compiangeranno leggendo certe contraddizioni fra cultura e forza bruta.

I Giochi rinacquero nel 1896 per iniziativa del barone parigino PIERRE FREDI DE COUBERTIN  (Un primo, sfortunato tentativo, era stato promosso dal mecenate greco Zapas nel 1859, ma non fu coronato da successo).
DE COUBERTIN non era un uomo qualunque, ma un grande umanista fortemente impegnato a risolvere i problemi sociali del tempo (molto inquieti),  sensibile soprattutto - lui pedagogista all'Accademia di Francia - a quelli giovanili. Abbandonò il prestigioso insegnamento e si dedicò interamente all'educazione sportiva, sostenendo che lo sport era il miglior rimedio contro i pericoli di corruzione, sedentarismo, depravazione, pigrizia mentale e fisica dei giovani.
Il 25 novembre del 1894 intervenne alla Sorbona in un congresso internazionale di organizzazioni sportive convocato a Parigi. Il  suo discorso  conquistò i rappresentanti delle 12 nazioni intervenute  che votarono all'unanimità la rinascita delle Olimpiadi. Costituirono il comitato internazionale olimpico (CIO), e la prima manifestazione fu deciso che si sarebbe svolta ad Atene.

Nel 1896,   era il 6 Aprile, all'inaugurazione dei giochi, fu per la prima volta eseguito anche un inno espressamente commissionato al poeta Costis Palamas e al musicista Spirou Samara, entrambi di nazionalità greca. L'inno con una strofa invocava lo 'Spirito antico ed eterno, creatore della bellezza, della grandezza e della verità, discendi in mezzo a noi, brilla come la luce nella gloria della terra e del cielo', cadde poi in disuso e, di Olimpiade in Olimpiade, ogni paese provvide a farne comporre o rielaborare uno per conto proprio. Così furono eseguiti tra gli altri, gli inni dello svedese Alexanderson, di Albert Thomas, di Ricard Strauss, di Roger Quilter del dodecaforista Michael Spisa, di Domenico Fantini. Da Tokio (1964) in avanti è stato ripristinato l'inno di Palamas e Samara.   

Ai primi giochi di Atene del 1896 erano presenti 13 nazioni e 245 concorrenti. Nove le discipline sportive: atletica, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro.

In realtà erano state programmate anche gare di canottaggio e vela ma non vennero svolte a causa del cattivo tempo'.Nel 1904 fu la volta delle olimpiadi di St. Louis (dal 14 maggio al 18 novembre)   caratterizzate da una abnorme proliferazione di gare (390, ma solo 58 quelle ufficiali). Una edizione non ufficiale dei giochi ebbe luogo nel 1906 ad Atene per celebrare il decimo anniversario della restaurazione delle gare olimpiche. I giochi del 1908, assegnati in un primo tempo a Roma, furono poi spostati a Londra per l'impossibilità del Comitato Olimpico Italiano di organizzarli. Il programma a Londra si allargò fino a 21 sport, il successo fu notevole: più di 2000 concorrenti, di cui 36 donne, per 22 Paesi.

Seguirono quelle di Stoccolma nel 1912.  Nel 1916 i giochi che avrebbero dovuto svolgersi a Berlino non furono disputati per la guerra. Ripresero ad Anversa nel 1920 e a questi (fra le tante punizioni) la Germania non fu invitata.  Nel 1924 a Parigi concorsero 300 atleti fra cui 136 donne, in 19 sport. Ad Amsterdam nel 1928 la Germania fu riammessa alle olimpiadi, e fu introdotta la simbolica fiaccola olimpica; ma la durata dei giochi fu limitata a 2 settimane. Per la prima volta furono ammesse  anche le donne per partecipare alle gare di atletica leggera. Le olimpiadi Los Angeles del 1932 videro per la prima volta molti atleti di colore nelle prove di atletica. E proprio un' atleta americano con la vincita delle sue 4 medaglie d'oro fu il grande protagonista dei successivi giochi di Berlino (1936).  Helsinki si offrì di ospitare le olimpiadi del 1940 che però purtroppo non furono disputate per la guerra; e non ci furono nemmeno quelle del 1944 che si sarebbero dovute svolgere a Londra, che si svolsero poi nel 1948.

Con la ripresa dei giochi nel 1896 era nato anche  Il CIO, di cui Pierre De Coubertin fu il fondatore nonchè il primo presidente. E' l'organismo cui compete la direzione del movimento olimpico e la regolamentazione dei giochi  nel mondo intero, la scelta delle città che organizzano quadriennalmente i giochi, l'approntamento e l'aggiornamento dei programmi di gare. Il CIO ha sede a Losanna. Ad esso aderiscono 26 federazioni internazionali in rappresentanza di altrettanti sport olimpici, più oltre 6 federazioni riconosciute, i cui sport non fanno peraltro parte del programma dei giochi olimpici.







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