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Sigmund Freud, il Surrealismo, la letteratura e la grande Guerra raccontata da lettere e saggi - tesina di maturita
SIGMUND
FREUD,L'ARTE E
L'INCONSCIO E IL SECOLO BREVE
Renè Magritte "le faux miroir"1924
Sigmund Freud,l'inventore della psicoanalisi,è sicuramente il personaggio che maggiormente ha influenzato il pensiero artistico e letterario del secolo breve,aprendo le porte all'inesplorabile labirinto della mentalità umana,trovando elementi che accomunano il pensiero delle persone.
La tesina non si sviluppa su uno dei numerosi libri scritti da Freud in ambito psicoanalitico,ma si sviluppa su i numerosi saggi,sulle lettere e sui pensieri trascritti da Freud che ben ci fanno comprendere la vera essenza del medico viennese e il suo vero pensiero riguardo l'arte e la letteratura,e ci apre le porte a una delle avanguardie più intricate,ma per questo sempre attuale,quale il surrealismo.
Inoltre,lo studio della sua persona,ci aiuta nel comprendere il perché il romanzo improvvisamente cambiò timbro e impostazione all'inizio del 900,sconvolgendo tutto ciò che era stato prima e spesso rinnegando addirittura il passato,aprendo le porte alla coscienza e alla psiche.
La tesina è interamente giocata su lettere,scritti e discorsi dei personaggi presi in considerazione.
Studierò in primis i rapporti tra Freud e il Surrealismo,analizzando l'avanguardia in questione,trascrivendo ciò che ebbe da dire Andrè Breton riguardo alla psiche e riportando le lettere che documentano gli incontri tra Salvador Dali',Breton e Freud,in modo tale da chiarire il perché della loro vicinanza.
Si passerà quindi alla letteratura,aprendo con un saggio di Freud sulla figura del poeta e contrapponendovi un discorso di Eugenio montale sulla poesia e una serie di passi centrali del "Fanciullino" di Giovanni Pascoli
Infine,parlando di psicoanalisi,è d'uopo ragionare sul romanzo della mente per eccellenza:la coscienza di Zeno di Italo Svevo. Per quanto riguarda storia,aprirò le porte alla Prima Guerra Mondiale attraverso alcuni passi centrali di un articolo scritto da Freud sulla delusione della guerra,dove,a modo suo,cerca di dare un'interpretazione attraverso la psicoanalisi del perché l'uomo da secoli combatta l'uno contro l'altro.
STORIA DELL'ARTE
Per iniziare.
Freud e il concetto di inconscio-perché i surrealisti lo prendono come modello
Secondo la teoria psicoanalitica di Sigmund Freud,elaborata mentre cercava una cura per l'isteria,i disagi della mente sarebbero causati da traumi che l'individuo non ricorda e che vengono trasportati(rimossi) nell'inconscio,una zona della personalità che normalmente è inaccessibile alla scienza.
La rimozione costituisce il pilastro su cui poggia tutto l'edificio della psicoanalisi.Questo processo serve secondo Freud ad allontanare dalla sfera cosciente conflitti altrimenti insopportabili,per esempio il senso di colpa del famoso complesso di Edipo da lui teorizzato.
Quando la personalità appare turbata,occorre poter entrare nella sua sfera inconscia per portare alla luce le cause del processo nevrotico.
I metodi per aprire l'inconscio sono processi che riescono a limitare la forza dei due elementi che agiscono sulla psiche:il super-io(sfera ideale di se,fondata sulla somiglianza dei genitori) e l'io cosciente e razionale.
Questi processi sono l'interpretazione dei sogni,esame del lapsus e del motto di spirito(poiché l'errore e il riso verrebbero provocati dall'emergere di contenuti inconsci) e infine il più efficace cioè l'associazione di parole:lasciato libero di non seguire alcuna logica,il paziente unisce alcuni termini che hanno un legame solo a livello inconscio,questo processo fu portato alle estreme conseguenze dai Surrealisti,che prevedevano addirittura il ritagliare di parole da giornali per poi ricomporle in poesie del tutto prive di significato,ma che a loro avviso davano la vera essenza della poesia inconscia.
Nella figura,sono schematizzate le tre istanze dell'apparato psichico secondo Freud:per Es si intende l'ambito delle pulsioni(l'inconscio),pei Io si intende la ragione e la logica e il Super Io è l'antagonista dell'Es.
