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La Sfera celeste sembra ruotare intorno a noi da Est verso Ovest; in realtà è il nostro pianeta che ruota su se stesso in senso contrario, girando attorno a un ideale asse terrestre (o asse del mondo), il cui prolungamento nello spazio, dalla parte del Polo nord, fiora una piccola stella, che, proprio per la sua posizione, è stata chiamata Stella polare.
Nonostante si sappia che la Sfera celeste è soltanto un'astrazione, in Astronomia si usa prenderla in considerazione quando si vuole determinare la posizione di un astro qualsiasi rispetto alla Terra. Per far questo occorre fissare alcuni elementi di riferimento:
il principale di essi è l'asse terrestre che, prolungato nello spazio, incontra la Sfera celeste nei due Poli celesti nord e sud;
altro elemento è lo Zenit, che è il punto in cui la verticale innalzata sopra la testa di un osservatore qualunque incontra la volta celeste, mentre il punto opposto, agli antipodi, si chiama Nadir;
se infine un osservatore immagina di tracciare un piano perpendicolare alla sua verticale, la Sfera celeste verrà tagliata secondo una circonferenza massima, chiamata orizzonte celeste, che la divide in un emisfero superiore (per lui visibile) ed uno inferiore (invisibile).
Polo nord e Polo sud celesti, Zenit e Nadir si trovano su una stessa circonferenza massima che viene chiamata meridiano celeste del luogo di osservazione. Nel caso in cui un osservatore stia al polo, la verticale coincide con l'asse terrestre e quindi lo Zenit corrisponde con un polo celeste; a sua volta l'orizzonte celeste coinciderà con una circonferenza, chiamata Equatore celeste, che rappresenta il circolo massimo descritto dalle stelle nell'apparente moto di rotazione della Sfera celeste attorno all'asse: tutte le stelle che non si trovano su questo circolo massimo descrivono giornalmente sulla Sfera celeste delle circonferenze (paralleli celesti) di diametro via via sempre più piccolo quanto più sono vicine a uno dei poli. Quando l'Equatore celeste e l'orizzonte celeste non coincidono, la loro intersezione individua due punti, Est (oriente o levante) e Ovest (occidente o ponente), che segnano rispettivamente sull'orizzonte la posizione da cui sembra sorgere e tramontare un astro che percorra l'Equatore celeste. L'orizzonte è tagliato in altri due punti notevoli dal meridiano del luogo: sono il Nord e il Sud, che si trovano ognuno dalla parte del polo celeste dello stesso nome. Questi quattro punti sono i punti cardinali: immaginando di guardare l'orizzonte dallo Zenit del luogo, essi si succedono in senso orario nell'ordine Nord, Est, Sud, Ovest.
Gli antichi fissavano la posizione di una stella servendosi di un angolo verticale (altezza) e di un angolo orizzontale (azimut); il primo indica l'altezza della stella sul piano dell'orizzonte, il secondo è quello tra la direzione del Sud e la direzione del punto in cui la perpendicolare calata dalla stella incontra l'orizzonte. Poiché la posizione di una stella, così stabilita, varia con la località in cui si trova l'osservatore, oggi si misurano altri angoli considerando la Terra puntiforme e riferendosi all'Equatore celeste e al meridiano celeste che passa per un punto particolare (punto gamma), che si trova nella Costellazione dell'Ariete.
Le più usate unità di misura delle distanze sono:
Unità astronomica (U.A.): è usata in genere entro i limiti del Sistema solare e corrisponde alla distanza media tra Terra e Sole, che è di circa 149.600.000 km.
Anno luce (a.l.): è la distanza percorsa in un anno dalla radiazione luminosa, che si muove alla velocità di 300.000 km/s. Un anno-luce corrisponde, quindi, a una distanza di circa 9.463 miliardi di kilometri.
Parsec (parallasse-secondo, pc): è la distanza di un punto dal quale un osservatore vedrebbe il semiasse maggiore dell'orbita terrestre, perpendicolarmente, sotto l'angolo di 1''; tale distanza equivale a 206.265 volte la distanza Terra-Sole e corrisponde perciò a 30.900 miliardi di kilometri.
