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I popoli delle più antiche civiltà, come i Greci dei tempi di Omero, ebbero l'idea che la Terra fosse piana e poco estesa. Questa ingenua concezione fu superata nel V secolo a.C. quando Pitagora giunse al riconoscimento della sfericità della Terra basandosi su presupposti teorici. L'idea della Terra piatta fu ripresa nell'alto Medioevo e venne definitivamente abbandonata dagli Umanisti del '400, che si rifacevano alle concezioni di Aristotele e Tolomeo.
L'area che riusciamo ad abbracciare con lo sguardo è limitata da una linea grossolanamente circolare, che chiamiamo orizzonte sensibile. Nonostante queste limitazioni, alcune attente osservazioni ci consentono di identificare la forma del nostro pianeta. Possiamo individuare:
la curvatura della superficie terrestre: prove di questa sono ad esempio il fatto che il diametro dell'orizzonte aumenti con il crescere dell'altitudine del punto di osservazione (Strabone e Tolomeo) e il fatto che se ci spostiamo lungo un meridiano terrestre l'altezza delle stelle sull'orizzonte varia (Eudosso di Cnido);
la sfericità d'insieme della Terra: prove di questa sono la comparsa (o scomparsa) graduale di un oggetto all'orizzonte, la gravità che agisce approssimativamente secondo i raggi di una sfera (il peso di un corpo non differisce molto da luogo a luogo, quindi tutti i punti della superficie terrestre si trovano circa alla stessa distanza dal centro di gravità), i viaggi di circumnavigazione, l'analogia con gli altri pianeti, l'ombra che la Terra proietta sulla Luna durante le eclissi di Luna;
più propriamente, la forma ellissoidale della Terra: essa non è omogenea ed è dotata di un veloce moto di rotazione attorno al proprio asse; la forza centrifuga che deriva da questo movimento ha prodotto una progressiva deformazione della Terra, schiacciandola ai poli e rigonfiandola lungo il piano equatoriale. La forma che ne deriva è poco dissimile da quella di un ellissoide di rotazione (o sferoide);
la necessità di definire, per una maggior precisione, un solido detto geoide.
Il geoide
Si è osservato che la superficie della Terra presenta nei suoi vari tratti valori diversi della forza gravità e curvature diverse, che non consentono di identificarne esattamente la forma neanche con quella di un ellissoide di rotazione; per facilitare gli studi geodetici, si è pensato di identificare la forma del nostro pianeta con quella di un solido, detto geoide, la cui superficie è perpendicolare in ogni suo punto alla direzione del filo a piombo. La superficie del geoide è equipotenziale, ossia tale che in tutti i suoi punti non è uguale l'accelerazione di gravità, ma è uguale il lavoro necessario per portare un determinato oggetto da questa superficie a distanza infinita.
Numerosi sono stati i tentativi eseguiti fin dall'antichità per determinare le dimensioni del nostro pianeta. Non appena si fu affermata l'idea della sfericità, il problema delle misure della Terra fu risolto teoricamente con un ragionamento molto semplice: basta misurare la lunghezza di un qualsiasi arco di meridiano e determinare l'ampiezza dell'angolo al centro ad esso corrispondente, per risalire, mediante una proporzione, alla lunghezza dell'intera circonferenza.
Il tentativo, basato su questo principio, di cui abbiamo notizie più sicure e che condusse a buoni risultati fu quello di Eratostene di Cirene (III secolo a.C.). Egli riteneva che le città di Alessandria d'Egitto e Siene (l'attuale Assuan) fossero situate sullo stesso meridiano (cosa non perfettamente vera); sapeva che a mezzogiorno del 21 giugno a Siene i corpi non producevano ombra, e dunque in quell'istante il Sole era sulla verticale della città. Misurò l'angolo che i raggi del Sole formavano con la verticale, in quello stesso istante, ad Alessandria: esso risultò pari a 1/50 circa della misura angolare di un'intera circonferenza. Conoscendo la distanza tra Alessandria e Siene (5.000 stadi), moltiplicò per 50 il valore lineare dell'arco corrispondente e ottenne per la circonferenza terrestre meridiana la lunghezza di 250.000 stadi egiziani, che dovrebbe corrispondere a 39.375 km: valore sorprendentemente vicino a quello che oggi accettiamo come vero.
Il modo più accurato di determinare la lunghezza di archi di meridiano oggi è la triangolazione geodetica, che usa le regole della trigonometria per determinare indirettamente la lunghezza degli archi di meridiano a partire da suddivisioni in triangoli.
Dalla misura della Terra alla misura degli oggetti
Le più recenti misure astrogeodetiche hanno permesso di determinare la lunghezza del raggio equatoriale in 6.378,16 km e quella del raggio polare in 6.356,78 km; il raggio medio è di circa 6.371 km; lo schiacciamento polare è pari a 1/298,3. Le dimensioni della Terra costituiscono la base del Sistema Metrico Decimale: è stato stabilito come unità di misura delle lunghezze il metro, definito come la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre; il campione di iridio e platino di lunghezza corrispondente a 1 m è conservato all'Archivio Nazionale di Pesi e Misure di Parigi.