Detto ciò,ci rendiamo conto di come,nonostante la diffidenza del medico nei confronti dell'Avanguardia,ci siano radici comuni tra psicoanalisi e surrealismo;ovvero sia Freud che Breton avevano avuto una formazione umanistica e filosofica ed entrambi avevano una spiccata simpatia per la corrente antirazionalista e per ciò che,nel pensiero di Nietzsche in particolare,invitava a smascherare la repressione e l'ipocrisia della mentalità corrente,ed entrambi studiavano (e vivevano) per scoprire ciò che c'era dietro alla psiche umana,seppur in modi decisamente diversi.
Il fatto che Freud non vedesse di buon occhio i Surrealisti,sta solamente in un fatto di "gusti estetici",del resto Freud da ammiratore visitò tutti i musei più importanti (Louvre,Pinacoteca di Dresda,Musei Vaticani) e si era fatto una cultura classica notevole,e trovatosi di fronte a un'arte cosi innovativa (e a volte decisamente macabra)come il Surrealismo,non potè che rimanere perplesso.
Ma non ho ancora risposto alla domanda col quale si apre questo monologo:perché i Surrealisti prendono Freud come modello?semplice:Breton vuole a tutti costi incontrare Freud non per approfondire la sua conoscenza in campo medico,ma semplicemente per capire meglio il subconscio,il mitico "al di là" già rappresentato dai romanticisti quali Füssli e dai poeti decadentisti quali Mallarmè e Rimbaud e dare alla sua avanguardia una distinzione netta tra il precedente dadaismo di Tzara, considerato da lui troppo schematizzante, e le sperimentazioni antiche che mancavano di basi teoriche, e creare cosi una nuova proposta ideologica dell'arte.Una sorta di ricerca quindi,che data la freddezza del vecchio dottore non porterà ad alcun risultato,e il Surrealismo resterà cosi attaccato alla psicanalisi solo in forma superficiale data da moti repressionali e libere associazioni trasposte in pittura e poesia
.
Andrè Breton,Salvator Dali' e Sigmund Freud:incontri "al vertice"
Come già accennato prima,per quanto riguarda l'arte,Freud era un vero e proprio tradizionalista,amante dei virtuosismi tecnici di Leonardo e dei grandi marmi bianchi di Michelangelo,del resto era un atteggiamento ovvio per un uomo colto come lui,ma è una vera e propria contraddizione il suo modo di considerare l'arte,se si ci ferma a cogitare sul fatto che fu proprio lui a minare nel profondo ciò che è la razionalità e fu lui a spiegare che l'inconscio è una serie di moti sessuali ed emotivi.
Freud fu per il
surrealismo quello che Winckelmann era stato per i neoclassici: l'ispiratore o,
come egli stesso si definisce, 'il santo patrono'.
Già nel Manifesto del Surrealismo (1924) Andrè Breton, riconosceva apertamente
l'apporto fondamentale degli studi di psicanalisi, anzi dichiarava apertamente
che il metodo della psicanalisi era proprio la strada da seguire per
raggiungere la libertà dell'immaginazione: lasciarsi guidare dall'inconscio,
come accade nel sogno, lasciare che le immagini scorrano nella propria mente
liberamente, per rivelare la nostra interiorità che altrimenti resterebbe
ignota anche a noi stessi.
Freud d'altra parte si era subito stancato di questa scomoda
'paternità', accusando i surrealisti di essere dei 'pazzi
integrali'. La sua opinione cambia però di fronte alle opere di Dalì, di
cui ammira la notevole padronanza tecnica; Freud si dichiara profondamente interessato
nello scoprire la genesi delle opera di Dalì, ma quello che più lo affascina è
la complessa personalità del pittore.
Andrè Breton-Manifesto del Surrealismo 1924.(pubblicato su "Litterature" 1921)
Il primo manifesto del surrealismo esprime l'intenzione di superare la pura negatività del dadaismo elaborando un programma che riguarda sia la ricerca artistica che la presa di posizione riguardo la società.Nel pezzo che riporto,Breton definisce i fondamenti teorici del movimento,inserendo naturalmente Freud come pilastro del movimento.La trasposizione enciclopedica che Breton fa del surrealismo,riporta chiaramente che l'avanguardia è basata tutta sull'automatismo psichico,sul sogno e sulle libere associazioni,ovvero sulle tecniche "brevettate"da Freud.
