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Karl Marx, Friedrich Engels




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Karl Marx, Friedrich Engels


(8;44.30)

Trattati come un unico autore. Collaborarono tutta la vita alla redazione dei loro testi politici.


Marx, nato nel 1818, morto nel 1883; Engels, due anni più giovane, nato nel 1820, morì nel 1895; dopo la morte di Marx, spese molti anni a sistemare tutta la produzione di  opere e analisi che aveva caratterizzato il periodo insieme.


Marx è uno degli autori più studiati in Storia delle Dottrine Politiche, ha influenzato molto sul pensiero politico di fine 800 e soprattutto dell' 900, anche se, bisogna fare una distinzione tra Marx ed il Marxismo.  In effetti, la prima cosa che bisogna chiedersi quando si parla di Marx, è di quale Marx stiamo parlando, cioè, il primo Marx ? Del Marx con Engels ? Del Marx di Stalin ? Del Marx di Lenin ? Del Marx di Fidel Castro ? Del Marx di Berlinguer ? Ognuno di questi personaggi ha interpretato il Marxismo in modo differente.

Qualsiasi fonte può essere interpretata in modo differente, a seconda del periodo storico nel quale viene interpretata, per quanto lo storico vada ad interpretarla in modo oggettivo.

Per cui proprio sul Marxismo è importante concentrarsi per capire le idee quanto più possibile tratte dalle fonti di Marx ed Engels.


Marx ha svolto differenti professioni, non era molto ricco pur avendo sposato una donna ricca, di religione ebrea, economicamente se la passò abbastanza male, però era aiutato dal suo amico Engels il quale era un industriale. Formazione di tipo filosofico, partecipò attivamente alla nascita della lega dei comunisti, quindi è un autore  intellettuale militante, che non rimase solo sul piedistallo a scrivere di cose politiche, ma si buttò in prima persona in politica.


Il contesto nel quale vive Marx è quello della rivoluzione industriale

Marx è il grande teorico delle conseguenze di questo nuovo assetto sociale che viene definito rivoluzione industriale. Qualcuno ha infatti definito Marx il teorico non del comunismo ma del capitalismo.

Vediamo in che senso. Perché Marx ci ha detto quasi tutto di come funziona il capitalismo.

Di come si debba in concreto realizzare la società comunista, Marx non lo ha detto, tanto che, all'indomani della rivoluzione Russa, Lenin ricevette una lettera da un altro grande esponente del comunismo europeo, il quale disse a Lenin di stare molto calmo, perché il nostro maestro Marx, non ci ha detto nulla su cosa verrà adesso.

Per questo qualcuno ha affermato che Marx ha detto molto su come funziona la società capitalista, ma sul comunismo ben poco.


Il percorso che segue il libro è un percorso cronologico, cioè parte dalle prime opere e arriva alle ultime.



L'Ideologia Tedesca.

Ne "L'ideologia Tedesca", Marx viene a precisare alcune sue idee in merito al rapporto tra la natura umana e la religione.

Egli critica la concezione cristiana dell'uomo e del mondo in generale. E' nota la frase Marx "La Religione è l'oppio dei popoli". Che, in pratica, significa che la religione è una cosa che ci fa perdere il contatto con la realtà. Utilizza questa frase quando parla di alienazione religiosa.


Marx afferma che la morale cristiana separa l'uomo da se stesso. Significa che i concetti su cui si fonda il cristianesimo erano tutti a negare la natura umana. Il cristianesimo non è mai riuscito a liberarci dal dominio dei desideri.


Ci sono due lati negativi della concezione cristiana e della concezione religiosa dell'uomo e della natura umana

Innanzitutto l'idea che il Cristianesimo ha dei peccati, il quale dice che sono peccati, cose sbagliate, i desideri, i bisogni che fanno invece parte della natura umana. Cose innate nell'uomo, la morale sessuale, il desiderio di ricchezza; il Cristianesimo ci fa sentire in colpa di cose che fanno parte dell'uomo, e che questi  non potrà mai abolire.


