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Il consumismo come malattia dell' identità
Tesina
Premessa
La nostra società vive l'illusione del lusso a tutti costi. L'unica frenesia possibile per ogni individuo sembra essere proprio di primeggiare come consumatore e l'ideologia consumistica sembra fermare paradossalmente, ogni progresso. Ogni dizionario definisce il consumismo come: "Tendenza, rafforzata dalla pubblicità e dalle sue moderne tecniche,a un senso accelerato di utilizzo di beni e servizi, propositi o assunti come simbolo di prestigio sociale" ma possiamo realmente affermare che il consumismo sia solo una fugace malattia all'acquisto???
Nel suo saggio "Avere o essere", il filosofo Erich Fromm diceva:
" La differenza tra avere e essere non è un'alternativa che si imponga al comune buon senso.
Sembrerebbe che l'avere costituisca una normale funzione della nostra esistenza, nel senso che,per vivere,dobbiamo avere oggetti. Inoltre, dobbiamo avere cose per poterne godere. In una cultura dove la meta suprema sia l'avere, come può esserci un'alternativa tra avere ed essere? Si direbbe, al contrario, che l'essenza dell'essere sia l'avere; che, se uno non ha nulla, non è nulla.
Un concetto,questo, espresso nella seconda metà del '900, ma che sembra definire perfettamente la società di oggi, interamente soggetta al consumismo.
Il consumismo si manifestò ,in Italia, intorno agli anni '60, i cosiddetti anni del boom economico. Negli anni postbellici abbiamo assistito a un'ondata di sviluppo economico di straordinaria intensità, questa crescita comportò un miglioramento delle condizioni di vita degli Italiani e l'affermazione di nuove abitudini sociali.
Un fenomeno in quel periodo storico necessario, che però portò ad un' enfatizzazione tale da spingere l'individuo a sentir necessari quei beni che sono soltanto una soddisfazione di bisogni falsi.
Infatti, nel corso degli anni '60, nel suo saggio "L'uomo ha una dimensione", il filosofo tedesco Herbert Marcuse confermava: "è possibile distinguere tra bisogni veri e bisogni falsi. I bisogni "falsi" sono quelli che vengono sovrimposti all'individuo(.)può essere che l'individuo trovi estremo piacere nel soddisfarli, ma questa felicità non è una condizione che debba essere conservata e protetta se serve ad arrestare lo sviluppo della capacità di riconoscere la malattia dell'insieme e afferrare le possibilità che si offrono per curarla. Il risultato è pertanto un'euforia nel mezzo dell'infelicità"
Ma il processo "avere" ha continuato la sua corsa negli anni '70-'80 e oltre, oggi la società è un'immane caos, le incertezze dell'uomo causate dal continuo bombardamento di pubblicità e di ideali sbagliati da seguire diventano la sua vera e unica distruzione, e si generano i caratteri tipici di quella che si può considerare una "società malata".
L'individualismo, infatti, sembra soggiogare chiunque,ognuno guarda al sé e all'io e non si accorge di nessuno, l'antico "mito di Narciso" si impone come modello unico e irripetibile.
La storia del giovane ragazzo bellissimo che muore perché innamorato della sua bellezza, il giovane che considera il "suo dio il suo io", che non guarda gli altri nelle loro preoccupazioni e nei loro problemi, che possiede la terribile illusione di poter esser felice da solo.
Una droga che uccide, questa; non è un caso che da "Narciso" derivi la parola"narcosi": l'amore di sé droga e uccide.
L'uomo si è auto-consacrato "produttore" di verità, ma la verità non è nata con noi e non muore con noi, essa ci precede e ci supera, non ne siamo i padroni assoluti a nostro uso e consumo.
La verità ci conquista per liberarci dai nostri pregiudizi e dalla nostra vista troppo corta e spesso deformata. Nella società contemporanea niente è assoluto, tutto è relativo, non esiste una verità, il nostro presente comporta il vivere senza certezze, è questo ciò che Pirandello riconosce nel suo tempo, è quello che Stevenson esprime del dualismo di "Dr.Jekyll and Mr.Hyde" , ed è questa la percezione che abbiamo anche oggi nel nostro "essere".
E le certezze?
L'unica fonte di certezza che l'uomo di oggi ha è la nuvola di conformismo dietro alla quale si nasconde, è quell' aspirazione ad uno status symbol pre-imposto, la maschera che fissa la forma, direbbe Pirandello. Un' atteggiamento che risulta essere alimentato dalle imprese, che per incrementare le loro vendite, attuano politiche di marketing attraverso il mezzo della pubblicità.
Circa un secolo fa Edward Bernays, pubblicitario, ammetteva nel suo libro 'Propaganda':
"coloro che hanno in mano questo meccanismo(.) costituiscono il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare.(.) Sono loro che manovrano i fili»
Un' affermazione valida e veritiera, che coglie perfettamente gli obiettivi di questo mezzo infernale,un meccanismo che porta alla distruzione.
Nel corso di questo cinquantennio l'uomo è riuscito a trasformare anche il territorio in consumo,non solo sé stesso, è riuscito a plasmare il deserto trasformandolo nella città del vizio, nella città del divertimento, in quella che sembra la personificazione del peccato: Las Vegas.
Il gioco d'azzardo legalizzato nel 1931, la disponibilità di alcolici ad ogni ora del giorno e della notte ed una certa scelta in fatto di spettacoli "per adulti", hanno fatto sì che questo paradiso infernale risulti un polo di attrazione internazionale.
Che fare allora?
In contrasto con il suo stile di vita e le sue
abitudini Charles Baudelaire scrive: "Bisogna
esser sempre ubriachi. Tutto sta in questo: è l'unico problema. Per non sentire
l'orribile fardello del Tempo che rompe le vostre spalle e vi inclina verso la
terra, bisogna che vi ubriachiate senza tregua.
Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro, ma ubriacatevi."
Una metafora che rappresenta una verità assoluta; ubriacatevi, appassionatevi di qualsiasi cosa, di ciò che amate, di ciò che è guidato da ideali positivi, per arrivare alla felicità vera, a quella che porta al superamento delle frontiere del conformismo, che ci porta ad essere noi stessi sempre e comunque senza diventare piccoli burattini mossi dal nulla.
Questo è ciò che mi sono proposta di dimostrare, attraversando il mondo delle illusioni nel quale viviamo.
Si può rifare l'uomo.
Erich Fromm: avere o essere?
All'analisi della crisi della società contemporanea e della possibilità di risolverla, Fromm (1900-1980) ha dedicato uno tra i suoi libri più letti: Avere o Essere? (1976), dove egli esamina "le due basilari modalità di esistenza: la modalità dell'avere e la modalità dell'essere".
Per la prima modalità si dice che l'essenza vera dell'essere è l'avere, per cui "se uno non ha nulla, non è nulla" Ed è in base a questa idea che i consumatori moderni etichettano sé stessi con la seguente espressione: io sono = ciò che ho e ciò che consumo.
Di fronte a questa modalità di esistenza individuale e sociale, Fromm richiama Buddha il quale insegnò che non dobbiamo aspirare ai possessi, Gesù per il quale nulla giova all'uomo l'aver guadagnato il mondo e poi perdere sé stesso; Marx quando affermava che " il lusso è un vizio esattamente come la povertà e che dovremmo proporci come meta quella di essere molto, non gia di avere molto".
Se, dunque , per la modalità dell'avere, un uomo è ciò che ha e ciò che consuma, i prerequisiti della modalità dell'essere sono "l'indipendenza, la libertà e la presenza della ragione critica".
La caratteristica fondamentale della modalità dell'essere consiste " nell'essere attivo", che non va inteso nel senso di un'attività esterna, nell'essere indaffarati, ma di attività interna, di uso produttivo dei nostri poteri umani.
Essere attivi significa dare espressione delle proprie facoltà e talenti, alla molteplicità di doti che ogni essere umano possiede, sia pure in vario grado.
Significa rinnovarsi, crescere, espandersi, amare trascendere i carcere del proprio io isolato, essere interessato, "prestare attenzione, dare".
La società dei consumi e
l'Italia del BOOM economico
L'economia mondiale del dopoguerra
Nel trentennio successivo alla seconda guerra mondiale si registra un fenomeno di crescita così intenso e così lungo nel tempo da non essere paragonabile a nessun'altra fase di tutta la storia moderna.
Eppure, la fine dell'immane conflitto aveva aperto per l'Europa e per il mondo intero anni bui caratterizzati da gravissimi problemi economici, politici e sociali.
Il luttuoso bilancio della guerra si chiudeva non solo con 60 milioni di vittime, ma anche con immense devastazioni: la produzione agricola si era ulteriormente ridotta e quella industriale soffriva in tutti i paesi europei.
Se si escludono gli Stati Uniti, che uscirono dal conflitto con costi umani e materiali ridotti e crediti di guerra per miliardi di dollari, tutti i paesi belligeranti, europei e asiatici, avevano impegnato nella guerra risorse economiche equivalenti al reddito nazionale di diversi anni. La conseguenza fu uno squilibrio profondo della bilancia dei pagamenti con l'estero, soprattutto con gli USA, e l'inevitabile aumento della moneta circolante per far fronte alla crescita delle spese di guerra.
In questo quadro , la ristrettezza dell'offerta e l'enorme quantità di cartamoneta messa in circolazione, come già era accaduto dopo la Grande Guerra, fecero esplodere l'inflazione, che con la scarsità delle risorse alimentari e dei beni primari provocarono un peggioramento delle condizioni umane di esistenza della popolazione, poiché resero i redditi modesti e aleatori.
Un nuovo ordine economico
A differenza di quanto era accaduto dopo la prima guerra mondiale, però, il vero vincitore della guerra, cioè gli Stati Uniti, fu in grado di ridefinire e imporre un nuovo ordine economico mondiale (da cui si sottrassero solo i paesi del blocco comunista). Il cardine di questo ordine fu innanzitutto la creazione di un nuovo sistema monetario, in grado di sorreggere e agevolare le transizioni finanziarie su scala mondiale.
Il nuovo sistema era fondato sulla centralità del dollaro, che costituiva dopo oltre un secolo la sterlina come moneta di riferimento delle transizioni internazionali.
In virtù di questi accordi si verificarono fenomeni significativi, in particolare si sviluppò un'integrazione dei sistemi economici capitalistici nella forma di una subalternità nei confronti dell'economia statunitense.
Gli accordi di Bretton Woods non si limitarono infatti a ridefinire un nuovo sistema monetario incentrato sul dollaro, diedero vita anche ad alcune nuove istituzioni economiche attraverso le quali gli Stati Uniti si misero nelle condizioni di poter controllare le dinamiche finanziarie e orientare le politiche economiche degli altri paesi.
La principale di queste istituzioni fu il Fondo Monetario Internazionale (FMI), finalizzato a riattivare i meccanismi finanziari ogni volta che questi si fossero inceppati in qualche area del mondo. Iniziò così a operare un' istituzione paragonabile a una sorta di banca mondiale, dotata di capitale proprio, col quale si provvedeva a erogare prestiti ai governi in momentanea difficoltà economica.
I primi beneficiari di questi prestiti furono i paesi europei e il Giappone, ai quali vennero indirizzati sussidi direttamente forniti dal governo americano. Per la rinascita dell'Europa il presidente Truman elaborò il cosiddetto piano Marshall, un ambizioso programma di aiuti economici che prese il nome dal ministro degli esteri che lo ideò: grazie a esso nei paesi dell'Europa occidentale tra il 1948 e il 1952 affluirono milioni di dollari che favorirono il rilancio produttivo su cui si basava la ripresa economica.
Il ritorno al libero scambio
Ma l'effetto degli accordi di Bretton Woods non si esaurì nei crediti americani per la ripresa, introdusse il libero scambio.
