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L'economia di comunione: analisi del progetto




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L'ECONOMIA DI COMUNIONE:  ANALISI DEL PROGETTO



Par. 1. L'ATTO DI NASCITA


Nel maggio 1991, Chiara Lubich si reca in Brasile per incontrare le comunità del Movimento; porta con sé l'Enciclica 'Centesimus Annus', scritta da Giovanni Paolo II in occasione del centenario dell'Enciclica 'Rerum Novarum'; la legge e la commenta: 'una radiografia perfetta di tutta la situazione economica, sociale e politica del mondo d'oggi; una riaffermazione della Dottrina Sociale della Chiesa, che conferma la liceità della proprietà privata, della libertà di iniziativa, della libertà di associazione; ma anche invita pressantemente alla solidarietà, fino all'ipotesi di un'economia mondiale., un sogno ma anche una speranza

Arrivata in Brasile, durante il trasferimento alla Cittadella Araceli[2], situata nei pressi di S. Paolo, rimane colpita dallo stridente contrasto tra la foresta di grattacieli di lusso e la miseria dell'immensa periferia che circonda la città. 'Pochi ricchissimi e milioni di poverissimi'. Una situazione drammatica e ingiusta che la ferisce ancor più quando viene a sapere che in quelle grandi estensioni di favelas vivono persone aderenti al Movimento. 'Sente l'urgenza di dover provvedere alle prime necessità - il cibo, un tetto, le cure mediche e quando possibile un lavoro -, almeno per quei brasiliani per lei così prossimi e per i quali la comunione dei beni nel Movimento fino allora non era stata sufficiente' , proprio in virtù di quell'amore al prossimo e di quella comunione dei beni che si vivevano da oltre cinquant'anni nel Movimento.

Il 29 maggio 1991, spinta anche dall'appello del Papa alla solidarietà economica, Chiara Lubich lancia il progetto di E.d.C., che propone un modo nuovo di fare economia, e chiama tutti i membri del Movimento ad impegnarsi per rispondere alla richiesta di maggior giustizia sociale.


'In questi giorni c'è venuto da considerare l'aspetto sociale presente nel nostro carisma. Un carisma certamente che ha tante finalità: che porta a costruire la pace.ma che aiuta pure a risolvere il problema sociale.perché sottolinea una realtà economico-sociale: la comunione dei beni. E non solo ne fa sentire la necessità, ma la fa attuare nel movimento da 47 anni in diverse forme.(.)

Se tutto il mondo l'attuasse, le diseguaglianze sociali, i poveri, gli affamati, i diseredati.non ci sarebbero più (.). Da parte nostra, durante questi anni, abbiamo arricchito questa esperienza di tutti gli apporti che ha offerto la Dottrina Sociale della Chiesa soprattutto attraverso le Encicliche sociali.

Ora qui ad Araceli è nata un' idea: che Dio chiami il nostro

Movimento nel Brasile, che conta circa duecentomila persone con i simpatizzanti, ad attuare una comunione dei beni più ampia, che impegni tutto il Movimento nel suo insieme.

Questo lo si potrebbe incominciare a vedere nelle nostre cittadelle, a partire dall'Araceli. Qui sotto la spinta della comunione dei beni dovrebbero sorgere delle industrie, delle aziende, affidate soprattutto alla parte tipicamente laica del Movimento (.).

Queste aziende di vario tipo, dovrebbero essere sostenute da persone di tutto il Brasile; dovrebbero nascere società dove ognuno abbia la possibilità di una propria partecipazione: partecipazioni anche modeste, ma molto diffuse. La gestione di tali imprese dovrebbe essere affidata a elementi capaci e competenti, in grado di far funzionare queste aziende con la massima efficienza e ricavarne degli utili.

E, qui sta la novità: questi utili dovrebbero essere messi in comune.

Dovrebbe nascere così un'economia di comunione della quale questa cittadella costituirebbe un modello, una città pilota.

Anche noi pensiamo certamente ad un capitale, ma l'utile lo vogliamo mettere in comune liberamente . E per quali scopi? Gli stessi della prima comunità cristiana:

- per aiutare quelli che sono nel bisogno, per dar loro da vivere, per aver modo di offrir loro un posto di lavoro.

