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LA SOLIDARIETA' CATTOLICA A TORINO: GIUSEPPE COTTOLENGO
Con l'arrivo a Torino di uomini e donne in cerca di lavoro, provenienti dalle campagne del Piemonte e dal resto d'Italia, la città si dovette misurare con nuovi problemi di integrazione, di sviluppo, di assistenza.
Torino manifestò la sua vocazione di città solidale per opera soprattutto delle istituzioni religiose come la Piccola Casa della Divina Provvidenza, meglio conosciuta come il Cottolengo
La solidarietà è stato un aspetto che ha segnato tutta la storia dei secoli scorsi, ma è ancora è molto attiva in città grazie alle moltissime associazioni di volontariato.
Giuseppe Cottolengo a Torino, in zona Valdocco, diede inizio alla "Piccola Casa della Divina Provvidenza": acquistò alcuni locali per ospitare nuovi malati e, ogni volta che se ne presentava la necessità, accoglieva le persone bisognose creando locali appositi, senza pensare assolutamente alla disponibilità di risorse per sostenerle, confidando solo nella Divina Provvidenza.
È così che nacquero numerosi gruppi che vennero denominate "famiglie": l'ospedale per i malati, la casa per uomini e donne anziani, le famiglie dei sordomuti, degli epilettici, dei disabili psichici detti "Buoni Figli" e "Buone Figlie".
La Piccola Casa, per venire incontro alle proprie necessità, si attrezzò al suo interno di panificio, pastificio, lavanderia, calzoleria, laboratori professionali, e in tutta Italia sorsero nuove sedi per accogliere anziani, malati, disabili di ogni genere, bambini, emarginati.
Le riflessioni di un intellettuale : CALVINO al Cottolengo e "La giornata di uno scrutatore"
Scriveva Calvino "..l'istituto s'estendeva tra quartieri popolosi e poveri, per la superficie di un intero quartiere, comprendendo un insieme d'asili e ospedali e ospizi e scuole e conventi, quasi una città nella città, cinta da mura e soggetta ad altre regole. I contorni ne erano irregolari, come un corpo ingrossato via via attraverso nuovi lasciti e costruzioni e iniziative: oltre le mura spuntavano tetti di edifici e pinnacoli di chiese e chiome d'alberi e fumaioli; dove la pubblica via separava un corpo di costruzione dall'altro li collegavano gallerie sopraelevate, come in certi vecchi stabilimenti industriali..il ricordo delle fabbriche rifletteva qualcosa di non soltanto esteriore:dovevano essere le stesse doti pratiche, lo stesso spirito d'iniziativa solitaria dei fondatori delle grandi imprese, ad animare -esprimendosi nel soccorso dei derelitti anziché nella produzione e nel profitto - quel semplice prete che tra il 1832 e il 1842 aveva fondato e organizzato e amministrato in mezzo a difficoltà e incomprensioni questo monumento della carità sulla scala della nascente rivoluzione industriale.."
Con queste parole l'autore ci presenta la struttura in cui avrebbe trascorso la sua giornata come scrutatore e sottolinea non solo le dimensioni dell'edificio, ma anche la portata dell'opera di "quel semplice prete".
Fu proprio il Cottolengo, con il suo concentrato mostruoso di sofferenza, ma anche di umana e cristiana pietà, che portò Amerigo Ormea-Calvino a una crisi lacerante, di fronte a una natura disumana e a un Dio che pareva assente o terribile.
Da quell' esperienza lo scrittore ne uscì profondamente cambiato perché da un lato il suo razionalismo, la sua religione civile, lo indussero a fare reagire l'intellettuale Ormea che decise di battersi contro le irregolarità e la speculazione permettendo di votare soltanto a chi era in grado di farlo senza accompagnatori.
Dall'altro, questa giornata da scrutatore chiude per sempre la visione positiva, marxista, della storia "..il confine tra gli uomini del Cottolengo e i sani era incerto: cos'abbiamo noi più di loro?Arti un po'meglio finiti, un po' più di proporzione nell'aspetto, capacità di coordinare un po' meglio le sensazioni in pensieri. poca cosa rispetto al molto che né noi né loro si riesce a fare e a sapere.poca cosa per la presunzione di costruire noi la nostra storia.."
Calvino trasse una lezione fondamentale da quell'esperienza che gli mostrò una realtà crudele che pareva essere spesso priva di senso e che tanto gli faceva ricordare la polemica di Leopardi contro la bontà della natura:
"..costretto per un giorno della sua vita a tener conto di quanto è estesa quella che vien detta la miseria della natura...sentiva aprirsi sotto ai suoi piedi la vanità del tutto..
Solo osservando una suora che da tempo immemorabile si dedicava ai «deficienti» ed un padre di uno dei malati, che trascorreva le domeniche a schiacciare le mandorle al figlio minorato, comprese che non si possono affrontare solo con la militanza politica, con la fede in un' Idea,queste realtà, ma soprattutto con l' amore.
Osservando padre e figlio Amerigo-Calvino pensò ".Ecco, quei due , così come sono,sono reciprocamente necessari. E pensò :ecco, questo modo d'essere è l'amore. E poi:l'umano arriva dove arriva l'amore; non ha confini se non quelli che gli diamo."
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