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UNA TEORIA DELL'IMMUNIZZAZIONE «STOCASTICA»
L'itinerario proposto per caratterizzare la teoria semideterministica dell'immunizzazione finanziaria (dagli schemi classici di Redington e di Fisher e Weil, all'impostazione di Fong e Vasicek) segna il passaggio dal modo «semplicistico e distorto» di trattare l'incertezza verso un atteggiamento metodologicamente più «adeguato e corretto».
Di fronte al fenomeno dei movimenti aleatori dei tassi di interesse, la posizione classica (originaria) riduce le possibilità evolutive della struttura per scadenza ad un'unica ipotesi (di shift additivo, con ampiezza aleatoria); la selezione di portafogli immunizzati è un problema di decisione che comunque resta definito in condizioni di incertezza, ma nell'ambito della particolare ipotesi sul tipo di shift, prescelta «come se» fosse certa.
In questo schema è stato possibile definire la condizione di immunizzazione finanziaria in termini di «non-perdita» e dare alla definizione un preciso contenuto operativo (con i TEOREMI 1, 3 e 4). Ne è risultata una tecnica troppo potente, non compatibile con la proprietà di assenza di arbitraggio né con l'equilibrio, che negli effetti patologici ha evidenziato il semplicismo delle ipotesi di base.
Già nella «discussion» pubblicata in margine al lavoro di Redington l'immunizzazione era giudicata (ironicamente, da Rich) una «formula magica», con esiti «meravigliosi», che «garantisce profitto per qualunque variazione del tasso di interesse, verso l'alto o verso il basso»; anche quando, a commento del teorema di Fisher e Weil, si nota che «l'immunizzazione permette di convertire attività rischiose in attività prive di rischio», non se ne evidenzia la preziosità operativa ma si riconosce implicitamente che la procedura di immunizzazione classica non può essere considerata una procedura di decisione ben posta in condizioni di incertezza.
La critica all'ipotesi di shift additivo (giudicata poco realistica, anche dagli stessi Fisher e Weil) non ha sollecitato la revisione dei fondamenti del metodo; l'esigenza di una «più accurata descrizione del processo degli shift» ha portato a puntare sulla scarsa rispondenza empirica del modello, invece di colpire l'atteggiamento troppo naive nei confronti dell'incertezza. Sono stati caratterizzati schemi di immunizzazione definiti rispetto a shift «alternativi» (di tipo diverso dall'additivo, ma prefissato), che hanno mantenuto la stessa valenza metodologica dell'ipotesi originaria.
Nel complesso quindi, come già detto, l'atteggiamento classico risulta incompatibile con l'assenza di arbitraggio e con l'equilibrio e non è ben posto in condizioni di incertezza; la validità delle procedure basate su ipotesi di evoluzione ad-hoc della struttura dei tassi di interesse resta subordinata alla fiducia metodologicamente ingenua di predire (indovinare) il tipo di shift che avrà effetto: poiché le procedure suggeriscono in generale strategie contrastanti, vanno scelte come se un'ipotesi (fra le altre possibili) fosse certa, pur ammettendo che la realtà potrà discostarsene.
L'ipotesi di shift «qualsiasi», poi, ha ricondotto lo schema evolutivo della struttura per scadenza dei tassi di interesse in un ambito di generalità; i risultati di Fong e Vasicek hanno consentito di conferire un senso operativo allo «shift qualsiasi», di caratterizzare l'immunizzazione in modo consistente con la struttura di un mercato in equilibrio e «più adeguato» rispetto alla situazione di incertezza. In particolare, la condizione di immunizzazione finanziaria non risulta più esprimibile in termini di «non-perdita», poiché (con la nuova ipotesi) il valore «netto» post-shift è una variabile aleatoria che può assumere determinazioni positive o nulle, ma anche negative.
È espressivo definire (con la dispersione netta) una misura di rischio per portafogli immunizzati dall'effetto di shift additivi; è possibile caratterizzare strategie di selezione di portafogli «optimally immunized», cioè immunizzati in senso classico e «a minimo rischio» rispetto a shift di tipo «qualsiasi» (in altri termini, scelto un modello evolutivo ad-hoc, su cui basare l'immunizzazione, si persegue la strategia che rende minimo il rischio di modello).
Evidentemente, la misura di rischiosità fornisce una caratteristica «fisica» dei flussi di importi (in funzione della struttura per scadenza dei tassi di interesse osservata); senza considerare le «aspettative» sullo stato del sistema (mercato), le strategie di immunizzazione basate sul downside risk sono le uniche plausibili, poiché non è possibile valutare l'effetto di assunzioni parziali di rischio.
In questo senso, con l'impostazione basata sui risultati di Fong e Vasicek, la teoria semi-deterministica dell'immunizzazione finanziaria è giunta ai suoi esiti: per mettere a punto schemi di analisi e di gestione più fini e potenti, per definire criteri decisionali più «consapevoli», è necessario arricchire il modello di mercato considerando le aspettative (opinioni) degli agenti economici, determinate dalle valutazioni di probabilità sugli stati di natura.
Sembra ragionevole credere che la logica del downside risk costituisca comunque un utile schema di riferimento, anche disponendo di modelli di immunizzazione stocastica (probabilistica).
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