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La bontà dell'adattamento: il test del chi-quadrato




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La bontà dell'adattamento: il test del chi-quadrato


Come abbiamo già avuto modo di dire, quando si eseguono degli incroci si osservano delle distribuzioni di frequenza che non coincidono quasi mai con le probabilità attese.  La probabilità che ci siano i 9/16 della progenie di un incrocio diibrido che esprimono il fenotipo dominante in un campione di progenie di 16 individui è veramente scarsa. Nei piccoli campioni le fluttuazioni dovute al caso delle frequenze osservate rispetto a quelle attese possono essere molto vistose.

Abbiamo visto come più grande è la dimensione del campione e maggiore è la probabilità che gli effetti del caso producano piccole deviazioni sulle frequenze osservate rispetto a quelle attese. Tuttavia le fluttuazioni casuali delle frequenze sono ineliminabili e pertanto nella pratica sperimentale vi è la necessità di verificare se esiste accordo tra una distribuzione osservata e la corrispondente distribuzione attesa o teorica.

Si tenga inoltre presente che le frequenze osservate potrebbero 'adattarsi' a distribuzioni teoriche diverse. Se ad esempio in F2 otteniamo 53 individui con fenotipo A e 14 con fenotipo B, possiamo domandarci se siamo in presenza di un classico rapporto 3:1 con il carattere controllato da un unico gene o di una interazione genica con un rapporto 13:3 (soppressione genica).


È dunque possibile saggiare l'effetto del caso sulle frequenze osservate usando un metodo statistico chiamato test chi-quadrato (o test chi-quadro o test di Pearson).

Il test chi-quadrato valuta se le differenze rispetto al rapporto atteso sono dovute al caso o se sono differenze reali. Il test verifica in definitiva se le frequenze osservate si accordano (adattano) o meno con quelle attese ed è perciò definito un test per la bontà dell'adattamento (goodness of fit).


Il si calcola facendo la sommatoria dei quadrati delle differenze tra le frequenze osservate e quelle attese (teoriche), ciascun quadrato diviso per la frequenza attesa (teorica).



Ad esempio, in uno dei suoi incroci diibridi per il colore e la forma del seme, Mendel ottiene 556 individui di cui:

315 Gialli e lisci         101 Gialli e rugosi 108 Verdi e lisci 32 verdi e rugosi


Le frequenze attese (teoriche) sulla base del rapporto fenotipico 9:3:3:1 sono


Gialli e lisci = 9/16 di 556 = 312,75

Gialli e rugosi = 3/16 di 556 = 104,25

Verdi e lisci = 3/16 di 556 = 104,25

Verdi e rugosi = 1/16 di 556 = 34,75


Calcoliamo



E' ovvio come piccole differenze tra frequenze osservate ed attese possano essere ritenute accidentali e quindi non siano tali da negare un sostanziale accordo tra osservato ed atteso, mentre differenze grandi lascino supporre che non siano state ottenute per caso, ma che siano presenti fattori differenti da quelli ipotizzati. Dunque valori elevati di indicano grandi differenze tra valori osservati e valori attesi e sono un indizio di una distribuzione realmente diversa da quella attesa.


Il problema ora è decidere quando il valore di calcolato è talmente grande da farci rifiutare la sostanziale identità tra la distribuzione osservata e quella attesa.

L'ipotesi che le differenze osservate siano dovute a semplici fluttuazioni casuali e che siano talmente piccole rispetto alle frequenze attese, da essere trascurabili è nota come ipotesi nulla e viene indicata con H0. L'ipotesi alternativa, che le differenze siano significative e che quindi la distribuzione osservata sia realmente diversa da quella attesa,  viene indicata con H1.


Dobbiamo allora valutare se il valore calcolato di sia abbastanza piccolo da farci accettare l'ipotesi nulla: le variazioni  sono casuali e trascurabili e la distribuzione osservata si accorda con quella teorica.


Il problema è che i valori di dipendono dai gradi di libertà considerati e sono tanto più elevati quanto più numerosi sono i gradi di libertà.


I gradi di libertà (df = degrees of freedom) esprimono il numero di dati effettivamente disponibili per valutare la quantità d'informazione ottenuta. Infatti quando un dato non è indipendente, l'informazione che esso fornisce è già contenuta implicitamente negli altri ed è possibile effettuare i calcoli utilizzando soltanto il numero di osservazioni indipendenti (che rappresentano appunto i gradi di libertà). In generale i gradi di libertà sono pari al numero di classi studiate meno uno.


Nell'esempio precedente i gradi di libertà sono pari a 3 (4 classi osservate (4 fenotipi) meno 1).

Infatti, conoscendo il numero totale di individui ottenuti dall'incrocio (536) ed il numero di individui che costituiscono tre dei quattro fenotipi (osservazioni indipendenti), il numero di individui che costituiscono il quarto fenotipo resta univocamente determinato (individui totali meno individui dei primi tre fenotipi).


I valori di si distribuiscono dunque in funzione del numero dei gradi di libertà. Si vedano ad esempio le seguenti due curve che rappresentano la distribuzione di frequenza di per 4 e 10 gradi di libertà (in ascissa i valori di ed in ordinata la probabilità che assuma quel particolare valore).



Per valutare dunque il valore calcolato di dobbiamo confrontarlo con i valori che esso può assumere, dato un certo numero di gradi di libertà. Presa dunque in considerazione la curva di relativa al numero di gradi di libertà che stiamo considerando, possiamo verificare che il valore di calcolato non cada nella parte finale della curva (coda) dove sono presenti valori troppo elevati. In genere si divide la curva in due regioni: quella a sinistra (regione di accettanza) con una probabilità del 95% che cada al suo interno e quella a destra (regione di rifiuto) con una probabilità del 5% che cada al suo interno.

Il valore di che separa queste due regioni è detto valore critico



In pratica non è necessario utilizzare queste curve. È sufficiente consultare delle tabelle che contengono i valori critici (normalmente per il 5%)  di per i diversi gradi di libertà e confrontare il valore di calcolato con il valore critico. Se il valore di calcolato è inferiore al valore critico (cade nella regione di accettanza), allora possiamo considerarlo abbastanza piccolo da accettare l'ipotesi nulla.


gradi di libertà

Valori critici  ()

























Dunque, se ora confrontiamo il valore di che abbiamo calcolato nell'esempio precedente ( = 0,47) con il valore critico per il 5% di probabilità e per 3 gradi di libertà (7,81) troviamo che il  calcolato è inferiore al valore critico (0,47 < 7,81) . Possiamo accettare l'ipotesi nulla ed affermare che le frequenze osservate rappresentano una distribuzione 9:3:3:1 a meno di fluttuazioni da ritenersi casuali.



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