L'integrazione del mercato mondiale aveva fatto passi notevoli già prima della seconda guerra mondiale, però la grave crisi del '29 aveva determinato la caduta degli investimenti nel decennio successivo e una compressione del volume degli scambi di oltre il 40% rispetto agli anni '20. Il varo di rigide politiche protezionistiche negli anni trenta contribuì inoltre a mortificare e a penalizzare ulteriormente il commercio mondiale.
La stipulazione nel 1947 a Ginevra del Gatt (General Agreement on tariffs and trade, accordo generale sulle tariffe e sul commercio)da parte dei 33 paesi che si riconoscevano nel "Blocco occidentale" un accordo che prevedeva la riduzione generalizzata delle tariffe doganali e puntava alla realizzazione di un effettivo libero scambio tra le nazioni contraenti, segnava la fine dell'epoca del protezionismo.
L'innovazione tecnologica
La liberalizzazione del mercato e il nuovo sistema monetario si integrarono con una nuova e straordinaria stagione di innovazioni tecnologiche, paragonabile a quella che si verificò in Inghilterra alle soglie della rivoluzione industriale. La differenza con quanto accadde due secoli prima è rappresentata dal grado più elevato di integrazione tra sviluppo economico e scienza , che in questa nuova fase di espansione economica fu estremamente alto, con il risultato non solo di ridurre i costi di produzione, ma di ampliare la gamma dei prodotti industriali a disposizione dei consumatori.
Come ogni epoca di accelerazione dell'industrializzazione, il ventennio 1950-70 fu legato alla scoperta e all'utilizzazione di una nuova fonte di energia, l'energia atomica, nata dalla fissione nucleare. Agli impieghi militari si combinarono quelli civili, legati alla produzione elettrica mediante centrali atomiche.
Fino agli anni '60 il maggior ostacolo a un più ampio ricorso dell'energia nucleare fu rappresentato dai bassi prezzi del petrolio. I consumi petroliferi perciò crebbero vertiginosamente. La possibilità di accedere alle fonti di energia e alle materie prime dei paesi del terzo mondo che in cambio di tali esportazione domandavano infrastrutture e beni di investimento, giocò un ruolo centrale nel favorire la dilatazione dei consumi.
La crescita demografica
Un ulteriore fattore di questo sviluppo economico fu la crescita demografica , dovuta in buona parte alla diminuzione di mortalità, all'improvviso aumento delle nascite (Baby boom) e all'invenzione di nuovi medicinali come la penicillina (che consentì di debellare le malattie infettive, dal tifo alla tubercolosi), gli antibiotici e alcuni vaccini, in particolare quello contro la poliomielite.
L'aumento della popolazione si intrecciò poi con una straordinaria spinta all'urbanizzazione. La conseguenza di questi due processi fu un incremento significativo dei consumatori e una crescita di disponibilità di forza-lavoro per le imprese industriali: due fattori che contribuirono a stimolare la produzione di beni per una domanda in continuo aumento su scala planetaria.
I nuovi consumi
Ai bassi costi del petrolio e dell'energia furono legate alcune straordinarie innovazioni dei consumi, dapprima nei paesi ricchi poi in tutto il pianeta: la diffusione su larghissima scala dell'automobile (che divenne l'emblema dei consumi di massa negli anni '50 e '60),le materie plastiche derivate in larga parte dalla sintesi degli idrocarburi e gli elettrodomestici (frigorifero elettrico,lavatrice), la luce elettrica entrò ormai in ogni casa, di città e di campagna,consentendo ad ogni famiglia di sentire la radio e soprattutto di vedere la televisione.
Ciò ebbe come effetto una crescita intensissima dei consumi individuali, che a loro volta costituirono il principale fattore dello sviluppo economico.
Certamente, in un sistema economico integrato come quello del secondo dopoguerra, il modello economico americano si impose anche in Europa e Giappone, ponendo al centro del sistema produttivo le imprese di beni di consumi di massa.
Tutto ciò modificò profondamente la mentalità collettiva: i progressi della medicina allungavano la vita, le scoperte scientifiche aumentavano a dismisura le opportunità e il soddisfacimento dei bisogni, l'aumento dei redditi favoriva i consumi,lo stato sociale (welfare) cominciava a garantire ai cittadini la tutela dei servizi sociali indispensabili, determinando l'affermazione di una crescente fiducia nel futuro.
La crescita dei consumi rappresentò la conseguenza di questa diffusa speranza che il futuro sarebbe stato migliore del passato. I consumi infatti si ampliarono da merci strettamente indispensabili per la sopravvivenza a beni sempre più voluttuari, dando a chi vi accedeva la misura di un' insolita libertà e di un crescente benessere.
L'Italia del "miracolo"
Come per molta parte del mondo occidentale, anche in Italia i primi tre anni post bellici furono caratterizzati da un'onda di sviluppo economico di straordinaria intensità.
L'appartenenza all'alleanza atlantica e l'egemonia della Democrazia cristiana costituirono il quadro politico e geopolitico all'interno del quale , già nella prima metà degli anni '50, si avviò il decollo economico. Il settore che lo trainò fu quello industriale, soprattutto dell'industria meccanica, elettromeccanica, siderurgica, dei cementi e delle fibre artificiali, mentre l'agricoltura perdeva progressivamente peso.
I risultati raggiunti dall'economia italiana furono notevolissimi, molto superiori a quelli conseguiti nello stesso periodo da altri stati industrializzati, quali Gran Bretagna e gli stessi Stati Uniti; grazie a questo slancio produttivo l'Italia non solo si affermò come paese ormai definitivamente industriale, ma si collocò ai primi posti della graduatoria dei paesi avanzati. Questo processo fece parlare di "miracolo economico": proprio in virtù del fatto che il tasso di crescita dell'economia italiana, almeno fino agli inizi degli anni '60, fu tra i più elevati del mondo e che erano pochi i paesi che alla fine di una guerra persa e distruttiva avrebbero potuto raggiungere obiettivi tanto ambiziosi.
I miglioramenti delle condizioni di vita
Questa crescita comportò un miglioramento delle condizioni di vita degli italiani, con l'affermazione di nuove abitudini sociali, quali la villeggiatura, gli svaghi, con l'innalzamento della scolarizzazione e l'estensione dei consumi a nuovi beni quali l'automobile e gli elettrodomestici, propri di un paese sviluppato. Come in tutto l'Occidente, anche in Italia l'automobile e la televisione divennero i simboli di questa società dei consumi di massa e del benessere diffuso.
Nel 1953 la FIAT aprì il nuovo stabilimento di Mirafiori a Torino, dove vennero prodotte le Seicento e le Cinquecento, le nuove utilitarie destinate al consumo di massa, immesse sul mercato a partire dal 1955-56.
Nel 1954 iniziarono le trasmissioni della televisione di stato, come "lascia o raddoppia"presentata da Mike Buongiorno, e "il musichiere"presentato da Mario Riva. Tutto ciò modificò radicalmente la fruizione del tempo libero degli Italiani e costituì un potente fattore di omogeneizzazione culturale e linguistica.
A queste trasformazioni si aggiunse anche una tumultuosa modernizzazione delle abitudini sociali e dei consumi, che garantì una riduzione delle differenze tra i sessi e una relativa emancipazione della donna.
A questo si combinò una progressiva perdita di ruolo e centralità della religione cattolica, da cui derivò una graduale laicizzazione della società.
I fattori della crescita economica
La diffusione del benessere, almeno fino agli anni sessanta, venne ostacolata dai bassi salari su cui poggiava l'imponente crescita del sistema industriale. Infatti ai fattori economici che alimentarono l'intero ciclo di sviluppo di tutto l'occidente (ritorno al libero scambio,stabilità garantita dall'egemonia del dollaro, innovazione tecnologica, dilatazione dei consumi e dei prezzi delle materie prime e delle fonti energetiche a basso costo) in Italia si aggiunsero due fattori originali e specifici: l'intervento dello stato e la disponibilità di una grande riserva di manodopera a basso costo.
I nuovi governi democratici, diretti dalle forze moderate che facevano capo alla Democrazia cristiana, non smantellarono l'imponente impalcatura delle industrie pubbliche ereditata dal fascismo e prevalentemente raccolte nell'IRI; anzi,venne incrementata con la costruzione nel 1953 dell'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), cui faceva capo la gestione delle risorse energetiche;in esso confluì l'AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli), impresa fondata nel 1926 e addetta alla raffinazione e distribuzione dei prodotti petroliferi tra cui la benzina, che ebbe un ruolo decisivo nel favorire la motorizzazione di massa. Tramite questo sistema di imprese statali lo Stato riuscì a giocare un ruolo decisivo nel nuovo ciclo di espansione apertosi alla fine degli anni quaranta, garantendo alle imprese private prodotti di base (acciaio,carburanti, elettricità) a basso costo, che potenziarono le capacità competitive del sistema industriale italiano sui mercati internazionali, senza sovrapporsi al pieno disgregarsi dell'iniziativa privata.
Dal 1956 questa complessa struttura produttiva, all'interno della quale operavano anche le tre principali banche italiane in quanto proprietà dell'IRI (Banco di Roma,Credito Italiano,Banca Commerciale), venne sottoposta al controllo del nuovo ministero delle Partecipazioni statali.
Il problema del Mezzogiorno
La promozione dell'industria di base venne ulteriormente stimolata con la cassa per il mezzogiorno varata nel 1950, il cui scopo era finanziare non solo grandi opere infrastrutturali, quali bonifiche, strade, acquedotti, ma soprattutto investimenti industriali nel sud.
Attraverso un consistente flusso di investimenti vennero costruite in alcune aree meridionali e soprattutto il Puglia, in Sicilia e in Sardegna, grandi imprese petrolchimiche e siderurgiche. Queste imprese dovevano diventare grandi "poli di sviluppo" in grado di rilanciare l'economia meridionale e di garantire occupazione alla massa crescente di lavoratori agricoli sottoccupati. In realtà questo obiettivo non venne realizzato, non solo per gli sprechi del denaro pubblico, ma anche perché le grandi imprese di base non furono in grado di assorbire molta manodopera e di stimolare la crescita di un tessuto di medie imprese (tanto da venire poi battezzate "cattedrali nel deserto"). Questa immensa riserva di manodopera rurale, che non riusciva ad essere assorbita nei tradizionali flussi migratori temporanei e permanenti verso i paesi industrializzati europei, costituì l'altro fattore interno che favorì il "boom economico" italiano. Infatti a questa massa di lavoratori disponibili a essere impiegati con salari bassissimi si rivolse il sistema delle imprese in larghissima espansione, stimolando una ondata migratoria dal sud al nord senza precedenti nella storia italiana: il Nord assorbì milioni di emigrati dal Sud in cerca di lavoro, sostituendosi agli Stati Uniti e ad altri paesi europei come meta dell'emigrazione meridionale. Sia le grandi imprese (Fiat, Montecatini, Snia, Viscosal, Olivetti, Pirelli, Breda, Falk)sia le piccole e medie aziende, su cui si venne costituendo il tessuto connettivo del sistema industriale italiano, poterono avvalersi di questo vantaggio competitivo che, influendo in maniera decisiva sul prezzo di vendita, rendeva le merci italiane più concorrenziali sui mercati esteri.
Il declino dell'agricoltura
L'abbandono delle campagne da parte di milioni di lavoratori agricoli ebbe l'effetto di fare sparire figure sociali che avevano costituito per secoli l'ossatura della società rurale italiana. In prima istanza si verificò la drastica riduzione dei braccianti, i salariati agricoli, su cui era imperniata sia l'agricoltura capitalistica della valle padana sia la cerealicoltura estensiva dei latifondi meridionali. Con i braccianti scomparve nell'Italia centrale la mezzadria, un'eredità medievale che non fu in grado di sopravvivere a un'agricoltura proiettata nel mercato mondiale, anche se questo processo non consentì la formazione su larga scala di medie aziende competitive, in grado di garantire la vitalità di un'agricoltura altamente specializzata come quella dell'Italia centrale.