- poi naturalmente anche per incrementare l'azienda.

- e infine per sviluppare le strutture di queste piccole città, in vista della formazione di 'uomini nuovi' , motivati nella loro vita dall'amore, perché senza uomini nuovi non si fa una società nuova.

Cominciamo da questa Cittadella brasiliana dove sono particolarmente drammatici i problemi sociali, ma anche lo slancio per affrontarli è più intenso'.


Par. 2. L'USO ATTIVO DEI BENI


Commentando il progetto di E.d.C., la Lubich stessa sottolinea: 'tutta l'Opera (il Movimento dei Focolari, n.d.r.) deve fare uno scatto nel campo della sua espressione sociale (.); noi abbiamo una potenzialità sociale espressa attraverso opere, azioni, la presenza di uomini nuovi, educati a vivere per gli altri (.), ma tutto è sempre poco in confronto alle necessità: bisogna che nasca qualcosa di molto più grande e globale'.

L'idea è semplice, ma realizzarla richiede un cambiamento di grande portata, un capovolgimento di mentalità nell'agire economico. L'E.d.C. investe l'attività lavorativa e la struttura base dell'economia moderna: l'impresa. Questa viene orientata a mettere in comune le risorse e gli utili; si rivitalizza perché deve essere sempre più costituita da uomini capaci di usare le categorie della solidarietà, specie verso i più poveri; si apre all'esterno come elemento propulsore della società nella direzione di un'economia al servizio della comunità.

L'E.d.C. riconferma e riattiva la comunione dei beni, ma è un passo più in là, perché 'si tratta dell'uso attivo dei beni: non ci si limita a donarli, ma li si mette in circolo nel tessuto sociale perché ne producano altri

Un'economia, dunque, che sia espressione della vita di unità, che si traduca anche in comportamenti economici rinnovati, fra uomini nuovi che riscoprono la fraternità universale.

Si tratta di una svolta che finalizza al bene comune i talenti, le capacità imprenditoriali, le professionalità. Naturalmente sempre nel rispetto assoluto della libertà. Il progetto può realizzarsi solo per quanto matura nella libera coscienza di ognuno

Sorprendentemente il progetto è stato subito accolto con entusiasmo da molti, che vi hanno aderito, costituendo aziende o trasformandone di esistenti, prima in Brasile e poi in tutto il mondo. E' già quindi una realtà e seppur ancora piccola dà risultati concreti.[9]


Par. 3. cultura del dare: BUSSOLA dell' agire

nell' ECONOMIA DI COMUNIONE


L'esperienza di E.d.C. nasce da una visione non economicistica dell'uomo, del lavoro e della produzione, bensì da una concezione che si può definire << umanesimo planetario >>, usando un'espressione di Paolo VI nella Populorum Progressio, che rimette la persona al centro dell'agire economico, lo considera il fine, ne promuove la crescita completa e tende alla 'ricerca della solidarietà tra individui, gruppi e popoli; è attento e attivo verso le esigenze degli altri, colte e servite a cerchi concentrici sempre più ampi'.

L' uomo che agisce in campo economico è visto non come INDIVIDUO

( in-dividuum ), incapace di condivisione, ma come PERSONA (essere per ), che si pone in relazione agli altri e che nel lavoro e attraverso il lavoro, non solo realizza bisogni economici, ma anche pienamente se stesso.

L'economia ritrova, così, la sua naturale essenza di 'luogo sociologico', comunione di beni e di persone. 'Osservando le realizzazioni in atto dell'E.d.C., vi si coglie un intreccio di relazioni concrete tra attori sociali che si comunicano da persona a persona (vicina o lontana) i propri beni, si associano per cooperare,.investono i risparmi per partecipare ad imprese dichiarando in partenza di devolvere eventuali utili a predeterminati scopi di solidarietà con altri e di formazione dei giovani. C'è anche di più: operatori di aree sviluppate mettono a disposizione capacità operative, competenze tecniche, professionalità, tecnologie acquisite con lunga esperienza. Fanno questo per attivare nuove imprese in aree in via di sviluppo, sia addestrando nelle proprie aziende lavoratori di quelle aree, sia andandovi di persona.facendosi parte viva di popolazioni diverse dalle proprie.

