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Wall◦ e - tesina




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Teogonia dell'Eros - tesina


Teogonia dell'Eros (Preambolo) Lo scopo dell'opera: Raccogliere idee
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Blesio Valentina, classe 5B liceo scientifico G.Antonietti, Iseo.


BREVE SINTESI            Anno 2105. Il livello di inquinamento del pianeta Terra è altissimo, la superficie è ormai ricoperta di immondizia. La Buy n Large Corporation (BnL), un'azienda che ha preso in mano il governo del mondo, ha costruito un'enorme nave spaziale, la Axiom, sulla quale parte dell'umanità si concede una crociera di cinque anni, mentre sulla Terra la BnL ha realizzato un esercito di robot chiamati 'WALL-E' (Waste Allocation Load Lifter Earth-Class, sollevatore terrestre di carichi di rifiuti) incaricati di fare pulizia. Qualcosa purtroppo va storto e nel 2110 la missione di rientro non ha luogo vista l'impossibilità di ripulire il pianeta. Uno dei robot però è rimasto ancora in funzione. Anno 2805. Per 700 anni WALL-E, ovvero l'ultimo di una serie di robot rimasti sulla Terra, ha continuato, imperterrito, nella sua opera di spazzino del pianeta, giorno dopo giorno, comprimendo immondizia in cubetti che ha poi impilato uno sull'altro fino a formare centinaia di enormi grattacieli di rifiuti. La sera, finito il suo lavoro, torna alla sua 'casa'il rimorchio di un autotreno dove, prima che si disattivassero uno dopo l'altro, 'riposavano' su dei ripiani mobili tutti i robot WALL-E. Nel film i ripiani, ormai inutili, vengono usati da WALL-E per riporre in rigoroso ordine oggetti appartenuti agli umani e da lui trovati nel corso delle sue operazioni di pulizia.


Uno di questi oggetti è una vecchia VHS del film Hello, Dolly!. WALL-E è innamorato di questo film che gli fa sognare, un giorno, di trovare una compagna, tenerla per mano, ballare, e non essere più solo. È così che durante tutti questi anni WALL-E, da freddo operaio qual era, sviluppa una personalità umana. A rompere questa secolare routine scende dal cielo un razzo che deposita sul pianeta un robot molto particolare e WALL-E spera che ciò possa spezzare la sua infinita solitudine. WALL-E non sa cosa EVE (questo il nome del robot) sia venuta a fare sul suo pianeta.   Quando lui le mostra una pianta che aveva trovato fra le macerie, unico segnale di vita vegetale su quel pianeta morto, EVE la prende e si blocca, lasciando WALL-E alle prese con una robot inanimata, ma continua a prendersi cura di lei sperando in un suo risveglio. Poco tempo dopo il razzo torna a prenderla, ma WALL-E non vuole lasciarla andare. Tentando di recuperarla, si aggrappa al razzo mentre questo sta per ripartire. Il razzo lo conduce sulla mega-astronave Axiom, dove l'umanità sopravvive da settecento anni in un ambiente iperlussuoso senza compiere alcuno sforzo fisico, tanto che gli uomini sono diventati obesi e incapaci di deambulare autonomamente. Le persone sull'Axiom si muovono su delle poltrone galleggianti tramite le quali possono anche nutrirsi e comunicare fra loro senza muoversi. In una breve panoramica si possono vedere nella cabina del Comandante le foto sua e dei suoi cinque predecessori al comando della Axiom.


Da questa sequenza si evince quanto è cresciuta la vita media degli esseri umani e quanto gli umani siano diventati più grassi. Arrivata sull'astronave, EVE viene riattivata e tenta di andare dal capitano della Axiom per comunicargli la scoperta che sul pianeta Terra può ricrescere la vita; è quindi finalmente giunto il momento di riportare a casa l'umanità. Il robot che pilota l'astronave, Auto, sulla base della decisione presa nel 2110 da Shelby Forthright, presidente della BnL, è tuttora convinto che sulla Terra la vita sia insostenibile e che sia meglio per l'umanità rimanere nello spazio. Il Comandante è in grado di capire la situazione reale e, dopo aver ricominciato a deambulare autonomamente, prende il controllo dell'astronave ridirigendola verso la Terra.











PERCHÉ WALLE?

Ero al cinema a vedere uno dei soliti cine-panettoni che escono nelle sale sotto Natale. Il proiettore trasmetteva i trailers. Sono bastati pochi secondi a catturare la mia attenzione. Sullo schermo, infatti, sono comparsi due occhioni giganti alla E.T. e subito dopo, lui, WALL-E. Era un robottino strano, tutto solo, faceva una grande tenerezza, girava su cingoli attraverso uno strano mondo desolato, pensavo fosse una grande città deserta su un qualche pianeta deserto invece.. si trattava della Terra. Che era successo? La curiosità era alle stelle, ho dovuto aspettare quasi un anno per poter vedere questo capolavoro animato della Walt Disney Pixar, e ne è valsa la pena. La sala era colma di bambini accompagnati dai genitori, inutile dire che mi sentivo fuori luogo, ma una volta spente le luci, il film ha stupito tutti. Per la maggior parte del tempo non ci sono dialoghi, è come fare un salto nel tempo, verso i film muti di Charlie Chaplin. Poi l'avventura nello spazio all'inseguimento dell'amica EVE, accelera i ritmi e tutti, grandi e piccini, si sentono coinvolti ed emozionati di fronte alle gesta di questo piccolo robot. La grafica è eccezionale, sembra veramente di viaggiare nello spazio fra pianeti e galassie. Insomma, un film da vedere. Sono rimasta talmente entusiasta di WALL-E, da averlo fatto diventare il centro della mia tesina. Quando l'ho proposto la prima volta non ho trovato nessuno che non si sia stupito o messo a ridere. "WALL-E?" mi chiedevano impressionati quelli che lo conoscevano, "un cartone animato?Ma per piacere..". Quando poi ho spiegato come avrei inteso sviluppare il lavoro, ecco che il sorriso svaniva. WALL-E è, infatti, ricco di spunti di ogni genere. Dietro le vesti di cartone animato, tratta delicati temi come quello dell'inquinamento, della mancanza di rispetto, anzi della noncuranza dell'uomo nei confronti della natura. L'uomo dovrebbe invece assicurarsi che quello di cui può godere in questo presente, sia disponibile anche per le generazioni future. Mancanza di rispetto? Natura? È esattamente quello di cui parla il filosofo tedesco Hans Jonas nel suo Principio responsabilità. Oltre ad uno scenario fatto di palazzi in ecoballe, ciò che fa da sfondo alla vicenda, è lo spazio con tutte le stelle, i pianeti e le galassie, esattamente quello di cui abbiamo parlato in scienze quest'anno. Che dire poi delle trasformazioni dell'uomo sulla navicella, da dove vengono questi enormi esseri privi di massa muscolare? Cosa li ha modificati? E che dire poi del protagonista? Un piccolo robot con sentimenti umani, un eroe alla Robinson Crusoe, accompagnato dal fedele amico. Un robot in grado di essere sempre attivo grazie all'energia derivata dal sole. Doveroso è poi, a mio parere, un riferimento alla narrazione fantastica e a Herbert G. Wells, uno dei padri fondatori della fantascienza moderna.

Ecco come mi è venuta l'idea di WALL-E, semplicemente riflettendo su quanto ho visto, sentito e studiato.


WALL◦ E


Partendo da una breve spiegazione della trama dell'omonimo film/cartone animato della Disney Pixar, uscito nelle sale cinematografiche nell'Ottobre del 2008, e del perché di questa scelta, le materie correlate sono le seguenti:



Inglese:

o     La situazione di Wall◦E paragonata a quella del protagonista del romanzo di Daniel Defoe, Robinson Crusoe.


Fisica:

o     Come funziona WALL-E, i pannelli fotovoltaici.

o     Cosa è successo agli abitanti della Axiom, ovvero, effetti della mancanza di gravità sull'uomo.


Filosofia:

o     L'etica non applicata; il principio di responsabilità di Hans Jonas.


Scienze:

o     L'universo, con le sue nebulose, le galassie e le stelle, tutti elementi che fanno da sfondo al film.



Italiano:

o     La narrazione fantastica che fa da sostrato alla cinematografia moderna.

o     Approfondimento su Herbert G. Wells






WALL◦E such as ROBINSON CRUSOE


'That idea stayed around for more than a decade; it's a solitary scenery. I just couldn't stop thinking about this little guy and what made him get into that situation and what made him get out of that situation. It's just a lonely, 'Robinson Crusoe' kind of scenario, but with a robot as a protagonist'


Andrew Stanton, WALL-E's film director. Interview released on July28, 2007 Comic-Con International, San Diego


Robinson Crusoe describes his loneliness and self-reliance so carefully that his name is a metaphor for this trait. Los Angeles Times movie critic Kenneth Turan skillfully employed a Crusoe metaphor in his analysis of the title character in WALL-E.


Other critics have compared WALL-E to movie robots like R2-D2, but Turan knows better. For unlike R2-D2, WALL-E is subsistent and solitary. Moreover, WALL-E is an anachronism in his own film, a 22nd Century creature in a 29th Century setting. WALL-E is, in fact, Earth's last standing biped. In the context of the movie, this simple fact gives WALL-E the charming aura of an outdated but functional relic of technology. He's a forgotten phonograph, an abandoned computer. He's all alone on planet Earth, just as Crusoe was alone on his island. Well, they are not alone. If Robinson met Man Friday, WALL-E has a little bug with him. They are the two heroes' companions.

What's more, WALL-E has the soul of an old machine. He dates back to the 22nd Century, when humans still inhabited the planet. He's so indisputably man-made, that he even has a religion: Each night - after another day of back breaking work - he draws spiritual nourishment from a VHS tape of the musical Hello, Dolly!  In practice, WALL-E uses Hello, Dolly! just like Crusoe uses the Bible: it's his opiate. It cheers him up and restores his faith that his isolation won't last forever. Here's how Turan describes it:

"What really entrances WALL-E about Hello, Dolly! is the spectacle of people expressing emotion and connection by holding hands. Not a word is spoken, but we understand that this lonely Robinson Crusoe, like so many movie creatures before him, would like nothing better than to hold hands with another entity."


DANIEL DEFOE, THE FIRST TRUE NOVELIST AND THE CREATOR OF REALISTIC FICTION

Daniel Defoe was born in 1660 into a family of Dissenters, a Protestant sect which refused the authority of the Church of England. He was educated at Newington Green, in one of the best Dissenting Academies, where he studied practical subjects such as modern languages, economics, geography, besides the traditional ones. He started to write in Whig papers, especially on The Review, the periodical which he published two or three times a week from 1704 to 1713, during the reign of Queen Anne. The queen did not like his critical attitude and had him arrested, tried and imprisoned. He denied his Whig ideas so as to be freed and became a secret agent for the new government. He started to write novels in 1719. He published his first novel, Robinson Crusoe, which was very successful. Three years later he published Mall Flanders, which tells the story of a pickpocket who repents and ends up leading a prosperous and respectable life. Other novels are Captain Singleton (1720), Colonel Jack (1722) and The Fortunate Mistress, better known as Roxana (1724). Thanks to the money he earned with these works, he could afford a comfortable standard of life. He died in 1731. Defoe's long narratives are fictional autobiographies, full of biographical details and memories provided by the protagonist. They are also preceded by a "preface" by the author which stresses their authenticity saying that this kind of novels are a product of the tradition of diaries and journals. The structure of the novels is characterized by a series of episodes and adventures held together by the unifying presence of a single hero. The lack of a coherent plot is due to the fact that Defoe neither planned his works, nor revised them. Defoe used a first person narrator; the characters are presented from the inside and through their actions. They usually appear in isolation, either physically like Robinson Crusoe, or socially, like Mall Flanders, in their struggle to survive. Defoe is generally regarded as the father of the English novel. His narrative technique was original and became the basis for the development of the realistic novel.