Qui, ma soprattutto nel Mezzogiorno, a una grande proprietà poco interessata allo sviluppo dell'agricoltura continuativa a fare riscontro una piccola proprietà poco produttiva, che non era in grado di garantire livelli di reddito sufficienti alle famiglie dei coltivatori diretti. In ogni caso in Italia non venne stimolata la creazione di quella media azienda agraria condotta in proprio dalla famiglia contadina, che negli Stati Uniti e nel resto d'Europa garantì la modernizzazione dell'agricoltura e la produttività economica.
L'Italia accentuò così i suoi caratteri di paese dipendente dall'estero per le principali derrate alimentari, e l'esodo rurale rimase l'unica speranza per milioni di famiglie contadine impoverite; l'emigrazione di molti lavoratori meridionali, come di molti contadini dell'Italia centro- settentrionale verso le città industriali, spopolando molte zone rurali soprattutto nel sud, privò le campagne delle energie necessarie per un rinnovamento produttivo; si creò così un circolo vizioso che accentuò il degrado dell'agricoltura e trasformò le campagne in una gigantesca sacca di arretratezza, che sopravviveva per l'intervento assistenziale dello stato. Poiché la persistenza del mondo rurale caratterizzava maggiormente il mezzogiorno, la crisi dell'agricoltura ebbe l'effetto di aggravare la questione meridionale , tanto che alla fine degli anni '50 si può dire che vi fossero due Italie: quella del nord, industriale, inserita nell'economia internazionale e quella del sud , legata a forme economiche agricole senza avvenire, con sacche rilevanti di semianalfabetismo e con condizioni di vita che fino agli anni '60 rimasero ai limiti della sussistenza. Questo perché la riforma agraria proposta negli anni '50 trovò degli ostacoli sia nell'espropriazione delle terre dei latifondi, sia nel reperimento del denaro da prestare ai contadini per comprarsi le terre.
Con il termine pubblicità si intende quella forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori economici (attraverso mezzi di comunicazione come la televisione, la radio, i giornali, le affissioni, la posta, Internet), che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e le scelte degli individui in relazione al consumo di beni e all'utilizzo di servizi.
La comunicazione pubblicitaria nasce e cammina parallelamente alle esigenze economiche, sociali, politiche e culturali di un paese. Alla fine del XIX secolo l'Italia era ancora un paese prevalentemente ad economia agricola, con una situazione di povertà molto diffusa e con enormi differenze socio-economico tra il Nord e il Sud del paese ed un'alta percentuale di analfabetismo. Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate réclame) iniziano a diffondersi con la nascita dei giornali tra la metà dell'Ottocento e gli inizi del Novecento.
Agli inizi la pubblicità veniva fatta principalmente con solo testi e disegni, anche se la maggior parte della popolazione era analfabeta, e la pubblicità era molto semplice ed immediata. Spesso si usavano i verbi all'imperativo: 'Bevete', 'Prendete', 'Al vostro farmacista chiedete'.
Con la pubblicità murale la comunicazione si sviluppa e grazie all'opera di artisti famosi e diventa una vera e propria forma d'arte.
Le variabili in gioco per una promozione efficace risultano molteplici, tante che pretendere che la pubblicità possa determinare in modo meccanico le vendite non è molto realistico. Senza contare poi il fatto che, in ogni caso, la pubblicità non è sola ma fa parte del cosiddetto Marketing Mix, cioè a incidere sul volume delle vendite non vi è solo la réclame. La pubblicità, per quanto valida possa essere, dovrà sempre fare i conti con le cinque "P" di Kotler:
Il Mezzo di comunicazione,
tuttavia, è importante non solo per l'aura che riesce a dare alla pubblicità ma
anche, e soprattutto, per quelle che sono le sue caratteristiche tecniche e per
la sua capacità di integrarsi con il contenuto creativo dell'annuncio (in
maniera neutra, potenziandolo, oppure ostacolandolo).
Ogni mezzo ha una sua specificità, diversa da tutti gli altri, ha una propria
grammatica ed una propria sintassi, ha un modo particolare di attrarre
l'attenzione, di articolare il discorso pubblicitario. Elementi che riguardano
i mezzi di comunicazione che possono avere una loro incidenza sull'efficacia
della pubblicità sono rappresentati, soprattutto, da alcune misure ovvie ma
imprescindibili dell'Audience, in primis quante persone
sono state esposte ad una data pubblicità e quante volte
A questo punto è quindi evidente come le variabili in gioco siano davvero tante e complesse. Pretendere quindi che una pubblicità di per sé riesca a vendere, o per converso a farci comprare, è un po' troppo semplicistico.
Scopo della pubblicità è piuttosto, secondo una visione più realistica, quello di stimolare una propensione al consumo o prima ancora un'intenzione all'acquisto. Per efficacia si intende quindi la capacità che ha una determinata pubblicità di creare goodwill (benevolenza)verso il prodotto, cioè evocare il desiderio, la convinzione che quel prodotto rappresenti la migliore delle soluzioni possibili.
In una società come la nostra dove è stata da tempo superata la fase di soddisfazione dei bisogni primari e il consumo appare progressivamente trasformarsi in comunicazione: la pubblicità diventa sì un effetto, ma si trasforma al contempo nella causa dello stesso meccanismo. Gli individui, infatti, ricercano nei beni che acquistano, oltre all'utilità funzionale:
- un modo per esprimere uno status sociale al quale si appartiene o al quale si vorrebbe appartenere, ostentare cioè un prestigio sociale.
- un modo per esprimere una cultura moderna con la quale si è integrati o con la quale ci si vorrebbe integrare. Si parla in tal caso di consumo di cittadinanza., Gli oggetti rivestono un significato sociale perché comunicano i valori degli individui che li possiedono, il loro life style, forse addirittura la loro reale identità.
La pubblicità ha poco tempo per interagire, essa utilizza dunque dei mezzi criticabili per migliorare la propria efficacia, oltre al:
cliché,cioè preconcetti che permettono di far passare velocemente un idea (es: la donna in cucina, l'uomo al lavoro,ecc..
Appello alle pulsioni elementari in quanto fa appello a sentimenti o istinti forti, saltando quella che è la riflessione ragionata. La pubblicità vede dunque un fiorire di offerte piene di pin-up, o di maschi super palestrati.
Manipolazione dell'inconscio , Circa un secolo fa Edward Bernays, pubblicitario, ammetteva nel suo libro 'Propaganda':
«coloro che hanno in mano questo meccanismo [] costituiscono [] il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [] Sono loro che manovrano i fili»
Bernays non si riferiva soltanto alla propaganda politica, bensì anche alla pubblicità commerciale, i cui strumenti sono gli stessi: la sua campagna per la American Tobacco Company negli anni venti, per incitare le donne a fumare, consistette per esempio nell'associare visivamente in maniera costante la sigaretta e i diritti o la libertà della donna. Questa campagna fece aumentare le vendite a tal punto che la società Philip Morris riprese più tardi questa idea per gli uomini, e lanciò il famoso cow-boy Marlboro.
Uno dei quesiti di fondo della pubblicità è il seguente: la pubblicità funziona? È bene, innanzitutto, stabilire cosa s'intende per pubblicità efficace, e quindi stabilire qual è lo scopo della pubblicità stessa. A titolo illustrativo è utile circoscrivere il ragionamento alla pubblicità commerciale classica.
È innegabile che agli occhi di un'azienda una pubblicità efficace è quella che permette di raggiungere gli scopi di redditività, perciò lo scopo della pubblicità, è quello di vendere di più il proprio prodotto. Sebbene questa concezione sia legittima, non è corretta: per il semplice fatto che, tra la messa in circolazione di una réclame e il momento in cui un consumatore finalmente compra il prodotto pubblicizzato, intercorrono talmente tante variabili che non ha senso collegare questi due punti con una semplice freccia.
È pur vero che per una certa categoria di prodotti uno schema così semplice come quello stimolo-risposta (vedi la pubblicità/compri il prodotto) può anche essere appropriato, ma i prodotti in questione sono quasi sempre beni di largo consumo impiegati per le esigenze quotidiane come l'acqua minerale la benzina o la carta igienica, che vengono acquistati quindi con una certa regolarità e che hanno delle alternative altrettanto valide.
Come ogni attività, la pubblicità è sottoposta ad una regolamentazione e ad una deontologia.
Nessuna regolamentazione protegge ancora il consumatore dal martellamento di un singolo messaggio ripetuto parecchie dozzine di volte in una settimana. Eppure la ripetizione a questo ritmo di messaggi monotoni e uguali aprirebbe il diritto ad una querela per 'assillamento', reato riconosciuto e sanzionato.
Alcuni organi pubblici o privati si incaricano di fare rispettare le regole.
Questo controllo si esercita sul contenuto (ad esempio non troppo sesso come nel caso della pubblicità erotica o non troppa violenza come nel caso della shockvertising) o sulla forma (distinzione chiara tra ciò che è espresso come puro messaggio pubblicità promozionale e il contenuto con sottintesi informativi, ludici o altro, come nel caso della pubblicità ingannevole). Possono ugualmente esistere regolamentazioni riguardanti certi mezzi di trasmissione di pubblicità (come ad esempio i poster pubblicitari stradali).
Alcuni movimenti (raggruppati in Francia sotto il termine di Antipub) considerano la pubblicità nefasta di per sé, al di là delle critiche ai contenuti:
Paradossalmente, allo scopo di far passare il loro messaggio anti-pubblicitario, questi movimenti utilizzano metodi pubblicitari classici: uso di stereotipi e slogans, affissioni, mobilitazione su internet , propositi e azioni provocatorie miranti a ottenere visibilità sui media, eccetera. Appare dunque che il loro bersaglio non è la pubblicità in senso ampio (la propaganda), di cui essi si servono senza complessi, ma solamente la pubblicità in senso stretto (commerciale e privata). Ciò implica, quindi, almeno una tolleranza per la propaganda non commerciale o comunque controllata da una entità a loro conveniente.
La critica secondo la quale la pubblicità provoca poco a poco modifiche irrazionali della visione del mondo, vede opporsi la critica inversa: modificare la visione spettatrice è ugualmente l'ambizione normale di ogni artista. Ma, come è molto spesso ripetuto agli studenti nelle scuole di pubblicità, e che spesso dimenticano, la pubblicità non è un'arte, e il pubblicitario non è un artista.
L'organizzazione
professionale che fornisce servizi per lo studio, la progettazione e la
realizzazione della pubblicità (o più in generale di una campagna
pubblicitaria) è solitamente l'Agenzia pubblicitaria. Tale agenzia è costituita
da vari reparti, ciascuno con funzioni ben specifiche. A sua volta ognuno di
questi reparti è caratterizzato da determinate figure professionali.
Molte aziende commerciali di media o grande dimensione si rivolgono alle
agenzie pubblicitarie non solo perché non possono istituire una direzione
promozionale all'interno dell'azienda, ma perché queste risultano più
specializzate ed efficienti e riescono a giudicare l'azienda da un punto di
vista esterno e quindi maggiormente oggettivo.
"La vita è pubblicità"
parola di Andy Warhol
"Un supermercato non è diverso da un museo'.
Il concetto non può essere
più evidente, oggi. In tempi cioè in cui la nostra vita, gli oggetti che la
circondano, vanno sempre più ad assomigliare a uno spot pubblicitario. Che la
pubblicità, infine, sia oggi una delle espressioni estetiche più seduttive è
nell'esperienza comune. Non altrettanto evidente, comune e scontato tutto ciò
quando quel supermercato diventava un museo dentro gli occhi di uno degli
interpreti più significativi e lungimiranti dell'arte del Novecento, Andy
Warhol.
Affascinato dalla cultura del consumismo che negli anni Sessanta vedeva la sua
massima espansione e accelerazione, Warhol ebbe lo straordinario intuito di
battezzare come arte oggetti e prodotti della cultura di massa, dalla zuppa
Campbell al ritratto di Marilyn Monroe. Creando quelle che sono diventate
alcune delle icone più eloquenti e rappresentative del XX secolo.