'E' non solo un donare ( = comunione di beni ), ma anche un donarsi

( = comunione di persone )

Il risultato è la creazione di nuove situazioni sociali, con nuovi tipi di rapporti, nuovi modelli socio-culturali, che sfociano in una nuova cultura, quella che Chiara Lubich ha chiamato la CULTURA DEL DARE e che sta alla base dell'E.d.C.


A differenza dell'economia consumista,

basata su una cultura dell'avere,

l'economia di comunione è

l'economia del dare.


Ciò può sembrare difficile,

arduo, eroico.

Ma non è così perché l'uomo

fatto a immagine di Dio, che è Amore,

trova la propria realizzazione

proprio nell'amare, nel dare.


Questa esigenza è nel più profondo

del suo essere, credente

o non credente che egli sia.

E proprio in questa constatazione

suffragata dalla nostra esperienza,

sta la speranza di una diffusione

universale dell'economia di comunione.


Chiara Lubich


Rocca di Papa, 10 novembre 1991



Si tratta di una mentalità che non porta ad avere, ad accumulare oltre misura, a sprecare, ma a dare, a condividere, ad un uso moderato dei beni, a cambiare stili di vita consolidati.

Alla base dell'E.d.C., sta una concezione di 'dare' ben definita.

'Non un 'dare' contaminato dalla voglia di potere sull'altro, che cerca il dominio dei singoli e dei popoli. E' un dare solo in apparenza.

Non un 'dare' che cerca soddisfazione e compiacimento nell'atto stesso di dare,.espressione egoistica di sé e percepito da chi riceve come un'umiliazione, un'offesa.

Non un 'dare' utilitaristico, interessato,.che cerca il proprio tornaconto, il proprio profitto'.

Esso è un ' 'dare evangelico' che si apre all'altra persona (o popolo) e lo cerca nel rispetto della sua dignità, nel rispetto della sua storia, dei suoi usi, costumi e tradizioni'.[12] E', quindi, non solo un donare beni, consigli, competenze, ma anche il proprio bisogno, con pari dignità.

E' un DONARSI: l'uomo è dono; ed è nella crescita delle relazioni che si arricchisce la personalità. Perciò anche nel lavoro non si cresce, se non si punta sui rapporti inter-umani.

E' tipico della natura intrinsecamente sociale dell'uomo il dono. Chiara Lubich, al riguardo, dice: 'L'uomo, chiunque egli sia, qualunque la sua fede religiosa, la sua cultura, è questa tensione al dono , che conduce a vivere nella reciprocità

'Chi vive esperienze di E.d.C. sperimenta tutti i giorni che la propria individualità acquista senso nella misura in cui entra in rapporto con qualcun altro;.sa che l'individuo-isola (tipo l'homo economicus) non esiste, e che ogni scelta matura dentro un contesto di reciprocità'.[14]

La cultura del dare 'interpreta il bisogno profondo di questa epoca di grandi progressi tecnologici, di enorme ricchezze prodotte, sperperate e molto mal distribuite, di mondialità obiettivamente operante sul piano economico'.[15]


Par. POSSIBILI SIGNIFICATI E DEFINIZIONI DI

'ECONOMIA DI COMUNIONE'


L'espressione 'Economia di Comunione', 'usata - praticamente - quasi senza accorgersene, con significati abbastanza diversi' , ha spinto il prof. B.Gui, studioso del fenomeno economico-sociale che è l'E.d.C., a ricercarne il significato, le implicazioni e a darne alcune possibili definizioni.

