Globalizzazzione
Globalizzazione
è la parola che circola con insistenza sulla bocca di tutti e suscita
l'inquietudine che provoca i cambiamenti profondi e inevitabili. Per la prima
volta nella storia, l'economia di mercato ha assunto dimensioni mondiali,
sospinta dalla rivoluzione nelle tecniche della produzione, della comunicazione
e dell'informazione. Con un ritmo sempre più rapido il mondo tende
irresistibilmente all'unità.
La globalizzazione non è sospinta solo da incentivi economici, ma anche e soprattutto
da una forza storica irresistibile, più forte della volontà di qualsiasi
Governo e di qualsiasi partito: la forza che si sprigiona dall'evoluzione del
modo di produrre. Essa impone a tutti i settori della vita sociale una
dimensione più ampia di quella degli Stati sovrani, anche i più grandi. Non è
un caso che gli Stati Uniti ricerchino nella NAFTA la dimensione di mercato
adatta a competere con i grandi spazi economici che si stanno organizzando nel
resto del mondo. Si tratta di un processo di cambiamento che si può accelerare
o ritardare, ma non accettare o respingere.
Il sistema mondiale degli Stati rappresenta il quadro politico che assicura
l'ordine internazionale necessario allo svolgimento di quel processo, che però
non procede in modo rettilineo, ma si sviluppa ad ondate. Quest'andamento del
processo è il riflesso delle condizioni politiche che lo rendono possibile e
possono favorirlo od ostacolarlo.
La fine del sistema europeo degli Stati nel 1945 e la fine del sistema mondiale
bipolare nel 1989 rappresentano due tappe cruciali del processo di
globalizzazione. La Seconda guerra mondiale, determinando la sconfitta della
Germania, la perdita dell'indipendenza degli Stati nazionali e la formazione
del sistema mondiale degli Stati, ha spazzato via il sistema europeo, che
intralciava il libero sviluppo dei rapporti di produzione e di scambio al di là
dei confini tra gli Stati. Il crollo dei regimi comunisti nell'Unione Sovietica
e in Europa, ha fatto cadere i residui ostacoli politici e ideologici che si
opponevano alla piena affermazione dell'economia di mercato sul piano mondiale.
La fine dell'ordine mondiale bipolare e della guerra fredda e la conseguente
convergenza delle ragioni di Stato delle più grandi potenze che reggono le
sorti del mondo hanno rimosso le barriere politiche che impedivano il pieno
dispiegarsi della mondializzazione.
La globalizzazione, travolgendo tutte le barriere che intralciano la formazione
di un unico mercato mondiale, aumenta il volume del commercio mondiale e
produce nuove possibilità di benessere e d'espansione dei consumi. Nello stesso
tempo, le forze internazionali del mercato sfuggono al controllo degli Stati, i
cui strumenti monetari e fiscali di regolazione dell'economia hanno perso
progressivamente la loro efficacia. Così le grandi concentrazioni produttive e
finanziarie multinazionali sono in grado di eludere il controllo di qualsiasi
Stato. In definitiva, la globalizzazione ha scavato un fossato sempre più
profondo tra lo Stato, rimasto nazionale, e il mercato, diventato mondiale.
La conseguenza più grave di questa situazione è il declino della democrazia. La
più acuta contraddizione della nostra epoca risiede nel fatto che i problemi
dai quali dipende il destino dei popoli, come il controllo della sicurezza e
dell'economia o la protezione dell'ambiente, hanno assunto dimensioni
internazionali, un terreno dove non esistono istituzioni democratiche, mentre
la democrazia si ferma tuttora ai confini degli Stati, entro i quali si decide
ormai su aspetti secondari della vita politica. Così, il controllo delle
questioni determinanti per l'avvenire dei popoli, sfuggito alle istituzioni
democratiche, sta saldamente nelle mani delle grandi potenze e delle
gigantesche concentrazioni capitalistiche multinazionali.
Che fare? Non possiamo certamente aspettarci dalla mano invisibile del mercato
mondiale la realizzazione di valori collettivi, come la piena occupazione,
l'aiuto allo sviluppo dei paesi più arretrati o la protezione dell'ambiente,
tanto meno la democrazia internazionale. In assenza d'efficaci istituzioni
politiche mondiali, la crescita dell'interdipendenza è destinata a risolversi
in un'accentuazione delle disuguaglianze e nella crescita del disordine e dei
conflitti internazionali.
Nemmeno è da prendere in considerazione la ricetta, che pure taluni
suggeriscono, del protezionismo. Sarebbe un tentativo reazionario (ma anche
velleitario e quindi destinato alla sconfitta) di fermare la spinta poderosa
delle forze produttive che tende ad unificare il genere umano, divenuto ormai
un'unità di destino. La sfida, cui le forze del progresso non possono sfuggire,
consiste nel saper dimostrare di essere capaci di governare il processo di
globalizzazione. Ciò esige che si risolva innanzi tutto un problema di natura
istituzionale, l'organizzazione d'istituzioni democratiche sul piano mondiale.
Mentre l'obiettivo di un Governo mondiale appare ancora lontano, si
moltiplicano le riunioni internazionali e si estende il fenomeno
dell'organizzazione internazionale, che sono espressione dell'esigenza dei
Governi di controllare l'economia globale. Un'esigenza che però non può essere
soddisfatta con le procedure di decisione basate sui principi dell'unanimità e
del veto, che sono adottate in questi consessi.
L'Unione europea, per quanto sia un esperimento incompiuto, si configura già
come un nuovo modello di controllo dell'economia internazionale, mentre il
prevedibile rafforzamento della sua influenza internazionale la spingerà a
divenire il potenziale motore dell'unificazione del mondo. In effetti, l'Unione
economica e monetaria può essere considerata come la risposta europea alla
sfida della globalizzazione sotto tre profili.
In primo luogo, essa rappresenta il tentativo di superare la dimensione
nazionale del mercato, allo scopo di creare le condizioni per competere con i
grandi spazi economici sul terreno della tecnologia di avanguardia,
sottoponendo la dinamica del mercato europeo al controllo di istituzioni che
per il momento sono solo parzialmente democratiche a causa del prevalere del loro
carattere intergovernativo. In secondo luogo, anche se le istituzioni europee
non sono sufficienti a controllare il mercato mondiale, l'Unione europea, che è
la prima potenza commerciale del mondo, ha un interesse vitale a mantenere
aperto il mercato mondiale e a rafforzare le istituzioni mondiali che
consentono di perseguire questa finalità. È questa la motivazione fondamentale
che ha spinto l'Unione europea a promuovere, contro le resistenze opposte dagli
Stati Uniti, la costituzione dell'Organizzazione mondiale del commercio, che è
espressione della necessità di dare nuove regole del gioco alla competizione
globale e di farle rispettare a tutti. In terzo luogo, se si considera il suo
potenziale sviluppo in senso federale, l'Unione economica e monetaria
rappresenta il modello istituzionale necessario a regolare il mercato mondiale
e indica la linea lungo la quale si dovranno sviluppare le istituzioni
economiche mondiali. In definitiva, il processo costituente europeo, cioè il
processo che porterà alla creazione della Federazione europea, offre un modello
che indica la via da percorrere per restituire alla politica il potere di
governare il processo di globalizzazione dell'economia.