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Azione politica e metodi decisionali
La scienza politica ha a che fare con l'azione politica: ovvero l'azione destinata a produrre decisioni collettive i cui effetti ricadono autoritativamente su tutti i membri della collettività. E' per questo che risultano fondamentali le regole del DECISION MAKING, del meccanismo decisionale, poiché le modalità con cui vengono prese appunto le decisioni collettive influenzano le decisioni stesse, tenendo pur sempre in considerazione gli effetti non-intenzionali che scaturiscono da qualsiasi progetto istituzionale. Le regole dei metodi decisionali vengono definite come: regole di trasformazione attraverso le quali le scelte individuali si convertono in scelte collettive. All' interno dei metodi decisionali occupano un posto rilevante i METODI ELETTORALI: metodi attraverso i quali i voti dei singoli individui si trasformano in seggi. Vediamo quindi come l'approccio anche questa volta sia di tipo individualistico: si tenta di spiegare fenomeni sociali e politici a partire dalle azioni degli individui che pongono in essere azioni per raggiungere obiettivi. E' importante assumere che gli individui si comportino sempre RAZIONALMENTE, facendo quindi riferimento ai 4 assiomi della Rational Choice Theory, teoria secondo la quale l'attore politico (homo politicus ) è paragonato all'attore economico (homo economicus) e come questo pone in essere azioni razionali per massimizzare la proprio utilità e il proprio interesse.
Il nostro punto di partenza è Il Teorema dell' Impossibilità di Kenneth Arrow secondo il quale non esistono sistemi o procedure elettorali che possano SIMULTANEAMENTE soddisfare criteri di COERENZA LOGICA ( la scelta collettiva rispecchia fedelmente le preferenze degli individui) e di EQUITA' SOCIALE ( è garantita la libera ed uguale partecipazioni di tutti alla decisione politica) ; il teorema dimostra appunto che non è possibile, in generale, formulare una regola elettorale che soddisfi contemporaneamente tutte queste condizioni insieme.
Il problema non è nuovo e non stupisce che a occuparsene per primi siano stati autori esperti di teoria matematica, tra i quali Charles Ludwig Dodgson (conosciuto come Lewis Carroll) al quale si deve il merito di essere pervenuto a conclusioni non dissimili, per molti versi, a quelle impostate però nel secolo precedente, nella Francia napoleonica, da Borda e Condorcet; è giusto quindi partire dagli studi di Borda per arrivare a quelli successivi di Dodgson.
Criterio di Borda
Fu Jean Charles Borda a sviluppare per primo una teoria matematica delle elezioni e a formulare con linguaggio matematico quel criterio elettorale che fu poi definito ''criterio di Borda''. Borda dimostra che la ''votazione singola'', con la quale si concede a ogni votante il diritto di indicare una sola preferenza e si seleziona il vincitore mediante il criterio della MAGGIORANZA SEMPLICE , in molti casi scegli il candidato ''sbagliato''.
Per capire, si consideri il seguente esempio in cui ci sono 3 alternative da votare, a, b, e c, e 21 elettori; gli ordinamenti di preferenza degli elettori sono quelli indicati qui sotto:
ELETTORI PREFERENZE
1 elettore A B C
7 elettori A C B
7 elettori B C A
6 elettori C B A
Se si votasse a maggioranza semplice, considerando quindi non l'intero ordine di preferenze, ma solamente la prima alternativa, vincerebbe A: infatti 8 elettori (7+1) hanno messo al primo posto A; ma Borda pone un problema: perché deve vincere l'alternativa che soddisfa 8 elettori, nonostante ne scontenti 13?
Borda quindi propone un sistema nel quale gli elettori possano esprimere tante preferenze quante sono le alternative da votare ( non solo A, ma, ad esempio, ACB) e assegnare a ognuna di esse un punteggio decrescente, da quella più gradita a quella meno gradita. La votazione infatti decreterebbe la vittoria dell'alternativa c, rispondendo così al principio di equità, che non rappresenta l'alternativa preferita in assoluto da una maggioranza, ma che è quella che, in ogni caso, LASCEREBBE INSODDISFATTO IL MINOR NUMERO DI PERSONE. Infatti, provando ad assegnare alla prima alternativa 3, alla seconda il punteggio 2 e alla terza 1, facendo i conti viene:
A = (3x1) + (3x7) + (1x7) + (1x6) = 37
B = (2x1) + (1x7) + (3x7) + (2x6) = 42
C = (1x1) + (2x7) + (2x7) + (3x6) = 47
In due sistemi elettorali vigenti moderni vige la logica di Borda, sia in Irlanda, per votare i deputati, sia in Australia, per votare la camera bassa: gli elettori esprimono l'ordine di preferenza senza però l'assegnazione del punteggio.