Egli parte innanzitutto dalla constatazione che l'E.d.C. non è 'una delle tante idee che vengono proposte da persone sensibili ai problemi dell'umanità, che magari vengono anche prese in seria considerazione da qualche studioso, ma che non divengono realtà vitali'.[17]

E' piuttosto una realtà costituita (finora, essendo un fenomeno tendenzialmente in crescita) da:

'centinaia di imprese, utili messi comune per alcuni miliardi, migliaia di

persone in difficoltà economiche aiutate a garantire a sé e alle

persone attorno una vita migliore, decine di migliaia di persone in tutti

i continenti coinvolte in uno stile di gestione improntato alla

collaborazione, all'apertura all'altro, alla comunione, con l'effetto di

conferire nuova dignità ai rapporti di lavoro, di collaborazione, di

affari'.[18]

Per definire quale estensione si debba dare all'espressione 'E.d.C.', egli distingue l'ambito di riferimento: quello dei fatti da quello delle idee.

Stando al piano dei fatti, ritiene problematico o quantomeno prematuro usare l'espressione al pari di economia di mercato, al pari di economia di piano o anche economia partecipativa, vedendola come 'un nuovo principio di organizzazione di un sistema economico o del settore produttivo di esso'.[19] Ritiene invece possibile dare un'interpretazione meno ambiziosa, ma molto ampia, includente 'tutti gli atti economici, anche informali, che si ispirano alla cultura del dare, ovvero puntano a realizzare comunione Questa definizione ha il merito di poter coinvolgere tutti, 'a prescindere dal fatto che si tratti di imprenditori e dirigenti, anziché di giovani, casalinghe o pensionati'. Se la si adottasse, 'le imprese nate a seguito del lancio del progetto o che hanno aderito ad esso dando i due terzi di utile potrebbero essere chiamate 'imprese di economia di comunione' o 'imprese di comunione''.

Un'altra interpretazione, 'più precisa ma più restrittiva, si riferisce all'insieme delle organizzazioni economiche private che si ispirano esplicitamente alla cultura del dare e puntano a realizzare, sia al loro interno che verso tutti gli interlocutori esterni, rapporti di comunione'.

Questa accezione potrebbe includere non solo 'le imprese i cui proprietari, magari assieme ai dipendenti, puntano ad ottenere degli utili da devolvere secondo lo schema dei 'tre terzi'', ma anche 'altre organizzazioni con finalità di servizio che non puntano ad ottenere utile monetario da mettere poi in comune, perché l'utile che potenzialmente potrebbero realizzare viene trasferito in partenza ai beneficiari sotto forma di prezzi e di condizioni di favore: ad esempio organizzazioni che si propongono di favorire l'avvio di attività produttive o commerciali in zone povere del pianeta (come la Solidar Kapital di Solingen) o di facilitare la commercializzazione dei loro prodotti come strategia allo sviluppo'.[22]

Per il futuro si prevede un aumento consistente di tali esperienze.

'Infine vi è un'interpretazione di E.d.C. che si pone, come già accennato, sul piano delle idee. Con essa possiamo riferirci ad un modo di pensare la vita sociale e l'attività economica, in particolare, che sottolinea la comunione tra le persone, come caratteristica cruciale e chiave di lettura dell'economia stessa In base a questa interpretazione, l'E.d.C.' si pone sullo stesso piano rispetto ad espressioni come 'economia evolutive' o anche 'economia relazionale'.

Ne consegue che si può affermare che l'E.d.C. non è una nuova teoria economica, né un progetto legato a determinati contesti sociali ed economici o che 'potrebbe funzionare solo se tutti fossero perfetti'.[24] E' piuttosto un agire economico fortemente 'impregnato' di valori etico e sociali.


Par. 5. CARATTERISTICHE E FINALITA'


Il progetto di E.d.C., nato in Brasile, dove gli squilibri sociali sono evidenti e drammatici, per far fronte alle necessità dei poveri nel Movimento dei Focolari, si propone come contributo al superamento degli analoghi problemi, presenti in tutto il mondo.

L'E.d.C., come dice il nome, consiste nel voler coniugare - come libera scelta - l'economia, cioè la logica di mercato, e quindi di profitto, con la logica della comunione , che porta a condividere anche i beni materiali.[28]

Concretamente, il progetto consiste nell'indirizzare l'impresa, l'azienda a costituirsi come una comunità di persone altamente responsabilizzate e motivate, indirizzate a produrre beni e servizi ed usare i propri profitti in vista di una società solidale con gli esclusi, gli emarginati, i bisognosi.[29]

L'E.d.C. opera per stimolare il passaggio dell'economia e della società intera dalla cultura dell'avere alla cultura del dare, poiché individua nella cultura dell'avere una delle principali cause dei mali sociali e nella cultura del dare l'antidoto, la risorsa per rimediarvi.