ROBINSON CRUSOE The main character in Defoe's novel is Robinson Kreutznaer, anglicised Crusoe. He decided to leave England, setting sail from the Queen's Dock in Hull on a sea voyage in September 1651,

against the wishes of his parents, who want him to stay home and become a businessman. After a tumultuous journey that sees his shipwreck by a vicious storm, his passion for the sea remains so strong that he sets out to sea again. This journey too ends in disaster because the ship is taken over by Moorish pirates, but he manages to escape with a boat and a boy; later, Crusoe is befriended by the Captain of a Portuguese ship off the western coast of Africa. The ship is en route to Brazil. There, with the help of the captain, Crusoe becomes the owner of a plantation. Some years later, he joins an expedition to bring slaves from Africa, but he is shipwrecked on a desert island. His companions all die. Having overcome his desperation, he fetches arms, tools, and other supplies from the ship before it breaks apart and sinks. He proceeds to build a defended habitation near a cave which himself had excavated. He keeps a calendar by making marks in a wooden cross, he lived hunting, growing corn, learning to make pottery, raising goats, etc., using tools created from stone and wood which he harvests on the island, and adopts a small parrot. He reads the Bible and suddenly becomes religious, thanking God for his fate in which nothing is missing but the oppressing society. Years later, he discovers native cannibals who occasionally visit the island to kill and eat prisoners. At first he plans to kill them for committing an abomination, but later realizes that he has no right to do so as the cannibals have not attacked him and do not consciously commit a crime. He dreams of obtaining one or two servants by freeing some prisoners; in fact, when a prisoner manages to escape, Crusoe helps him, and names him 'Friday'. Crusoe then teaches him English and converts him to Christianity. When another group of natives arrive to participate in a cannibal feast, Crusoe and Friday manage to kill most of the natives and save two of the prisoners. One is Friday's father and the other is a Spaniard. An English ship appears; Crusoe leaves the island December 19th, 1686, and arrives back in England June 11th, 1687. He learns that his family believed him dead and there was nothing in his father's will for him. However, his estate in Brazil granted him a large amount of wealth.

Short analysis _Here we have a middle class hero that shares with the classical heroes of travel literature his restlessness. The story begins with an act of transgression, of disobedience which places the character in a situation of separation that will culminate with his isolation on the island after the shipwreck. On the island, Crusoe becomes the prototype of the English colonizer, in fact, he organizes a primitive empire. It is an implicit exaltation of the 18th Century England and its ideals. Reason is the key word of every Robinson's action: he always starts by observing the situation, then he makes a list of all possible solutions, he considers the pros and cons and he chooses the best alternative. Defoe concentrates his description on the primary qualities of objects. The language is simple, matter-of-fact and concrete. Finally, Robinson Crusoe is full of religious references. The Bible gives comfort and guidance. Robinson praises God to be freed from sin rather than to be rescued from the island.


Come funziona WALL E, L'ENERGIA SOLARE E I PANNELLI FOTOVOLTAICI.   

Il Sole è una fonte rinnovabile che irraggia energia verso la Terra. Questa può essere di tipo termico o elettrico. Per avere sin da subito ben presente l'entità di energia di cui si sta parlando, ecco qualche informazione in più: in qualsiasi momento il Sole trasmette sull'orbita terrestre 1367 watt per m². Tenendo conto del fatto che la Terra è una sfera che oltretutto ruota, l'irraggiamento solare medio è, alle latitudini europee di circa 200 watt/m². Moltiplicando questa potenza media per metro quadro per la superficie dell'emisfero terrestre istante per istante esposto al sole si ottiene una potenza maggiore di 50 milioni di GW (un GW - gigawatt - è circa la potenza media di una grande centrale elettrica).

La quantità di energia solare che arriva sul suolo terrestre è circa diecimila volte superiore a tutta l'energia usata dall'umanità nel suo complesso, ma poco concentrata, nel senso che è necessario raccogliere energia da aree molto vaste per averne quantità significative. Per il suo sfruttamento occorrono prodotti in genere di costo elevato che rendono l'energia solare notevolmente costosa rispetto ad altri metodi di generazione dell'energia.



Tecnologie di sfruttamento dell'energia solare   L'energia solare può essere utilizzata per generare elettricità (con un pannello fotovoltaico) o per generare calore (con una pannello solare termico). Sono tre le tecnologie principali per trasformare in energia sfruttabile l'energia del sole:

  • il pannello fotovoltaico sfrutta le proprietà di particolari elementi semiconduttori per produrre energia elettrica quando sollecitati dalla luce.
  • il pannello solare termico sfrutta i raggi solari per scaldare un liquido con speciali caratteristiche, contenuto nel suo interno, che cede calore, tramite uno scambiatore di calore, all'acqua contenuta in un serbatoio di accumulo.
  • il pannello solare a concentrazione sfrutta una serie di specchi parabolici a struttura lineare per concentrare i raggi solari su un tubo ricevitore in cui scorre un fluido termovettore o una serie di specchi piani che concentrano i raggi all'estremità di una torre in cui è posta una caldaia riempita di sali che per il calore fondono. In entrambi i casi 'l'apparato ricevente' si riscalda a temperature molto elevate (400 °C ~ 600 °C).

Il pannello fotovoltaico

I pannelli solari fotovoltaici convertono la luce solare direttamente in energia elettrica. Questi pannelli sfruttano l'effetto fotoelettrico e hanno una efficienza di conversione che arriva fino al 32,5% nelle celle da laboratorio. In pratica, una volta ottenuti i moduli dalle celle e i pannelli dai moduli e una volta montati in sede, l'efficienza media è di circa il 12%. Questi pannelli, non avendo parti mobili o altro, necessitano di pochissima manutenzione: vanno solo puliti periodicamente. La durata operativa stimata dei pannelli fotovoltaici è di circa 30 anni. I difetti principali di questi impianti consistono nel costo dei pannelli e nell'immagazzinamento dell'energia.

Principio di funzionamento dei pannelli fotovoltaici.

Il principio di funzionamento dei pannelli fotovoltaici è detto 'effetto fotovoltaico', il quale rappresenta una sottocategoria dell' 'effetto fotoelettrico'. L' effetto fotovoltaico si manifesta nel momento in cui una radiazione elettromagnetica, colpisce un particolare materiale semiconduttore opportunamente trattato, ed innesca un movimento di elettroni generando una corrente elettrica e quindi una differenza di potenziale.




I pannelli fotovoltaici si distinguono in base alla loro tecnologia di produzione, attualmente le principali tecnologie sono:

Tecnologia al SILICIO MONOCRISTALLINO e POLICRISTALLINO;

Tecnologia al SILICIO AMORFO;

Tecnologia 'CIS'.


Tecnololgia al silicio monocristallino e policristallino

Una cella di un modulo al silicio monocristallino è costituita da un singolo cristallo di silicio, il che garantisce una massima conducibilità dovuta al perfetto allineamento degli atomi di silicio allo stato puro. Maggiore è la purezza del materiale, maggiore è il rendimento, che nel caso di pannelli al silicio monocristallino viene stimato attorno al 15%. Le celle fotovoltaiche che vanno a costituire il pannello in silicio monocristallino, sono di colore blu scuro a forma ottagonale.



Le celle di un pannello in silicio policristallino (o multi-cristallino), sono costituite da un insieme di più cristalli di silicio; ciò comporta una minore purezza. Questo va ad influire sul rendimento del pannello stesso, che a differenza del precedente 15% ora di riduce  intorno all' 11% - 14%.





Tecnologia al silicio amorfo

Le celle dei moduli in silicio amorfo sono realizzate con atomi di silicio senza alcuna disposizione spaziale ordinata. La poca omogeneità di tali celle implica una semplice realizzazione, ma ciò influisce sul rendimento, che per tali pannelli si aggira attorno al 6%. Generalmente essi vengono identificati come moduli a 'film sottile'.






Tecnologia CIS

I pannelli fotovoltaici con tecnologia CIS utilizzano al posto del semiconduttore una miscela di Rame, Indio e Selenide (CuInSe2). Questa è una delle più recenti tecnologie, come conferma il fatto che pochissime aziende a livello mondiale l'hanno inserita nelle linee di produzione. I test in laboratorio mostrano risultati notevoli. Questa tecnologia, infatti, raggiunge un'efficienza che può arrivare anche al 18%, rendendo questa tecnologia una scommessa per il futuro.


Problematiche

Il più grande problema dell'impianto fotovoltaico, è che l'energia viene prodotta solo durante le ore di luce e quindi non è adatta per qualunque situazione, essendo l'elettricità una forma di energia difficilmente accumulabile in grandi quantità. Tuttavia la produzione per sfruttamento di energia solare è maggiore proprio nei momenti di maggior richiesta, cioè durante il giorno e nelle stagioni calde, durante le quali si può sopperire all'aumento di consumi dovuto agli impianti di ventilazione e condizionamento.

Altre tecnologie

Come è stato anticipato prima, oltre al pannello fotovoltaico abbiamo anche il pannello solare termico e il pannello solare a concentrazione o collettore solare.

Pannello solare termico I collettori termici possono essere a circolazione naturale o forzata; i primi utilizzano del liquido contenuto nei pannelli per consentirne la circolazione all'interno del sistema pannello di calore. In questo caso il serbatoio di accumulo che contiene lo scambiatore di calore deve trovarsi più in alto del pannello. I sistemi a circolazione forzata utilizzano una pompa che fa circolare il fluido all'interno di scambiatore e pannello quando la temperatura del fluido all'interno del pannello è più alta di quella all'interno del serbatoio di accumulo, che si trova più in basso dei pannelli.

Pannello solare a concentrazione o collettore solare Il pannello solare a concentrazione, concentra i raggi solari su un opportuno ricevitore; attualmente il tipo più usato è quello a specchi parabolici a struttura lineare che consente un orientamento monodimensionale verso il sole e l'utilizzo di un tubo ricevitore in cui è fatto scorrere un fluido termovettore per il successivo accumulo di energia in appositi serbatoi. Il vettore classico è costituito da oli minerali in grado di sopportare alte temperature. Nel 2001 sono stati condotti esperimenti in modo da poter sostituire agli oli dei Sali fusi. Essendo necessaria una temperatura molto più alta di quella consentita dagli oli, si è provveduto a progettare e realizzare tubi ricevitori in grado di sopportare temperature maggiori di 600 °C (contro a quelle di 400 °C), ricoperti di un doppio strato CERMET (ceramica/metallo). I sali fusi vengono accumulati in un grande serbatoio coibentato alla temperatura di 550 °C. A tale temperatura è possibile immagazzinare energia per 1kWh equivalente con appena 5 litri di sali fusi. Da tale serbatoio i sali vengono estratti e utilizzati per produrre vapore surriscaldato. I sali utilizzati vengono accumulati in un secondo serbatoio a temperatura più bassa. L'impianto, lavorando ad una temperatura di regime di 550 °C, consente la produzione di vapore alla stessa temperatura e pressione di quello utilizzato nelle centrali elettriche a coproduzione (turbina a gas e riutilizzo dei gas di scarico per produrre vapore), consentendo consistenti riduzioni di costi e sinergie con le stesse.

Utilizzi   Attualmente i pannelli solari vengono utilizzati per fornire acqua calda e riscaldamento ad abitazioni e piccoli complessi. Si è tentato di realizzare centrali solari che convertissero il calore immagazzinato in energia elettrica ma questi esperimenti sono sostanzialmente falliti per la bassa resa di queste centrali rapportate con gli alti costi di gestione e con la discontinuità della fornitura elettrica. I pannelli fotovoltaici vengono utilizzati prevalentemente per alimentare dispositivi distanti dalle reti elettriche (sonde spaziali, ripetitori telefonici in alta montagna) o con richieste energetiche talmente ridotte che un allacciamento alla rete elettrica risulterebbe antieconomico (segnaletica stradale luminosa, parchimetri) e sconveniente dal punto di vista organizzativo.   Con le attuali tecnologie i pannelli fotovoltaici sono sensibili anche alla radiazione infrarossa dei raggi solari e dunque producono corrente anche in caso di tempo nuvoloso e pioggia. La quantità d'energia erogata è tuttavia variabile e difficilmente prevedibile, questa discontinuità rende difficile soddisfare in ogni momento la domanda di corrente, a meno di una produzione con un largo margine di sicurezza al di sopra dei picchi annuali di domanda.

