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L'ESPERIENZA DEL DOPOGUERRA E LE STRUTTURE IDEALI DELLA RICOSTRUZIONE
Dopo il 1945 tre grandi esperienze determinarono la ricostruzione: l'esperienza della dittatura totalitaria e della debolezza della democrazia; la visione della guerra moderna e dello sterminio dell'umanità; la delusione sulla realtà dell'Unione Sovietica e la coscienza della nuova minaccia totalitaria.
Tre tendenze di orientamento politico emergono: una domanda conservatrice; una svolta progressista di sinistra; un'aspra reazione agli sviluppi del totalitarismo est-europeo, che ora facevano apparire il comunismo, anche agli occhi degli intellettuali, come una minaccia diretta alla libertà.
Per la prima volta
nella storia d'Europa cominciò a formarsi un'opinione unitaria sul valore della
democrazia liberale e sulla comunità di interessi dei paesi europei.
Nel periodo dal 1945-'50 furono prese le grandi decisioni che ancora oggi sono
determinanti, aveno impresso un corso irrevocabile alla storia mondiale. C'è
stata la nascita di una comune concezione politica europea e democratica,
permeata della convinzione del primato della libertà e dignità umana.
Popper nel 1938 già
dichiara guerra ai grandi dogmi ideologici, difendendo il pensiero aperto
(filosifa ella libertà: Jaspers, Berlin). Anche anni dopo il loro punto di
partenza è lo stesso: la contrapposizioen al totalitarismo.
Ora c'era quindi il convincimento della responsabilità politica
dell'intellettuale contro le tentazioni del pensiero utopistico.
L'estensione del comunismo però arrivava a un terzo della popolazione mondiale. Simpatizzanti filocomunisti erano Picasso, Sartre, Koestler, Silone, Eliot.
Sotto la pressione dei grandi eventi non solo i vecchi Stati forti d'Europa ma anche i loro intellettuali avevano un'importanza politica ridotta.
Non bastò più il
comunismo come quintessenza dell'antifascismo; propriò in Unione Sovietica
c'era ancora la disumanità dei campi di concentramento. I timori di decadenza
si erano avverati, con un immenso esaurimento e disincanto sul bisogno di
ideologizzazione. Venne allora la "generazione scettica".
Le distruzioni della guerra sembrarono segnare la fine dell'epoca della storia
europea. Soprattuto per i tedeschi (Meinecke, Weber).
La bomba atomica avvicinava l'idea del progresso ormai a uso dell'annientamento
globale con una politica di autodistruzione.
Con una sorta di consenso del mondo libero, in maniera rapida furono inseriti persino i vinti, tedeschi e giappnesi nella nuova realtà politica.
Il piano Marshall era in contrasto con le crisi degli anni '20 e '30, ma anche con la palese incapacità dei sistemi comunisti nel progresso economico.
L'idea della libertà fu favorita dalla congiuntura della cooperazione euro-americana.
La NATO garantì all'Europa un lungo periodo di pace, e una politica europea degli Stati democratici (Comunità Europea) che sostituì la cooperazione e l'integrazione. La formazione della coscienza però non riusciva a tenere il passo con i mutamenti socio-economici e politici.
Si giunse a mescolanza del vecchio e del nuovo: ci si riallacciò a idee degli anni '20 riprendendo dibattitto sulla democrazia e modernizzazione, sul superamento dei totalitarismi.
Una massa di scritti si distrubuì attorno ai due poli della discussione: da una parte l'esperienza della forza delle ideologie, dall'altra il dibattito sull'esaurimento e fine dell'ideologia, sulla possibilità di una democrazia pluralistica ideologicamente "neutra".
Il pensiero politico degli anni Cinquanta era un tentaivo di dominare il passato allo scopo di armarsi per affrontare i problemi del presente.