La cultura dell'avere, infatti, che risulta predominante nei paesi più progrediti socialmente ed economicamente, rappresenta spesso un ostacolo alla presa di coscienza, personale e comunitaria, dei bisogni dei poveri e degli emarginati, all'assunzione di responsabilità nei loro confronti e alla condivisione solidale; e ciò perché vede non di rado in essi più una minaccia alla posizione di benessere raggiunto, che persone con pari dignità, diritti e doveri da promuovere. (Cfr. Centesimus Annus

Molte persone variamente impegnate in politica, in istituzioni pubbliche e private, nazionali ed internazionali, compiono lodevoli sforzi per l'approvazione di norme o accordi utili - anzi necessari - a combattere efficacemente i mali economico-politico-sociali già accennati (v. nota n. 63). Tali azioni, però, non sono sufficienti; la loro efficacia può essere ridotta anche notevolmente, se esse non trovano nei cittadini 'una disponibilità a far propri anche i problemi che non li toccano immediatamente'.[30] Inoltre va detto che 'per generare i risultati sperati, le più lodevoli regole e norme hanno bisogno di un'adesione di fondo da parte dei cittadini ai valori a cui esse si ispirano'.[31]

Tutto ciò postula una svolta culturale che riguardi anche l'economia e la orienti al bene comune; che superi la logica dell'avere e del successo, fondata sull'egoismo individuale, ritenuto da molti l'unico principio di comportamento razionale e il solo elemento capace di conseguire l'equilibrio sociale; ma che nella realtà non riesce a conseguire ciò che promette, pur contenendo in sé un'intuizione vera: il valore della libertà e della creatività.

L'E.d.C., attraverso la cultura del dare, che comprende anche il darsi, vuole costruire legami profondi, fino alla comunione fra le persone, gruppi e popoli, i quali da soggetti anonimi diventano dei 'tu'.[32]

Questo tessuto di rapporti rinnovati in termini di fiducia lealtà accoglienza reciproca onestà solidarietà rappresenta quel 'supervalore' dell'unità che 'può scatenare una nuova creatività'[33], nell'impegno di risolvere i problemi sociali, a livello locale e planetario, e che può rappresentare un elemento importante di moralizzazione della vita pubblica e privata e dei rapporti internazionali, di cui si avverte il bisogno. (cfr. Centesimus Annus

La Presidente del Movimento dei Focolari, in una lettera inviata il 27 ottobre 1998 alle persone che partecipano al progetto di E.d.C. in aiuto agli indigenti interni al Movimento stesso, dice:

'Un altro fatto poi che quest'anno è venuto in rilievo è che la nostra 'cultura del dare', che si esprime pure in questa operazione, genera nelle persone una grande onestà, valore oggi troppo poco praticato. Ci ha colpito, per esempio, il fatto che, delle 7.300 persone in necessità, quasi 600 ci hanno detto di dare ora ad altri più bisognosi quanto si offriva loro, perché con quello che entrava nella loro famiglia potevano vivere.

Alcuni, inoltre, colpiti da calamità naturali e aiutati con una somma più consistente, hanno restituito una parte di essa, affinché si possa aiutare chi sta peggio.

Ancora parecchi, che non hanno potuto essere nel numero di coloro che danno, perché poveri, cominciano a mettere da parte qualcosa per poterlo fare.

E' la gara d'amore di una società rinnovata dal Vangelo, arricchita di quei valori che fanno l'uomo vero uomo: l'onestà appunto, la solidarietà, la generosità, l'unità, la libertà dal proprio egoismo.Una società che opera per i diritti umani, che impersona la legalità, che si dona per il valore della vita, di ogni vita; che forse incarna un umanesimo nuovo ed è senz'altro espressione d'una nuova civiltà: quella dell'amore


L'E.d.C. può essere definito un progetto globale, sia perché intende affrontare i problemi alla radice, non solo nelle manifestazioni esterne, sia perché si proietta a livello planetario, sia perché a livello d'impresa la coinvolge in tutte le sue componenti.