Da un punto di vista politico e sociale, il cristianesimo ha poi avuto il grande demerito di aver giustificato le ingiustizie sociali. Con questo suo insistere sul fatto che la vera vita non è questa, ma quella ultraterrena, e che noi siamo qui temporaneamente, di fatto, il messaggio che viene dato all'uomo è sostanzialmente di obbedire a tutti i poteri perché tanto poi ne avrai nella tua vera vita che è quella successiva ultraterrena. In più, con l'esaltazione dei martiri, il messaggio che il Cristianesimo ci dà è quello di soffrire, perché più soffri e più ti avvicini a Dio. Marx, invece, dice che bisogna altro che soffrire, bisogna invece cercare la felicità.


Veniamo ora alla lotta di classe, argomento molto importante nel pensiero politico di Marx.


Manifesto del partito comunista


Opera molto importante per gli studiosi di Storia delle dottrine politiche. Opera rivoluzionaria, da un punto di vista teorico-filosofico non è un testo di grande spessore, però è un'opera di grande vigore politico, molto polemica. Pur essendo un'opera molto piccola, ha influito molto sulla nascita e sugli sviluppi di idee politiche.


Nel manifesto si parla della lotta di classe. Cosa  è la lotta di classe ? E' la lotta fra le classi sociali.


Ma cosa è una classe sociale ?


Una classe per Marx è un gruppo di individui che hanno una seri di valori condivisi, appartengono più o meno, da un punto di vista sociale alla stessa stratificazione, hanno più o meno lo stesso salario, hanno lo stesso obiettivo, ma soprattutto hanno la coscienza di essere una classe.


E' vero che gli individui si costituiscono in tantissimi gruppi, ma non tutti i gruppi, dice Marx, costituiscono una classe. In questo momento storico, le veri classi sono solamente due:


la borghesia

il proletariato


In realtà, parlerà anche del ceto medio, e del sottoproletariato, ma non sono delle vere e proprie classi.


Il proletario sa di essere proletario e il capitalista sa di essere capitalista.





Costituisce proprio l'incipit del "Manifesto del partito comunista": "la storia dell'uomo fino a questo momento è storia di lotte di classe. Vale a dire che la storia è la storia dei conflitti fra classi, non è per lui la storia dei progressi o di alleanze. Lo storia per Marx è la storia di conflitti fra classi. Sempre c'è stata lotta tra chi ha e chi non ha. Nell'antica Roma c'erano i patrizi e i plebei, nel medioevo c'erano i nobili contro i servi della gleba, oggi c'è il proletario contro la borghesia.


Oppressori e oppressi sono sempre stati in lotta tra loro, una lotta alcune volte aperta, altre volte latente e che è finita sempre con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società.

La storia quindi per Marx è in realtà una successioni di rivoluzioni, in quanto la continua lotta di classe prima o poi determina una rivoluzione che cambia non solo l'assetto politico ma anche l'assetto sociale, istituzionale, e culturale di un certo popolo in un dato momento storico.


Dice Marx : "in questo momento vi parlerò della lotta fra borghesia e proletariato." Di come il proletariato dovrà arrivare e arriverà per forza a scalzare la borghesia dal suo ruolo di oppressore.


Alla luce di questa opera, bisogna ricordare che la concezione della storia di Marx è una concezione quasi idealistica, quello che viene chiamato "il materialismo storico di Marx".


Il materialismo storico.

Il maestro di Marx, Hegel,  aveva detto che la storia la fanno soprattutto le idee, lo spirito. Sono lo spirito, le grandi idee che spingono l'uomo a modificare la società, attraverso una serie di rivoluzioni. Per Hegel, la storia è una serie di conflitti "composti". Per Marx è l'esatto contrario, difatti si dice che ha completamente capovolto le idee del suo maestro. Per lui, ciò che conta non sono le idee, lo spirito dell'uomo ma la materia, le cose, la condizione economica della società, quelli che lui chiama "i rapporti di produzione".