L'unità di misura di parsec deriva dal metodo, normalmente usato per determinare la distanza delle stelle, che si basa sulla misura accurata dell'angolo di parallasse. In realtà, il termine parallasse indica lo spostamento apparente di un oggetto rispetto a un punto di riferimento molto lontano, quando quell'oggetto viene osservato da due punti diversi. Nelle misure astronomiche s'intende lo spostamento apparente di una stella rispetto a uno sfondo di stelle lontanissime (tanto da potersi considerare all'infinito), quando venga osservata da due punti separati da una certa distanza.
La parallasse risulta tanto maggiore quanto maggiore è la distanza tra i due diversi punti di osservazione; è per questo che in Astronomia si prende come base l'asse maggiore dell'orbita terrestre: le due osservazioni per misurare la parallasse di una stella si fanno a sei mesi di distanza l'una dall'altra, in modo che i due punti di osservazione siano distanti tra loro circa 300 milioni di km (la lunghezza media dell'asse dell'orbita terrestre). Eppure molte stelle sono così lontane che danno un angolo non apprezzabile, di una piccola frazione non di grado, ma di secondo. Non è possibile determinare distanze di stelle la cui parallasse sia inferiore a 1/100 di secondo d'arco.
Come già detto, una stella vista sotto un angolo di 1'' disterebbe da noi di un parsec, cioè 3,26 a.l. La stella attualmente più vicina alla Terra è Proxima Centauri: essa dista 4,5 a.l., vale a dire più di un parsec (la sua parallasse è circa 0,8 secondi d'arco). La stella più vicina visibile ad occhio nudo dall'Italia è Sirio, a circa 8,7 a.l., pari a 2,6 parsec (con una parallasse di circa 0,4 secondi d'arco).
Unità di misura |
km |
U.A. |
a.l. |
pc |
U.A. |
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15,8 x 10 alla -6 |
4,8 x 10 alla -6 |
a.l. |
9.463 x 10 alla 9 |
63 x 10 alla 3 |
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pc |
30.900 x 10 alla 9 |
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Magnitudine apparente e assoluta. La diversa luminosità delle stelle è la caratteristica che ha suggerito, fin dall'antichità, di suddividere le stelle in classi sulla base del loro splendore, introducendo ordini di grandezze. Oggi il termine <<grandezza>> è sostituito da magnitudine e la luminosità di una stella viene accuratamente misurata con appositi fotometri fotoelettrici montati su telescopi.
Le stelle più deboli visibili a occhio nudo sono di magnitudine 6,5, mentre le più moderne apparecchiature elettroniche arrivano a percepire immagini di stelle di magnitudine 30.
Le misure di cui abbiamo finora parlato si riferiscono alla magnitudine apparente (che si indica con m); per conoscere invece la luminosità intrinseca di una stella, si ricorre alla magnitudine assoluta (che si indica con M), che corrisponde alla luminosità che le singole stelle mostrerebbero se fossero poste a una distanza standard da noi pari a 10 parsec.
Il calcolo della magnitudine assoluta di una stella richiede che si conosca la sua distanza; tuttavia esiste una caratteristica delle stelle, gli <<spettri>>, che consente di suddividerle in una serie di "classi" e si è potuto stabilire che stelle appartenenti alla medesima classe hanno mediamente la medesima luminosità intrinseca. E' quindi bastato cercare, tra le stelle a distanze note, rappresentanti delle varie classi stellari per risalire alla magnitudine assoluta specifica di ogni classe. Una volta nota la magnitudine assoluta di una stella, è possibile risalire alla sua distanza.
Non tutte le stelle hanno una magnitudine costante: ve ne sono diverse la cui luminosità si indebolisce e si accresce a intervalli regolari; sono le variabili pulsanti, o variabili intrinseche, che a cicli regolari emettono maggiore o minore energia.