Un <<metro>> più rigoroso
Successivamente alle misurazioni dell'Accademia delle Scienze di Parigi si constatò che il meridiano terrestre è un po' più lungo di 40 milioni di metri, per cui il campione costruito andrebbe allungato di circa 0,2 mm. Inoltre i vari meridiani non sono perfettamente uguali fra loro e la lunghezza di un dato arco di meridiano non si mantiene esattamente la stessa nel tempo, a causa dei modestissimi ma continui cambiamenti di forma della Terra.
Nel 1983 si è definito il nuovo metro come la distanza percorsa nel vuoto dalla luce nell'intervallo di tempo di circa 1/300.000.000 di secondo (1/299.792.458 s).
Il reticolato geografico
La Terra è divisa in due emisferi: quello settentrionale o boreale dalla parte del Polo nord, e quello meridionale o australe dalla parte del Polo sud. La circonferenza massima equidistante dai poli situata sulla <<superficie sferica>> della Terra è l'Equatore.
Il reticolato geografico è un sistema di riferimento ideato per stabilire la posizione assoluta degli oggetti sulla superficie terrestre; è costituito da una serie di circoli immaginari determinati da altrettanti piani che intersecano la superficie terrestre: i paralleli (paralleli all'Equatore) e i meridiani (perpendicolari al piano equatoriale). Comunemente si considerano meridiani geografici le circonferenze comprese tra un polo e l'altro, ed ognuno di essi ha il proprio antimeridiano nella semicirconferenza rimanente e opposta.
La posizione dei luoghi sulla Terra e quella degli astri nel cielo
Mediante il reticolato geografico possono essere identificate le coordinate geografiche:
la latitudine: distanza angolare di un punto della superficie terrestre dall'Equatore; essa può essere Nord o Sud a seconda che il punto considerato si trovi nell'emisfero boreale o in quello australe;
la longitudine: distanza angolare di un punto dal meridiano di riferimento, o meridiano di Greenwich; essa può essere Est o Ovest a seconda che il punto si trovi a oriente o a occidente del meridiano.
Sia la latitudine che la longitudine vengono espresse in gradi e frazioni di grado.
La lunghezza media di un meridiano è di 111,121 km (la sua sessantesima parte corrisponde al miglio marino); la lunghezza di un parallelo è di 111,324 km all'Equatore e si riduce a zero ai poli.
Altra grandezza significativa per la definizione esatta della posizione assoluta di un oggetto è l'altitudine, o quota (distanza verticale dal livello medio del mare).
Analogamente alla latitudine e alla longitudine possono essere definite le coordinate celesti, funzionali per localizzare gli astri sulla Sfera celeste:
la declinazione celeste (equivalente alla latitudine): distanza angolare tra l'astro considerato e il piano dell'Equatore celeste;
l'ascensione retta (equivalente alla longitudine): distanza angolare dell'astro dal meridiano celeste che passa per il cosiddetto punto gamma (il punto sulla Sfera celeste in cui si trova il Sole nell'equinozio di primavera, il 21 marzo).
Per individuare la posizione di un astro occorre conoscere anche la sua distanza lineare dal nostro pianeta (equivalente all'altitudine).
Il nostro pianeta è dotato di diversi moti simultanei, distinguibili in tre gruppi:
movimenti che si ripetono in tempi relativamente brevi
movimenti che si ripetono in tempi lunghi
movimenti insieme al Sole e alla Galassia
La Terra compie un moto di rotazione intorno al proprio asse, da Ovest verso Est, in senso inverso all'apparente moto diurno della Sfera celeste e del Sole. La durata di questo movimento, che si può ritenere uniforme, è di 23h56m4s, cioè un giorno sidereo. La velocità angolare di rotazione è identica a tutte le latitudini (tranne ai poli, dove è nulla), mentre la velocità lineare (distanza percorsa da un punto nell'unità di tempo) è molto variabile ed è massima all'Equatore (463 m/s), diminuisce verso i poli ed è nulla in corrispondenza dei poli. La durata del movimento di rotazione terrestre si allunga di circa 2 millesimi di secondo per secolo, probabilmente per l'attrito delle maree, ossia delle protuberanze che la Luna provoca sulle masse oceaniche terrestri.
La Terra compie inoltre un moto di rivoluzione, come gli altri pianeti del Sistema solare, descrivendo un'orbita ellittica intorno al Sole in senso antiorario immaginando di osservare il movimento dal Polo nord celeste. Sappiamo dalla I legge di Keplero che la distanza tra la Terra e il Sole varia a seconda che la Terra si trovi in afelio (ca 152.000.000 km) o in perielio (147.000.000 km); quella media è di 149.600.000 km. La Terra viene a trovarsi in perielio (cioè alla minima distanza dal Sole) ai primi di gennaio, in afelio (massima distanza dal Sole) ai primi di luglio.
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