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La condivisione degli utili




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LA CONDIVISIONE DEGLI UTILI



Uno degli obiettivi primari per cui è nato il progetto di E.d.C. è la tripartizione degli utili, per gli scopi già citati. Dalle esperienze risulta che la motivazione alla donazione di tali somme è molto forte tra gli imprenditori; che alcuni di loro, pur di condividere degli utili, fanno scelte molto coraggiose; che l'impegno di tutti per rendere possibile tale condivisione è grande.

Condizione fondamentale, comunque, rimane la libertà nella contribuzione.

Tenendo conto che si tratta di un progetto ancora giovane, quindi in fase sperimentale, è possibile valutare in modo apprezzabile il contributo delle imprese di E.d.C., fin dai primissimi anni, in termini non solo di nuovi posti di lavoro, ma anche in termini di utili versati.

Nel 1993, fase di avvio, gli utili giungono da soci di 84 imprese (il 25% sul totale), che in media hanno versato un utile annuale corrispondente al 7% del valore delle loro quote sociali.

Nel 1994 il numero di imprese che versano utili sale a 155 (il 38% sul     totale).

L'anno seguente sono 276 (il 50% sul totale), riuscendo così - grazie anche ad un contributo straordinario dei membri del Movimento - a soddisfare le prime necessità dei 5000 indigenti interni e vicini al Movimento, che non si riusciva ad aiutare con la comunione dei beni.

Nel 1996 la metà delle imprese condivide circa 1 miliardo di lire.

I dati forniti dalla Commissione di E.d.C. registrano per il 1997 utili per un valore complessivo pari a 767.141 $ (circa 1.300.000.000 £).



Tabella 6.28. Utili destinati nel 1997


ZONA



UTILI  VERSATI ($)


ITALIA


EUROPA OCCIDENTALE

(ESCLUSA ITALIA)



EUROPA ORIENTALE


NORD AMERICA


CENTRO AMERICA


BRASILE


ARGENTINA


ASIA


AUSTRALIA


MEDIO ORIENTE


AFRICA


TOTALE




t       Gli utili raccolti sono stati investiti in tutti i continenti, in base alle esigenze, per aiutare i poveri, per finanziare strutture sociali, per costituire nuove imprese, per istruzione e formazione, per progetti in aree depresse e altro. In tutto il mondo sono stati forniti 6.655 aiuti: il 22% nell'Europa dell'Est, il 16% in Africa e in Brasile, il 14% in Asia, il 12% in Argentina, l'8% nel resto dell'America Latina, il 4% in Medio Oriente e in Italia, il 2% nel resto dell'Europa Occidentale, l'1% in Australia e nell'America centro-nord.

Confrontando i dati relativi alla distribuzione geografica del numero di imprese di E.d.C. e quelli degli aiuti dati si può notare come il rapporto si inverta passando dalle regioni ricche a quelle povere; per questo 'diventa logico che necessità e risorse si incontrino senza barriere di nazioni o continenti. Ne nasce un respiro mondiale che conduce a provvedere reciprocamente, una comunione in cui ognuno condivide quello che ha'[291].

t       Per quanto riguarda più propriamente la forma di condivisione, è possibile ricavare utili informazioni da una ricerca[292] condotta nel 1993 su un campione di 47 aziende operanti nelle varie parti del mondo:

segue il modello proposto, che stabilisce la destinazione un

terzo, un terzo, un terzo;


fissa misure proprie secondo le esigenze: chi stabilisce

percentuali in base alle vendite, in base al danaro in cassa ogni

tre mesi o in base ai profitti contabili;


19% non è in grado di condividere alcun utile, in quanto aziende

appena avviate che necessitano di reinvestimenti nell'azienda

stessa;


- 45% non segue una misura fissa, ma decide di volta in volta con il

Consiglio direttivo, dopo aver considerato le esigenze di

espansione e quelle personali.


t       Tale ricerca ha posto l'attenzione anche sul criterio utilizzato per stabilire l'ammontare dei profitti su cui poi viene determinata la quota da condividere: 9 aziende adottano il criterio 'cash flows' per poter essere sicuri di garantire la liquidità necessaria all'impegno preso; 22 considerano il reddito realizzato al netto delle imposte; le altre imprese indicano metodi diversi, quali il reddito contabile corretto sulla base del tasso d'inflazione, il fatturato, una parte del reddito dei soli soci aderenti.

t       Importante è rilevare che gli utili devoluti, come già ricordato, sono stati destinati parte per i poveri e parte per la formazione. Quest'ultimo aspetto è ritenuto da tutte le imprese fondamentale: è necessario sviluppare, sostenere e diffondere il progetto.

Contributi all'approfondimento del progetto derivano da studi presso le Cittadelle e i centri di formazione, da incontri e convegni presso Università (v. par. 5.6.2.) e da numerose tesi che analizzano l'E.d.C. attraverso diverse ottiche - economica, sociologica, teologica, filosofica, organizzativa -. Finora sono state discusse 43 tesi ( 29 in Italia, 2 a Malta, 1 in Francia, in Lussemburgo, in Austria, in Corea, in Scozia, in Brasile, in Argentina, nelle Filippine, in Ungheria, in Bolivia e 2 in Germania), mentre circa un centinaio sono in elaborazione.