Grosso modo è questo il cuore di una poetica che Warhol, con divagazioni,
esperimenti e deviazioni ha raccontato
nella sua opera. Per tornare, alla fine della carriera e della vita, da dove
era partito.
Andy Warhol, nome d'arte di Andrew Warhola (Pittsburgh, 6 agosto - New York, 22 febbraio ), è stato un pittore, scultore e regista statunitense.
Fu figura predominante del movimento pop art americano.
Figlio di immigrati slovacchi di etnia Rutena, mostrò subito il suo talento artistico, e studiò arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology (CIT).
Dopo la laurea, ottenuta nel 1949, si trasferì a New York, la grande mela gli offrì subito molteplici possibilità di affermarsi nel mondo della pubblicità, lavorando per riviste come Vogue e Glamour.
Morì a New York il 22 febbraio , alle 5.45 del mattino, in seguito a un intervento chirurgico alla cistifellea. I funerali si svolsero a Pittsburgh, sua città natale, e a New York venne celebrata una messa commemorativa.
La sua attività artistica conta tantissime opere, produceva in serie le sue opere con l'ausilio dell'impianto serigrafico. Le sue opere più famose sono diventate delle icone: Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara e tante altre. La ripetizione era il suo metodo di successo: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori (prevalentemente vivaci e forti). Prendendo immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali (famose le sue bottiglie di Coca Cola, le lattine di zuppa Campbell's, e i detersivi Brillo) o immagini d'impatto come incidenti stradali o sedie elettriche, riusciva a mettere a disagio il visitatore proprio per la ripetizione dell'immagine su vasta scala.
La sua arte, che portava gli scaffali di un supermercato all'interno di un museo o di una mostra d'arte, era una provocazione nemmeno troppo velata: secondo uno dei più grandi esponenti della pop art l'arte doveva essere consumata come un qualsiasi altro prodotto commerciale.
Ha spesso ribadito che i prodotti di massa rappresentano la democrazia sociale e come tali devono essere riconosciuti: anche il più povero può bere la stessa Coca Cola che beve il Presidente degli Stati Uniti o Marilyn Monroe.
Citazioni by Andy Warhol
AAlcuni critici hanno detto che sono il Nulla in Persona e questo non ha aiutato per niente il mio senso dell'esistenza. Poi mi sono reso conto che la stessa esistenza non è nulla e mi sono sentito meglio.
AIgnoro dove l'artificiale finisce e cominci il reale.
AIl modo per essere contro culturale e avere un successo commerciale di massa è dire e fare cose radicali in una forma conservatrice. Come ha fatto McLuhan: scrivere un libro per dire che i libri sono obsoleti.
AIo ho la malattia sociale. Devo andare fuori tutte le sere. Se sto a casa una notte comincio a parlare coi miei cani. Una volta sono stato a casa per una settimana e i miei cani hanno avuto un collasso nervoso.
ALa pop art è un modo di amare le cose.
ALe masse vogliono apparire anticonformiste, così questo significa che l'anticonformismo deve essere prodotto per le masse.
AQuel che c'è di veramente grande in questo paese è che l'America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e anche tu puoi berla.
Le opere d'arte nella pubblicità
Che la pubblicità sia considerata un'arte,
lo sappiamo, ma che l'arte flirti con lei è una novità.
Forse stanchi dei soliti noti, i pubblicitari si sono rivolti a testimonial
che per essere belli e trendy non hanno bisogno di restauri (se non
sporadici!).
Quindi
al posto di famosi dello spettacolo, abbiamo visto il David di
Michelangelo in jeans, la Venere di Milo con gli
occhiali da sole, la Gioconda di Leonardo coi capelli ricci.
Bisogna ammetterlo: le statue greche sono meglio dei calciatori e la Gioconda
piace di certo più delle veline.
Antico vs iper-moderno. Arte vs pubblicità .Sacro vs profano.
Dimensioni parallele che trovano un incontro e si compenetrano in un mix di
sottili alchimie.
Sarà per l'alone di mistero che avvolge la sua
storia ma Monna Lisa, la famosissima opera di Leonardo, resta
il dipinto più 'sfruttato' al mondo.
Infatti, dalle improbabilissime caricature pittoriche, al cinema, alla
pubblicità, la Gioconda è testimonial perfetta della 'creatività' più
sfrontata.
L'ultimo caso viene dall'advertising. La prima immagine a sinistra è
un soggetto stampa Pantene che, come potete vedere, è solo
l'esempio più recente (e di sicuro neanche l'ultimo) in ordine
di apparizione.
Ecco altri due casi in cui si utilizza l'arte per fare pubblicità. Ho messo insieme questi due perché in entrambi il messaggio è simile: l'obesità è qualcosa di negativo. Per trasmettere questo messaggio si sono prese due immagini artistiche molto famose: "l'uomo di Leonardo" e il David di Michelangelo che a loro modo rappresentano due esempi di bellezza, due canoni di bellezza - il primo molto di più del secondo, e sono stati resi grassi grazie ai soliti miracoli del fotoritocco.
Per difendersi dagli attacchi che furono rivolti ai suoi prodotti McDonald's lanciò una campagna pubblicitaria ispirata alle immagini del martirio di San Sebastiano. Qui il Santo è rappresentato da Andrea Mantegna in un dipinto del 1480.
La pietà di Michelangelo (1499) fu fonte di ispirazione per molte pubblicità. Qui è ripresa da una campagna del marchio di abbigliamento Kookai
Qui di seguito propongo altri esempi..
Las Vegas è una città degli Stati Uniti d'America, capoluogo della contea di Clark, nello stato del Nevada. È famosa per essere la capitale del divertimento, dello shopping e del gioco d'azzardo.
Quello che viene comunemente conosciuto per 'Las Vegas' è in effetti costituito da un insieme unità amministrative diverse: la città di Las Vegas propriamente detta, la città di North Las Vegas, la città di Henderson e inoltre una vasta area 'unincorporated' (cioè non costituita in città ma sotto la diretta gestione della contea), area che include la 'Strip'.
Il gioco d'azzardo legalizzato nel 1931, la disponibilità di alcolici ad ogni ora del giorno e della notte ed una certa scelta in fatto di spettacoli "per adulti" (non la prostituzione che, nella Contea di Clark, è illegale) hanno procurato a Las Vegas il soprannome di "Sin City", "Città del peccato", ma l'amministrazione locale e l'ufficio del turismo preferiscono di gran lunga "The Entertainment Capital of the World".
A differenza del resto del Southwest , disseminato di rovine, le tracce della storia antica sono scarse nell'area in cui sorge questa città.
Nel 1829 Rafael Riviera, mandato in avanscoperta da una spedizione commerciale americana, trovò una sorgente in questa valle, che divenne così nota come "Las Vegas" (i prati).
Decisi a compiere il volere di Dio nel paese dei nativi americani , i mormoni arrivarono nel 1855, fondarono un piccolo forte, ma abbandonarono la città solo dopo tre anni.
Il famigerato quartiere a luci rosse "Block 16"resistette al divieto sul gioco d'azzardo imposto dal Nevada nel 1911 (abolito poi nel 1931) e agli anni del proibizionismo. I divorzi rapidi, la prostituzione legalizzata e la boxe contribuirono alla sopravvivenza di Las Vegas negli ani della Grande Depressione.
Il denaro stanziato con il "New Deal", per la costruzione della Hoover Dam, una diga sul fiume Colorado, continuò a fluire nelle casse della città per tutta la seconda guerra mondiale.
Nel 1941, Thomas Hull aprì il primo Hotel con casinò della città. Gran parte del fenomenale sviluppo edilizio dello Strip, tuttavia, ebbe luogo dopo la seconda guerra mondiale, quando l'avvento dell'aria condizionata e la disponibilità di un'affidabile riserva idrica resero la vita del deserto sopportabile.
Las Vegas sorge nello stato del Nevada nel deserto del Mojave. Di conseguenza, il paesaggio naturale è secco, roccioso, con vegetazione scarsa.
La generale aridità del territorio circostante rende ancora più evidente l'abbondanza d'acqua utilizzata in città per scopi puramente decorativi, come alimentare il verde artificiale o riempire i laghi e le fontane che molti casinò hanno installato. Si tratta, forse, di uno spreco, ma il risultato di stupire il visitatore è sicuramente raggiunto.
L'amministrazione comunale cerca, suggerendo la procedura nota come xeriscaping ('giardini' di pietrisco bianco, ciottoli e rocce abbinati a qualche pianta di aloe e cactus), di convincere gli abitanti a rinunciare al prato all'inglese ed a ricorrere, per il giardinaggio, a specie vegetali autoctone e, quindi, più parche nei consumi.
Il clima di Las Vegas non può che risentire dell'ambiente desertico in cui la città è costruita, con precipitazioni scarse ed alte temperature estive.
L'immagine della città è legata al gioco d'azzardo e ai divertimenti. Non bisogna però trascurare che Las Vegas è anche diventata una sede primaria per congressi e fiere, riuscendo così ad attirare un consistente turismo d'affari.
Altro fattore essenziale è lo shopping. La continua presenza di turisti ha incrementato notevolmente il commercio al dettaglio, al punto che i centri commerciali sono ormai un polo attrattivo a sé stante. Identico discorso può essere fatto per i ristoranti.
Come sede di contea e di un distretto giudiziario federale, Las Vegas è caratterizzata da un gran numero di avvocati ed addetti ai servizi legali in genere.
Tra gli edifici di Las Vegas si possono citare i casinò e gli alberghi, spesso inclusi in un unico complesso. Molti casinò sono collegati con ferrovie a monorotaia oppure con passaggi sotterranei.
La periferia, formata da quartieri residenziali, si estende nel deserto. Molti pensionati provenienti da ogni parte degli Stati Uniti si sono trasferiti a Las Vegas.
Molti casinò 'storici' sono stati fondati da imprese collegate a varie organizzazioni criminali, come la mafia. Sicuramente personaggi legati alla criminalità organizzata, come Bugsy Siegel, hanno contribuito alla creazione della 'capitale del gioco d'azzardo' e sono parte integrante della leggenda cittadina.
Il Bellagio: aperto nel , cerca di imitare l'atmosfera delle ville attorno al Lago di Como. Il lago artificiale davanti all'albergo ogni mezz`ora presenta uno spettacolo di getti d'acqua danzanti al ritmo di musica. Il Bellagio ospita anche il celebre spettacolo 'O' del Cirque du Soleil.
Il Venetian Resort: Basato sul tema di Venezia, aperto nel maggio del sul luogo dove sorgeva il Sands, uno degli hotel e casinò più importanti della 'vecchia Las Vegas'. Il complesso ha al suo interno canali d'acqua che ricreano l'atmosfera e gondolieri che permettono ai visitatori di girare in gondola per l'immenso complesso, che all'esterno riproduce Piazza San Marco .
Caesars Palace: Aperto nel , è stato più volte ampliato. Attualmente si esibiscono: la cantante-attrice americana Cher col suo show 'Cher at the Colosseum', il britannico Elton John col suo 'The Red Piano' e Bette Midler. Come si intuisce dal nome è un casinò con ambientazione che si rifà all'epoca dell'Impero romano.
L'Excalibur : Con aspetto di castello medioevale, aperto nel 1990.
All'interno dell'edificio si può assistere ad uno show chiamato 'Tournament of Kings' che riprende storie medievali e riproduce giostre e duelli.
Per alcuni anni vicino all'ingresso era possibile vedere uno spettacolo in cui i protagonisti erano Merlino e un drago impegnati in un duello, ora questa attrazione non esiste più.All'interno della struttura esiste una cappella in cui è possibile sposarsi, e l'albergo offre anche la possibilità di celebrare un matrimonio in stile medievale.
Il Luxor: A forma di piramide di vetro nero e acciaio alta 30 piani, con statue che imitano lo stile egizio del granito di Aswan ed una sfinge. Dal tramonto all'alba un fascio di luce dalla punta della piramide è puntato verso il cielo. L'atrio dell'albergo è il più grande atrio del mondo.
