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Negli ultimi decenni del secolo XIX e nel primo del XX, lo sviluppo industriale raggiunse la sua piena maturità, tanto che si è potuto parlare di una 'seconda rivoluzione industriale' diversa dalla prima, quella iniziata in Inghilterra nella seconda metà del secolo XVIII.
Della seconda rivoluzione più rapidi furono gli effetti, più prodigiosi i risultati che determinarono una trasformazione decisiva nella vita e nelle prospettive dell'uomo. Essa fu caratterizzata dall'espansione dell'economia capitalistica nei continenti africano ed asiatico, dal prevalere dell'industria pesante (metallurgica e meccanica) su quella leggera, dal concentrarsi di masse umane nelle grandi città, dalla diffusione di nuovi materiali (acciaio e gomma) e di nuove fonti di energia (petrolio ed elettricità). La produzione su scala mondiale si impennò vertiginosamente.
Lo sviluppo industriale fu sostenuto anche questa volta da invenzioni scientifiche e da processi tecnologici che consentirono un migliore sfruttamento delle materie prime ed una più elevata resa della produzione. Nel campo della metallurgia il 'convertitore' sperimentato nel 1879 da Thomas consentì un notevole risparmio di tempi e di costi nel processo di trasformazione in acciaio dei materiali ferrosi.
La turbina a vapore progettata negli anni Ottanta in Inghilterra e in Svezia rivoluzionò le vecchie macchine a vapore rendendo possibili notevoli risparmi nelle spese e nei rifornimenti di combustibile. Un largo impiego di elettricità, quale fonte di energia meccanica, poté essere ottenuto con la costruzione di potenti centrali idroelettriche. L'introduzione dell'elettricità nei più diversi settori produttivi portò profondi mutamenti nell'economia dei singoli paesi e rinnovò molti procedimenti tecnici.
L'invenzione della lampada a filamento di carbone, dovuta all'americano Edison (1879), rese possibile l'illuminazione elettrica delle grandi città nelle quali, gradatamente venne eliminata l'illuminazione a gas che pure era sembrata, qualche decennio prima, un'importante simbolo di modernità. Anche l'industria chimica realizzò un rapido sviluppo con l'invenzione di nuove procedure nei campi dei coloranti, dei concimi artificiali, degli esplosivi, dei medicinali.
Il 'sistema di fabbrica', per usare un'espressione che si diffuse verso la metà del secolo, decollò decisamente quando cominciò a diffondersi il 'sistema industriale americano', celebrato nell'Esposizione di Londra del 1851. Si trattava d'un largo ricorso alle catene di montaggio ed ai supporti elettromeccanici nelle diverse fasi lavorative della costruzione e dell'assemblaggio, ma soprattutto si avanzava l'esigenza di razionalizzare i gesti dell'operaio secondo cadenze attentamente studiate.
Industrializzazione e imperialismo
L'imperialismo costituisce l'altra faccia del processo di industrializzazione. Infatti esso diede inizio ad una corsa sfrenata all'accaparramento delle terre africane ed asiatiche rimaste ancora immuni dalla penetrazione europea. Il pianeta fu funestato, ancora una volta, da una serie di conflitti, di scontri, di imprese militari, ma il nuovo colonialismo si rivelò profondamente diverso da quello dei secoli precedenti: esso seppe organizzare il mondo secondo aree economiche e strategiche funzionali alle grandi concentrazioni di capitali. Gli Stati industrializzati furono sollecitati a controllare nuovi mercati e soprattutto a impiantare, anche in territori lontani, centri di produzione e di trasformazione.
Nel giro di pochi anni (1881-1886) quasi tutta l'Africa fu assoggettata dalle potenze europee. Nel 1902 non vi erano più 'spazi vuoti' nel mondo. Comunque gli imperialisti, insieme a quanto di negativo hanno riversato nel mondo, hanno forse involontariamente, trasferito le idee positive della loro civiltà, quelle di democrazia, libertà, fraternità, eguaglianza, destinate ad esercitare un effetto profondo sulla storia successiva perché hanno condotto i popoli assoggettati alla rivolta contro l'imperialismo stesso.
Nell'ultimo quarto del XIX secolo crebbe il numero delle grandissime imprese che stroncarono molte aziende minori. Gruppi di capitalisti riuscivano a porre sotto il proprio controllo una parte notevole della produzione nei settori di rispettiva competenza. C'è quindi la nascita del monopolio che è l'accentramento del mercato nelle mani d'un solo operatore.
I legami tra le banche e il capitale industriale divennero sempre più stretti; la fusione del capitale bancario con quello industriale creò un nuovo protagonista della storia contemporanea: il 'capitale finanziario'. Un gruppo relativamente piccolo ha concentrato nelle sue mani il controllo sopra la maggior parte del sistema economico, e domina tutte le altre parti della popolazione. Il nuovo capitalismo finanziario esporta capitali ed investe nelle aree sotto sviluppate dell'intero pianeta, là dove i capitali sono scarsi ed abbonda, invece, la mano d'opera che può essere retribuita con bassi salari.
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