Termini nuovi anche
per il progresso. La prospettiva di progresso scientifico con la possibilità di
una distruzione dell'umanità conferì al concetto di responsabilità politica una
nuova dimensione alzando le richieste alle strutture e istituzioni preposte a
garanzia della pace.
Anche su questo gli anni '60 hanno rappresentato un netto taglio col passato:
sembrò che ci fossero possibilità per una "politica di pace" ideologicamente
neutra.
Il disincanto
intellettuale e morale nei confronti del comunismo era un fattore senza il
quale sarebero impensabili il clima spirituale e la maggiore stabilità delle
democrazie europee. Le utopie negative ora venivano riferite all'URSS.
La sua irrazionale forza di attrazione è scemata per un periodo in Occidente,
manegli anni Sessanta ha conosciuto un nuovo slancio. La comparsa di un
eurocomunismo "democratico" in Italia, Spagna, Francia. Un certo grado di
policentrismo del "comunismo mondiale" non significa ancora la fine della sua
forza ideologica però.
Non corrispose infatti a questo una ideologizzazione della democrazia
occidentale: ci fu la ricerca di forme di democrazia "armata", di forme
modificate, che la Francia trovò con la V Repubblica di De Gaulle.
Si diffuse quasi
ovunque uno stato d'animo liberal-conservatore più distaccato dalle ideologie:
antitolitario, antidottrinario, che mirava all'aspetto concreto, empirico,
delimitato della politica.
Questo fenomeno apparve con chiarezza nella graduale trasformazione dei partiti
socialdemocratici. Il socialismo era ormai solo una concezione del mondo tra le
tante; questa era la ecisione autonoma che nel 1959 i socialdemocratici
tedeschi presero col "Programma di Godesberg". Anche il partito laburista diede
un rifiuto al carattere ideologico del socialismo.
In Germania vi fu quindi l'accettazione di una democrazia borghese e di un capitalismo con forti accenti sociali.
Il problema del pensiero politico "post-ideologico" era quello dell'espansione inarrestabile dello Stato in vasti settori dell'economia e della società. La burocratizzazione violava sempre più la vita dei cittadini. Questo Stato assistenziale nascondeva in sé promesse e minacce: un nuovo totalitarismo, strisciante e non ideologico appariva all'orizzonte. La trasformazione dell'utopia socialista in un angoscioso sogno statalista ha suscitato la ribellione contro il Superstato (Uber-Staat) anche da parte dei movimenti antisistema negli anni '70.
Nello stesso tempo vi fu una depoliticizzazione, il ritorno all'indivuale, un atteggiamento astensionista, scetticismo nei riguardi della politica.
I rapporti tra personalismo cristiano e movimenti di rinnovamento cristiano anche in campo politico erano molto più concreti di prima. Ci fu sviluppo di partiti democratico-cristiani; derivavano da una mutata posizione delle Chiese, che erano pervenute a un'accettazione del pluralismo. I partiti democratico-cristiani hanno assunto un ruolo positivo nella ricostruzione della democrazia nei paesi che avevano conosciuto la dittatura.
Negli anni '50 nelle destre e sinistre si svilupparono stati d'animo neutralisti e anti-americani, soprattutto in occasione della battaglia sui trattati di difesa occidentali, sulla ricostituzione dell'esercito tedesco e sulla proliferazione delle armi atomiche. Ma non raggiunsero mai la forza d'impatto antidemocratici degli anni '20 e '30. La forza d'attrazione del comunismo sembrava esaurita.
Eppure la critica pessimistica della civiltà continuò a rappresentare una corrente molto robusta; l' "americanizzazione" fornì nuovo alimento al pensiero decadente.
Con le teorie del declino il pensiero tornò a Tocqueville che da un secolo aveva predetto l'ascesa della democrazia e il confronto tra le potenze egemoniche della libertà (America) e della schiavitù (Russia). Ormai l'unificazione d'Europa era la sfida se non si voleva subire il destino della Grecia antica spezzettata.
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