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I modelli cosmologici FRW presentano alcune difficoltà che hanno cominciato a trovare soluzione solo con l'introduzione in cosmologia della teoria dell'inflation (vedi oltre).
Il problema della piattezza si può sintetizzare nella seguente domanda: come mai le misure della densità effettiva ci forniscono valori che non si discostano per più di 1/100 da quello della densità critica ( 0,01) e quindi l'universo, anche se non è euclideo (piatto), è comunque molto vicino ad esserlo?
Per poter comprendere il significato di tale domanda è necessario precisare che il valore di = 1 rappresenta uno stato di equilibrio instabile. Si può infatti dimostrare che se fosse stato inizialmente 1 avrebbe mantenuto tale valore per sempre, ma se fosse invece stato anche solo di pochissimo diverso da 1, tale differenza avrebbe subito una rapidissima divaricazione con il tempo, in tutti e 3 i modelli cosmologici.
Si può ad esempio calcolare che se oggi = 0,01, all'inizio dell'era della materia esso era uguale ad 1 fino alla 4a cifra decimale, mentre ad 1 secondo dall'inizio dell'espansione era uguale ad 1 fino alla 15a cifra decimale.
Poiché dunque tutti i modelli cosmologici tendono ad accentuare vistosamente durante l'espansione, qualsiasi pur lieve differenza di dall'unità, ci si può a ragione domandare come mai, visto l'attuale valore di , l'universo abbia iniziato la sua espansione in una condizione così vicina ad una situazione euclidea.
Nel 1905 Einstein costruì la teoria della relatività speciale sull'assunto, verificato sperimentalmente, che la velocità della luce sia una costante di natura. Il suo valore non varia cioè qualunque sia lo stato di moto dell'osservatore rispetto alla sorgente luminosa e di conseguenza nessun corpo materiale può raggiungere e tanto meno superare la velocità della luce.
Ciò ha dei riflessi importanti sui processi di causalità, in quanto nessuna interazione di tipo causale tra due oggetti può trasmettersi istantaneamente e l'intervallo di tempo minimo tra la causa ed il suo effetto è strettamente connesso allo spazio che li separa ed alla velocità della luce c.
In un determinato istante t, ogni punto dell'universo può quindi vedere (ed essere visto) e produrre interazioni di causa-effetto solo con oggetti che si trovino compresi all'interno di una superficie sferica di raggio ct, centrata nel punto. Tale superficie rappresenta una sorta di orizzonte causale del punto considerato. Un oggetto che si trovi fuori da tale orizzonte non avrà mai interagito in passato col punto considerato in quanto la distanza che li separa è superiore a quella percorribile dalla luce nel tempo t fino a quel momento trascorso. Due punti che si trovino l'uno al di fuori dell'orizzonte causale dell'altro si dicono causalmente non connessi.
I modelli cosmologici classici presentano molte porzioni di universo causalmente non connesse.
Il problema dell'orizzonte si racchiude quindi nella seguente domanda. Come è possibile che 2 punti dell'universo che non sono mai stati legati da relazioni di causa ed effetto si trovino in condizioni termiche perfettamente identiche?
E' come se l'universo fosse attualmente suddiviso in numerose porzioni, ciascuna racchiusa nel proprio orizzonte causale (una superficie sferica di raggio cto) che non hanno in passato mai comunicato tra loro.
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Il problema è proprio di tutti i modelli cosmologici classici, nei quali la distanza-orizzonte (cioè il percorso ct eseguito fino all momento t da un raggio luminoso) in ogni istante di espansione è costantemente minore rispetto al raggio dell'universo.
Supponiamo ad esempio che l'universo sia euclideo e che la sua età sia quindi . Ciò significa che la nostra distanza-orizzonte (ma anche quella di qualsiasi altro osservatore) è attualmente , indicativamente pari a 10 cm. In altre parole attualmente riceviamo immagini ed informazioni da una porzione sferica di universo di raggio O = 10 cm (universo osservabile). Risalendo verso il passato è possibile verificare che tale porzione di universo si contrae più lentamente (secondo ) di quanto non faccia l'orizzonte ( ).
Calcoliamo ad esempio le dimensioni che l'universo attualmente osservabile (1028 cm) doveva avere all'inizio dell'era della materia (1011 s). Essendo la legge oraria dell'espansione del tipo potremo scrivere
e quindi
se ora poniamo t1 = 1011 s possiamo calcolare le corrispondenti dimensioni dell'universo R1
corrispondente ad una sfera di circa 1071 cm3. In quell'istante la luce poteva aver percorso solo
,
corrispondente ad una sfera di volume 1065 cm3.
Al tempo 1011 s l'universo attualmente osservabile era quindi frammentato in circa 1 milione di regioni (1071/1065 = 106) racchiuse nel proprio orizzonte causale, ciascuna con dimensioni 100 volte (1023/1021) inferiori della porzione di universo considerato.
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