Viviamo ancora sotto il regno della logica: questo, naturalmente, è il punto cui volevo arrivare. ma ai giorni nostri, i procedimenti logici non si applicano più se non alla soluzione di problemi di interesse secondario. Il razionalismo assoluto che rimane di moda ci permette di considerare soltanto fatti strettamente connessi alla nostra esperienza. I fini logici, invece, ci sfuggono. Inutile aggiungere che l'esperienza stessa si è vista assegnare dei limiti. Gira dentro una gabbia dalla quale è sempre più difficile farla uscire. Anch'essa poggia sull'utile immediato, ed è sorvegliata dal buon senso. In nome della civiltà, sotto pretesto di progresso, si è arrivati a bandire dallo spirito tutto ciò che, a torto o a ragione, può essere tacciato di superstizione, di chimera; a proscrivere qualsiasi modo di ricerca della verità che non sia conforme all'uso. Si direbbe che si debba a un caso fortuito se di recente è stata riportata alla luce una parte del mondo intellettuale, a mio parere di gran lunga la più importante, di cui si ostentava di non tenere più conto. Bisogna rendere grazie alle scoperte di Freud. In forza di queste scoperte, si delinea finalmente una corrente d'opinione grazie alla quale l'esploratore umano potrà spingere più avanti le proprie investigazioni, sentendosi ormai autorizzato a non considerare soltanto le realtà sommarie. L'immaginazione è forse sul punto di riconquistare i propri diritti.
SURREALISMO, n. m. Automatismo tipico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmete, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale.
ENCICL. Filos. Il surrealismo si fonda sull'idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme d'associazione finora trascurate, sull'onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero. Tende a liquidare definitivamente tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirsi ad essi nella risoluzione dei principali problemi della vita
S.Freud-lettera a S.Zweig 1938
Questa lettera ci documenta l'incontro tra l'artista catalano e Freud,che rimase impressionato di fronte alla perizia tecnica di Dali',che in un attimo schizzò su un foglietto un ritratto di Freud che toccò l'animo del freddo e tradizionalista dottore.La lettera la scrisse a un suo paziente che fece di tutto affinché il suo dottore incontrasse di persona il più particolare dei surrealisti.Notiamo nella lettera come la deformazione professionale induca subito Freud a fare di Dali' un caso psicolabile,ma del resto,non aveva tutti i torti vista la travagliata infanzia dell'artista.
'Caro signore, bisogna realmente che io vi ringrazi della parola di
introduzione che mi ha condotto il visitatore di ieri. Poiché fino a quel
momento ero tentato di considerare i surrealisti, che apparentemente mi hanno
scelto come santo patrono, come dei pazzi integrali (diciamo al 95%, come per
l'alcool puro). Il giovane Spagnolo, con i suoi candidi occhi di fanatico e la
sua indubbia padronanza tecnica, mi ha incitato a riconsiderare la mia
opinione. In realtà, sarebbe molto interessante studiare analiticamente la
genesi d'un quadro di tal genere. Dal punto di vista critico si potrebbe
tuttavia dire che la nozione d'arte si rifiuta ad ogni estensione quando il
rapporto quantitativo tra il materiale inconscio e l'elaborazione precosciente
non si mantiene entro limiti determinati. Si tratta qui, in ogni caso, d'un
serio problema psicologico.'
disegno "in punta di penna" di Dali' eseguito durante l'incontro con Freud
Breton e l'incontro con Freud nel 1919
Sognatore definitivo, fantasticatore incallito, irrecuperabile insonne, il surrealista Andrè Breton visse il cosiddetto "amore platonico"nei confronti della psicoanalisi.
. Già prima della guerra, le idee, più che le tecniche, di Freud circolavano in Francia sotto forma di compendi psichiatrici spesso ingenui e approssimativi, ma solo negli anni Venti, con la traduzione della
Psicopatologia della vita quotidiana e dei saggi sulla sessualità infantile, il freudismo aveva iniziato a erodere fondamenti e certezze della disattenta accademia francese. Breton, Max Ernst e gli ambienti delle
avanguardie in genere, strutturalmente più ricettivi rispetto all'ufficialità medica, contribuirono in maniera non soltanto indiretta alla crescita e alla diffusione di questo interesse, aprendo più di una breccia e inaugurando una «via letteraria» alla psicoanalisi che, con i suoi buoni frutti, avrebbe, al contempo e inevitabilmente, alimentato infiniti malintesi.
