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Il rapporto uomo-macchina e le classi sociali nell'analisi di k. marx




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IL RAPPORTO UOMO-MACCHINA E LE CLASSI SOCIALI NELL'ANALISI DI K. MARX

Il rischio della sottomissione dell'uomo alla macchina e del lavoro alienato era già stato intuito, fin dall'avvento della rivoluzione industriale, soprattutto da Marx, che aveva trattato il tema della macchina e del sistema di fabbrica.

Karl Marx nacque nel 1818 e ricevette un'educazione liberale e di stampo razionalistico.

Studiò a Berlino, ma si laureò in filosofia all'Università di Jena. Dal 1843 dimorò a Parigi dove rimase fino al 1845 quando si trasferì a Bruxelles. Qui pubblicò nel 1848, insieme ad Engels, il Manifesto del partito comunista che segnò l'inizio del risveglio della classe operaia,che venne indicata come lo strumento che doveva promuovere e sollecitare la fine della società capitalistica.

Si trasferì poi a Londra da dove continuò a ispirare e dirigere il movimento operaio e dove morì nel 1883.

Il punto di partenza del suo pensiero è la rivendicazione dell'uomo, nella totalità dei suoi aspetti e del suo mondo. La sua è una filosofia che, partendo proprio dall'uomo, tende a trasformare attivamente la realtà stessa. Marx infatti riteneva fondamentali gli aspetti pratici e attivi della natura umana, che si realizzano solo nei rapporti sociali e che devono essere compresi nel loro particolare contesto storico. Egli ha cercato di realizzare un'interpretazione dell'uomo e del suo mondo che fosse sia impegno attivo di trasformazione della società, sia attività rivoluzionaria.

Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 egli si è dedicato all'analisi del lavoro estraniato e per indicare la condizione dell'uomo e dei lavoratori nella società capitalistica ha utilizzato il termine "alienazione", ma con valenze diverse rispetto a Hegel.


"Gli operai", Edouard Pignon


La sua riflessione nasceva dalla constatazione dell'aumento della povertà della classe operaia, nonostante la crescita della ricchezza da questa prodotta. La causa di tutto ciò veniva individuata da Marx nell'organizzazione capitalistica della società che, con la proprietà privata dei mezzi di produzione, rendeva l'operaio schiavo del suo stesso lavoro.


L'alienazione operaia

Marx identificava il concetto di alienazione con la condizione storica del salariato nell'ambito della società capitalistica nella quale, a causa della proprietà privata, il lavoratore risultava alienato rispetto:


- al prodotto della sua attività, poiché egli produce un oggetto che non gli apparteneva

- alla sua stessa attività, che viene concepita come lavoro forzato, ma essenziale al tempo stesso, per   

procurarsi di che vivere ".il suo lavoro quindi non è volontario, ma costretto, un lavoro forzato.)

- alla sua essenza, al proprio Wesen, perché non può realizzare un lavoro libero e creativo

- al prossimo".. una conseguenza immediata del fatto che l'uomo è reso estraneo al prodotto del   

suo lavoro . è l'estraneazione dell'uomo dall'uomo ." e poiché dal capitalista viene trattato come    

un "mezzo" e viene privato del frutto della sua fatica, con questi l'operaio instaura rapporti

conflittuali.


Marx fece anche una analisi del sistema di fabbrica che si basava sulla suddivisione del lavoro e sulla cooperazione di macchinari diversificati nei compiti, ognuno dei quali aveva una funzione specifica, limitata soltanto ad un tassello dell'intero sistema produttivo. La suddivisione del lavoro esisteva anche nell'ambito di un sistema manifatturiero, ma in esso ogni operaio si considerava soggetto del processo produttivo. Nel sistema di fabbrica invece tutto veniva organizzato in maniera oggettiva e automatica. Nella nuova realtà della fabbrica industriale non c'era più posto per "l'umanità", gli uomini erano, secondo Marx, ridotti a semplice accessorio delle macchine, a meri strumenti al servizio delle macchine.


La forza-lavoro e il plusvalore

Nel Capitale egli ha analizzato inoltre un altro aspetto caratterizzante la società capitalistica: il problema della vendita della forza-lavoro e dell'origine del plusvalore.

Egli ha affermato che l'uso delle macchine, nel sistema industriale capitalistico, non aveva certo lo scopo di rendere più leggero il lavoro umano e di ridurre i tempi di lavoro affinché il lavoratore potesse ritagliarsi maggiore spazio libero per sé: il tempo che la macchina risparmiava veniva impiegato per una maggiore produzione e pertanto per la produzione di plusvalore.