Prospettive per il futuro La maggior parte degli studi si concentrano su nuove generazioni di celle fotovoltaiche dotate di una maggior efficienza di quelle attuali o su celle fotovoltaiche dotate di un'efficienza simile a quella delle celle attuali ma molto più economiche. Studi più ambiziosi puntano alla realizzazione di centrali solari orbitanti. Queste centrali, previste per il 2040, dovrebbero raccogliere i raggi solari direttamente nello spazio e trasmettere la potenza assorbita sulla Terra per mezzo di microonde o raggi laser In tutto il mondo, sono attualmente allo studio nuove tecnologie e nuovi sistemi per sfruttare l'energia del sole allo scopo di creare le prime vere centrali solari, esistono per esempio le centrali CRS (Central Receiver System)e la torre solare australiana realizzata dall'EnviroMission Lt di Melbourne.


Anche i grandi depositi che erano destinati a contenere gli WALL-E funzionavano tramite energia solare.

Cosa è successo agli abitanti della Terra?


La forza di microgravità, combinata con l'avvento di nuove tecnologie create per semplificare il più possibile la vita degli abitanti della navicella Axiom, li ha ridotti a masse dal peso esorbitante. La colonna vertebrale non fa più fronte alle microcontrazioni per contrastare la forza di gravità, inoltre, in quegli esseri umani, non ci sono più muscoli in grado di contrarsi autonomamente e gli spostamenti da un luogo all'altro della navicella vengono fatti attraverso poltrone volanti. Quando uno di questi abitanti ribalta dalla poltrona non riesce a fare nulla, resta immobile aspettando l'aiuto di qualche macchina.



Il tessuto lipidico si è sostituito a quello muscolare rendendo ogni piccolo gesto, anche quello che a noi sembra essere il più semplice, uno sforzo disumano.



Più specificatamente   È scientificamente provato che l'avvio di missioni spaziali che comportano una permanenza molto prolungata nello spazio, comporta serie conseguenze fisiologiche - simili peraltro a quelle cui va incontro l'anziano, il disabile- tali che il rientro a terra richiede una notevole capacità di riadattamento alla forza di gravità e un lungo periodo di riabilitazione.
Il primo grande problema a cui l'astronauta deve far fronte, è la sostituzione della forza di microgravità presente nella navicella spaziale con la terrestre forza di gravità. La forza di gravità, alla quale sono sottoposti sulla terra gli esseri viventi, regola in modo determinante la funzionalità di tutti gli apparati del nostro organismo: il funzionamento del sistema cardiocircolatorio e respiratorio, la distribuzione dei liquidi corporei nei vari tessuti e nei vasi sanguigni, la struttura dell'osso e la sua possibilità di mantenerne elevato il contenuto minerale, la composizione del muscolo, il complesso controllo dei movimenti corporei, risultato dell'integrazione di stimoli provenienti da recettori situati alla periferia e nel vestibolo.

Sulla terra l'osso é costantemente sottoposto a processi di decalcificazione e ricalcificazione, regolati da numerosi fattori, tra cui, essenziali sono la contrazione muscolare e l'esercizio fisico. Il mantenimento della stazione eretta sulla terra dipende dalle continue contrazioni dei muscoli che impediscono al corpo di cadere in avanti. Tali muscoli sono per questo chiamati antigravitari e vengono identificati come i muscoli della colonna vertebrale, della parte anteriore della coscia e posteriore della gamba. Le continue contrazioni muscolari, del tutto inavvertite,ma necessarie alla stazione eretta, provocano continue sollecitazioni sull'osso, che costituiscono lo stimolo alla deposizione di calcio. L'attività fisica rappresenta un secondo stimolo fondamentale. Nello spazio, non esistendo la stazione eretta, così come nella lunga permanenza a letto, o in condizioni di scarso movimento fisico, (anziani, disabili, ecc.), l'osso perde la sua capacità di rigenerarsi, e la decalcificazione, o osteoporosi, prevale sulla deposizione di minerali di calcio.

Nello spazio, l'assenza di gravità non richiede il mantenimento della posizione eretta e la contrazione muscolare avviene, se non in condizioni particolari e in rari momenti, con uno sforzo minimo. Ciò comporta una riduzione della massa muscolare del 20-30% già dopo poche settimane di permanenza in quota. Alla riduzione della massa muscolare si associa una perdita di forza e soprattutto di forza esplosiva (massima potenza muscolare), che richiede una difficile coordinazione con l'attivazione di più muscoli. Dopo un anno di permanenza nello spazio, la riduzione della forza e della potenza muscolare arriva fino al 40-60% del valore prevolo. Il tempo di recupero, al ritorno sulla terra, pare sia tanto più lungo quanto maggiore é stata la durata del volo.



La non responsabilità umana

Potremmo in qualche modo dire che il comportamento degli umani sulla Terra, all'interno del film,  segua l'imperativo categorico kantiano che affermava: "Agisci in modo che anche tu possa volere che la tua massima diventi legge universale". La Terra risulta così abbandonata allo sfacelo, sommersa dai rifiuti e segnata alla sua distruzione. L'imperativo a cui avrebbero dovuto far riferimento è invece quello di Hans Jonas, che nel suo libro Il principio responsabilità scrive:

"Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla Terra."

Questo significa che noi come uomini, siamo liberi di mettere a repentaglio e di essere irresponsabili verso la nostra vita, non possiamo esserlo verso la vita dell'umanità, non possiamo rischiare il non essere delle generazioni future. Sin dall'antichità, il potere dell'uomo sulla natura è sempre stato maggiore di quello degli altri animali, ma la natura e gli elementi erano l'assoluto e il permanente di fronte ai quali l'uomo era il relativo e il mutevole. Il limite che l'uomo si autoponeva di fronte a Dio o alla natura è oggi del tutto scomparso ed inattuale. L'uomo non aveva alcun motivo di sentirsi responsabile nei confronti della natura e del mondo in cui viveva. Al giorno d'oggi, il potere umano può avere conseguenze a lungo termine inimmaginabili. La natura assume quindi un carattere vulnerabile in quanto sottoposta all'azione dell'uomo. Questa sua nuova vulnerabilità ci impone di conseguenza una responsabilità verso essa. Dobbiamo chiederci oggi se la natura abbia o meno dei diritti. La scienza naturale non esaurisce l'intera verità della natura, in quanto noi, che siamo parte di essa, possiamo agire in modo da manipolarla. Il nuovo potere dell'uomo, la novità del suo agire, esige un'etica nuova di estesa responsabilità, proporzionata alla portata del nostro sapere; non solo, si esige anche un nuovo genere di umiltà indotto dall'enorme grandezza del nostro potere .

LA NUOVA ETICA

Un possibile criterio per la nuova etica può essere la cosiddetta "euristica della paura": soltanto il previsto stravolgimento dell'uomo ci aiuta a cogliere il concetto di umanità che va preservato da quel pericolo. La percezione del malum, per il turbamento emotivo che porta,  riesce infinitamente più facile della percezione del bonum. La paura è quindi la coscienza che il potere illimitato porta in sé un pericolo per l'uomo. Il primo dovere dell'etica del futuro è l'acquisizione anticipata dell'idea degli effetti a lungo termine che la nostra azione può recare: il malum immaginato dovrà assumere il ruolo del malum esperito. Il secondo dovere sarebbe allora la mobilitazione del sentimento adeguato a ciò che viene immaginato: il timore del malum immaginato è di tipo nuovo poiché si rivolge non ad un male per me ma per gli altri, in quanto la nuova responsabilità è rivolta agli altri. Nella nuova etica, inoltre, si deve prestare più ascolto alla profezia di sventura che non a quella si salvezza. L'uomo non può permettersi di agire per seguire una probabile promessa quando in gioco ci sia anche una probabile minaccia per l'umanità o, comunque, per qualcun altro che non sia sé stesso. Se così facesse andrebbe contro ai nuovi criteri di etica stabiliti.

 L'istituzione di questa nuova etica vede il capovolgimento del procedimento cartesiano del dubbio: Cartesio diceva che, per stabilire ciò che è indubitabilmente vero, dobbiamo considerare falso ciò che è suscettibile di dubbio. Nel nostro caso, invece, dobbiamo trattare come certezza e possibilità reale anche ciò che è dubbio ma possibile. Vi è anche una differenza sostanziale con la "scommessa" di Pascal: mentre egli affermava di scommettere per un possibile bene infinito, la vita eterna, rinunciando ad un guadagno privo di valore, la vita terrena, nel nostro caso bisogna scegliere un guadagno già in nostro possesso piuttosto che scommettere su un'azione che, nel caso fallisse, potrebbe rivelarsi come un male infinito.


L'etica di Jonas non prevede un rapporto di responsabilità reciproca tra gli uomini. I posteri verso cui siamo responsabili non possono pretendere un diritto, quindi il nostro dovere verso loro si deve fondare solo su una nostra scelta e, al massimo, sull'ipotetico diritto che i posteri potrebbero rivendicare a sé stessi. L'unico esempio offerto dalla natura di comportamento del tutto altruistico e di non-reciproca responsabilità ed obbligazione è la cura parentale verso i figli. (Nel film è presente nel rapporto tra WALLE e il piccolo scarafaggio). Il dovere verso i figli necessità degli stessi presupposti del dovere verso le generazioni future: è un dovere verso l'esserci dell'umanità futura. Noi infatti dobbiamo vigilare sul dovere degli uomini futuri di esserci come umanità. Il primo grande imperativo sarà allora: deve esserci un'umanità. Possiamo quindi affermare che il presupposto della nuova etica sia un anti-antropocentrismo.


L'essere di Jonas è unitario e fornisce testimonianza di sé in quel che fa scaturire da sé. Ciò che è l'essere può essere desunto dalla sua testimonianza e naturalmente da ciò che maggiormente dice. Tale testimonianza del nostro essere viene ignorata dalla scienza naturale: essa si è specializzata nello studio di organi e di organismi minori agendo come se non sapesse che esistono gli organismi e gli organismi maggiori, studia gli organismi maggiori ed il cervello come se non sapesse che è in verità il pensiero a determinarne l'essere. La scienza naturale non ci dice tutto sulla natura, né è capace di spiegare le modalità del sentire o la coscienza umana. E' una incapacità costruttiva poiché la stessa scienza è una componente di un universo ancora da comprendere.



LA TEORIA DELLA RESPONSABILITA'


La natura, prefiggendosi degli scopi, pone anche dei valori. L'essere ha come fine il dire sì alla vita e un profondo no alla morte, un no attivo, una negazione del non-essere per il sì alla vita, per l'affermazione dell'essere.