Sul piano concreto, essa si prefigge:

di sconfiggere la povertà, suscitando una diffusa imprenditorialità e costituendo aziende che, pur operando nel mercato, si facciano carico del bene comune e siano fortemente orientate alla solidarietà e alla condivisione;

di creare nuove opportunità di lavoro, mettendo in collaborazione aziende di nazioni e continenti diversi;

di formare 'uomini nuovi', perché senza uomini nuovi non si fa una società nuova. 'Per questo il progetto prevede, come parte integrante, il sostegno a centri di formazione e di sperimentazione di questa cultura del dare e del condividere.

L'esperienza insegna, infatti, che in molti casi i portatori di grande idealità, trovatisi soli di fronte alle difficoltà o, magari, a gestire il successo delle loro iniziative, si sono un po' alla volta appiattiti su un pragmatismo che ha finito per spegnere la loro novità'.

Diffondendo i valori culturali che le sono propri, l'E.d.C. intende contribuire, insieme con tutti coloro che operano per lo stesso fine, alla realizzazione di una maggiore giustizia sociale e di una pace stabili.

Perché progetto globale, essa coagula e trasforma i singoli gesti di solidarietà in strutture ed iniziative orientate alla promozione integrale dell'uomo e della società. (cfr. Centesimus Annus



PROGETTO  DI E.d.C.



FINALITA' STRUMENTI VALORI di FONDO

aiutare i poveri                              aziende                          la dimensione relazionale

creare posti di lavo                       attività                                 dell'uomo

ridurre le disparità                         iniziative ispirate alla     l'uomo al centro dell'attività

sociali cultura del dare                 economica

diffondere la cultura del dare                                                    la libertà          





PINO QUARTANA, L'E.d.C. nel pensiero di Chiara Lubich, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag.1

Cittadelle: 'piccole città con case scuole, industrie, aziende, dove si testimonia cosa sarebbe il mondo se tutti vivessero l'amore evangelico' (C. Lubich). Attualmente sono venticinque, sparse in tutto il mondo. Costituiscono luoghi privilegiati di formazione, in quanto - accogliendo in un'armoniosa convivenza persone di tutto il mondo, diverse fra loro per condizione sociale, tradizioni e culture - dimostrano che è possibile fare del mondo un'unica famiglia, in quanto la diversità è motivo di arricchimento reciproco e di condivisione.

PINO QUARTANA, L'E.d.C. nel pensiero di Chiara Lubich, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81.

A.FERRUCCI, L'Economia di Comunione dattiloscritto dell'autore, 1997, pag.1.

Con questa espressione, tipica del Movimento dei Focolari, si indicano le persone che vivono la cultura del dare evangelico.

PINO QUARTANA, L'E.d.C. nel pensiero di Chiara Lubich, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag. 15-16.

C.LUBICH, Discorso ai focolarini del II anno di formazione, Rocca di Papa - 25 giugno 1991.

PINO QUARTANA, L'E.d.C. nel pensiero di Chiara Lubich, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag.17.

Altri dati quantitativi e qualitativi relativi alle realizzazioni verranno forniti nel sesto e settimo capitolo.

TOMMASO SORGI, La cultura del dare, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag. 78.

Ibid., pag. 56.

VERA ARAUJO, Economia di Comunione e comportamenti sociali, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1997, n.110, pag. 312.

EDITORIALE, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag. 5.

LUIGINO BRUNI, Un modello da reinventare, nel periodico 'Economia di Comunione - una cultura nuova', Città Nuova Editrice, Roma, 1997, n.1-2, pag. 15.

TOMMASO SORGI, La cultura del dare, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag. 89.

B.GUI, Significato, implicazioni e definizione di 'Economia di Comunione',  in 'Economia di Comunione - una cultura nuova', Città Nuova Editrice, Roma, 1997, n. 1-2, pag. 5.

Ibid., pag. 5.