Stelle doppie e sistemi di stelle. Alcune "stelle" in realtà sono sistemi di due stelle che ruotano una intorno all'altra in modo che, viste dalla Terra, si eclissano a vicenda a intervalli regolari: quando una delle due stelle viene "occultata", la sua luce viene intercettata e noi osserviamo una diminuzione della luminosità complessiva del sistema.
Oggi conosciamo decine di migliaia di stelle doppie; in alcuni casi è possibile distinguere al telescopio i due componenti di un sistema (binarie visibili), altre volte una stella in apparenza singola si riconosce come doppia per le variazioni di luminosità ora descritte (variabili a eclissi); sono noti anche sistemi multipli, con tre o più stelle associate.
Le stelle binarie vengono studiate attentamente perché dall'analisi delle loro orbite è possibile risalire alla loro massa: si è visto così che la maggior parte delle stelle esaminate per tale via ha massa compresa tra 1/10 e 50 volte quella del Sole. Dall'analisi dei periodi di occultamento è invece possibile ricavare il diametro delle stelle, il cui valore varia entro limiti molto ampi.
Colori, temperature e spettri stellari. Lo studio dei corpi luminosi avviene in buona parte con esami spettroscopici. Con l'impiego di opportuni strumenti, gli spettroscopi, un qualunque raggio luminoso dà origine a uno spettro, cioè a una striscia formata da bande con tutti i colori dell'iride (dal rosso, che corrisponde a luce con lunghezza d'onda maggiore, al blu, con lunghezza d'onda minore), oppure da una serie di righe luminose la cui posizione e il cui numero dipendono dalla natura chimica della sorgente luminosa. Gli spettri sono una specie di impronte digitali dei vari elementi chimici. Esaminando le posizioni e gli spessori delle righe negli spettri possiamo determinare gli elementi o i composti chimici del corpo da cui proviene la luce, o delle masse gassose attraversate dalla luce stessa. Il "tipo spettrale" comunque dipende dalla temperatura del corpo emittente e le stelle non hanno tutte la stessa temperatura (si ricordi che, all'aumentare della temperatura di un corpo, diminuisce la lunghezza d'onda delle radiazioni luminose che esso emette in prevalenza e si passa dunque dal rosso al blu).
All'analisi spettroscopica, le diverse temperature delle stelle si traducono in pratica in differenti tipi spettrali: le stelle vengono perciò classificate in una serie di classi spettrali, ordinate in funzione di valori decrescenti della temperatura.
La luminosità delle stelle diminuisce al diminuire della loro temperatura, per cui è possibile risalire, dalla classe spettrale di una stella, alla sua magnitudine assoluta (e di lì alla sua distanza). Le analisi spettrali hanno evidenziato una notevole uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari, formate principalmente da idrogeno ed elio.
Stelle in fuga e stelle in avvicinamento: l'effetto Doppler. Il movimento di una stella viene studiato controllando la posizione dell'astro rispetto a stelle circostanti e ripetendo l'osservazione a lunghi intervalli di tempo. Le stime delle velocità radiali dei corpi che si allontanano o si avvicinano a noi sono fornite dalla spettroscopia attraverso l'applicazione dell'effetto Doppler: in una stella che si allontana velocemente da noi, aumenta la lunghezza d'onda della luce che viene emessa e pertanto la stella ci appare più rossa di quanto sia in realtà; al contrario, se il corpo celeste si avvicina, le righe del suo spettro si spostano verso il blu, e la stella ci appare più blu di quanto non lo sia. Si può quindi sapere, dalle analisi spettroscopiche, quali corpi celesti hanno un movimento di allontanamento o di avvicinamento rispetto all'osservatore; inoltre l'entità dello spostamento permette di calcolare la velocità di tale movimento relativo (maggiore è l'effetto Doppler, maggiore è la velocità).
La materia interstellare risulta spesso concentrata in ammassi di fine materia che hanno un aspetto simile alla nebbia e che vengono chiamati perciò nebulose: nebulose oscure se prive di luce, nebulose a riflessione se debolmente attraversate da luce stellare. Vi sono anche nebulose ad emissione, dotate di una tenue luce propria.
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