Nell'etica tradizionale, il "bene" è stato contrapposto alla "volontà": infatti l'essere buoni ha sempre significato il conseguire un bene che sta al di fuori di noi, un bene altruistico che non trovava riscontro nel nostro sentire. L'etica che viene a crearsi con Jonas è, però, profondamente diversa: il bene che noi cerchiamo deve a tutti i costi trovare un riscontro soprattutto nel sentire di ognuno; è infatti la sfera del sentimento, della volontà che può stimolare un senso di responsabilità così ampio, per il presente, per il futuro, per i discendenti, per i posteri. La teoria della responsabilità, come ogni teoria etica, deve tenere presenti il principio di legittimazione che sta dietro alla pretesa di un "dover essere" vincolante, e il fondamento psicologico della sua capacità di mettere in moto la volontà, ossia di diventare per il soggetto la causa che determina il suo agire. L'etica possiede quindi un aspetto oggettivo ed uno soggettivo, uno che ha a che vedere con la ragione e l'altro con il sentimento. Il ruolo del sentimento nell'etica tradizionale ha sempre avuto per oggetto il "sommo bene" che aveva come condizione ontologica la "atemporalità", mettendo a confronto la nostra condizione mortale con la seduzione dell'eternità. Oggi l'oggetto del sentire deve essere ciò che è più transeunte per definizione, ben lontano dalla perfezione e dalla immortalità, tutt'altro che trascendente e necessario: la responsabilità verso gli altri. Quest'oggetto, deve avere la forza di indurre al senso di responsabilità nei suoi confronti solamente per la sua esistenza. L'essere, può generare il rispetto grazie all'affezione del nostro sentire. Ma il rispetto è insufficiente all'operare per l'altro, ciò che deve subentrare per agire di conseguenza è il senso di responsabilità, che vincola questo soggetto a quell'oggetto.


Come agisce la responsabilità?

L'esigenza dell'oggetto e la coscienza morale del potere-fare, nei confronti dell'oggetto stesso,  si fondono nel senso affermativo di responsabilità. Ci si può avvicinare ulteriormente al concetto di responsabilità se ci si chiede il significato dell' "essere irresponsabili": è fondamentale dire che solo chi detiene una responsabilità può essere irresponsabile. Chiunque abbia un qualsiasi "potere" verso gli altri ha anche un "dovere" verso gli altri, quindi l'irresponsabile è colui che usufruisce dell'esercizio del potere senza adempiere il dovere. I maggiori detentori di responsabilità risultano essere: i genitori, verso i figli, e gli uomini di stato, verso i cittadini.


L'elemento comune ai due ruoli dei genitori e degli uomini di stato può essere sintetizzato in tre parole: "totalità", "continuità" e "futuro" quali obiettivi della responsabilità per la felicità degli altri.

Essere un soggetto dotato di responsabilità implica il dovere essere responsabile verso i suoi simili, esseri dotati a loro volta di responsabilità. La responsabilità consiste principalmente nel dare agli altri la possibilità di essere responsabili in quanto umanità esistente.

Le responsabilità sono totalità: abbracciano l'essere totale dei loro oggetti, ogni loro aspetto, dalla nuda esistenza ai più elevati interessi. L'oggetto delle responsabilità dei genitori è lo stesso oggetto delle responsabilità dello Stato: come i genitori educano i propri figli "per lo Stato", lo Stato si assume a sua volta una responsabilità per l'educazione dei ragazzi.

La responsabilità è un esercizio che non può cessare: né i genitori né lo Stato possono prendersi "vacanze" dalla propria responsabilità. Inoltre, la responsabilità totale deve sempre agire tenendo conto della storicità, abbracciando il proprio oggetto nella sua storicità, preservando nel tempo una certa identità che è parte integrante della responsabilità collettiva.


Nel loro relazionarsi al futuro, responsabilità politica e genitoriale differiscono profondamente.

I genitori hanno a che fare con un educazione che ha un fine ben determinato: l'autonomia e la maturità dell'individuo, il conseguire l'obiettivo fa cessare la responsabilità come compito doveroso. Tale responsabilità deve tener conto dello sviluppo organico e delle varie fasi di crescita dell'individuo. Lo stato si occupa invece di un'evoluzione storica per niente paragonabile allo sviluppo organico. La storia non ha un fine predeterminato verso il quale tende o deve essere guidata. Il divenire della storia e dell'umanità ha un senso completamente diverso dal divenire dell'individuo da embrione ad adulto. L'umanità, da quando esiste, è qualcosa che sussiste già e non deve essere prodotto o portato verso un fine, dell'umanità non si può dire quel che non è ancora, tutt'al più si può dire quel che non era ancora in un determinato periodo storico. La responsabilità politica nel suo guardare al futuro ha un compito ben preciso: il rendere sempre possibile l'esistenza di una politica futura alla propria. Ogni responsabilità totale, è sempre anche responsabile della preservazione della futura possibilità di un agire responsabile.


Nell'etica di Jonas "potere" significa scaricare nel mondo gli effetti causali con cui dovrà poi confrontarsi il dover essere della nostra responsabilità. Il potere dell'uomo è il suo destino, ciò che può farlo agire responsabilmente o non. Il bambino include, all'interno del suo già-esserci, un impotente non-essere-ancora ed una negativa possibilità di non-essere-più che aumenta a dismisura il potere del genitore e, quindi, la sua responsabilità. La responsabilità deve considerare le cose non sub specie aeternitatis, ma sub specie temporis, potendo perdere tutto in un momento.















Quando WALL-E lascia la Terra all'inseguimento dell'amica EVE, usa le sue pinze per attaccarsi alla navicella spaziale. In pochi secondi si trova immerso nel blu dell'universo tra stelle, nebulose e .


LE GALASSIE


Le galassie sono enormi insiemi di stelle e di gigantesche nubi di gas e polvere. Si può dire che ogni galassia costituisca un vero e proprio universo a sé stante: è un sistema autogravitante, che generalmente si evolve separatamente dalle altre galassie. Può capitare però che due o più galassie vicine interagiscano tra loro. Esse si avvicinano deformandosi a causa della reciproca attrazione gravitazionale, o addirittura si scontrano dando luogo a fenomeni molto violenti.
Classificazione delle galassie 

Le galassie hanno forme e caratteristiche diverse tra loro; esistono galassie giganti(10.000miliardi di stelle) e galassie nane(poche centinaia di migliaia) e vengono classificate in tre grandi categorie: le galassie a spirale, quelle ellittiche e quelle irregolari.  Le galassie ellittiche (E0, E3, E7)
si presentano come chiazze di luce di forma sferica o ovoidale, sono molto povere di gas e possiedono quasi solo stelle vecchie. In questo tipo di galassie non si formano più stelle, non essendoci più gas disponibile. 
 Le
galassie a spirale(Sa, Sb, Sc) presentano un rigonfiamento al centro circondato da un disco appiattito, in rotazione attorno al proprio asse, con delle braccia a spirale che si dipartono dal nucleo centrale e lo avvolgono; sono ricche di gas e le braccia contengono stelle giovani, mentre il nucleo contiene stelle più vecchie. Nelle galassie a spirale si formano tuttora stelle, in modo più o meno intenso. 
Le galassie a spirale barrata (SBa, SBb, SBc)sono galassie a spirale il cui nucleo presenta due prolungamenti di stelle: nell'insieme ricordano una barra che attraversa il nucleo. In queste galassie le braccia della spirale partono dalla barra, anziché dal nucleo.
Le galassie irregolari hanno una forma non ben definita, sono ricche di gas, polvere e stelle giovani. In questo tipo di galassie la formazione di stelle e' molto intensa. 


Fanno parte delle classificazioni anche le cosiddette 'galassie lenticolari'(S0), un tipo di galassia che sta a metà tra una galassia a spirale e una galassia ellittica. Le galassie lenticolari hanno una forma schiacciata, a disco, ma non presentano i caratteristici bracci delle spirali. 

Inizialmente le galassie erano delle enormi nubi di gas, principalmente formate da idrogeno ed elio. L'instabilità gravitazionale delle stesse nubi, le ha portate a frammentarsi e a collassare su se stesse, formando le stelle. 
Nel caso delle galassie ellittiche, si sono formate sin dal primo momento, quasi contemporaneamente, molte stelle. In questo modo il gas disponibile per la formazione di altre stelle si è esaurito quasi del tutto. Si può dire perciò che queste galassie siano rimaste 'congelate' nella forma che avevano all'inizio della propria evoluzione. Nelle galassie a spirale, invece, le stelle si sono formate più lentamente, lasciando ancora molto gas disponibile per una formazione graduale di stelle giovani. Il gas e le stelle hanno cominciato a ruotare sempre più velocemente, assumendo la forma schiacciata di un disco.
Le componenti delle galassie 
Le componenti principali delle galassie sono le stelle. In una stessa galassia possono coesistere stelle giovani e vecchie, formate cioè in tempi diversi, con frequenza e modalità che variano da un tipo di galassia all'altro. 
Le stelle possono essere isolate, oppure raggruppate in insiemi detti ammassi. Gli ammassi contengono stelle più o meno della stessa età, che si sono formate da una stessa nube di gas. Essi si dividono in due categorie, gli ammassi aperti e quelli globulari.  

Gli ammassi aperti sono insiemi di qualche centinaio o migliaio di stelle, hanno forma irregolare e contengono stelle giovani e massicce. Quando esse si evolvono, dopo qualche decina o centinaio di milioni di anni, l'ammasso si disgrega, perché l'attrazione gravitazionale delle stelle che lo compongono non è sufficiente a tenerle unite.


L'ammasso aperto delle Pleiadi nella costellazione del Toro.  (Royal Observatory, Edinburgo/Anglo-Australian Observatory)


Gli ammassi globulari sono insiemi di stelle di forma sferica, che possono contenere fino a 300mila stelle, concentrate in regioni di poche centinaia di anni luce. Dato il gran numero di stelle che racchiudono, si tratta di formazioni stabili, gravitazionalmente legate, a differenza degli ammassi aperti. Sembra che gli ammassi globulari si formino nella fase iniziale di vita di una galassia. Essi si trovano sia nelle galassie ellittiche, dispersi nella galassia, che in quelle spirali, per lo più raggruppati in aloni sferici attorno ad esse.


L'ammasso globulare G1, contenente almeno 300 mila stelle vecchie. Esso orbita attorno alla galassia di Andromeda (M31), la grande galassia spirale a 2 milioni di anni luce dalla Via Lattea. G1 e' l'ammasso globulare piu' brillante di tutte le galassie del Gruppo Locale, gruppo che comprende la Via Lattea e un'altra ventina di galassie.

Una galassia è costituita anche da un insieme di gas e polveri e ioni che prende il nome di materia interstellare. 
Dopo le stelle, la componente più importante di una galassia di tipo a spirale o irregolare è il gas; principalmente si tratta di idrogeno, con una percentuale minore di elio, e tracce di gas come ossido di carbonio, metano, ammoniaca e vapore acqueo.
Il gas si trova aggregato in nubi spesso molto grandi, e può presentarsi in diversi stati: ci sono nubi di idrogeno neutro allo stato molecolare, molto fredde e dense; nubi di idrogeno neutro allo stato atomico, un po' più rarefatte; nubi di idrogeno ionizzato, caldo e rarefatto. 
Le nuove stelle si formano nelle nubi molecolari, infatti in esse il gas è abbastanza denso da poter collassare in risposta ad una perturbazione gravitazionale. L'idrogeno neutro é una componente molto importante delle galassie a spirale e irregolari, perché è presente in maniera quasi uniforme e può essere rilevato fino a grandi distanze. L'idrogeno, infatti, emette lunghezze d'onda le cui radiazioni non subiscono alcun disturbo da parte dell'atmosfera terrestre o di nubi di gas interstellare, quindi, studiandone il redshift se ne può studiare anche il moto. In questo modo sono stati ricostruiti i moti di rotazione di molte galassie a spirale. 

Mescolati al gas interstellare si trovano anche dei grani di polvere, composti per lo più da silicati, grafite e altri materiali carbonacei. I grani si sono formati per condensazione degli elementi chimici più pesanti dell'elio; questi vengono sintetizzati all'interno delle stelle nel corso delle reazioni di fusione nucleare, e poi rilasciati nello spazio dal vento stellare o in fenomeni come l'esplosione di supernovae. 