Il Mandalay Bay è un imponente gruppo di edifici con vetrate dorate che risalta in tutte le fotografie. Ha un casinò ed enormi piscine e fontane con giochi di luce ed acqua. Il tema principae sono i tropici. Il mandalaybay contiene un enorme acquario che si chiama Shark reef dove si possono vedere varie specie di pesci tropicali compresi enormi squali.
Il New York, New York: con un facciata composita che integra miniature di edifici emblematici di New York ed una piccola Statua della Libertà, il tutto avviluppato dai binari di una montagna russa. All'interno ricrea scorci di una piccola porzione della città.
Il Paris: Un grattacielo in bilico tra lo stile del romanticismo e del neoclassicismo francese, accompagnato da una Tour Eiffel ed un Arc de Triomphe in miniatura. Ricrea al suo interno una piccola parte della città di Parigi.
Il Treasure Island: Aperto nel , ha per tema l'Isola del Tesoro,ogni sera all`esterno c'e`uno spettacolo che riproduce una battaglia navale con un galeone dei pirati.
I curiosi vizi di Las Vegas
Las Vegas in Numeri
Popolazione dell'area metropolitana: 1,8 milioni
Numero di visitatori annuali: 35 milioni
Licenze di matrimonio rilasciate ogni anno: 120.000
Costo di una bevanda mentre si sta giocando: zero
Miglia di tubi al neon sullo Strip: circa 15.000 (24.000 km)
Budget per il gioco del visitatore medio: 500 dollari
Vincita più alta a una slot machine: quasi 40 milioni di dollari
Sposarsi a Las Vegas
Las Vegas è una delle capitali nel campo dei matrimoni contratti con poche formalità burocratiche. In città si celebrano più di 144.000 matrimoni civili ogni anno. A differenza di altri stati degli USA, non sono richiesti esami del sangue, né per stabilire il tipo, né per conoscere eventuali malattie.
Vi è un proliferare di 'wedding chapels', cappelle sia laiche che religiose, di varie tendenze: mormoni, cristiane o ebree più o meno riformate e liberali. Esistono interi pacchetti per il 'Wedding a las Vegas' , che includono il volo, l'albergo, la (poca) burocrazia per la cerimonia, l'affitto dei vestiti, l'organizzazione della festa e l'ospitalità in altri alberghi per gli invitati (di solito pochi). Ognuno dei grandi alberghi offre un 'pacchetto matrimonio' intonato al tema del resort.
La legislazione dello stato del Nevada è molto liberale riguardo sia al tempo richiesto tra l'inoltro della domanda per contrarre matrimonio (poche ore), sia sull'età (in alcune contee ci si può sposare a 16 e a 17 anni). La persona non deve risultare sposata nei registri locali e nazionali. Anche ottenere il divorzio e risposarsi è molto facile, rapido e poco costoso, non essendo previsto alcun periodo obbligatorio di separazione legale.
Le regole del gioco di "Sin City"
A eccezione del poker , in tutti gli altri giochi il giocatore si confronta direttamente contro il casinò, e i casinò hanno sempre statisticamente un margine di guadagno. Alcuni casinò offrono lezioni introduttive al poker, al black jack, al craps e così via. Le leggi dello stato vietano ai minori di frequentare le zone di gioco.
L'età minimi per bere e giocare è di 21 anni, una regola che viene fatta rispettare rigorosamente.
Hai da accendere??
Una lamentela comune da parte dei californiani è che a Las Vegas sono assai rari i luoghi dove vige il divieto di fumare. Si trovano posacenere vicino ai telefoni, negli ascensori, presso le piscine e le docce, e persino nei servizi igienici e nei taxi. Sezioni non fumatori puramente simboliche esistono in alcuni ristoranti, e la maggior parte degli alberghi sostiene di offrire sale non fumatori, ma non contate di trovare ambienti assolutamente privi di fumo.
Il mito di Narciso
Il mito, tratto dalle "Metamorfosi" di Ovidio, narra che Narciso era figlio della ninfa Liriope e del fiume Cefiso. Quando nacque, il veggente Tiresia gli profetizzò che sarebbe vissuto fino a tarda età, purché non conoscesse mai se stesso. Chiunque si sarebbe innamorato di Narciso e, quando ebbe raggiunto i sedici anni, si era lasciato alle spalle una schiera di amanti respinti d'ambo i sessi, poiché era caparbiamente geloso della propria bellezza. Tra gli spasimanti vi erano anche le ninfe e tra queste la Ninfa Eco, che non poteva servirsi più della propria voce se non per ripetere stupidamente le ultime parole gridate da qualcun altro, per punizione di Era. Narciso respinse in modo brusco anche la Ninfa che trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo d'amore e rimpianto, finché di lei rimase solo la voce.
Per la sua indifferenza nei confronti di questi amori, Narciso fu punito da Nemesi che lo fece innamorare della sua stessa immagine riflessa nell'acqua di una fonte chiara come l'argento nella regione della Tespia. Dapprima tentò di abbracciare e baciare il bel fanciullo che gli stava davanti, poi riconobbe che era se stesso e rimase ore a fissarsi nell'acqua. Non potendo afferrare il volto che destava la sua passione e tormentato da questo amore, Narciso si lasciò morire: Eco, pur non avendo mai perdonato il giovane, soffriva con lui e ripeté le ultime parole che il ragazzo proclamò mentre si trafiggeva il petto con una spada. Quando le Naiadi e le Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, trovarono il fiore bianco dalla corolla rossa, nato dalla terra inzuppata di sangue, cui fu poi dato il suo nome.
Il mito nell'arte
Michelangelo Merisi (CARAVAGGIO)
Narciso
Olio su tela, 112 x 92 cm
Roma, Galleria nazionale d'arte antica
Caravaggio non ritrae in modo diretto ed evidente il soggetto del quadro, ma il suo 'Narciso' costituisce un esempio significativo di come l'arte possa rappresentare il rapporto tra la bellezza ideale e la complessità della realtà. In questa tela l'artista lombardo risolve il tema mitologico accentuandone la drammaticità, anziché risolverla in una composizione dall'equilibrio classico. Nulla è mostrato dell'ambiente che circonda il soggetto: Narciso emerge dall'ombra e ciò sottolinea drammaticamente lo stupore improvviso, la meraviglia ed il coinvolgimento che prova nel vedere un'immagine così bella, l'espressione anelante che si coglie dal suo profilo. La naturalezza della posa del fanciullo, inginocchiato, che si protende verso l'acqua, segue l'andamento verticale della tela. Caravaggio predilige le atmosfere magiche, sospese e sorprese, introspettive, sonda le infinite possibilità del rapporto luce-ombra e ne risulta un fascio di luce quasi surreale che investe le spalle e la schiena di Narciso evidenziando tutto lo splendore e l'eleganza degli abiti che contribuiscono alla sua bellezza.
Salvador Dalì,
Metamorfosi di Narciso
olio su tela, cm 50x78, Londra, Tate Gallery
La scelta iconografica del dipinto deriva dalle suggestioni artistiche ricevute durante il viaggio in Italia compiuto dall'artista nel 1936, così come le figure dei nudi sullo sfondo che evocano pose classiche e atteggiamenti formali tipici dell'arte rinascimentale e manierista. Il mito classico del giovane Narciso, che innamoratosi della propria immagine riflessa in uno specchio d'acqua e impossibilitato a possederla si trasforma nel fiore che porta il suo nome, offrì lo spunto all'artista per inscenare questa metamorfosi ovidiana in un'ambigua relazione tra illusione e realtà. La splendida figura accovacciata di Narciso, che giganteggia come una roccia sulla superficie lucida e riflettente del lago, si trasforma nel suo doppio che assume l'aspetto di una grande mano pietrificata che regge un uovo crepato da cui nasce il fiore narciso. Le fasi di trasformazione sono rese in una narrazione consecutiva da sinistra a destra, così anche i colori opachi e le forme dapprima trasparenti, evanescenti e quasi invisibili acquistano gradatamente una connotazione realistica e concreta, come un lento risveglio dopo un sogno visionario.
El Narcisismo de Lorca
Nació en Granada (España), en el seno de una familia de posición económica desahogada, el 5 de junio de 1898, y fue bautizado con el nombre de Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca.
Como estudiante fue algo irregular. De niño fue puesto a la tutela del maestro Rodríguez Espinosa, en Almería. Inició bachillerato de vuelta a su provincia natal y abandonó la Facultad de Derecho de Granada para instalarse en la Residencia de Estudiantes de Madrid (1918-1928); pasado un tiempo regresó a la Universidad de Granada, donde se graduó como abogado, aunque nunca ejerció la profesión, puesto que su vocación era la literatura.
La ubicación meridional de Granada, donde se encontraba viva la herencia mora, el folclore, el oriente y una geografía agreste, quedaron impresas en toda su obra poética, donde los romanceros y la épica se funden de manera perceptible.
La España de García Lorca era la de la Edad de Plata, heredera de la Generación del 98, con una rica vida intelectual donde los nombres de Juan Ramón Jiménez, Antonio Machado, Manuel Machado, Ramón del Valle-Inclán imprimían el sello distintivo de una crítica contra la realidad de España.
En esta época frecuentó activamente a los poetas de su generación que permanecen en España, sobre todo Buñuel y Dalí, a quien después le tributó Oda a Salvador Dalí.
En 1929 marchó a Nueva York. Para entonces se habían publicado, además de los antes mencionados, sus libros Canciones (1927) y el Primer romancero gitano (1928), siempre su obra poética más popular y más accesible. A García le molestaba mucho que el público lo viera como gitano.
En 1933 viajó a la Argentina de la Década Infame para promover la puesta en escena de algunas de sus obras por la compañía teatral de Lola Membrives. Entre este año y escribió La casa de Bernarda Alba y trabajaba ya en La destrucción de Sodoma cuando estalló la Guerra Civil española.
Colombia y México, cuyos embajadores previeron que el poeta pudiera ser víctima de un atentado debido a su puesto de funcionario de la República, le ofrecieron el exilio, pero Lorca rechazó las ofertas y se dirigió a su casa en Granada para pasar el verano.
Tras una denuncia anónima, el 16 de agosto de fue detenido en la casa de uno de sus amigos, el también poeta Luis Rosales, quien obtuvo la promesa de las autoridades nacionales de que sería puesto en libertad «si no existía denuncia en su contra». La orden de ejecución fue dada por el gobernador civil de Granada, José Valdés Guzmán, quien había ordenado al ex diputado de la CEDA Ramón Ruiz Alonso la detención del poeta.
Las últimas investigaciones, como la de Manuel Titos Martínez, determinan que fue fusilado la madrugada del 18 de agosto de , seguramente por cuestiones territoriales, ya que algunos caciques, muy conservadores, tenían rencor al padre de Lorca porque era un cacique progresista.
Narciso
(Federico Garcia Lorca
Narciso.
Tu olor.
Y el fondo del río.
Quiero quedarme a tu vera.
Flor del amor.
Narciso.
Por tus blancos ojos cruzan
ondas y peces dormidos.
Pájaros y mariposas
japonizan en los míos.
Tú diminuto y yo grande.
Flor del amor.
Narciso.
Las ranas, tqué listas son!
Pero no dejan tranquilo
el espejo en que se miran
tu delirio y mi delirio.
Narciso.
Mi dolor.
Y mi dolor mismo.
Analisis del poema
Narciso. Como tú- por primera vez- me enamoré del Amor.Como tú- por primera vez- estaba mirandole la cara y estaba viendo la cara de la Muerte.Como tú-por primera vez- dí un paso a mí mismo,como si diera un paso al agua,en cuanto comprendí que el Amor y la Muerte eran todo uno, y eso todo era yo mismo y no hubo nada fuera de mi.Narciso.El olor del Amor y de la Muerte se extiende sobre el agua.
Narciso.