Ibid., pag. 5.

Ibid., pag. 5.

Ibid., pag. 5.

Ibid., pag. 5.

Ibid., pag. 5.

Ibid., pag. 5.

B.GUI, Riflessioni su un progetto in divenire, in Atti del Convegno 'In dialogo per un mondo più unito', Castelgandolfo, 31 maggio - 1° giugno 1997, pag.119

Il prof. GUI così li sintetizza in occasione del Convegno sopra citato:

povertà (di massa in alcuni paesi, spesso esasperata da conflitti o cambiamenti climatici, ma presenti in misura crescente anche nei paesi ricchi);

corruzione, alimentata da un certo tipo di competizione geo-politica ed economica, a vari livelli;

guerre (oggi soprattutto in paesi periferici con un'identità nazionale in discussione, in Africa in particolare, fomentate da sentimenti nazionalistici e sostenute da interessi strategici ed economici), disastrose da ogni punto di vista, economica compresa;

disuguaglianza (in crescita sia nei paesi di nuova industrializzazione o in transizione verso il capitalismo, sia nei paesi economicamente avanzati);

degrado ecologico (emissioni di gas combusti, surriscaldamento, consumo di risorse non rinnovabili.);

disagio esistenziale (particolarmente acuto nelle popolazione sradicate dai conflitti o coinvolte in processi di industrializzazione accelerata).[v. Atti Convegno, pag. 114]

Il nome completo del progetto è: Economia di Comunione nella libertà; 'libertà', senza la quale non è possibile realizzare 'comunione'.

Apparentemente, potrebbero sembrare due concetti antitetici; questo è vero solo se si intende 'logica di mercato' nella sua accezione peggiore di prevalenza del capitale sullo uomo. In realtà il connubio è possibile - e l'E.d.C. lo dimostra - se, sia nel processo produttivo che nell'uso di esso, si mette l'uomo al primo posto.

Secondo il principio già ricordato della triplice ripartizione degli utili.

VERA ARAUJO, Economia di comunione e comportamenti sociali, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1997, n. 110, pag. 303.

B. GUI, Riflessioni su un progetto in divenire, in Atti del Convegno 'In dialogo per un mondo più unito', Castelgandolfo, 31 maggio - 1° giugno 1997, pag.116. 'A questo riguardo si può osservare che l'accresciuta insofferenza dell'Occidente verso lo 'Stato Sociale' è spiegata solo in parte dalle inefficienze e dalle ingiustizie di cui sono costellati gli schemi di ridistribuzione pubblica in vigore. Dietro c'è anche, sempre più esplicita, l'affermazione che il benessere di che lavora e intraprende non deve essere messo in discussione dai bisogni altrui'.

Ibid., pag. 116. Kenneth Arrow, premio Nobel per l'economia, afferma che senza un'adesione morale alle regole di convivenza la società è destinata ad una totale inefficienza.

B. GUI,  L'interesse pubblico servito dai privati, in 'Economia di Comunione - una cultura nuova', Città Nuova Editrice, Roma, 1998, n. 2, pag. 6.

A. FERRUCCI, Considerazioni sull'Economia di Comunione, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag. 182. 'L'E.d.C. ci invita a produrre ricchezza non sottraendola ad altri, ma facendo in modo che altri ne producano, produrre ricchezza non solo tramite il lavoro fisico e intellettuale dell'uomo, ma anche per mezzo della creatività e della capacità di immedesimarsi nelle esigenze altrui, come supervalore dell'unità; unità d'intenti che nasce da un'armoniosa collaborazione; ecco una chiave di lettura nuova che potrà scatenare una nuova creatività, nell'aggregarsi delle professionalità e dei talenti, delle risorse tecnologiche, delle proprietà e dei risparmi, nel collegarsi delle esigenze e delle disponibilità produttive, nelle nazioni ed a livello mondiale, tra tutti coloro che vorranno tentare questa nuova esperienza'.

B.GUI, Riflessioni su un progetto in divenire, in Atti del Convegno 'In dialogo per un mondo più unito', Castelgandolfo, 31 maggio - 1° giugno 1997, pag.125.


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