Un'altra componente importante di molte galassie è la materia oscura: si tratta di una forma di materia di natura ancora sconosciuta, che permea tutto l'universo. Essa non emette né assorbe radiazioni e perciò non è rilevabile in altro modo se non attraverso i suoi effetti gravitazionali sulla materia visibile, come le stelle o i gas. L'analisi della dinamica di molte galassie, e quindi del campo gravitazionale al quale esse sono soggette, ha rivelato alcune anomalie. Soltanto ipotizzando che queste galassie siano circondate da giganteschi aloni massicci di materia oscura si possono spiegare queste anomalie. Anche le galassie negli ammassi sembrano legate tra loro da enormi


quantità di materia oscura. 


Le scale di distanza in astrofisica 
Gli astronomi ricavano le distanze degli oggetti celesti attraverso l'uso degli indicatori di distanza. Gli indicatori di distanza sono corpi celesti dalle proprietà particolari, che consentono di ricavare la loro distanza in maniera abbastanza precisa. 
Per esempio, un indicatore molto potente è la supernova: se si osserva una supernova in una galassia distante, dalla distanza della supernova si può ricavare anche quella della galassia. 

Una delle fondamentali scoperte della cosmologia moderna è che tutte le galassie si stanno allontanando l'una dall'altra con una velocità relativa V tanto maggiore quanto più distanti sono tra loro. Questo fatto è espresso dalla legge di Hubble per cui considerando d come la distanza della galassia e Ho come la costante di Hubble, avremo: V = Ho

Ogni indicatore di distanza, prima di poter essere usato, deve essere calibrato mediante altri indicatori più elementari. I più semplici indicatori di distanza sono le stelle giovani e luminose che si trovano nei dintorni del Sistema Solare. Essendo vicine a noi, le distanze di queste stelle possono essere ricavate usando metodi geometrici come la parallasse. Dalla loro luminosità apparente e dalla loro distanza si ricava la luminosità o magnitudine assoluta. Se si riesce ad attribuire una magnitudine che sia la stessa per tutte le stelle di un dato tipo spettrale, quando vengono osservate stelle dello stesso tipo spettrale a distanza maggiore, dalla magnitudine apparente e da quella assoluta si può ricavarne la distanza. In pratica, dunque, queste stelle agiscono come 'candele campione'.

Altri indicatori di distanza sono le stelle variabili Cefeidi.
Queste stelle hanno variazioni periodiche di luminosità dovute alla pulsazione dei loro strati più esterni. Più lungo è il periodo di pulsazione, maggiore sarà la luminosità apparente. Dalla misura del periodo di pulsazione di una stella variabile si può ricavare la sua magnitudine assoluta e poi, dalla sua magnitudine apparente, si ricava la distanza. Le Cefeidi vengono usate per ricavare le distanze di galassie vicine, in quanto si tratta di stelle giganti molto luminose e visibili anche a distanze di una decina di milioni di anni luce e più. 

vengono considerati indicatori di distanza secondari le novae e le supernovae, stelle che esplodono raggiungendo luminosità molto elevate. Esse vengono usate per misurare le distanze di galassie così distanti da potervi distinguere solo gli oggetti più brillanti. Le novae e le supernovae hanno delle caratteristiche costanti nelle loro curve di luce (cioè nell'andamento della luminosità nel tempo). Per esempio, tutte le supernovae di un certo tipo hanno la stessa magnitudine assoluta nel momento in cui raggiungono l'apice del loro splendore: misurandone la magnitudine apparente, siamo in grado di ricavare la sua distanza. 

Gli ammassi di galassie 

Tutte le strutture dell'universo mostrano una tendenza a raggrupparsi seguendo una gerarchia: i pianeti in un sistema planetario, le stelle in ammassi, gli ammassi in galassie. Allo stesso modo, anche le galassie tendono ad unirsi in gruppi di qualche decina di membri; a loro volta, più gruppi si riuniscono in ammassi di galassie, i quali, insieme ad altri ammassi, formano superammassi.
La nostra Galassia fa parte del Gruppo Locale, uno dei gruppi di galassie più poveri; due sole galassie dominano il Gruppo Locale, la nostra e la galassia di Andromeda (M31), che insieme costituiscono circa l'80 % della massa del sistema. Le altre galassie sono più piccole, come la spirale M33, o addirittura satelliti delle più grandi; per esempio, la Piccola e la Grande Nube di Magellano sono due piccole galassie satelliti della nostra. Il Gruppo Locale ha un diametro di circa 5-6 milioni di anni luce. L'ammasso più ricco è quello della Vergine, nell'omonima costellazione, che contiene 2500 galassie.
Ci sono ammassi regolari, di forma sferoidale, che contengono essenzialmente galassie ellittiche, ed ammassi irregolari, che somigliano agli ammassi aperti di stelle e contengono galassie di ogni tipo.
Le galassie di un ammasso sono immerse in un alone di gas caldissimo.
Le galassie sono dotate di un moto all'interno dell'ammasso, e a volte interagiscono scontrandosi tra loro. Spesso al centro di questi ammassi  si trova una galassia ellittica gigante; in origine questa era probabilmente una galassia di dimensioni normali, ma a causa degli scontri con altre galassie ha cominciato a fondersi con esse fino ad 'inghiottirle', in un fenomeno che viene detto cannibalismo galattico. I processi di interazione tra galassie sono molto violenti e coinvolgono grandi quantità di energia.



La galassia di Andromeda, la spirale
'compagna' della nostra galassia.
Insieme alla nostra, è la più grande
del Gruppo Locale. (SEDS)




Gli ammassi di galassie tendono a volte a raggrupparsi in superammassi; il Gruppo Locale, per esempio, fa parte di un superammasso con la forma di un ellissoide schiacciato, il cui centro corrisponde all'ammasso della Vergine. L'analisi del redshift del loro spettro ha mostrato che, sovrapposto al moto generale di espansione dell'universo, esiste un moto proprio delle galassie e degli ammassi; essi tendono a muoversi verso un punto dello spazio dove si pensa esista una enorme concentrazione di materia, detta Grande Attrattore, che esercita una grandissima attrazione gravitazionale sulle galassie, anche a distanze elevate.


La narrazione fantastica

Con la letteratura fantastica, gli scrittori si sono proiettati al di fuori del reale, costruendo un altro mondo, più o meno parallelo a quello del reale, ma basato su presupposti del tutto diversi. È errato pensare che l'ambientazione fantastica del racconto ne modifichi la coerenza interna.          Il racconto fantastico rimane una rappresentazione di eventi in relazione fra loro e conserva la necessaria logica interna, data dai rapporti di causa ed effetto. Nei racconti fantastici si ritrovano spesso meccanismi d'intreccio più elaborati e complessi, più rivolti all'effetto di sorpresa sul lettore. Dal punto di vista storico questo tipo di letteratura si lega allo sviluppo della scienza moderna. Sulla scia delle scoperte geografiche, l'inglese Swift pensò mondi geografici immaginari, abitati da esseri giganteschi, o al contrario da lillipuziani, da saggi cavalli parlanti, e li fece visitare da un uomo in carne ed ossa. Nacquero così I viaggi di Gulliver. In questo periodo lo sviluppo della scienza alimenta la fantasia, portando la narrativa verso la ricerca di obiettivi lontani, come il viaggio fra la Terra e la luna, l'esistenza di esseri ultraterrestri, la possibilità di realizzare obiettivi al momento impensabili, come l'eternità della vita umana. A partire dal Seicento, la successione delle scoperte scientifiche ridisegnò il mondo, creando suggestioni inedite sul futuro dell'uomo. Il romanzo di Mary Shelley, Frankenstein, si basa su teorie evoluzionistiche già presenti nella scienza del tempo. L'autrice avverte che alcuni fisiologi contemporanei non avevano escluso la possibilità di creare una tale creatura: Frankenstein non doveva essere quindi considerato un essere sovrannaturale, ma un'ipotesi narrativa basata sul potere della scienza. La stessa fede nel potere della scienza è alla base dei romanzi del francese Jules Verne. Egli scrive romanzi come Viaggio al centro della Terra, un'invenzione avventurosa, presentata al lettore come una storia possibile, se non nel presente, in un prossimo futuro almeno. Verne fu uno dei fondatori della fantascienza moderna. Al suo fianco si può collocare Herbert G. Wells, i cui romanzi si possono considerare un'elaborazione narrativa della teoria evoluzionistica di Darwin. Le storie di Wells sono spesso impostate su avvenimenti insoliti, ma contengono anche riflessioni sulla ricaduta sociale della scienza. Nel 1895 pubblicò il suo romanzo più noto, La macchina del tempo, in cui espresse la tesi che il progresso ha come suo ultimo risultato forti implicazioni negative dal punto di vista sociale. La guerra dei mondi ha al suo interno un elemento evoluzionistico: nell'universo vivono altre razze, sviluppatesi in maniera superiore all'uomo, che invadono la Terra. In Wells vi è la consapevolezza dei limiti della scienza e del progresso. Anche il padre del genere poliziesco, Arthur Conan Doyle, si dedicò alla letteratura fantascientifica. Pubblicò Il mondo perduto, in cui ipotizzava un mondo rimasto all'età della pietra abitato da dinosauri e uomini-scimmia. Nel corso del Novecento, la letteratura fantastica diviene un fenomeno sterminato, impossibile da seguire. Soprattutto negli Stati Uniti alla produzione di romanzi si affiancò presto la fioritura di riviste specializzate in letteratura fantascientifica. Si sviluppa così una vasta produzione commerciale ma spesso destinata ad avere una vita temporanea. Fanno eccezione alcune opere di grande rilievo. Il romanzo 1984 di George Orwell, ne è un esempio, il mondo risulta diviso in due grandi blocchi simili e in lotta tra loro ed è perennemente controllato dal Big Brother che tramite telecamere spia continuamente nelle case. Il tecnicismo estremo della scienza diventa un tema da affrontare, così come i principali temi politici di ogni periodo. Con gli anni Sessanta le riviste di fantascienza sparirono una dopo l'altra come se ormai il genere avesse perso la sua vitalità, ma a partire dalla seconda metà del decennio si sviluppò, soprattutto in Inghilterra, una nuova tendenza che reagì all'impostazione scientifica fino ad allora dominante. Questa nuova tendenza venne chiamata new wave e si coagulò intorno alla rivista New Worlds, che aveva come direttore Michael Moorcook. La new wave spostò l'attenzione su temi ed argomenti contemporanei, adottando tecniche narrative più raffinate e sperimentali come il monologo interiore e il flusso di coscienza. Il mondo della science fiction si concentrò sul rapporto ambiguo tra reale ed immaginario nell'era della riproducibilità tecnica. Due sono le figure più emblematiche: James Ballard e Philip Dick. Ballard fu il primo a parlare dello spazio interno e ad esplorare le profondità psichiche del soggetto, in una serie di romanzi imperniati sulle catastrofi tra cui Foresta di cristallo. Tutta la narrativa di Dick, invece, ruota intorno al rapporto reale/immaginario ed i suoi romanzi appaiono come tappe nella definizione di questo rapporto. I temi dei suoi romanzi sono le allucinazioni, le illusioni, le realtà artificiali. I protagonisti sono androidi o strani personaggi vittime di una società troppo grande o complessa per loro. In uno dei suoi migliori romanzi, La svastica sul sole, viene dipinto un mondo nel quale a vincere la guerra è stata l'Asse. Negli anni Settanta la fantascienza passò un momento di crisi. È in questa situazione che nasce il movimento cyberpunk. Uno dei libri cardine del movimento è l'antologia Mirrorshades creata da Bruce Sterling. In Mirrorshades sono presenti praticamente tutti i componenti del movimento: all'interno delle storie vi sono personaggi ai margini della società, ironia, tecnologia, musica rock, insomma tutte le anime del cyberpunk. Sterling ha scritto diversi romanzi, di cui probabilmente il migliore è Isole nella rete, un thriller proiettato in un futuro dominato dalle multinazionali. Dal punto di vista narrativo però il maggior rappresentante di questo gruppo fu William Gibson. È proprio il cyberspazio il concetto più interessante inventato da Gibson: la matrix, un non-spazio virtuale dove le coscienze digitali proiettate nella rete di computer sono libere di muoversi.