Tu olor.
Y el fondo del rio.
Dicen que el perfume de una flor es su alma. sY por qué- explícame!- una flor tan diminuta tiene el perfume tan fuerte y tan penoso? sY por qué- explícame!- tan clara está el agua del río que une nuestras miradas? sY por qué- explícame!- en tus ojos nadan los peces graves de mis deseos? sY por qué reflejandose en mis ojos todos tus alegrías de tí se convierten a las nubes flotando sobre el río?
Por tus blancos
ojos cruzan
ondas y peces dormidos.
Pajaros y mariposas
japonizan en los míos.
Y mis pensamientos se estrellan contra el espejo del agua que separa nuestras miradas.Y mis pensamientos- como unas ranas agitadas- estarán estrellandose hasta que el cristal se haga añicos despues del golpe mas fuerte de todos.
Las ranas tque
listas son!
Pero no dejan tranquilo
el espejo en que se miran
tu delirio y mi delirio.
Narciso. Como tú- por primera vez- me enamoré del Amor. Como tú- por primera vez- estaba mirandole la cara y estaba viendo la cara de la Muerte. Como tú dí un paso al agua cual si diera un paso a mí mismo en cuanto comprendí que el Amor y la Muerte eran todo uno, y todo eso era un gran Dolor (Mi dolor.Mi dolor mismo) claro como el agua del río. Narciso. El olor del Amor y de la Muerte se extiende sobre el agua.
Pirandello nacque nel 1867 a Càvusu, luogo che al momento della sua nascita aveva cambiato la sua denominazione originaria in 'Caos',oggi Agrigento, in una famiglia di agiata condizione borghese .
L'infanzia di Pirandello non fu sempre serena ma, come lui stesso racconterà nel 1935, caratterizzata anche dalla difficoltà di comunicare con gli adulti e in specie con i suoi genitori, in modo particolare con il padre. Questo lo stimolò ad affinare le sue capacità espressive e a studiare il modo di comportarsi degli altri per cercare di corrispondervi al meglio.
Dopo l'istruzione elementare impartitagli da maestri privati, andò a studiare in un istituto tecnico e poi al ginnasio. Qui si appassionò subito alla letteratura.
Per un breve periodo, nel 1886, aiutò il padre nel commercio dello zolfo, e poté conoscere direttamente il mondo degli operai nelle miniere e quello dei facchini delle banchine del porto mercantile.
Iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel , per recarsi in seguito a Roma, dove continuò i suoi studi di filologia romanza che poi dovette completare a Bonn, importante centro culturale di quei tempi.
Si laureò nel 1891 con una tesi sulla parlata agrigentina 'Voci e sviluppi di suoni nel dialetto di Girgenti' .
Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma, qui conobbe Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi strada nel mondo letterario e che gli aprì le porte dei salotti intellettuali dove ebbe modo di conoscere giornalisti, scrittori, artisti e critici.
Nel 1894, a Girgenti, Pirandello sposò Maria Antonietta Portulano, questo matrimonio probabilmente concordato soddisfaceva anche gli interessi economici della famiglia di Pirandello. Nonostante ciò tra i due coniugi nacque veramente l'amore e la passione. Nel , a completare l'amore tra gli sposi, nacque il primo figlio: Stefano, a cui seguirono due anni dopo, Rosalia (1897) e nel Fausto.
Nel 1903, un allagamento e una frana in una miniera di zolfo del padre li ridusse sul lastrico.Questo avvenimento accrebbe il disagio mentale, già manifestatosi, della moglie di Pirandello, Antonietta. Ella andava sempre più spesso soggetta a crisi isteriche, causate anche dalla gelosia.
Solo diversi anni dopo, nel 1919, egli, ormai disperato, acconsentì che Antonietta fosse ricoverata in un ospedale psichiatrico.
La malattia della moglie portò lo scrittore ad approfondire, portandolo ad avvicinarsi alle nuove teorie sulla psicanalisi di Sigmund Freud, lo studio dei meccanismi della mente e ad analizzare il comportamento sociale nei confronti della malattia mentale.
Il suo primo grande successo fu merito del romanzo "Il fu Mattia Pascal", pubblicato nel e subito tradotto in diverse lingue. La critica non dette subito al romanzo il successo che invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il carattere di novità del romanzo, come d'altronde di altre opere di Pirandello. Perché Pirandello arrivasse al successo riconosciuto si dovette aspettare il , quando si dedicò totalmente al teatro.
Dopo la guerra, lo scrittore si immerse in un lavoro frenetico, dedicandosi soprattutto al teatro. Nel 1925 fondò la 'Compagnia del teatro d'arte'. Cominciò a viaggiare per il mondo: le sue commedie vennero rappresentate anche nei teatri di Broadway. Nel gli venne conferito il titolo di Accademico d'Italia. Nel giro di un decennio arrivò ad essere il drammaturgo di maggior fama nel mondo, come testimonia il premio Nobel ricevuto nel .
Pirandello morì di polmonite. Vennero rispettate le sue volontà espresse nel testamento: 'Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta'. Per sua volontà il corpo fu cremato, per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri furono sparse per il 'Caos' (la sua tenuta, nell'omonima contrada).
Nel saggio 'L'umorismo' Pirandello distingue il comico dall'umorismo. Il primo, definito come 'avvertimento del contrario', nasce dal contrasto tra l'apparenza e la realtà.
L'umorismo, invece,
nasce da una considerazione meno superficiale della situazione.
Mentre il comico genera quasi immediatamente la risata perché mostra subito la
situazione evidentemente contraria a quella che dovrebbe normalmente essere,
l'umorismo nasce da una più ponderata riflessione che genera una sorta di compassione
da cui si origina un sorriso di comprensione. Nell'umorismo c'è il senso di un
comune sentimento della fragilità umana da cui nasce un compatimento per le
debolezze altrui che sono anche le proprie. L'umorismo è meno spietato del
comico che giudica in maniera immediata.
«Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. 'Avverto' che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. "
«Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente, s'inganna che, parata così, nascondendo le rughe, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. ».
L'analisi dell'identità condotta da Pirandello lo portò a formulare la teoria della disgregazione dell'io.
Quando si arriva alla perdita dell'identità si entra nella follia, tema centrale in molte opere, Questo comportamento porterà presto all'isolamento da parte della società e, agli occhi degli altri, alla pazzia.
Il nostro spirito consiste di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre in un nuovo aggregamento, così che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza dell'io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei casi di vero e proprio sdoppiamento dell'io. Talché veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna per proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi possiamo perciò comporre, costruire in noi stessi altre individualità, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto.
Pirandello svolge una ricerca inesausta sull'identità della persona nei suoi aspetti più profondi, dai quali dipendono sia la concezione che ogni persona ha di sé, sia le relazioni che intrattiene con gli altri. Egli mette in evidenza il contrasto esistente tra la fluidità inarrestabile della vita, che è diversa di momento in momento e che presenta contemporaneamente aspetti molteplici ed anche contraddittori, e l'esigenza di cristallizzare quel flusso continuo in immagini certe, stabili, alle quali ancorare la conoscenza che si ha, o meglio si crede di avere, di sé e degli altri.
Dal contrasto tra la vita e la forma nasce il relativismo psicologico che si esprime in due sensi: orizzontale, ovvero nel rapporto interpersonale, e verticale, ovvero nel rapporto che una persona ha con se stessa.
Gli uomini nascono liberi ma il Caso interviene nella loro vita precludendo ogni loro scelta: l'uomo nasce in una società precostituita dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale deve comportarsi.
Ciascuno è obbligato a seguire il ruolo e le regole che la società impone, anche se l'io vorrebbe manifestarsi in modo diverso: solo per l'intervento del caso può accadere di liberarsi di una forma per assumerne un'altra, dalla quale non sarà più possibile liberarsi per tornare indietro, come accade al protagonista de "Il fu Mattia Pascal".
L'uomo dunque non può capire né gli altri né tanto meno sé stesso, poiché ognuno vive portando - consapevolmente o, più spesso, inconsapevolmente - una maschera dietro la quale si agita una moltitudine di personalità diverse e sconosciute.
Queste riflessioni trovano la più esplicita manifestazione narrativa nel romanzo "Uno, nessuno e centomila": Uno (perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari); Centomila perché l'uomo ha, dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che ci giudicano); Nessuno (perché, paradossalmente, se l'uomo ha 100.000 personalità invero non ne possiede nessuna, nel continuo cambiare non è capace di fermarsi nel suo vero 'io').
L'uomo accetta la maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri tendono a identificarlo. Ha provato sommessamente a mostrarsi per quello che lui crede di essere ma, incapace di ribellarsi o deluso dopo l'esperienza di vedersi attribuita una nuova maschera, si rassegna. Vive nell'infelicità, con la coscienza della frattura tra la vita che vorrebbe vivere e quella che gli altri gli fanno vivere per come essi lo vedono. Accetta alla fine passivamente il ruolo da recitare che gli si attribuisce sulla scena dell'esistenza.
Il Fu Mattia Pascal
Mattia Pascal vive in un immaginario paese ligure, Miragno, dove il padre, che si era arricchito con i traffici marittimi e il gioco d'azzardo, ha lasciato in eredità alla moglie e ai due figli una discreta fortuna. A gestire l'intero patrimonio è un avido e disonesto amministratore, Batta Malagna, la cui nipote, Romilda, viene messa incinta da Mattia, dopo che non è riuscito a farla sposare all'amico Pomino.
Mattia viene costretto a sposare Romilda e a convivere con la 'vedova Pescatore', la suocera, che non manca di manifestare il suo disprezzo per il genero, considerato un inetto. Tramite l'amico Pomino, Mattia ottiene un lavoro come bibliotecario, ma dopo un po' di tempo, infelice per il lavoro che trova umiliante e per il matrimonio infelice, decide di fuggire e di tentare l'avventura in Francia. Arrivato a Montecarlo e fermatosi a giocare alla roulette, in seguito ad una serie di vincite fortunate, diventa ricco. Deciso a ritornare a casa per riscattare la sua proprietà e vendicarsi dei soprusi della suocera, un altro fatto muta il suo destino. Mentre è in treno legge per caso su un giornale che a Miragno è stato ritrovato nella roggia di un mulino il cadavere di Mattia Pascal.
Sebbene sconvolto, comprende presto che, credendolo tutti ormai morto, può crearsi un'altra vita. Così, con il nome inventato di Adriano Meis inizia a viaggiare prima in Italia e poi all'estero. Infine, decide di stabilirsi a Roma in una camera ammobiliata. Si innamora, ricambiato, di Adriana, la dolce e mite figlia del padrone di casa, Anselmo Paleari, e sogna di sposarla e di vivere un'altra vita, ma presto si rende conto che la sua esistenza è fittizia. Infatti, non essendo registrato all'anagrafe, è come se non esistesse e pertanto non può sposare Adriana, non può denunciare il furto subito da Terenzio Papiano, un losco individuo penetrato nella sua stanza per rubare del denaro, e non può svolgere alcuna delle normali attività quotidiane, poiché privo di identità. Finge così un suicidio e, lasciato il suo bastone e il suo cappello vicino a un ponte del Tevere, ritorna a Miragno come Mattia Pascal.
Sono intanto trascorsi due anni e arrivato al paese, Mattia viene a sapere che la moglie si è risposata con Pomino e ha avuto una bambina. Si ritira così dalla vita e trascorre le sue giornate nella biblioteca polverosa dove lavorava in precedenza a scrivere la sua storia e ogni tanto si reca al cimitero per portare sulla tomba del 'fu Mattia Pascal' una corona di fiori. Nella Premessa seconda (filosofica) a mo' di scusa il protagonista decide di mettere per scritto la sua strana vicenda: Mattia lascerà il manoscritto nella biblioteca dove aveva lavorato con l'obbligo però di aprirlo soltanto cinquant'anni dopo la sua terza, ultima e definitiva morte. Il consiglio di mettere per scritto il suo caso viene a Mattia da un suo amico bibliotecario, don Eligio.