Per Marx sono proprio "i rapporti di produzione" che determinano la coscienza degli individui e non la coscienza degli individui che determina la società.

In pratica,gli individui sono determinati dalla società che li circonda, non sono loro che determinano la società.


Vale a dire che, la storia dell'uomo deve fare i conti innanzitutto con la struttura economica della società, con i  "i rapporti di produzione" concreti, materiali, di una società. Sono questi rapporti, quindi le condizioni sociali degli individui, che, a loro volta determinano la sovrastruttura politica e religiosa. Quindi questa sovrastruttura religiosa e politica, anche giuridica, viene dopo la prima cosa è la struttura economica.


Considerando questo, il compito del proletariato è quello di abbattere il dominio borghese.

Perché il sistema capitalistico borghese ha dei grandi inconvenienti, afferma Marx.


Il primo è quello di spossessare l'individuo, l'operaio, dal prodotto del suo lavoro, perché questi produce beni per il capitalista, non per se stesso. Il bene prodotto, non rimane nelle mani dell'operaio, ma viene rivenduto.

Marx determina tutta una serie di grandi inconvenienti del sistema capitalistico borghese, e, soprattutto, la nozione di plusvalore, vale a dire che nel sistema capitalistico, il lavoratore produce più di quello che ha come salario. E' questa la grande forza su cui si muove capitalista borghese. Il quale sfrutta il lavoratore perché il prodotto che il lavoratore gli da a fine giornata, non gli viene dato tutto sotto forma di salario, altrimenti il capitalista non avrebbe profitto, ma gli viene dato solo in parte. Di conseguenza, il lavoratore, alla fine della giornata di lavoro, ha prodotto sicuramente una parte di ricchezza per se stesso, però c'è stato tutto un eccesso di ricchezza che pur avendo prodotto direttamente, torna al borghese.

L'analisi che fa Marx è ovviamente molto dettagliata.


La borghesia quindi, ha prodotto soprattutto questa alienazione, quello che Marx chiama "il lavoro alienante", cioè l'individuo spossessato dal prodotto che crea. Marx se la prende quindi con Locke, che in un certo senso dice che è stato un ingenuo nel dire che il lavoro aumenta il valore del bene in quanto noi trasferiamo energia nel prodotto che lavoriamo e queste ci appartengono e fanne parte di noi stessi. In un modo di produzione capitalistico, tutte le cose che produciamo ci vengono completamente tolte dal borghese. Il quale borghese capitalista per produrre di più ha inventato la divisione del lavoro. Ricordiamo che Marx è stato un attento lettore di Adam Smith. Ed è stata proprio la divisione del lavoro che non ha fatto altro che far aumentare l'alienazione dell'individuo. Perché nelle fabbriche, l'operaio, altro non fa che un'operazione piccolissima, che presa da sola è senza significato, e lo fa per tutta la giornata.


Il capitalista ha anche voluto esportare questo suo modello pieno di ingiustizie anche ad altri paesi, colonizzando un po' tutto il mondo e applicando le proprie ingiustizie anche ad altri paesi lontani.


Il crollo della borghesia gli sembra assolutamente inevitabile:

il proletariato è in continuo aumento, i ricchi sono sempre di meno, i poveri diventano sempre di più.


Il manifesto si conclude con la dittatura del proletariato.



Abbiamo quindi detto che il "manifesto del partito comunista" è un'opera di propaganda politica che tratta della lotta di classe tra borghesia e proletariato.


La classe sociale che deve essere protagonista del proprio riscatto, è il proletariato.

Proletariato che come classe presenta quindi una coscienza di classe, ovviamente non si sviluppa improvvisamente e tutta insieme. L'unione del proletariato avviene in modo progressivo. Inizialmente è composta da un nucleo di operai, poi man mano che cresce la coscienza di classe, questi operai creano una associazione di classe sempre più vasta e il manifesto porta l'appello ai proletari di tutto il mondo ad unirsi.


Per Marx è importante la concorrenza non solo tra i capitalisti, ma soprattutto tra i lavoratori, in quanto è questa che spinge i salari al ribasso.