Il senso del futuro di Herbert G. Wells

L'inglese Herbert George Wells è ritenuto insieme a Verne, uno dei padri fondatori della moderna fantascienza. Una critica che può essere mossa alla narrativa di Verne è che, specialmente nella sua prima fase, resta per molti aspetti una 'Tecnique- fiction'. Egli punta molto sulla verosimiglianza degli apparecchi tecnologici, restando per lo più legato alla propria epoca senza ipotizzare cambiamenti sociali. Al contrario, gli 'scientific romances' di Wells tendono, a provocare una più ambigua apertura verso l'immaginazione fantastica. Egli inventa con notevole fantasia il 'suo futuro' lasciando sullo sfondo l'aspetto propriamente scientifico.

Verne non amava essere paragonato a Wells. Dopo aver letto I primi uomini sulla Luna di Wells disse:'Io faccio uso della fisica. Egli la inventaIo vado sulla Luna dentro una palla di cannone sparata da un mortaio. Egli va su Marte con un'aeronave e la costruisce con un metallo che non risente della legge di gravità() Fatemi vedere un metallo del genere . Ditegli di produrlo!'

Herbert George Wells nacque nel 1866 nel Kent da modesta famiglia, si laureò in biologia e nel 1895 pubblicò il suo primo romanzo, quel Time Machine, che rappresenta uno dei punti fermi nella storia della science fiction. Wells sosteneva che occorre sforzarsi di dipingere il nostro futuro, e già in quest'opera egli esprime il suo senso del futuro e la coscienza delle ingiustizie sociali, che sentiva molto. Era infatti profondamente antivittoriano, positivista nelle scienze e progressista in politica. L'importanza di Wells all'interno della science fiction è notevole. Egli,infatti, a differenza di Verne, intuì nel futuro le problematiche, le evoluzioni di costume e ideologia, quali la critica verso l'autorità e la maggiore eguaglianza tra le classi. Mentre Verne si può dire il padre della fantascienza 'tecnologica', dunque, Wells ha dato il via al filone utopistico e 'di pensiero'. In lui si alternano il motivo del 'diverso' e dell'alieno, il motivo della dimensione temporale, quello degli orrori che con i mezzi della scienza l'uomo può provocare. La fiducia che lo animava nei primi anni della sua carriera, sul nuovo ed illuminato potere rigenerativo della scienza, venne presto a cadere. Saggi notevoli su H.G. Wells sono The Future as Nightmare dell'americano Mark R. Hillegas, del 1967 e, più di recente, alcuni articoli di Carlo Pagetti, apparsi su diverse riviste.

Da uno di essi leggiamo : 'Il romance, prima ancora di incrociarsi con il romanzo borghese, aveva già trovato alcune sue formulazioni, come nella Tempest di Shakespeare e nei già citati Gulliver's Travels di Swift (universi di isole fantastiche e di creature straordinarie , in contrapposizione all'antropomorfo 'regno naturale' di Robinson Crusoe..) Ma bisogna anche ricordare, accanto ad alcuni elementi potenzialmente eversivi del romanzo gotico settecentesco, le peregrinazioni visionarie dell' Antico Marinaio di Coleridge e la favola del Frankenstein di Mary Shelley, che già coniuga orrore e scienza, alla luce, appunto, di un romanticismo allucinato e onirico.(..)"

Pagetti scrive ancora: 'La narrativa inglese ottocentesca () in opere cosiddette marginali dei suoi maggiori scrittori , come i racconti 'sovrannaturali' di Dickens, oppure ()dell'ormai rivalutata Mary Shelley. Dallo Stevenson di Dr Jeckyll e Mr Hyde al Wells dei scientific romances tardo vittoriani, si esprime in una spinta verso l'oscuro e il rimosso psichico, il perturbante ed il mostruoso , che dà sostanza ad un'orrida galleria di invasori alieni, la creatura di Frankenstein, i vampiri e le vampiresse, gli scienziati diabolici, i Marziani.

Non v'è dubbio che queste presenze abbiano anche una rilevanza sociologica, dal momento che il motivo della metamorfosi mostruosa e dell'invasione aliena coglie felicemente la natura predatrice insita nei grandi fenomeni di industrializzazione: le campagne sono invase dalle miniere e dai nuovi mezzi di locomozione, i fiumi dagli scarichi industriali, le città si gonfiano e si deformano sotto l'urto delle migrazioni interne , la cultura viene invasa e stravolta dall'arrivo di una crescente marea di lettori. Il Vaso di Pandora, aperto da mani maldestre e ingorde, dissemina maledizioni sull'umanità, animando le visioni di un mondo diabolico, che emerge dalle bare e dall'oscurità dei laboratori, o che scende sulla terra inglese dall'immensità dello spazio'.

In Wells troviamo tutti i temi più attuali della science fiction. Nella macchina del tempo, del 1895 il protagonista è un ' viaggiatore temporale'. Ne La guerra dei mondi , del 1898, faranno la loro comparsa gli alieni , i Marziani che invadono la terra, e nel 1901, I Primi Uomini sulla Luna , dove, con eco swiftiane di pessimismo sulle sorti dell'umanità, troviamo altri extraterrestri. Percepiamo  il suo pessimismo e la partecipazione ad una condizione di 'diverso' nelle vicende dell'Uomo invisibile, un racconto mirabile per tensione e drammaticità. Alcuni vi hanno visto un carattere profondamente moderno, emblematico della condizione dell'uomo in una società alienante, come già aveva fatto Stevenson con Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde Un'agghiacciante L'isola del dottor Moreau(1896) non lascia speranze sulla possibilità di uso distorto della scienza; questo romanzo, anch'esso pieno di reminiscenze swiftiane, tratta di un tema attualissimo quale l'ingegneria genetica e la manipolazione su uomini e animali.

Non sono stati solo Wells e Verne a scrivere opere di fantascienza: quasi tutti gli scrittori del XIX secolo lo hanno fatto in Gran Bretagna. Dickens ha scritto alcuni racconti che sfiorano la fantascienza, Kipling ha scritto un'opera di science fiction autentica (With the Night Mail, 1905 ) in cui è raffigurato il futuro del 2000. E poi Morbo Scarlatto di Jack London. Il filone della 'dis-utopia', esplicitata da Wells in A modern Utopia (1905) continuerà con opere celebri quali Brave New World di Aldous Huxley e il terrificante di Orwell.

Per tornare al tema centrale della tesina, ecco qui riportato un brano di Wells, intitolato La Stella.