Il soggetto non si rassegna alla sua maschera però accetta il suo ruolo con un atteggiamento ironico, aggressivo o umoristico. Ne fanno esempio varie opere di Pirandello tra cui: "La patente" Il personaggio principale di quest'ultima opera, Rosario Chiàrchiaro, è un uomo cupo, vestito sempre in nero che si è fatto involontariamente la nomea di iettatore e per questo è sfuggito da tutti ed è rimasto senza lavoro. Il presunto iettatore non accetta l'identità che gli altri gli hanno attribuito ma comunque se ne serve. Va dal giudice e, poiché tutti sono convinti che sia un menagramo, pretende la patente di iettatore autorizzato. In questo modo avrà un nuovo lavoro: chi vuole evitare le disgrazie che promanano da lui dovrà pagare per allontanarlo. La maschera rimane ma almeno se ne ricava un vantaggio.
La Patente
Rosario Chiarchiaro s'è combinata una faccia da jettatore che è una meraviglia a vedere. S'è lasciato crescere su le cave gote gialle una barbaccia ispida e cespugliuta; s'è insellato sul naso un pajo di grossi occhiali cerchiati d'osso che gli danno l'aspetto di un barbagianni; ha poi indossato un abito lustro, sorcigno, che gli sgonfia da tutte le parti, e tiene una canna d'India in mano col manico di corno.»
È con questa maschera da menagramo che Chiarchiaro si presenta in tribunale poiché è così che lo vedono tutti quelli che terrorizzati lo incontrano facendo nel contempo gesti scaramantici; e dunque, se così deve essere, è meglio corrispondere a quello che gli altri credono che tu sia.
Se tu mi vedi come uno jettatore per quanto io faccia non riuscirò a cambiare la tua opinione e dunque sarò come tu mi vuoi ma che almeno possa trarne un vantaggio.
Il giudice D'Andrea, seriamente convinto che la jella non esista, vuole rendere giustizia al pover'uomo così ingiustamente messo al bando dalla società per una sciocca superstizione ed è quindi disposto a condannare il figlio del sindaco e un assessore, contro i quali s'è querelato per diffamazione Chiarchiaro a seguito degli scongiuri che quelli hanno pubblicamente e sfacciatamente fatti al suo passaggio. Ma il giudice viene a sapere dallo stesso querelante che questi è andato a fornire prove e testimonianze certe della sua capacità jettatoria agli stessi avvocati dei querelati. Dunque sarebbe lui che vuole essere condannato.
Eppure Chiarchiaro ha diversi motivi per chiedere giustizia: a causa della cattiva fama costruita su di lui la sua famiglia s'è rinchiusa in casa, le sue belle figliole non trovano più nessuno che voglia sposarle, lui stesso ha perduto il lavoro e fa la fame. Ma proprio per questo il presunto jettatore vuole che non ci siano più dubbi sulle sue doti di autore di malefici: chi li teme dovrà pagare una piccola somma per evitarli e perché questo non appaia come un'estorsione egli pretende che il giudice gli dia, condannandolo, un attestato, una patente per esercitare legalmente la sua professione di jettatore. Come il giudice con la sua laurea può esercitare la sua professione così Chiarchiaro potrà scrivere sul suo biglietto da visita: 'di professione jettatore' e così, apertamente, potrà far pagare una tassa anti-jella ai superstiziosi.
Il giudice naturalmente si rifiuta, quando, proprio mentre Chiarchiaro pretende al alta voce la sua patente di jettatore, un colpo di vento fa cadere la gabbia dove, ormai morto per la caduta, cantava un cardellino unico ricordo della defunta cara mamma del giudice.
I giudici del collegio giudicante hanno assistito muti e sbigottiti all'accaduto: pagano in silenzio il loro obolo a Chiarchiaro che lo accetta sghignazzando: da adesso potrà ufficialmente esercitare la sua professione.
L'uomo vuole togliersi la maschera che gli è stata imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a strapparsela ed allora se è così che lo vuole il mondo, egli allora sarà quello che gli altri credono di vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle ultime e drammatiche conseguenze. Si chiuderà in una solitudine disperata che lo porta al dramma, alla pazzia o al suicidio come accade ad esempio al protagonista di "Uno,nessuno,centomila".
Uno,nessuno, centomila
Il protagonista di questa vicenda, Vitangelo Moscarda, è una persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca del padre e vive di rendita affidando a due fidi collaboratori la gestione dell'impresa. Un giorno, tuttavia, in seguito alla rivelazione da parte della moglie di un suo difetto fisico (il naso leggermente storto), inizia a scoprire che le persone intorno a lui hanno un'immagine della sua persona completamente diversa da quella che lui ha di sé. È la consapevolezza di essere presente nelle persone intorno a lui in centomila forme differenti che accende il desiderio di distruggere queste forme a lui estranee, con l'obiettivo di scoprire il vero sé. Inizia, quindi, ad agire con il fine di strappare queste immagini sbagliate di sé che sono nelle persone, iniziando con la moglie e il suo Gengè (il nomignolo con cui lo chiamava e cui ella affidava l'immagine del marito). La sua prima consapevolezza, dunque, ha come oggetto ciò che non è, e nel tentativo di distruggere queste errate convinzioni, apre la strada per la scoperta di ciò che è. La difficoltà, però, sta nel conoscere se stesso, la vera essenza di sé. Vitangelo Moscarda tenta di sorprenderla in un attimo in cui si affaccia sulla realtà, ma nel momento in cui si rende conto di ciò, la fa scomparire. Ne deriva l'impossibilità a conoscere l'io profondo, l'essenza stessa di sé.
Il protagonista arriverà alla follia, che non è considerata in modo negativo, ma è considerata come un momento in cui, sospesi tutti i comportamenti prima automatici, la facoltà percettiva riesce ad allargarsi e vedere il mondo con 'altri occhi', perché finalmente libera dalle regole consuete.
L'opera finisce con la presentazione della 'vera vita', finalmente libera dalle costrizioni, capace di rinascere in ogni attimo. Vitangelo Moscarda conclude che per uscire dalla prigione in cui la vita rinchiude, non basta cambiare nome, ma bisogna rifiutare ogni nome, inteso come la rappresentazione della forma di una cosa, la sua parte statica. Proprio perché la vita è una continua evoluzione, il nome rappresenta la morte. Dunque, l'unico modo per vivere in ogni istante è vivere attimo per attimo la vita, rinascendo continuamente in modo diverso.
The Strange Case of
Dr. Jekyll and Mr. Hyde
INTRODUCTION
Nowadays men become like a Dr Jekyll, with two opposite faces in the same man.
This double is the portrayal of "good" and "evil" that can be compared, today on two personalities: one with fair behavior and good ideals and the other influenced by society.
In the famous Stevenson' s novel, Dr Jekyll, a virtuous and handsome man, falls in a deep interior confusion that brigs him to take a potion able to release his evil side, Mr. Hyde.
Today, this potion ca be the symbol of society and men can be compared to Dr. Jekyll.
Up to this theory, developed by Stevenson, two parties can't be divided, in fact the separation, that is a break of personality, in really appeared like a multiplication. That it change is only the strong power of a part on the other.
On the other hand, nowadays we haven't the possibility to choose in taking a potion, only strong ideals can defend and support us from an "ill society" that spoil our personality and is able to let grow our bad alter ego, our Mr. Hyde.
The good side should overcome the bad side.
It should not happen what took place in the story where Dr.Jekyll had to kill himself to eliminate the evil side.
We ought not to let society influence negatively our ideals.
PLOT
Mr. Utterson is a London lawyer who is a friend of Dr. Jekyll. Jekyll gave up his regular practice to experiment with non-traditional medicine. Utterson is concerned because Jekyll has written a will that leaves all his money to his new partner Mr. Hyde. Utterson has heard bad things of Hyde and disliked him at first sight. The lawyer thinks his friend is being blackmailed.
One day, the lawyer is asked to identify the body of a murdered man, Sir Danvers Carew, one of Utterson's clients. Hyde is suspected of the murder, but he has disappeared. Jekyll swears that he has not seen Hyde and has broken with him forever. The case remains unsolved and Jekyll becomes more sociable than he had been. Suddenly, though, he locks himself into his laboratory, yelling to the servants through the door, directing them to gather chemicals for him. The servants recognize a change in his voice and think that their master has been murdered; another man has taken his place in the lab. They call Utterson who breaks down the door. On the floor lies Hyde, who has killed himself with poison. Sadly, Utterson assumes Hyde returned and killed Jekyll, but the doctor's body is nowhere to be found. He does find, however, a letter in which Jekyll explains his relationship with Hyde. Jekyll had sometimes indulged in debauches which, if discovered, could have ruined his reputation and of which he is ashamed. Pondering this split in his personality, he decides to find a way to separate his two beings. Jekyll creates a potion that releases his evil side, Mr. Hyde. Hyde is shorter and smaller than Jekyll, having not had as much "exercise". For a while Jekyll enjoys his two bodies; he can do whatever he likes without fear of discovery. His pleasure is stunted when Hyde kills Carew, and he resolves never to take the potion again. Hyde is now strong, however, and emerges whether Jekyll will have him or not. Indeed, Jekyll must use the potion to be rid of him if only for a moment. Jekyll knows that it is only by killing his body that Hyde's body, too, will die.
Analysis
The theme of the double is a constant theme of the Victorian writers, in particular of those of the second generation, and through it they reveal the hypocrisy of their own time. The strange case of Dr.Jekyll and Mr. Hyde , written by Robert Louis Stevenson, can be doubtless considered the emblem of this theme.
It concerns not only the way in which an individual is made up of contrary emotions and desires: some good and some evil, but also the hypocrisy of Victorian society.
Henry Jekyll, the protagonist of this novel, is a man who has a double nature, a good and an evil soul. He has always concealed his evil part because he lives in a moralist society where everybody is judged for his behaviour therefore he decided to split up his two beings. Jekyll creates a potion that releases his evil side, Mr. Hyde. As his name suggests, he is the personification of Jekyll's hidden pleasures that he had long repressed, infect now Jekyll can do every sort of crime without being discovered; he can not be discovered because the poison changes also Jekyll's body making Henry Jekyll and Edward Hyde two completely different beings but always part of an originating ego. The aspects of these two beings also characterize their soul.
As Jekyll has lived a virtuous life his face is handsome, his hands white, his body larger and more harmoniously proportioned than Hyde's. On the contrary Edward Hyde is pale and dwarfish, his hands are dark and hairy, he gives an impression of deformity, and the good Mr Utterson, a friend of Jekyll's, reads "Satan's signature" in his traits. On several occasions Hyde is made to appear in Jekyll's fine clothes, which are too large for him; this fact points out how much smaller and uglier Hyde is than his alter ego. Though the evil side of Jekyll's nature is initially less developed because most of his life has been devoted to "effort, virtue and control" as Hyde plunges into "the sea of liberty", he begins seriously to erode his good twin. The smaller Hyde begins to grow in stature and the original balance of good and evil in Jekyll's nature is threatened with being permanently overthrown.
We can find the theme of the double also in the setting of the novel; it seems to be halfway between England and Scotland, London and Edinburgh. Both capitals had a "double" nature and reflected the hypocrisy of Victorian society: London had the respectable West End and the appalling poverty of the East End slums; Edinburgh had the New town with its wide squares, and the Old Town where crime was a pressing problem. This ambivalence is reinforced by the symbolism of Jekyll's house whose two facades are symbolically the faces of the two opposed sides of the same man: the front of this house, used by the Doctor, is well-kept and respectable; while the rear, used by Hyde, is part of a sinister block of buildings.
Most scenes in the novel take place at night: there is no natural daylight, but only the artificial lighting of Jekyll's house and of the nightmarish street lamps. The bleakness of this setting is reflected in the characters who inhabit it; there are no women, no wives and the only ties between people are professional ones. The men are all bachelors and belong to the same respectable world: one is a lawyer and two are doctors, so the story reflects the male patriarchal world of Victorianism.