A guerra finita, nell'ottobre del 1921, Breton si era recato a Vienna, in una sorta di «pellegrinaggio devozionale», ma il suo incontro con Freud fu alquanto deludente. In una «abitazione dall'aspetto mediocre», trovò un anziano signore guardingo, all'apparenza svogliato e senza fascino che lo ricevette
nel suo modesto ambulatorio di quartiere. Breton provò ad intavolare un discorso su basi filosofiche e citò anche Charcot,maestro di Freud e Babinski,neurologo positivista,ma Freud rimase decisamente impassibile.
A Breton non rimase altro da fare che scrivere uno smilzo e scialbo
resoconto che, pochi mesi dopo, apparve sul primo numero della serie di
«Littérature»,rivista nata come dadaista nel 1919 e trasformatasi in
surrealista nel 1921. Ci fu quindi molta freddezza nei confronti del
surrealismo da parte del medico viennese - che, stando all'impressione
registrata da Breton, «non amava molto
Breton, pronto a mutare in astio feroce la propria «incondizionata» ammirazione, mantenne una sorta di deferenza costante nei confronti dell'analista che - sempre freddo nei confronti dell'arte moderna- da parte sua confessava di considerare i surrealisti poco più che «matti completi». La fiducia ingenua, da parte di Breton, nelle energie «miracolose dell'inconscio» avrebbe d'altronde fatto sì che i suoi riferimenti
a Freud si mantenessero sul piano di mere allusioni.
Comunque siano andate le cose, l'ingenua, ma feconda, assimilazione dell'opera di Freud si dimostrò uno stimolo essenziale per il movimento, e per le ricerche del loro mentore. Riporto qui lo scritto di Breton.
Ai giovani e agli spiriti avventurosiche,poiché quest'inverno è di moda la psicanalisi,hanno bisogno di immaginarsi una delle agenzie più prospere dell'avventurierismo moderno,il gabinetto del dottor Freud condegli apparecchi per trasformare conigli in cappelli e il determinismo bleu per ogni carta assorbente,non sono dispiaciuto nell'annunciare che il maggiore psicologo di questo tempo abita in una casa di aspetto mediocre in un quartiere sperduto di Vienna."Caro Signore,mi aveva scritto,vi prego di venirmi a trovare questo lunedi',domani 10 alle 3 pomeridiane nel mio studio. Vostro devotissimo,Freud"
Una modesta targa all'ingresso:Prof Freud,2-4 una cameriera che non è
particolarmente carina,una sala d'attesa con quattro incisioni debolmente
allegoriche:l'Acqua, il Fuoco,
Ciò finchè la famosa porta imbottita si socchiude per me,e mi trovo in presenza di un vecchietto dimesso,che riceve nel suo povero gabinetto di medico di quartiere,Tuttavia mi mostra con fierezza un edizione appena uscita a Ginevra e che non è altro che la prima traduzione francese di cinque delle sue lezioni.Cerco di farlo parlare gettando nella conversazione i nomi di Charcot,di Babinski,ma,o perché forse mi riferisco a ricordi per lui troppo lontani o perché con uno sconosciuto si mantiene su un piano di reticenza,non riesco a strappargli che genericità:"la vostra lettera,la più pungente che mai abbia ricevuto in vita mia",o:"per fortuna,noi contiamo molto sulla gioventù".
S.Dali' "la persistenza della memoria,1931
Note-Il surrealismo
Il Surrealismo (termine nato da una definizione di Apollinare del 1917) è un movimento artistico letterario nato in Francia negli anni venti(1924) e sviluppatosi grazie a scrittori e poeti quali, André Breton, Paul Eluard, Louis Aragon, Philippe Soupault, Benjamin Peret e ai pittori, Joan Mirò, Max Ernst, Salvador Dalì, Yves
Tanguy.