Marx sottolineava che il lavoro dell'operaio comprendeva due parti: una in cui il lavoratore ricavava il denaro necessario per vivere e un'altra in cui si creava il plusvalore di cui beneficiava solo il capitalista.

Il plusvalore per Marx era, quindi, la differenza fra il lavoro prodotto dal lavoratore e il valore dei beni-salario necessari per la sussistenza del lavoratore stesso.

. l'operaio durante una sezione del processo produttivo produce solo il valore della propria forza-lavoro, cioè il valore dei mezzi di sussistenza che gli sono necessari ... Il secondo periodo del processo lavorativo, nel quale l'operaio sgobba oltre i limiti del lavoro necessario, gli costa certo lavoro, dispendio di forza-lavoro, ma per lui non crea nessun valore. Esso crea plusvalore, che sorride al capitalista..(dal Capitale)

Egli riteneva che la caratteristica peculiare del capitalismo fosse proprio il fatto che in essa la produzione non risultava finalizzata al consumo, ma all'accumulazione di denaro in un ciclo economico che può essere tradotto con la formula schematica D.M.D' (denaro - merce - più denaro). Questo 'più denaro' o plusvalore, come lo definisce Marx, non deve quindi essere cercato a livello di scambio delle merci, bensì a livello di produzione delle medesime. Nella società borghese, infatti, il capitalista ha la possibilità di 'comperare' ed 'usare' una merce particolare che ha la caratteristica di produrre valore. Tale è la 'merce umana', come viene definita nel Capitale, ossia l'operaio di cui il capitalista compera la forza-lavoro pagandola come una qualsiasi merce; nel caso specifico corrisponde al salario.

Con questa teoria Marx ha voluto spiegare 'scientificamente' lo sfruttamento capitalista che si identifica con la possibilità, da parte dell'imprenditore, di utilizzare la forza-lavoro altrui a proprio vantaggio.

Secondo Marx, l'intero sistema capitalistico si basava sul concetto di plusvalore e di profitto del                        capitalista. Questo tipo di economia risultava indicativa, secondo l'analisi marxista, dello sfruttamento dei proletari da parte della classe dirigente anche se tale modo di produzione, secondo Marx, diveniva sempre più anacronistico rispetto ai rapporti di produzione.

Egli auspicava, infatti, una rivoluzione della classe dominata, nei confronti di quella dominante.  

"Il Quarto stato", G.Pellizza da Volpedo

La borghesia

Marx ha riconosciuto alla borghesia il merito di essere stata la grande protagonista della rivoluzione industriale '.la borghesia ha modificato la faccia della terra in una misura che non ha precedenti nella storia, mostrando ai popoli cosa possa l'attività umana.' e ne ha tracciato un affresco, nel Manifesto del partito comunista,scritto tra il dicembre del 1847 e il gennaio del 1848, in cui ha spiegato come tale classe sociale sia riuscita ad conquistare tanto potere.

Durante il suo dominio di classe, di appena un secolo, la borghesia aveva creato, secondo Marx, forze produttive di molto maggiori rispetto a quanto non avessero mai fatto tutte insieme le altre generazioni del passato. Egli riconosceva ad essa il merito di avere soggiogato le forze naturali, creato le macchine, applicato la chimica all'industria e all'agricoltura, inventato la navigazione a vapore, le ferrovie, i telegrafi elettrici e quindi avviato un impressionante processo di meccanizzazione.

Ed ancora ."è stata la borghesia- diceva Marx- a sfruttare il mercato mondiale e rendere cosmopolitica la produzione e la consumazione di tutti i paesi..a creare delle città enormi.ad accrescere la popolazione urbana. essa ha agglomerata la popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione, ha raccolto in poche mani la proprietà. ".


La lotta di classe

Marx ed Engels sostenevano che 'la borghesia ha raggiunto lo sviluppo e il progresso coinvolgendo forze smisurate che ad un certo punto, inevitabilmente, sono diventate incontrollabili con la conseguenza che il proletariato oppresso dalla classe borghese ha messo in opera una lotta di classe volta all'eliminazione del capitalismo". La borghesia viene quindi identificata come una classe produttiva e dinamica, ma piena di contraddizioni.

La lotta di classe si presenta invece come una caratteristica costante della storia, coincidente con il momento dialettico tra forze produttive e rapporti di produzione: Marx lega l'esistenza delle classi a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione e sostiene che esse si determinano in relazione alla proprietà o meno dei mezzi di produzione, in modo tale che vi siano sempre due classi fondamentali.

Infine Marx vede come necessaria conseguenza di tale lotta il raggiungimento di una società senza classi, grazie alla dittatura del proletariato.


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