Cento anni dopo Dodgson arrivò, attraverso studi e osservazioni, alle stesse conclusioni di Borda e Condorcet. Riflettendo sul funzionamento degli organi accademici - su come per esempio avvenivano le nomine dei loro membri o come venivano prese le decisioni al loro interno - Dodgson cominciò a scrivere in materia di comitati e di elezioni. Comincia col considerare il sistema a maggioranza semplice un sistema di '' straordinaria ingiustizia'' . Affrontando uno studio parallelo a quello effettuato precedentemente da Borda, si accorge che con il sistema a maggioranza semplice, in cui ogni elettore ESPRIME UNA SOLA PREFERENZA, il candidato vincente è quello che conquista il maggior numero di voti: vincerebbe per esempio B, collocato al primo posto da 4 elettori su 11, anche se ne scontenta 7. Nell'intento di risolvere questo problema Dodgson, proprio come Borda, suggerisce il method of marks, in cui si prevede che ogni elettore abbia a disposizione un numero fisso di preferenze, che può assegnare tutte a un solo candidato, oppure dividere fra i diversi candidati, introducendo però un'ulteriore alternativa nello schema delle preferenze individuali chiamata ''no election'' - corrispondete a un non voto - e che viene indicata con il simbolo 'o'. Inoltre suggerisce, come Borda, che ogni elettore metta in ordine in una lista tutti i candidati in competizione sulla base dell'apprezzamento relativo che viene loro attribuito e di un punteggio che traduce questa opzione in un valore ordinale (la scala del punteggio sarà decrescente: o punti al candidato all'ultimo posto, 1 punto al penultimo, 2 al terzo piazzato, 3 al secondo e 4 al primo).
Il paradosso di Condorcet
Se un comitato opta per confronti binari, si può dare la possibilità che il comitato non sia in grado di produrre una scelta definitiva. Questa fu la conclusione alla quale arrivo Dodgson, ma alla quale era arrivato un secolo prima Condorcet, presentandolo come il problema delle maggioranze cicliche. Il ragionamento è molto semplice: anche se un elettore ha un ordinamento di preferenze transitivo, il risultato della scelta collettiva espresso attraverso il voto, può nondimeno essere intransitivo. Ciò significa che, in una elezione con più alternative e più votanti, può accadere che, quando queste alternative sono sottoposte a una serie di confronti binari, nessuna di esse risulti vincente o rispetto alle altre, ed è invece probabile che ogni 'ciclo' di votazione proponga un vincitore SEMPRE DIVERSO. Nessuna alternativa quindi risulta Condorcet-vincente ovvero nessuna ottiene la maggioranza nei confronti diretti contro tutte le altre alternative. Esempio:
PREFERENZE 3 ELETTORI
I A B C
II B C A
III C A B attenzione al terzo elettore
Supponiamo che le alternative vengano votate due alla volta, per cui si hanno i seguenti esiti: A vs B , vince A
B vs C , vince B
C vs A , vince C
Ne deduciamo che ; A > B > C > A : ognuno ha un ordinamento di preferenze coerente e transitivo, ma se gli elettori devono votare con confronti binari quella che emerge è una maggioranza ciclica che non fa emergere nessuna alternativa Condorcet-vincente e non è né coerente, né transitiva, né equa. Non esiste un'alternativa che a maggioranza possa battere tutte le altre.
Dodgson provò a dare una soluzione secondo la quale nel momento in cui si verificasse una maggioranza ciclica sarebbe stato possibile modificare il voto per uscire dall'empasse e soprattutto comprese il problema della segretezza del voto. Capì che il voto poteva essere manipolato e che non si può mai sapere con certezza se le preferenze degli elettori siano effettivamente sincere o no.