In questa opera Marx parla anche di altre due classi sociali: il ceto medio e il sottoproletariato.


Non ha parole molto benevole per queste due classi sociali.


Del ceto medio, Marx dice, che si tratta di una classe sociale sostanzialmente conservatrice, in quanto il ceto medio non ha alcun interesse nella rivoluzione, non ha alcun interesse al cambiamento, al ceto medio sta bene stare dove si trova. In un certo senso se ne infischia delle lotte tra capitalisti e proletariato, addirittura cerca di stemperare le lotte tra queste classi. E' una classe sociale anti-rivoluzionaria.

Egli infatti dice che i ceti medi come ad esempio il piccolo industriale, il piccolo negoziante, l'artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia per conservare il loro status di ceti medi. Pertanto non sono rivoluzionari, ma conservatori.


Il sottoproletariato, la plebe di più basso livello, coloro che si trovano al di sotto dei contadini e degli operai, per Marx è una classe completamente inattiva politicamente e quindi ha un giudizio molto duro.

Egli infatti afferma che ogni tanto vengono gettati nel movimento da una rivoluzione proletaria, però, data la sua condizione di vita, questa classe sarà più disposta a farsi comprare. Il sottoproletariato quindi non ha alcuna coscienza politica secondo Marx.


Quanto si dice che Marx è il teorico della rigenerazione del popolo fino ai suoi strati più bassi, bisogna quindi farlo con molta attenzione, in quanto egli fa una grande differenza tra proletariato e strati più bassi.


Il tramonto della borghesia appare a Marx inevitabile, per vati motivi. Sono insiti in genere nella struttura stessa del sistema capitalista: il modo con il quale il capitalista cerca di agire nella società, porta il capitalismo a restringere sempre di più le proprie fila, mente il proletariato si allarga sempre di più divenendo una classe sempre più forte.

La rivoluzione proletaria, non fa altro che accelerare quindi, un processo inevitabile.

Il proletariato, una volta assunto il potere con la violenza, deve mettere in pratica una serie di provvedimenti, che Marx enuclea in maniera molto sintetica:


innanzitutto il proletariato il potere sulla borghesia non attraverso trattati o accordi, ma con la violenza, attraverso uno rivoluzione;

abolire la proprietà privata, che a Marx sembra assolutamente necessario, chiamato "esproprio proletario", che si attua attraverso la violenza;

imposta ovviamente progressiva;

abrogazione dell'esercito, sul quale si fondano poi in definitiva tutte le rivoluzioni;

introduzione dell'istruzione obbligatoria e gratuita, ovviamente ai principi del comunismo.


Il manifesto si ferma qui, oltre non si va, non c'è una proposta di come organizzare lo Stato dopo la rivoluzione. Ovviamente, si ipotizza uno Stato più giusto, uno Stato senza classi, e soprattutto una società senza Stato in quanto per lui lo Stato è semplicemente il comitato di affari della borghesia.


"I manoscritti economico-filosofici" e "il Capitale"

Sono le opere di natura più tecnico-economica, nelle quali, Marx teorizza il funzionamento anche dal punto di vista economico del capitale.


Inizia con alcuni grandi assiomi, alcune grandi generalizzazioni. Ecco alcuni esempi:


1) Non necessariamente il lavoratore deve guadagnare se guadagna il capitalista, ma certamente perde quando costui perde.

2) I salari dei lavoratori tendono sempre al minimo della sussistenza.


Quindi cerca di analizzare semmai possa esistere nel sistema capitalista una posizione favorevole all'operaio.  Inizia parlando di una società molto povera, poi, di una società molto ricca, tuttavia, in ognuno di questi casi non c'è mai una posizione favorevole all'operaio. Perché lo sfruttamento del capitalista sull'operaio, avviene sempre attraverso lo stesso modo, con la creazione di plus-lavoro che genera plus-valore.