La Stella

di  H.G. Wells

Fu per Capodanno che venne dato quasi simultaneamente da tre osservatori l'annuncio che il moto del pianeta Nettuno, il più esterno dei pianeti che ruotano intorno al Sole, era divenuto assai irregolare. Già in dicembre Ogilvy aveva richiamato l'attenzione su un sospetto ritardo nella sua accelerazione, notizia che fu giudicata scarsamente interessante per un mondo in cui la maggior parte degli abitanti era ignara dell'esistenza del pianeta Nettuno; né provocò grande emozione, se non negli ambienti astronomici, la successiva scoperta di un remoto, debole puntolino di luce nella regione del pianeta perturbato. Gli scienziati, tuttavia, trovarono questa segnalazione abbastanza notevole, ancor prima che si sapesse che il nuovo corpo celeste aumentava rapidamente di grandezza e splendore, che il suo moto era del tutto diverso dal corso regolare dei pianeti e che la deviazione di Nettuno e del suo satellite stava assumendo ormai un carattere eccezionale. Ben pochi, in mancanza di appropriati studi scientifici, si rendono conto dell'immenso isolamento del sistema solare. Il Sole con i suoi minuscoli pianeti, la spolverata di pianetoidi e le impalpabili comete che l'accompagnano, fluttua in un vuoto sterminato che supera ogni immaginazione. Oltre l'orbita di Nettuno si spalanca uno spazio vuoto fin dove ha potuto penetrare l'osservazione degli uomini, senza calore né luce né suono, un nulla assoluto esteso per venti milioni di milioni di miglia. Tale è la stima più moderata della distanza da valicare per raggiungere la più prossima delle stelle. E se si eccettua qualche cometa più incorporea di un fuoco fatuo, nessun corpo celeste aveva mai traversato, a memoria d'uomo, questi spazi abissali, fino a che all'inizio del ventesimo secolo non apparve questo strano viandante. Era una vasta massa di materia, pesante e voluminosa, che dall'oscurità misteriosa degli spazi irrompeva senza preavviso nell'area di irraggiamento del Sole. Già il secondo giorno era chiaramente visibile con un qualsiasi telescopio, come una macchiolina dal diametro appena percettibile nelle vicinanze di Regolo nella costellazione del Leone. In breve tempo fu alla portata di un binocolo da teatro. Il terzo giorno dell'anno i lettori dei giornali dei due emisferi furono messi per la prima volta al corrente della reale importanza di questa inconsueta apparizione nei cieli. Un giornale di Londra titolava «Una collisione planetaria» ed esponeva l'opinione di Duchaine che il nuovo misterioso corpo celeste si sarebbe probabilmente scontrato con Nettuno. I commentatori più autorevoli si diffondevano sull'argomento: così che il 3 gennaio, nella maggior parte delle capitali del mondo, vi era un'attesa per quanto vaga di un qualche imminente fenomeno nei cieli; e via via che intorno al globo la notte si avvicendava al giorno, migliaia di uomini levarono gli occhi al cielo per vedere nient'altro che le familiari stelle di sempre. Fino a che a Londra non fu l'alba, Polluce non tramontò e le stelle cominciarono a impallidire nel cielo. Era un'alba invernale, col lento e faticoso accumularsi di una fioca luce diurna e il riverbero giallastro delle lampade a gas e delle candele dietro le finestre a indicare la presenza di gente in piedi. Ma il poliziotto fra uno sbadiglio e l'altro vide la cosa, si fermarono a bocca aperta le folle affaccendate dei mercati, gli operai che si recavano di buonora al lavoro, i lattai, gli strilloni, il dissoluti che tornavano a casa pallidi e sfibrati, i vagabondi senza fissa dimora, le sentinelle nel loro giro di ronda e, in campagna, i braccianti che arrancavano al campo e i bracconieri che sgattaiolavano a casa: per tutto il brumoso paese che si ridestava - e sul mare dove i naviganti scrutavano l'arrivo del giorno - si poté vedere una grande stella bianca apparsa all'improvviso nel cielo d'oriente! Era più luminosa di ogni altra stella del nostro firmamento; più luminosa della stella della sera al colmo del suo splendore. Splendeva ancora grande e candida, non un semplice punto tremolante di luce ma un piccolo disco limpidamente luminoso, un'ora dopo il sorgere del giorno. E dove non erano giunti i lumi della scienza gli uomini guardavano intimoriti, raccontandosi l'un l'altro delle guerre e delle pestilenze prefigurate in questi fiammeggianti segni celesti. Vigorosi Boeri, scuri Ottentotti, Negri della Costa d'Oro, Francesi, Spagnoli, Portoghesi indugiavano nel tepore dell'aurora a scrutare l'apparizione di questa strana nuova stella. In cento osservatori c'era stata un'eccitazione contenuta che era cresciuta fino a esprimersi in grida represse quando i due remoti corpi celesti erano piombati l'uno sull'altro e un correre di qua e di là a procurarsi apparecchi fotografici e spettroscopi e questo e quel dispositivo, per registrare questo inusitato e stupefacente evento, la distruzione di un mondo. Perché era un mondo, un pianeta gemello della Terra, e anzi assai più grande della nostra Terra, che era così improvvisamente avvampato in un fulgore di morte. Era Nettuno, centrato in pieno dallo strano pianeta venuto dagli spazi esterni; e il calore della conflagrazione aveva inopinatamente trasformato due globi solidi in un'unica vasta massa incandescente. Quel giorno, anticipando di due ore l'alba, la grande stella abbacinante sorse su tutto il mondo, dileguando soltanto col suo inabissarsi a occidente mentre il Sole si innalzava alle sue spalle. Dovunque gli uomini se ne stupirono, ma fra quanti la videro nessuno dovette stupirsene tanto quanto quei marinai, avvezzi a scrutare le stelle, che in alto mare non avevano saputo niente del suo avvento e che ora la vedevano sorgere come una luna in miniatura, salire allo zenit e restare sospesa nel cielo, sprofondando a occidente col trascorrere della notte.  E quando sorse ancora una volta sull'Europa c'erano folle di spettatori che la attendevano ovunque, sulle pendici delle colline, sui tetti delle case, negli spazi aperti: tutti scrutavano intenti a oriente lo spuntare della nuova grande stella. Sorse preceduta da un bagliore bianco, come il barbaglio di un fuoco senza fiamma, e quelli che la notte prima l'avevano vista venire al mondo proruppero in grida alla sua vista. «È più grande! - dicevano. - È più luminosa!» E in effetti il quarto di Luna che tramontava a occidente appariva di dimensioni incomparabilmente maggiori, ma tutta la sua superficie non emanava tanto splendore quanto il circoletto della nuova strana stella. «È più luminosa!», gridava la gente accalcata nelle strade. Ma nella penombra degli osservatori quanti la scrutavano trattennero il respiro e si sbirciarono l'un l'altro. «È più vicina! - dicevano. - Più vicina!». Le parole «È più vicina» passarono di bocca in bocca, furono riprese dal ticchettio del telegrafo, vibrarono lungo le linee telefoniche, e in mille città tipografi imbrattati d'inchiostro composero i caratteri: «È più vicina ». Gli uomini intenti a scrivere negli uffici, sorpresi da una bizzarra intuizione, lasciavano cadere le penne; quelli che, sparsi per ogni dove, ne stavano parlando, intravedevano d'improvviso, nelle parole «È più vicina», una pazzesca possibilità. Esse dilagarono per le strade che si ridestavano, riecheggiarono nelle vie di pacifici villaggi intirizzite dal gelo; quelli che le avevano lette sul nastro palpitante del telegrafo si soffermarono nella luce giallastra degli usci per ripeterle ad alta voce ai passanti: «È più vicina». Graziose donnine, pimpanti e infervorate, udirono la notizia riportata come per gioco nel mezzo delle danze, e finsero un interessamento intelligente che non sentivano. «È più vicina! È vero. Che strano! Che gente geniale ci dev'essere per scoprire certe cose!». Solitari vagabondi, che se ne andavano nella notte invernale, mormoravano quelle parole per riconfortarsi, guardando il cielo. «Ci vorrebbe proprio che si avvicinasse, la notte è fredda come la carità. Sarà più vicina, ma non scalda molto lo stesso». «Che cos'è per me una nuova stella?», esclamava in lacrime la donna inginocchiata accanto al suo morto. Lo studente, che si era alzato presto per prepararsi agli esami, rimuginava fra sé mentre la grande stella bianca splendeva magnifica e luminosa oltre i ricami della finestra. «Forza centrifuga, forza centripeta - si diceva col mento nella mano; - fermiamo il corso di un pianeta, togliamogli la forza centrifuga: cosa accadrà? Resta la forza centripeta e il pianeta precipita sul Sole! Questa poi!». «E se noi fossimo sulla sua strada? Chissà»   Il giorno si spense come tutti quelli che lo avevano preceduto, e con le prime avvisaglie dell'oscurità gelata la strana stella sorse ancora. E ora era così luminosa che la luna crescente, nella sua imponenza, non pareva che un pallido fantasma giallastro di se stessa, sospeso nel tramonto. In una città del Sudafrica si era sposato un pezzo grosso, e le strade erano illuminate per dargli il benvenuto con la sposa. «Anche i cieli si sono illuminati», disse un adulatore. Sotto il Tropico due amanti negri, sfidando per amore l'uno dell'altro le bestie selvagge e gli spiriti maligni stavano acquattati insieme, in un boschetto di canne, sul quale volteggiavano le lucciole. «Quella è la nostra stella», si sussurravano, sentendosi stranamente rincuorati dal dolce palpito della sua luce. L'insigne matematico seduto nel suo studio, spinse da un lato le carte. Aveva completato i suoi calcoli. In una boccettina bianca restava un po' della droga che lo aveva tenuto sveglio al lavoro per quattro lunghe notti. Ogni giorno, sereno, lucido e paziente come sempre, aveva tenuto lezione ai suoi studenti, per tornare subito dopo ai suoi fatidici calcoli. Il suo viso era grave, un po' teso e febbrile per effetto del lavoro e della droga. Per qualche tempo parve perso nei suoi pensieri. Quindi andò alla finestra, e l'avvolgibile si sollevò di scatto. A mezza altezza nel cielo, sopra l'ammasso di tetti, camini e guglie della città, stava sospesa la stella. La guardò come si guarda negli occhi un nemico valoroso. «Puoi uccidermi, - disse dopo un momento di silenzio, - ma io ti tengo stretta, e con te tutto l'universo, nel mio minuscolo cervello. Non mi cambierei con te. Neanche ora». Guardò la boccetta. «Non ci sarà più bisogno di dormire», disse. La mattina dopo, a mezzogiorno, spaccando il secondo, entrò nella sua aula, depose il cappello all'estremità del tavolo secondo il suo solito e scelse con cura un grosso pezzo di gesso. Era motivo di sarcasmo fra i suoi studenti il fatto che egli non potesse tenere lezione senza armeggiare con le dita con un certo pezzo di gesso, e una volta lo si era ridotto all'impotenza nascondendogli la sua scorta. Guardò di sotto i sopraccigli grigi alle file di giovani e fresche facce che si levavano e parlò col suo abituale fraseggiare di studiata semplicità. «Sono insorte circostanze, circostanze che sfuggono al mio controllo, - disse interrompendosi, - che mi impediranno di completare il corso che avevo programmato. Parrebbe, signori, se posso dirlo in modo chiaro e conciso, parrebbe che l'uomo abbia vissuto invano». Gli studenti si sogguardarono l'un l'altro. Si notavano sogghigni e sopracciglia inarcate, ma una o due facce restarono intente al suo volto calmo incorniciato di grigio. «Sarà interessante, - stava dicendo, - dedicare questa mattinata a un'esposizione dei calcoli - per quanto sarò in grado di chiarirveli - che mi hanno condotto a questa conclusione. Ammettiamo che» Si volse verso la lavagna, meditando uno dei diagrammi di cui voleva servirsi. «Cosa voleva dire con "vissuto invano"? » bisbigliò uno studente al compagno. «Ascolta», disse l'altro accennando all'oratore. Ed ecco che cominciarono a capire. Quella notte la stella sorse più tardi, perché il moto verso oriente che la governava l'aveva portata al centro della costellazione del Leone in direzione di quella della Vergine, e il suo splendore era tale che appena spuntò il cielo divenne di un blu luminoso e tutte le altre stelle tornarono a sbiadire ad eccezione di Giove prossimo allo zenit, di Capella, di Aldebaran, di Sirio e delle stanghe del carro. Era molto bianca e bella. In varie parti del mondo era circondata quella notte da un pallido alone. Era sensibilmente più grande: nel chiaro riverbero del cielo dei tropici appariva delle dimensioni di circa un quarto della Luna. In Inghilterra il suolo era ancora gelato, ma la Terra era vivamente illuminata, come da un chiaro di luna estivo. In quella fredda luce chiara ci si vedeva tanto da leggere un normale testo stampato, e nelle città la luce dei lampioni ardeva smorta e giallastra. In tutto il mondo quella notte si vegliò, per tutta la cristianità era sospeso nell'aria pungente delle campagne un lugubre mormorio, come un ronzare di api nell'erica, e nelle città questa agitazione sommessa diveniva un clamore tumultuoso. Erano i rintocchi delle campane di migliaia e migliaia di torri e di campanili che chiamavano la gente a non dormire e a non peccare più, ma a raccogliersi nelle chiese e a pregare. E nel cielo, sempre più grande e più luminosa via via che la Terra proseguiva la sua rotazione attraverso la notte, saliva la stella abbagliante. In tutte le città case e vie erano illuminate, i porti sfavillavano di luci e ogni strada che risaliva nell'entroterra rimase pullulante di lumi e di folla per tutta la notte. E su tutti i mari che circondavano le terre civilizzate, navi dai motori pulsanti o dalle vele spiegate, gremite di uomini e di ogni altra creatura vivente, facevano rotta verso l'oceano e verso il nord. Perché già l'ammonimento dell'insigne matematico era stato telegrafato in tutto il mondo e tradotto in cento lingue diverse. Il nuovo pianeta e Nettuno, stretti in un abbraccio infuocato, sfrecciavano vorticosamente, con velocità sempre maggiore verso il Sole. Già la loro massa ardente solcava il cielo a cento miglia al secondo e ogni secondo questa velocità pazzesca aumentava. Per la sua rotta attuale, è vero, sarebbe passata a cento milioni di miglia di distanza dalla Terra, con scarsissimi effetti su di essa. Ma nei pressi del tragitto a lei destinato, fin qui appena leggermente alterato, ruotava splendido e solenne