Kenneth Arrow prova a verificare se l'eventualità di una maggioranza ciclica possa verificarsi con tutti i metodi decisionali o solo in quello a maggioranza semplice. Formula, come sappiamo, il teorema dell'impossibilità delle scelte collettive, con il quale estese il problema del paradosso del voto a tutti i metodi decisionali: nessun metodo decisionale rispetta i criteri di equità sociale e coerenza logica. Arrow aveva anche fissato 5 regole di equità, tra i quali ritroviamo i 3 criteri :
1) ammissibilità universale degli ordinamenti di preferenza: ciascun votante deve poter votare sulla base dell'ordine di preferenza che preferisce.
2) sovranità dei cittadini
3) non dittatorialità : al cittadino non deve essere imposto nessun sistema di preferenza dall'alto.
Nonostante questo lo stesso Arrow conviene tristemente che l'unico metodo decisionale che rispecchia equità e coerenza è quel metodo imposto dal Dittatore: le decisioni sarebbero coerenti al sistema di preferenza del dittatore ed eque rispetto a tutti i cittadini.
La soluzione dell'elettore MEDIANO
Duncan Black cerca di risolvere il problema legato al paradosso del voto nelle maggioranze cicliche ricorrendo al teorema dell'elettore mediano . L'intenzione di Black è quella di dimostrare che : la regola di aggregazione delle preferenze genera un equilibrio quando le preferenze degli elettori possono essere ordinate lungo un continuum con un unico punto di massimo (single peakedness, con la punta rivolta verso il basso) e che tale equilibrio corrisponde alla preferenza ottimale dell'elettore mediano.
A questo scopo lui rappresenta graficamente le preferenze degli elettori mediante diagrammi cartesiani che portano in ascissa un allineamento delle alternative (sul tipo per esempio destra-centro-sinistra) e in ordinata il livello di utilità, cioè il grado di preferenza delle stesse alternative. Proviamo a rappresentare graficamente questo ordine di preferenze:
PREFERENZE 3 ELETTORI
I A B C
II B C A
III C A B
Occorre però precisare che la collocazione delle alternative avviene lungo un continuum unidimensionale (destra-centro-sinistra) rispetto al quale ci si aspetta che gli ordinamenti di preferenza dei votanti siano coerenti, nel senso che i votanti possiedano un comune criterio di valutazione dello spettro delle alternative politiche, nonostante i loro giudizi possano differire notevolmente. In altri termini l'individuo 1 può sceglierei A,B,C, e l'ndividuo2 B,C,A, ma entrambi concordano nell'attribuire a B una posizione centrale equidistante dagli estremi A e C : per cui qualunque loro scelta rispetterà la logica transitiva di questa simmetria spaziale e che vota, ad esempio, un opzione di destra (o di sinistra) come quella più gradita, disporrà come seconda preferenza quella di centro, mentre chi vota l'alternativa di centro per prima potrà rivolgersi in seconda istanza ad una delle due alternative estreme. Ma quando accade che l'ordinamento di preferenze contempli una graduatoria del tipo sinitra-destra-centro (o destra-sinistra-centro) come nel caso del terzo elettore (CAB), vuol dire che saltano i valori minimi di identificazione culturale e di consenso sociale. E in questo caso si propone il paradosso del voto.
Figura 5.1.
Balza subito agli occhi come l'elettore 3 si distingua dagli altri: è l'unico infatti per il quale la curva relativa alle sue preferenze è caratterizzata da due picchi giacché per questo individuo, definito ESTREMISTA, non è individuabile alcuna soluzione di continuità , in quanto 'salta' dall'uno all'altro estremo senza apparente coerenza.
Black dimostra che qualora le alternative vengano disposte lungo un'unica dimensione e il grafico rappresentato presenti solamente una single-pickedness, allora potrebbe esistere una mozione, una proposta, una candidato di maggioranza, per i quali il risultato non sarebbe ciclico ma tale da consentire al principio di maggioranza l'espressione di una soluzione definitiva.
Supponiamo che gli ordinamenti di preferenza cambino perché si venga a modificare quello dell'elettore n 3:
PREFERENZE 3 ELETTORI
I A B C
II B C A
III C B A
In questo caso essendo l'ordinamento dell'ultimo elettore razionale, poiché inizia con un'alternativa di sinistra, procede con la scelta del centro, e poi per ultima sceglie quella di destra, rispettando cosi un criterio comune di valutazione dello spettro delle alternative politiche.