L'immagine che ci propone il Surrealismo, eliminando il principio di identità,
non si basa più sul concetto di similitudine, ma su quello di dissimilitudine,
un'immagine al di fuori di ogni regola naturale o sociale, del buon senso e
della logica, che accosta elementi inconciliabili e, per il senso comune,
dissimili, in modo traumatico e sconvolgente per lo spettatore, che potrà
recepirli solo attraverso l'immaginazione, la fantasia, il sogno,
l'allucinazione: è pur sempre, tuttavia, un modo figurativo di rappresentare la
realtà, al di fuori di ogni astrattismo e costruttivismo, è un azzardo
oggettivo che crea un mondo di oggetti definiti, arbitrariamente associati fino
a destituirli di ogni fondamento di realtà.
Questa poetica era stata anticipata nelle opere di Giorgio De
Chirico (Piazze d'Italia, 1910) l'inventore della pittura
metafisica, al quale lo stesso Breton riconosce un ruolo di precursore.
In generale si può dire che gli artisti si esprimono in modo diverso a seconda della loro personale interpretazione della poetica surrealista, con caratteri più spiccatamente istintivi, affidati al sogno ed alla casualità, come fa Mirò, o attraverso la rielaborazione di un surrealismo più figurativo, teatrale e fantastico, sulla scia della pittura metafisica, come fanno Dalì e Magritte.
Tra gli artisti più importanti del Surrealismo
ricordiamo Alberto
Giacometti, Salvador Dalì e
Max Ernst, che per primo
adotta la tecnica del frottage
e del dripping
(drip painting), Jean Arp
, Juan Mirò , René Magritte
, Duchamp
, artisti in gran parte giunti al Surrealismo da altri movimenti, come già
rilevato, come del resto Picasso
, Chagall
,Klee.
In definitiva, il Surrealismo non propone nessun rigido programma o
dogma a cui i suoi aderenti si debbano conformare, ma si propone sempre come un
atteggiamento generale verso la vita, inteso a salvaguardare la libertà
dell'individuo e dell'artista nell'esprimere, in qualsiasi forma, senza limiti
né preclusioni, la sua verità.
Storicamente, il Surrealismo fu una risposta all'angoscia della crisi in cui si dibatteva la società dell'epoca, ponendo in termini chiari e strutturati il problema, la costruzione di un mondo libero per gli individui e la collettività, e fornendo possibili tentativi di risposta per risolverlo: non riuscì mai, tuttavia, a fondere in modo soddisfacente le sue due anime, quella sociale e quella individuale, la sfera dell'attività pratica e quella dell'attività dello spirito, giungendo così al suo stesso scioglimento.
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ITALIANO
Tre "modesti" pareri sulla poesia,prodotto "immortale e fanciullesco":
è incredibile come in un breve saggio pubblicato da Freud nel 1908 sul ruolo del poeta e della fantasia,si possano facilmente riscontrare pensieri comuni a due dei più grandi poeti italiani che la storia abbia conosciuto:Eugenio Montale e Giovanni Pascoli.
In questo discorso intitolato "Il poeta e la fantasia", Freud,dopo un preambolo che illustra il suo amore per la poesia che dice potrà morire solo con la morte dell'ultimo uomo,mette in luce la connessione tra la produzione poetica e il gioco, il gioco che crea un mondo fantastico. «Anche il poeta fa quello che fa il bambino giocando: crea un mondo di fantasia, che prende molto sul serio; che, cioè, carica di forti importi d'affetto, pur distinguendolo nettamente dalla realtà».In effetti nel tedesco vi è una stessa parola per indicare sia la rappresentazione di lavori teatrali, Spiele, sia i giochi, Spiele.
Il bambino gioca, e nel gioco trova piacere, soddisfazione, realizzazione; egli racconta i suoi giochi, li condivide con i compagni e cerca di coinvolgere anche i genitori. Ma una volta divenuto adolescente questi giochi si fanno segreti, diventano fantasie non comunicabili, dei «castelli in aria». Di più: l'adulto si vergogna a comunicare questi «sogni ad occhi aperti» e spesso crede sia il solo a farli; se poi trovasse il coraggio di parlarne, il più delle volte provocherebbe nell'ascoltatore un freddo scetticismo o addirittura «una certa ripugnanza».
L'artista,
il poeta, hanno al contrario una dote speciale: riescono a portare alla luce le
loro fantasie senza provocare disprezzo.Così «il poeta ci mette in condizione
di gustare d'ora in poi le nostre fantasie senza rimprovero e senza vergogna svolgendo
il suo ruolo di medico.