intorno al Sole, con le sue lune, il possente pianeta Giove. L'attrazione fra la stella infuocata e il maggiore dei pianeti si faceva più grande di momento in momento. E quale ne sarebbe stato il risultato? Inevitabilmente Giove sarebbe stato deviato dalla sua orbita su di un percorso ellittico, e la stella in fiamme, proiettata da questa attrazione lontano dal suo corso precipitoso verso il Sole, avrebbe «descritto una curva ellittica» e si sarebbe forse scontrata con la Terra, o sarebbe comunque passata nelle sue immediate vicinanze. «Terremoti, eruzioni vulcaniche, cicloni, maremoti e un aumento continuo della temperatura fino a limiti imprevedibili »: tale era la predizione dell'insigne matematico. E a conferma delle sue parole in alto, solitaria, fredda e livida, ardeva la stella fatale. Ai tanti che quella notte la scrutarono fino a farsi dolere gli occhi parve che si avvicinasse sensibilmente. Fu quella notte che il clima cambiò, e che il gelo che aveva attanagliato tutta l'Europa centrale, la Francia e l'Inghilterra cedette a un primo disgelo. Ma se pure ho parlato di gente che pregava per tutta la notte, che si imbarcava o che fuggiva sulle montagne, non dovete immaginare che tutto il mondo fosse già in preda al terrore a causa della stella. Di fatto il mondo continuava a essere regolato dalla consuetudine, e salvo che per qualche chiacchiera oziosa e per lo splendore delle notti, nove esseri umani su dieci erano ancora intenti alle loro abituali occupazioni. In tutte le città i negozi, salvo qualcuno qua e là, aprivano e chiudevano all'ora prefissata, dottori e impresari di pompe funebri attendevano ai loro affari, gli operai affollavano le fabbriche, i soldati si esercitavano, gli studiosi studiavano, gli amanti si cercavano l'un l'altro, i ladri tendevano insidie e scappavano, i politici tessevano le loro trame. Le rotative dei giornali rimbombarono per tutta la notte, e i preti di diverse parrocchie si rifiutarono di aprire gli edifici di culto per non fomentare quello che consideravano un panico insensato. I giornali insistevano sull'insegnamento dell'anno mille, giacché anche allora la gente aveva previsto la fine. La stella non era una stella, ma solo del gas, una cometa; e se pure era una stella non avrebbe potuto probabilmente colpire la Terra. Non c'erano precedenti per una cosa del genere. Il senso comune restava dovunque testardo, sprezzante, beffardo, alquanto incline a dare addosso a chi si ostinava nei suoi timori. Quella notte, alle sette e un quarto del meridiano di Greenwich, la stella avrebbe raggiunto il punto più vicino a Giove. Allora il mondo avrebbe visto quale piega avrebbero preso le cose. I sinistri avvertimenti dell' insigne matematico erano ritenuti da molti un sofisticato espediente per farsi pubblicità. E alla fine il senso comune, un po' accalorato dal discutere, manifestò le sue inalterabili convinzioni andandosene a letto. Così come la barbarie e la ferocia, già stanche della novità, ridettero mano alla loro attività notturna, mentre il mondo animale, salvo che per un ululato di cane qua e là, non fece caso alla stella. Ciò nonostante quando nelle nazioni d'Europa si vide infine sorgere la stella, con un'ora di ritardo ma non più grande di quanto fosse stata la notte prima, molti erano ancora in piedi per prendersi gioco dell'insigne matematico, ritenendo il pericolo superato. Ma da allora in poi non si rise più. La stella cresceva, cresceva ora dopo ora con terribile regolarità, e ogni ora era un po' più grande e un po' più prossima allo zenit boreale, finché non ebbe tramutato la notte in un nuovo giorno. Se invece di percorrere una traiettoria curva fosse venuta direttamente verso la Terra, se non avesse ceduto velocità a Giove avrebbe coperto il tragitto in un solo giorno, ma di fatto le ci vollero cinque giorni in tutto per raggiungere il nostro pianeta. Quando scomparve la notte dopo alla vista dell'Inghilterra, aveva raggiunto le dimensioni di un terzo della Luna, e il disgelo ebbe pieno corso. Sorse sull'America grande quasi quanto la Luna, ma di un biancore accecante, e calda; e al suo sorgere si levò un soffio di vento caldo che raccolse forza e in Virginia, in Brasile e lungo la valle del San Lorenzo essa non si mostrò che a tratti attraverso un vapore tumultuoso di nuvole temporalesche, fra il guizzare di lampi violetti e una grandinata senza precedenti. Nel Manitoba il disgelo fu seguito da disastrose inondazioni. Quella notte su tutte le montagne della Terra le neve e il ghiaccio cominciarono a fondere, e tutti i fiumi che scendevano dalle alte terre presero accorrere densi e torbidi e ben presto ingombri, nel loro corso superiore, di tronchi mulinanti e dei corpi di uomini e animali. E continuarono a gonfiare sempre più in quel fantasmagorico chiarore e alla fine presero a scorrere oltre gli argini, dietro la popolazione in fuga dalle vallate. Lungo le coste dell'Argentina e in tutto il sud dell'Atlantico ci furono maree più imponenti di quante se ne ricordassero a memoria d'uomo, e in molti casi le tempeste spinsero le acque per decine di miglia all'interno, sommergendo intere città. E durante la notte il calore si fece così intenso che il sorgere del Sole fu come il calare di un'ombra. Cominciarono i terremoti, che si susseguirono fino a che in tutta l'America, dal Circolo Polare Artico fino a Capo Horn, i fianchi delle colline franarono, si aprirono fenditure nel terreno e case e mura caddero in macerie. Tutto un fianco del Cotopaxi rovinò in un unico esteso parossismo, e si riversarono fuori torrenti di lava tanto spessa, copiosa, fluida e mobile che in un sol giorno raggiunse il mare. Così la stella, scortata da un'esangue Luna, avanzò sopra il Pacifico, trascinandosi dietro come l'orlo della veste le tempeste, e l'onda di marea montante che la seguiva, famelica e spumeggiante, si abbatté su un'isola dopo l'altra spazzandone via ogni vivente. Fino a che l'onda - fulminea e terribile, nella luce accecante e in un calore di fornace - non raggiunse, come una muraglia d'acqua mugghiante alta quindici metri, la lunga costa dell'Asia, e non dilagò nell'entroterra sulle pianure della Cina. Per qualche tempo la stella, ormai più grande, luminosa e ardente del Sole allo zenit, illuminò spietatamente a giorno il vasto e popoloso paese: città e villaggi con pagode e alberi, vasti campi coltivati e milioni di esseri umani insonni che fissavano il cielo incandescente con impotente terrore; mentre alle loro spalle cresceva lentamente il brontolio della marea. Questo fu quanto accadde quella notte a milioni di uomini: una fuga senza scampo, le membra appesantite e il respiro mozzo per il calore, mentre l'onda di piena li incalzava come una bianca muraglia semovente. E poi la morte. La Cina era avvolta in una luce bianca abbagliante, ma sul Giappone, su Giava e su tutte le isole dell'Asia orientale la grande stella era una rossa palla di fuoco velata dal vapore, dal fumo e dalle ceneri che i vulcani eruttavano per salutare il suo avvento. Al di sotto della lava, dei gas infuocati e della cenere ribolliva la marea, mentre tutta la terra sussultava e rimbombava per le scosse dei terremoti. Ben presto le nevi eterne del Tibet e dell'Himalaya si sciolsero e si riversarono per milioni e milioni di rivoli convergenti sulle pianure della Birmania e dell'Indostan. In alto il groviglio di alberi della giungla indiana era in fiamme in migliaia di punti, mentre alla base dei tronchi oggetti oscuri si dibattevano ancora debolmente fra le acque vorticose riflettendo lingue sanguigne di fuoco. E in una confusione incontrollabile moltitudini di uomini e di donne cercavano scampo giù per le grandi vie fluviali verso l'ultima e sola loro speranza: il mare aperto. La stella diveniva più grande ormai, e più calda e più luminosa, con una terribile rapidità. Ai tropici l'oceano aveva perso la sua fosforescenza, e il vapore si levava in spettrali volute dalle nere onde che si abbattevano senza posa, punteggiate di navi sballottate dalla tempesta. Poi avvenne un prodigio. A quanti in Europa stavano in attesa del sorgere della stella parve che il Sole avesse cessato la sua rotazione. Nei mille spazi aperti delle pianure e delle alte terre gli uomini che vi si erano rifugiati per sfuggire alle inondazioni, ai crolli e alle frane attesero il suo sorgere invano. Le ore si susseguivano in un'ansia tremenda, ma la stella non sorgeva. Per una volta ancora gli uomini posarono gli occhi sulle vecchie costellazioni che avevano ritenuto perdute per sempre. In Inghilterra il cielo era caldo e chiaro, sebbene la terra sussultasse di continuo, ma ai tropici Sirio, Capella e Aldebaran si mostrarono attraverso un velo di vapore. E quando alfine, con quasi dieci ore di ritardo, la grande stella spuntò, il Sole sorse subito dopo, e al centro del suo nucleo incandescente c'era un dischetto nero. Era sopra l'Asia che la stella aveva cominciato a ritardare sul movimento del cielo, finché all'improvviso, mentre sovrastava l'India, la sua luce si era velata. Quella notte tutta la pianura indiana dalle foci dell'Indo a quelle del Gange era una piatta distesa d'acqua scintillante, dalla quale emergevano templi e palazzi, alture e colline nereggianti di folla. Su ogni minareto erano abbarbicati grappoli di persone che ad una ad una, sopraffatte dal panico e dal calore, cadevano nelle acque torbide. Da tutto il paese si levava come un unico gemito; quand'ecco che un'ombra si stese su quella fornace di disperazione, e nell'aria che rinfrescava si alzò il refrigerio di un soffio di vento e si addensarono le nuvole. Gli uomini che guardavano in alto, semiaccecati, la stella, videro un disco nero sovrapporsi lentamente alla sua luce. Era la Luna che si interponeva fra la stella e la Terra. E mentre gli uomini levavano grazie a Dio per questo refrigerio, il Sole sbucò da oriente con strana, inesplicabile celerità. Quindi la stella, il Sole e la Luna presero a solcare insieme i cieli. Fu così che per chi li osservava dall'Europa stella e Sole sorsero di fatto l'una di seguito all'altro, ascesero rapidamente per un tratto e poi sempre più lentamente fino a che non si arrestarono, Sole e stella fusi in un unico barbaglio di fiamma allo zenit del cielo. La Luna non eclissava più la stella, ma era scomparsa alla vista nella luminosità dell'aria. E sebbene quelli che erano ancora vivi lo considerassero, per la maggior parte, con quell'ottusità stuporosa che è il prodotto della fame, della stanchezza, del calore e della disperazione, c'erano ancora uomini in grado di cogliere il significato di quei segni. La stella e la Terra si erano trovate alla distanza minima, si erano proiettate lontano l'un l'altra e la stella era passata. Ora la stella stava già allontanandosi sempre più velocemente nell'ultima fase del suo viaggio a capofitto dentro il Sole. Quindi le nuvole si addensarono oscurando il cielo alla vista, e lampi e fulmini stesero un ricamo tutto intorno al mondo; su tutta la Terra ci furono piogge torrenziali quali uomo non aveva mai visto, e là dove i vulcani fiammeggiavano vermigli sotto la cappa nuvolosa scendevano a valle torrenti di fango. Dovunque le acque si riversavano sulla terra lasciandosi dietro rovine melmose e il suolo ingombro di ogni oggetto galleggiante come una spiaggia battuta dalla tempesta, e cadaveri di uomini, di bambini, di animali. Per giorni e giorni le acque imperversarono sulla terra spazzando via sul loro cammino suolo, alberi e case, erigendo enormi dighe e scavando gole gigantesche sul terreno. Furono i giorni di tenebra che fecero seguito al calore della stella. Per tutti quei giorni, e ancora per settimane e mesi, si susseguirono i terremoti. Ma la stella era passata, e gli uomini, spinti dalla fame e raccogliendo coraggio a poco a poco, poterono trascinarsi di nuovo verso le loro città in rovina, i granai sepolti e i campi inondati. Le poche navi che erano scampate alle tempeste di quei giorni si facevano strada scandagliando cautamente, malconce e disorientate, fra le secche e i nuovi punti di riferimento di porti una volta familiari. E quando le tempeste si placarono gli uomini si avvidero che il giorno era dovunque più caldo di quello di un tempo, il Sole più grande e la Luna, ridotta a un terzo delle sue antiche dimensioni, impiegava adesso ottanta giorni a percorrere le sue fasi. Ma della nuova fraternità che sorse allora fra gli uomini, del recupero di leggi, libri e macchine, dello strano cambiamento che si era verificato in Islanda, in Groenlandia e lungo le sponde della baia di Baffin, al punto che i marinai che vi si recavano, non potendo credere ai loro occhi, le trovavano adesso verdeggianti e amene, di tutto ciò questa storia non dice. Né dice delle migrazioni di uomini verso i poli, ora che la Terra si era fatta più calda. Essa si occupa solo dell'avvento della stella e del suo passaggio. Gli astronomi di Marte (poiché ci sono astronomi anche su Marte, per quanto siano esseri molto diversi dagli uomini) furono, com'è ovvio, profondamente interessati da questi fatti. Naturalmente li videro dal loro punto di osservazione. «Tenuto conto della massa e della temperatura del vettore che si è scagliato sul Sole attraverso il nostro sistema solare, - scrisse uno di loro, - è stupefacente quanto poco danno ne abbia risentito la Terra, mancata così di poco. Il profilo consueto dei continenti e delle masse marine resta inalterato, e l'unica differenza pare rappresentata da un restringimento dell'area bianca depigmentata (che si suppone sia acqua ghiacciata) intorno ai due poli». Il che vale a dimostrare quanto piccola possa apparire, da una distanza di qualche milione di miglia, la più immane delle catastrofi umane.












Bibliografia

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JONAS H., Das Prinzip Verantwortung (Il principio responsabilità, Un'etica per la civiltà tecnologica),Einaudi Editore, Torino 2002.


Sitografia

FISICA

www.it.encarta.msn.com/encyclopedia

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www.deltaenergie.it


INGLESE

www.disney.it/Film/Wall-E/


SCIENZE

www.pd.astro.it


ITALIANO

www.liberliber.it







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