Con queste alternative i confronti binari saranno:
A vs B = B
B vs C = B vince l'alternativa B contro tutte le alternative
C vs A = C
Figura 5.2
Black dimostra dunque che, data la distribuzione delle mozioni preferite dagli elettori di un comitato su di un asse UNIDIMENSIONALE di alternative, la mediana di questa distribuzione - che ha a sinistra tante soluzioni ottimali quante ne ha a destra - è in grado di battere a maggioranza qualsiasi alternativa. In altri termini, la comune percezione di uno spazio politico nel quale gli individui sanno sempre come orientarsi nella scelta delle proprie utilità - e possiedono una MISURA COMUNE di riferimento - è condizione sufficiente perche la regola della maggioranza faccia prevalere l'alternativa preferita dall'ELETTORE MEDIANO, che corrisponde a quella CONDORCET VINCENTE giacché ottiene la maggioranza nei confronti diretti contro tutte le altre alternative.
Il teorema dell'elettore mediano rappresentò un risultato di straordinaria importanza ma si presta nondimeno ad alcune obiezioni critiche.
Per esempio assumere che gli elettori scelgano le alternative secondo un modello ordinale di utilità costituisce un limite non indifferente dal momento che esso trascura di considerare il fatto che gli individui agiscono non sempre sulla base dell'ordine delle proprie preferenze, quanto sulla loro intensità e che dunque pur avendo una certa scala di preferenza siano più o meno costretti a dare priorità a certe scelte piuttosto che ad altre.
Inoltre non è proponibile nella pratica una corretta applicazione del criterio di Condorcet, considerata l'evidente difficoltà di procedere per confronti binari.
Le scelte che gli individui si trovano ad affrontare avvengono in situazioni in cui una questione può intrecciarsi con un'altra che appartiene a un contesto distinto e cosi si deve passare da un modello unidimensionale a un modello multidimensionale , sul quale è ad esempio basato il teorema del caos, rispetto al quale le condizioni necessarie per garantire stabilità agli esiti delle votazioni diventano più complesse da rispettare.
Voto strategico
Posto tuttavia che esista un metodo che sia in grado di aggregare fedelmente le scelte degli elettori, come si fa a essere sicuri che i loro voti esprimano fedelmente le rispettive preferenze?
In altri termini, il problema è complicato dal fatto che non è solo difficile, per Arrow impossibile, tradurre le scelte degli individui in decisioni al tempo stesso eque e coerenti, ma è altresì certamente impossibile conoscere le vere scelte degli elettori al di fuori di quelle che gli elettori stessi intendono farci conoscere.
Alan Gibbard definisce STRATEGICAMENTE MANIPOLABILE una procedura che consenta a qualcuno di trarre vantaggio da una rappresentazione 'insincera' delle preferenze e mette in evidenza che tutti i metodi di voto sono in questo senso manipolabili: per cui il processo politico deve essere interpretto come un'interazione di attori razionali che, per vincere, se necessario, possono ricorrere al VOTO STRATEGICO.
La versione estrema del voto strategico è lo ' SCAMBIO di VOTO' O LOGROLLING alla cui analisi si sono dedicati Tullock e Buchanan.
Tullock pensava: ' perché se attraverso i teoremi abbiamo studiato che non si dovrebbe pervenire a nessuna decisione, il metodo a maggioranza semplice porta comunque tanta stabilità?'
Si dedica allo studio delle commissioni parlamentai e arriva alla conclusione che: se si arriva sempre a una decisione collettiva è perché vige un voto di scambio. La loro attenzione di concentra non tanto sulla graduatoria delle preferenza, quanto sulla loro intensità, data la frequenza con cui si può osservare che un individuo, pur avendo una certa scala di preferenze, sia costretto in concreto a dare priorità a certe scelte piuttosto che ad altre. All'interno di ogni processo decisionale c'è di fatto uno scambio di voti, una sorta di ''accordo di mutualità reciproca'', nel senso che, per esempio, il membro di un'assemblea può accordarsi con un altro per ottenere il voto favorevole su una questione che riveste per lui il massimo interesse, mentre è per l'altro indifferente o di poco peso, e promette in cambio il proprio voto favorevole su un'altra questione per la quale l'interesse positivo dell'altro è molto più forte del suo.
Esempio:
X Y
A -10 -6 Secondo questo schema non si dovrebbe verificare
nessun cambiamento : 2/3 sono contrari. Quanto però
B 10 -4 le utilità sono incrociate può verificarsi lo scambio di
voto (una parte dei votanti vota un'alternativa in
C -6 12 cambio di avere come voto l'alternativa da essi più
gradita nella prossima votazione) su impegno reciproco
a rispettare il patto . In questo modo B e C fanno si che le due proposte passino e il voto di A venga aggirato .