Charles Baudelaire
Biographie
Baudelaire est né à Paris d'un père agé et d'une mère de vingt-six ans. A l'age de six ans, il est orphelin de père et dés 1828, sa mère se remarie avec le commandant AUPICK, ambassadeur et sénateur sous l'empire.
Révolté par ce mariage, le jeune Baudelaire ne s'entend pas avec son beau-père. A 11 ans, il est mis en pension à Lyon. Il est un élève solitaire et cynique.
En 1836, il est de retour à Paris et fréquente le lycée Louis-Le-Grand où il parait très indiscipliné.
Il s'inscrit à la faculté de droit de Paris. il mène une vie étudiante dissipée plus de temps à ses loisirs qu'à ses études. Il contracte de nombreuses dettes dés cette époque. Il mène une vie de bohème au quartier latin, en fréquentant les milieux littéraires.
En 1841 fatigué de sa désinvolture et pour l'arracher à sa vie de scandale, il prouve à se éloigner de France mais très vite Baudelaire s'ennuie et il retourne. Ce bref voyage éveille Baudelaire à la poésie : l'exotisme, le soleil, la pureté du ciel et des êtres, la beauté des paysages de l'ile Maurice, seront des thèmes récurrents dans nombre de poèmes des Fleurs du Mal.
Rentré à Paris, Baudelaire réclame la part de son héritage paternel et mène dés lors une vie de dandy. Il a le goût du luxe, vit dans de riches hôtels, déjeune dans les meilleurs restaurants et s'habille avec élégance et raffinement. C'est à cette époque que Baudelaire écrit les premiers poèmes des Fleurs du Mal.
Il se lie avec JEANNE DUVAL, la Vénus noire, mais leurs amours seront tumultueux et souvent douloureux. Plus tard, il fera la connaissance de MARIE DAUBRUN , puis d'APOLLINE SABATIER. Ainsi, la vie affective de Baudelaire sera essentiellement partagée entre ces trois femmes, différentes mais complémentaires : Jeanne, la sensuelle, Marie, la sage et la tendre, Apolline, la sainte qu'il vénère.
Baudelaire devient critique d'art, il s'intéresse à la politique au moment de la révolution de 1848 et il écrit des articles dans un journal républicain, mais ses propos sont jugés trop excessifs par le directeur et il est vite congédié.
Il recommence à écrire, en 1857 il publie la première édition des Fleurs du Mal.
Très vite son recueil est retiré de la vente et Baudelaire est condamné en correctionnelle pour immoralité. Il est contraint à une amende et doit retirer de son recueil les six pièces condamnées ( ' Lesbos' ; ' Femmes damnées'; ' Le Léthé' ; ' A celle qui est trop gaie' ; ' Les bijoux' ; ' Les métamorphoses du vampire' ).
En 1864 il publie , dans le Figaro, des poèmes en prose sous le titre Spleen de Paris. Accablé des dettes, il quitte Paris pour se réfugier en Belgique. Miné par l'alcool, la drogue, la maladie, Baudelaire vit d'autant plus mal son exil volontaire que son oeuvre ne connait pas un vif succès. Il vit misérablement et oublié de tous ; seule la concierge du petit immeuble qu'il habite lui prodigue soin et attention.
A la suite d'une chute, Baudelaire devienne aphasique et hémiplégique. Il est ramené à Paris où il meurt le 31 août 1867.
Les thèmes dominantes de ses ouvres sont :
- Les paradis perdus, l'inspiration provoque la même joie que prouve l'enfant en découvrant les formes et les couleurs ;
- L'exotisme: sentiment qu'il éprouve après avoir fait son voyage aux Indes, où tout est calme et volupté.
- Le spleen: forme exaspérée du mal du siècle, le spleen traduit le malheur qui tourmente Baudelaire au court de toute sa vie. Il s'agit d'un état presque pathologique caractérisé par un dégoût de la vie.
L'idéal: malgré son désespoir le poète aspire à la beauté et l'art est le meilleur chemin pour atteindre l'idéal: échapper au spleen à travers des instants d'oubli.
- La ville: on peut dire que Baudelaire est un poète moderne car contrairement à tous les autres poètes, il choisit la ville comme décore privilégié de ses poèmes. Sa poésie rompt avec l'inspiration pastorale et paysagiste pour découvrir l'atmosphère urbaine. Homme des foules et de la solitude dans la foule, Baudelaire décrit la ville, qui rend ses êtres seuls, et c'est de cette solitude que nait le spleen.
- la recherche d'une évasion spatio-temporelle, Baudelaire aspire à un monde plus vivable et il pense que l'ame sur cette terre est en exile.
Pour s'évader il trouve différents moyens:
a) évasion par les senses: le corps est un point de départ pour aller ailleurs. Les sons, les parfums, les odeurs constituent des correspondances entre un monde en bas et un monde en haut.
b) évasion à travers les paradis artificielles vin, opium, tabac. Ces moyens permettent d'avoir des visions, de récupérer des aspects de la vie intérieure. Baudelaire a souvente l'impression du 'déja-vu':
'J'ai plus de souvenirs que si j'avait mille ans'
c) évasion par la mort: le dernier poème des Fleurs est 'Le voyage'. Tous les voyages sur la terre mènent à la déception et la recherche de l'au-delà devient essentielle.
Spleen de Paris
Si le titre 'Spleen de Paris' fut souvent évoqué par Baudelaire, force est de constater que le thème du mal-être du poète n'est pas le thème dominant du recueil, Baudelaire parle aussi du mal-être des autres et, par ailleurs, cet état n'est pas spécifiquement parisien. Contrairement aux Fleurs du Mal, il y a une diversité thématique dans le recueil en prose et le moi du poète n'est plus le seul motif d'inspiration : Baudelaire se livre certes à une forme d'introspection, mais il tourne aussi son regard vers les autres et il devient le chantre des pauvres, des artistes en général, de l'homme qui a du mal à trouver sa place dans la société.
S'évader du quotidien et de ses soucis, de la ville et de ses tourments, de la compagnie des autres, est un motif récurrent dans le recueil et souvent, c'est le besoin d'évasion qui préside à l'écriture, l'écriture étant d'une part un moyen de s'enfermer dans un monde sans limites et sans frontières et d'autre part un moyen de transfigurer la réalité. Comme dans les Fleurs du mal, l'évasion devient un remède au spleen de l'auteur et Baudelaire use de tous les moyens qui peuvent l'aider à s'affranchir du réel.
L' ivresse, c'est cet état second qui caractérise l'homme sous l'emprise de l'alcool. On sait que Baudelaire usait (et abusait) du vin et d'autres liqueurs.
Dans le recueil en prose, un seul poème fait allusion à l'alcool et à ses vertus thérapeutiques pour soigner les blessures du temps : il s'agit du poème XXXIII, Enivrez-vous (ci-dessous).
Mais il convient de prendre le verbe dans son sens élargi et métaphorique : ce que propose Baudelaire, c'est de dépasser la réalité qui nous environne en nous 'plongeant' dans un autre univers par le moyen d'un excipient quelconque :
' Enivrez-vous sans cesse ! De vin, de poésie, de vertu, à votre guise'. Ce n'est donc pas tant l'éloge de l'alcool que la nécessité de s'évader de l'esclavage du temps qui préside à ce poème.
XXXIII
ENIVREZ-VOUS
Il faut être toujours ivre. Tout est là : c'est l'unique question. Pour ne pas sentir l'horrible fardeau du Temps qui brise vos épaules et vous penche vers la terre, il faut vous enivrer sans trêve.
Mais de quoi ? De vin, de poésie ou de vertu, à votre guise. Mais enivrez-vous.
Et si quelquefois, sur les marches d'un palais, sur l'herbe verte d'un fossé, dans la solitude morne de votre chambre, vous vous réveillez, l'ivresse déjà diminuée ou disparue, demandez au vent, à la vague, à l'étoile, à l'oiseau, à l'horloge, à tout ce qui fuit, à tout ce qui gémit, à tout ce qui roule, à tout ce qui chante, à tout ce qui parle, demandez quelle heure il est ; et le vent, la vague, l'étoile, l'oiseau, l'horloge, vous répondront : « Il est l'heure de s'enivrer ! Pour n'être pas les esclaves martyrisés du Temps, enivrez-vous ; enivrez-vous sans cesse ! De vin, de poésie ou de vertu, à votre guise. »
Dans ce poème an prose Baudelaire trouve une solution possible pour échapper à sa propre misère : s'enivrer.
Mais de quoi? de ce qu'on aime.
Le poème propose peut être contextualité aussi dans nos jours. En effet pour échapper er se différencier parmi la masse conforme on doit nous se passionner dans des loisirs qui sont les expressions des bons idéals et qui permettent de penser et d'avoir la conscience du monde pour se éloigner de la superficialité causée par le consumisme.
Ma jeunesse ne
fut qu'un ténébreux orage,
Traversé çà et là par de brillants soleils ;
Le tonnerre et la pluie ont fait un tel ravage,
Qu'il reste en mon jardin bien peu de fruits vermeils.
Voilà que j'ai
touché l'automne des idées,
Et qu'il faut employer la pelle et les rateaux
Pour rassembler à neuf les terres inondées,
Où l'eau creuse des trous grands comme des tombeaux.
Et qui sait si les fleurs nouvelles que je rêve
Trouveront dans ce sol lavé comme une grève
Le mystique aliment qui ferait leur vigueur ?
- O
douleur ! ô douleur ! Le Temps mange la vie,
Et l'obscur Ennemi qui nous ronge le cour
Du sang que nous perdons croit et se fortifie !
Le temps est l'une des plus obsédantes composantes du spleen Baudelairien
(« L'horloge », « Le goût du néant », « L'Ennemi »).
Dans le poème « l'Ennemi », le temps omniprésent, étouffant, il se révèle
douloureusement à chaque étape de la vie en y imposant un bilan désespérant.
La personnification, l'utilisation de la majuscule et de l'article défini font
de lui, par excellence, le monstre que l'homme
doit craindre.
Le sonnet
est construit sur une métaphore filée :
1er Quatrain : La jeunesse est comparée à un été bouleversé par les
vicissitudes du temps.
2éme Quatrain : Le bilan négatif de la maturité est comparée à l'automne. On
note l'annonce de la mort.
1er Tercet : Espoir d'un renouveau qui s'apparente au printemps.
2ème Tercet : démenti catégorique : la présence destructrice du temps s'oppose
à tout développement et à toute croissance nouvelle (=l'hiver).
Ce poème est
révélateur du spleen Baudelairien, de l'angoisse qui étreint le poète, quand il
constate les ravages du temps sur son organisme. Grace à l'art, il met en forme
ce malaise existentiel , ce qui constitue une manière de l'exorciser.
L'écriture apparait alors comme un remède à l'usure du temps et au dégoût de
soi qu'inspire au poète sa dégradation progressive : l'art permet d'opposer la
résistance de l'intelligence à la force corrosive de la nature.
Bibliografia
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Francesco Lambiasi (2005),Vorrei pregare con la Bibbia, lettera a Cristiana sulla lectio divina,Bologna, Dehoniane (EDB).
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Giulio Malgara (2005), La pubblicità motore dello sviluppo delle imprese e dell'economia,
Lectio Doctoralis, Università Ca' Foscari, Venezia.
Federico García Lorca, a cura di Miguel Garcìa Posada (1917-1919), il mio segreto- Poesie inedite , Torino, Einaudi.
Luigi Pirandello (1988), Il fu Mattia Pascal, Milano, Mondadori.
Luigi Pirandello (1993), La Patente,Roma , L'Unità.
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Robert Louis Stevenson, Traduzione a cura di Oreste del Buono (1952), The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde,Milano, Mondadori.
Charles Baudelaire, introduzione a cura di Marius- François Guyard (1972),Le spleen de Paris, Torino,Einaudi.
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