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RAPPORTO ECONOMICO E PRINCIPIO RELAZIONALE
Ma il merito di raccogliere il complesso insieme di dottrine e correnti di pensiero politico-economico elaborando una unica teoria appartiene a Adam Smith, Ricardo, Malthus, padri fondatori della scuola classica: ad essi si deve che l'economia tra il secolo XVIII e XIX assuma aspetto di scienza organica.
Questa prima fondamentale concettualizzazione ha alla base, come suo fondamento, il metodo logico-deduttivo: osservando e generalizzando i comportamenti comuni dei singoli soggetti (per es. il massimo tornaconto con il minimo sforzo) si "individuano le uniformità che regolano il sistema economico. Esse costituiscono le leggi che governano il corretto funzionamento economico dell'ordinamento sociale".
Per tradizione la pubblicazione dell'opera 'La Ricchezza delle Nazioni' dello scozzese Adam Smith, viene considerata la data di nascita dell'economia politica.
Smith, come più rappresentativo autore della 'scuola classica' viene spesso citato nel suo più celebre passo:
"Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse. . '[2]
In tale impostazione, la centralità del rapporto con l'altro verrà col tempo sopraffatta da un concetto estremizzato di homo oeconomicus: razionale ed unicamente intento alla ricerca del suo 'self interest' (interesse personale), per altro inteso come 'sefishness' (egoismo). In realtà l'opera più famosa di A.Smith va letta alla luce della sua precedente 'Teoria dei Sentimenti Morali' (che raccoglie le sue lezioni di filosofia morale), dove la categoria della 'simpathy' (identificazione simpatetica con l'altro) giuoca un ruolo decisivo.
"La simpathy smithiana è invece una categoria antropologica che si pone prima della valutazione morale delle azioni che attraverso la capacità di simpatia l'uomo compie; inerisce ciò che l'uomo è non ciò che l'uomo fa.
La persona umana dipinta da Smith è quindi una realtà relazionale più che altruista o egoista."[3]
La simpathy Smithiana non si riferisce ad una dimensione psicologica-individuale del soggetto economico, bensì ad una dimensione sociale, per cui "il perseguimento dell'interesse personale avviene all'interno di un quadro di regole morali, oltre che giuridiche, che garantisce un esito socialmente positivo."
Questo tipo di constatazioni hanno aperto il così detto 'das Adam Smith Problem': cioè se ci sia o no soluzione di continuità tra 'La Ricchezza delle Nazioni' e la 'Teoria dei Sentimenti Morali', che significa cogliere il rapporto tra l'etica e l'economia politica nel pensiero del padre fondatore di quest'ultima.
E' importante procedere dalla stessa prospettiva utilizzata dalla SCUOLA CLASSICA. L'economia è intesa come scienza degli scambi, che assegna al valore dei beni un duplice ruolo.
"La parola valore, si deve notare, ha due diversi significati; a volte esprime l'utilità di un oggetto particolare, a volte il potere di acquistare altri beni che il possesso di quell'oggetto comporta. L'uno può essere chiamato valore d'uso, l'altro valore di scambio."[4]
Lo scambio è una "particolare inclinazione della natura umana: l'inclinazione a trafficare, a barattare e a scambiare una cosa con un'altra"[5]
E' questa disposizione a trafficare che da origine alla divisione del lavoro: "Il punto di partenza della riflessione economica di Smith è costituito dalla divisione del lavoro. Il suo obiettivo, dunque, è spiegare come funziona un sistema economico in cui ogni persona è impegnata in un compito specifico ed ogni impresa produce una merce specifica."[6]
"La grande moltiplicazione dei prodotti di tutte le varie arti, in conseguenza della divisione del lavoro, è all'origine, in una società ben governata, di una generale prosperità che estende i suoi benefici fino alle classi più basse del popolo."[7]
Smith dunque pone l'accento non tanto sul soggetto economico ma sui gruppi, le classi."[8]
L'homo oeconomucus di A. Smith non assume caratteristiche individualistiche, eppure la sua 'simpathy' non ha profondità psicologica: gli serve, piuttosto, per indirizzare e accordare il proprio interesse personale con il bisogno degli altri uomini, attraverso il rapporto/relazione con l'altro. E' il mercato il luogo dove si compongono i diversi 'egoismi'. Sotto l'azione della 'mano invisibile' il mercato resterà in equilibrio: sarà l'interesse personale che tenderà a far coincidere il prezzo naturale di un bene con il suo prezzo di mercato.
"Il soggetto utilizza la sua capacità di simpatia per agire in società, attraverso di essa si forma le proprie opinioni e preferenze"[9]
"Zanini-nella sua opera La Genesi Imperfetta[10] mette in luce che l'approvazione o meno dei comportamenti individuali da parte dell'osservatore imparziale, avviene in base al criterio dell'appropriatezza. Un comportamento, per Smith, è giusto se rispetta il criterio dell'appropriatezza, del giusto grado () indipendentemente dal fatto che tale comportamento sia originato da passioni egoistiche o altruistiche."
"Per Smith l'uomo non è né solo egoista né solo altruista, in lui sono presenti entrambi i sentimenti, e la moralità o meno dell'atto è dovuta al giusto grado (appropriatezza) in cui tali sentimenti si combinano tra di loro."[11]
Ma il realismo dell'analisi smithiana non nasconde che lo sviluppo ed il progresso tecnologico si realizza attraverso lo sfruttamento di alcune classi e l'ineguaglianzaDa qui la mancata composizione tra liberalismo e giustizia sociale, tra ricchezza della nazione e benessere di tutti i cittadini.
Il periodo immediatamente successivo all'opera di Smith è caratterizzato da un senso generale di compiacimento nelle capacità produttive della nazione secondo le linee delle proprie tradizioni culturali.
"Una caratteristica che possiamo rintracciare un po' in tutte le tradizioni classiche senza allontanarci troppo dal vero è l'interesse per la ricchezza delle nazioni, per lo sviluppo, per la distribuzione della ricchezza e soprattutto per il valore dei beni. Tutte realtà sociali: l'azione umana è vista all'interno di rapporti sociali."
Per tutto il periodo classico "gli economisti sono stati tutti essenzialmente filosofi sociali che si occupavano degli aspetti economici della società"[13]
A tal proposito S. Zamagni precisa che:
"almeno fino alla prima metà dell'Ottocento, è prevalente, in Italia così come in Inghilterra, una linea di pensiero economico che concepisce il rapporto interpersonale come valore in sé ed il mercato come l'istituzione capace di conciliare soddisfacimento dell'interesse individuale e perseguimento del bene comune. A partire da quel periodo -anche sotto l'influsso dell'utilitarismo di Bentham e dell'illuminismo francese- si afferma nella scienza economica l'antropologia iper-minimalista dell'homo oeconomicus . In tal modo si impone la nozione di mercato come meccanismo allocativo che può essere studiato in vacuo, prescindendo cioè dal tipo di società in cui è immerso. E' così potuto accadere che il mercato divenisse, il luogo ideal-tipico in cui non v'è posto per la libera espressione di sentimenti morali quali l'altruismo, la reciprocità, la relazionalità e così via."
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