E' Tullock che dice che il terzo elettore di Condorcet è strategico perché al momento del voto non risponde ai suoi ordini di preferenza, ma li inverte: invece di votare CBA vota CAB .
Il controllo d'agenda
Un'altra tecnica finalizzata ad articolare una votazione in modo da garantire il prevalere di un determinato risultato è il
CONTROLLO D'AGENDA: ossia il potere, solitamente in capo a chi detiene la leadership di un organo decisionale, di delimitare il campo delle scelte determinando QUALI ALTERNATIVE devono essere selezionate e CON QUALI PROCEDURE devono essere deliberate
In questo senso il controllo d'agenda, insieme al voto strategico, costituisce una forma di manipolazione delle preferenze con un'altissima incidenza nel campo delle decisioni politiche; è un particolare modo che hanno i leader per influire sugli esiti del processo decisionale al fine di renderli conformi alle proprio preferenze. Il controllo d'agenda rende impossibile garantire l' ''indipendenza del percorso''che pone che a prescindere dal modo in cui le alternative vengono suddivise nell'ambito di un processo decisionale, si deve pervenire alla medesima scelta. Cerchiamo di capire in cosa consista il potere d'agenda attraverso un esempio:
Poniamo che sia in discussione una proposta di legge per l'introduzione della pena di morte. Diciamo inoltre che nella comunità decidente si formano tre gruppi di opinione: i favorevoli alla pena di morte (25%) , gli emendatari (35% che propongono ad esempio un ergastolo forte) e i contrari (40% che mirano invece al mantenimento dello status quo). Le alternative da scegliere sono dunque 3:
A) proposta
B) emendamento
C) status quo
Supponiamo che l'ordine di preferenza sia questo:
POSIZIONE % 1° 2° 3°
Favorevoli 25 A B C
Emendatari 35 B A C
Contrari 40 C B A
Supponiamo che chi abbia il potere d'agenda sia orientato all'APPROVAZIONE della proposta, ancorché debba tenere nascoste le proprie preferenze.
Se il confronto fosse tra le due posizioni esterne (favorevoli/contrari) , stando alla distribuzione delle percentuali che fanno capo ai rispettivi gruppi e dovendo scontare una posizione moderata che potrebbe propendere per l'una o per l'altra alternativa, C'E' IL RISCHIO CONCRETO CHE LA PROPOSTA VENGA RESPINTA. Di conseguenze i leader troveranno PIU' CONVENIENTE, dal LORO punto di vista, considerare ammissibile l'emendamento e metterlo subito in votazione con le due alternative estreme, dando vita a 3 casi.
1°caso Il più semplice, c'è potere d'agenda ma non c'è voto strategico; prendendo in considerazione la tabella precedente:
B vs C = B
B vs A = B il potere d'agenda non è servito per imporre l'approvazione della legge, ma ha almeno impedito che passasse l'opzione meno gradita, portando a un risultato soddisfacente.
2°caso: è introdotto il potere d'agenda e il voto strategico dei soli favorevoli ( di chi detiene il potere d'agenda). In questo caso si vanno ad invertire le due alternative prese in considerazione, B e C:
A C B In questo caso B vs C = C
B A C C vs A = A
C B A I favorevoli nel voto B vs C non potendo votare A, votano C, la loro alternative più sgradita, perché consci che se votassero B perderebbero ogni possibilità di far passare la proposta di legge che invece in questo modo passa. Quando il potere d'agenda viene unito al voto strategico si ottiene il risultato MASSIMO.
3°caso: è introdotto il potere d'agenda e il voto strategico, non solo dei favorevoli (di chi detiene il potere d'agenda), ma anche dei contrari. In questo casi si vanno ad invertire le due alternative (B e C) di entrambi i gruppi:
A C B In questo caso B vs C = B
B A C B vs A = B
B C A Passa in questo caso l'emendamento ma è neutralizzato il potere d'agenda e la tendenza a manipolare il voto per introdurre la pena di morte.
Il potere d'agenda e il voto strategico, in quanto tecniche correlative di manipolazione del voto, tendono a influire significativamente sull'esito delle scelte collettive. Gruppi di minoranza o perdenti possono ricorrere alla manipolazione dell'agenda per introdurre nuove questioni politiche.
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