Il numero di imprese che finora ha devoluto gli utili non è molto alto e può destare qualche perplessità. A mio avviso, però, esso è molto significativo: se si pensa alle difficoltà tecniche e burocratiche di ciascun Paese, alla ricchezza che queste aziende distribuiscono già in fase produttiva (nei rapporti con i dipendenti, i fornitori, i clienti), ai costi aggiuntivi che un tale agire economico comporta, esso può essere considerato estremamente positivo, data anche la nascita recente del progetto.



ASPETTI LEGATI ALLA CONDIVISIONE DEGLI UTILI


La destinazione degli utili secondo le finalità del progetto potrebbe sembrare una condizione penalizzante l'ottenimento del consenso da parte dei risparmiatori-investitori.

Inconciliabili infatti sono gli obiettivi del progetto di E.d.C. e quelli di interlocutori motivati a instaurare un rapporto con l'azienda principalmente attratti dalle buone prospettive di reddito o perché responsabili di investire il risparmio di terzi sfruttando le migliori opportunità offerte dai mercati finanziari.

Tuttavia, è bene ricordare che una delle condizioni fondamentali per aderire al progetto di E.d.C. è la libertà nella contribuzione; per questo saranno attratti maggiormente quegli interlocutori che sono portatori di attese diverse dalla semplice remunerazione dell'investimento, mentre altri, magari attirati dal progetto strategico dell'impresa e orientati ad investire il proprio denaro in modo onesto, evitando ad esempio qualsiasi forma di speculazione, considererebbero un onere troppo grosso quello di rinunciare ad una parte della remunerazione.

'Tenendo presente che nel tempo si verificherà per qualche socio la necessità e la volontà di ricevere tutti gli utili che gli spetterebbero, oppure di rientrare in possesso dei capitali investiti, e comunque la necessità di confrontarsi con eredi che potrebbero avere idee diverse, per rispettare anche nel tempo quella caratteristica essenziale dell'E.d.C., che è la libertà di quanti 'investono' in essa le loro risorse, essi dovranno mantenere un valore di mercato, cosa impossibile se la decisione di devolverne gli utili fosse per un periodo indefinito; essa di conseguenza dovrà essere rinnovata ogni anno da ogni socio, cui la società dovrà assicurare la 'libertà effettiva' di ricevere i propri utili in caso di decisione in tal senso: altrimenti si verrebbe a creare un piccolo sistema economico a sé, avulso dall'economia di mercato, che ostacolerebbe la diffusione dell'E.d.C'.[293]


Una proposta avanzata per garantire un utilizzo economicamente efficiente dei capitali impiegati è quella di creare una struttura finanziaria che raccolga il risparmio dei sostenitori del progetto per finanziare le aziende.


'Il fatto di avere finanziatori esigenti (.)stimola a far rendere al meglio i soldi amministrati, soprattutto quando le cose vanno abbastanza bene(infatti, che un'azienda sia in perdita, è già uno stimolo efficace a migliorare). Anche per questo motivo potrebbe essere consigliabile che i soldi messi a disposizione dai sostenitori dell'intero progetto (sia sotto forma di contributi a fondo perduto, sia di sottoscrizione di quote di cui si conserva formalmente la proprietà, ma da cui non ci si aspetta alcun reddito) confluiscano in una struttura finanziaria, la quale poi le incanali verso le aziende produttive sotto forma di prestiti o di partecipazioni. In questo modo, naturalmente, parte degli utili affluirebbe dalle aziende produttive a questa struttura finanziaria, a cui competerebbe poi di devolverli agli scopi prescelti'.[294]



CONCLUSIONI


I dati relativi alla diffusione del progetto di E.d.C. indicano che il fenomeno è in crescita. Una forte adesione si è registrata nei primi anni dal 1991, mentre si è attenuata negli ultimi (principalmente per la crisi economica che sta interessando un po' tutti i Paesi).

Dalle tabelle emerge inoltre che le imprese di E.d.C. operano nei più svariati settori, a dimostrazione che il progetto non è precluso ad alcun tipo di attività. E' importante non tanto il tipo di attività svolta, quanto il 'come' essa viene esercitata.

Coloro che vivono il progetto di E.d.C. sono migliaia di persone che hanno accettato nella loro vita una grande sfida; sfida che nasce dalla forte e profonda convinzione che l'uomo, e quindi anche quello 'economico', può essere felice solo ricercando la comunione con gli altri uomini.

L'E.d.C., essendo un progetto molto giovane, per ora non ha grandi numeri, ma ha dimostrato di poter sussistere e convivere in una realtà 'diversa' e dare frutti economici significativi.

Dimostra di avere in sé un potenziale enorme per un rinnovamento dell'economia in una direzione più umana.



A.FERRUCCI, Uno sguardo mondiale, in 'Città Nuova', Roma, 1998, n.11, pag. 42.

Cfr. tesi di Chiara Sguilla (già citata), dal titolo Problemi e prospettive di sviluppo dei paesi economicamente arretrati. Un progetto particolare: l'E.d.C., Facoltà di Economia e Commercio - Perugia, anno 93/94.

A.FERRUCCI, Considerazioni sull'E.d.C., in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag. 192.


B. GUI, Impresa ed Economia di Comunione, in 'Nuova Umanità', Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n.80/81, pag. 165.

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