L'artista è architetto di quella cattedrale che sa ospitare la nostra interiorità
donandole una casa, un luogo di gioco e di fantasia nel quale è lecito liberare
il nostro essere più profondo.
Per spiegare questa sua interpretazione della poesia,essendo uno psicoanalista,ci spiega come il poeta abbia questa dote liberatoria del fanciullo rinchiuso in noi attraverso l'analisi della fantasia e del tempo. Ne deriva un saggio da un lato profondamente medico e freddo,ma ne contempo appare,soprattutto nei primi e ultimi versi,un personaggio che ama la poesia e che vede in lei,come già detto prima,la sola e unica rivelatrice della realtà.
Dal canto suo,Eugenio Montale in un discorso pronunciato all'Accademia di Svezia nel 1975 dopo il conseguimento del premio Nobel,ci descrive la poesia come un prodotto che,se saputa fare,"imbalsama tutta un'epoca",che nasce quasi per miracolo ma che al contempo possono fare tutti se però si distaccano dalle mode e dalla massificazione,difatti distingue i componimenti poetici tra quelli moderni e destinati a lasciare il tempo che trovano,e quella lirica e sempre riconoscibile dall'animo umano.
Il suo è un discorso che si articola sulla questione della poesia e della sua sopravvivenza nei tempi moderni,e che si conclude con l'affermazione che la poesia è immortale,quindi sia per Freud che per il poeta la poesia non potrà mai morire perché,nascendo per caso,è un prodotto infinito e,come diceva Montale,"mai nocivo" e sempre aperto a nuove inspiegabili interpretazioni e completamente inspiegabile dal punto di vista della sua nascita,difatti anche Freud trova una certa difficoltà nel capire quali effettivamente siano i processi che portano i poeti a scrivere i loro versi,del resto la psicologia umana è di quanto più complesso possa esistere,e Montale arriva addirittura ad affermare che la poesia è una malattia incurabile,mentre Freud la vede come medicina in quanto ci consola e ci provoca un piacere temporaneo,cosi come la vede Pascoli che definisce il sentimento poetico migliore di qualsiasi cura possibile.
Montale comunque dà alla poesia un alto valore morale nella civiltà contemporanea,ma che concerne la condizione umana in generale indipendentemente dalle vicende storiche e che si basa sulla storia personale,che distacca totalmente dalla vita sociale ma sempre condivisibile da tutti gli uomini,del male di vivere e della disarmonia con la realtà e delle sue forme che ognuno è costretto ad affrontare.Su questo punto anche Freud riflette,in quanto afferma che la vita,soprattutto quella vissuta da adulti,impone forti limitazioni al pensiero e al modo di agire in quanto altrimenti verresti immediatamente etichettato come folle.
Giovanni Pascoli ci descrive,attraverso alcuni passi del suo saggio più famoso,"Il Fanciullino" del 1903,come la poesia sia la voce dell'infanzia che il poeta ha conservato dentro di sé;
in questo caso quindi l'analogia tra il poeta e lo psicoanalista è lampante:entrambi vedono la poesia come la voce,che ognuno porta sempre dentro di se e che non viene mai rimpiazzata,ma che solamente il poeta può far uscire senza cadere nel grottesco,ed entrambi come già detto vedono il poeta come portatore di consolazione e temporaneo benessere dell'anima.Pascoli poi,come Montale e come Freud,ci fa osservare come il poeta non lo fa apposta a essere poeta, lui dà voce a ciò che tutti pensano ma non riescono a pronunciare,e lo fa in modo del tutto spontaneo,ma nonostante ciò non è trascinatore delle folle,al contrario è lui che viene trascinato dalla mente e dalle condizioni.