Il plus-lavoro è tutta quella parte di lavoro che svolge in una giornata l'operaio che però non gli da indietro nulla, va solamente a creare profitto per il datore di lavoro, creando plus-valore unicamente alle merci lavorate. Secondo Marx infatti il salario giornaliero di un lavoratore non corrisponde certamente al profitto che si trae dalle merci vendute da una intera giornata. In pratica, se il lavoratore vendesse direttamente al termine della sua giornata di lavoro quello che ha prodotto, avrebbe un introito molto superiore a quello del suo salario corrisposto dal datore di lavoro. Quindi, Marx dice, sarebbe sufficiente lavorare solo mezza giornata per avere il nostro salario giornaliero. Invece no, noi lavoriamo tutto il giorno e il guadagno della seconda metà della giornata va tutto al datore di lavoro.

Questo lavoro in più è visto da Marx come un ingiustizia.

Ricordiamo anche nei meccanismi del capitalismo il lavoro alienante: l'industriale per guadagnare sempre di più, deve aumentare la produzione; per aumentare la produzione deve aumentare la divisione del lavoro, generando sempre di più un lavoro alienante, cioè l'allontanamento sempre maggiore del lavoratore dal bene che produce.


C'è poi un meccanismo perverso per il quale il capitalista mira ad aumentare il profitto. E per guadagnare di più, l'industriale ha due possibilità: può abbassare i salari oppure aumentare i prezzi.

Però, se taglia i salari, il lavoratore avrà una quantità minore di denaro, e se questa cosa la vediamo su scala globale, allora, non ci sarà più nessuno in grado di comprare le merci prodotte. Si creerà quindi una crisi di sovrapproduzione che porterà il capitalista a fallire, e il fallimento del capitalista, lo porta nel rango del proletario.

Stessa cosa se il capitalista per aumentare il profitto, aumenta i prezzi, mantenendo i salari costanti. E' ovvio che anche in questo caso il lavoratore non potrà più compare le merci aumentate di prezzo, e di nuovo, si arriverà alla stessa crisi.


Marx descrive tutti questi punti in maniera molto puntuale ne "il Capitale".


Critica a Locke


Marx critica molto l'idea di Locke, l'idea dello stretto legame tra lavoro e diritto di proprietà. Il problema è che con il sistema capitalistico, il lavoratore non è assolutamente proprietario dei beni che produce. Anzi spesso è costretto a lavorare in modo alienante, quindi questo legame di energia tra il lavoratore e il campo che lavora, forse è vero allo stato di natura, certamente no nel sistema capitalista.


Denaro come fine e non mezzo


Il capitalismo crea poi una perversione del rapporto tra l'uomo e le merci, perché il denaro che dovrebbe essere il mezzo, lo strumento per acquistare le merci che servono per soddisfare i nostri bisogni, viene trasformato dal sistema in fine. Il denaro diventa il fine. Per cui all'iniziale rapporto merce-denaro-merce (vendere per ricomprare), il sistema capitalistico trasforma questo rapporto:

si parte dal capitale (denaro accumulato), sfruttamento del lavoratore che produce beni, tali beni vengono vendute dal capitalista per accumulare altro denaro, per cui denaro-merce-denaro. Il denaro diviene il fine.


Analisi sul valore delle merci.


Marx riprende Adam Smith che distingue il valore di scambio dal valore d'uso.

Marx si concentra sul valore di scambio, che è quello che a lui interessa e, in una certa fase, il lavoro necessario per produrre una merce come valore di scambio della stessa, cioè il valore di una merce è data dalla quantità di ore necessarie per produrla.


Sulla creazione del denaro egli dice, che è stato utile creare una merce che fosse un equivalente generale.  Cioè un bene al quale la quantità di tutti gli altri beni può essere facilmente rapportata.


Le ultime pagine sono dedicate al materialismo storico, cioè alla concezione che vede la natura dell'uomo come determinata dalla società. Cioè non sono gli uomini a fare la società, ma è la società che in un certo senso determina la nostra coscienza.  E' come per dire che gli uomini sono dei burattini nelle mani della società.


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