Sigmund freud |
Montale poesia immortale, poesia con valore morale |
Pascoli poesia dettata dal desiderio inconscio del fanciullino in noi |
Pensiero comune inconsapevolezza del poeta di essere poeta |
Sigmund Freud,"Der dichter und das phantasieren".pubblicato in Neue Revue,1908,ora in "psicoanalisi dell'arte e della letteratura",ed,Newton
Noi profani siamo sempre stati intensamente curiosi di sapere - come il Cardinale che pose ad Ariosto una domanda simile - a quali fonti attinga il suo materiale quello strano essere che è il poeta, e come riesca a fare su di noi una tale impressione e a destare in noi emozioni di cui forse non ci ritenevamo neppure capaci. Ed il nostro interesse aumenta ancora quando, ponendogli la domanda, lo scrittore non dà spiegazioni, o non ne dà di soddisfacenti; né ci ferma la consapevolezza che anche la più chiara penetrazione nelle cause determinanti la scelta del materiale e nella natura della creazione della forma fantastica, non contribuirà mai a fare di noi dei poeti.Se potessimo almeno scoprire in noi stessi o in persone simili a noi un'attività in qualche modo analoga alla composizione creativa! Esaminandola, avremmo allora la speranza di ottenere una prima spiegazione dei lavoro creativo degli scrittori. Ed anzi, c'è qualche probabilità che questo sia possibile. Dopo tutto, i poeti stessi amano ridurre la distanza che li separa dalla media degli uomini e spesso ci assicurano che ogni uomo in fondo è un poeta e che l'ultimo poeta morirà solo con l'ultimo uomo.
Non dovremmo forse cercare già nell'infanzia le prime tracce
della fantasia poetica?
Il gioco è l'occupazione più intensa e prediletta del bambino. Non
possiamo dire che ogni bambino giocando si comporta come un poeta, nel momento
in cui si crea un mondo proprio, o piuttosto mentre riordina in un nuovo modo
di suo gradimento le cose dei
suo mondo? Sarebbe errato pensare che egli non prenda sul serio quel mondo; al
contrario, egli prende molto sul serio
il suo gioco e vi prodiga una grande quantità di emozioni. L'opposto del gioco non è ciò che è serio, ma
ciò che è reale.Nonostante tutte le emozioni riversate sul mondo dei
suoi giochi, il bambino lo distingue
benissimo dalla realtà ed ama legare gli oggetti e le situazioni
immaginate alle cose tangibili e visibili del mondo reale. E' questo collegamento che differenzia il
«gioco» dei bambino dal «fantasticare».
Il poeta si comporta come il bambino che gioca. Egli crea un
mondo di fantasia che prende molto sul serio - in cui, cioè, investe una grande
carica emotiva - e lo separa nettamente dalla realtà.
La lingua ha conservato questo rapporto tra il gioco del bambino e la creazione
poetica, definendo con il termine Spiel (gioco) quelle forme di
composizione poetica che devono essere collegate ad oggetti tangibili e che
sono destinate alla rappresentazione; troviamo così indicati con Lustspiel
(«recita» o «gioco piacevole») la commedia, con Trauerspiel («recita»
o «gioco luttuoso») la tragedia e con Schauspieler («giocatore» o «chi
dà spettacolo») coloro che eseguono la rappresentazione. Tuttavia la
irrealtà del mondo fantasioso dello scrittore dà luogo a conseguenze molto
importanti per la tecnica artistica; infatti molte cose, viste nella loro
realtà non potrebbero dare alcun godimento, ma possono invece darlo nel gioco
della fantasia, e così molte eccitazioni che in sé sono veramente penose,
possono diventare fonte di piacere per gli ascoltatori e per gli spettatori
alla rappresentazione del lavoro dello scrittore.Un'ulteriore considerazione ci
spinge a soffermarci ancora un momento
su questo contrasto tra realtà e gioco. Quando il bambino è
cresciuto ed ha smesso di giocare, e dopo che per anni si è affaticato ad
affrontare le realtà della vita con adeguata serietà, può un giorno trovarsi in
uno stato psichico tale da disfare nuovamente il contrasto tra gioco e
realtà. Come adulto egli può riconsiderare l'intensa serietà con la quale
giocava durante l'infanzia, e, confrontando le attuali occupazioni
apparentemente serie con i giochi infantili, può liberarsi dei pesante fardello
impostogli dalla vita e conquistare il grande piacere dell'umorismo.Crescendo gli uomini smettono quindi di giocare e
sembra che rinuncino al piacere che ottenevano dal gioco. Ma chi conosce
la psiche umana sa che nulla è più difficile per un uomo della rinuncia ad un
piacere già provato una volta. In realtà, non possiamo mai rinunciare a
qualcosa, possiamo solo sostituire una cosa ad un'altra.Ciò che sembra una
rinuncia è in realtà la formazione di un sostituto o di un surrogato. E
così il bambino crescendo, quando smette di giocare, non rinuncia ad altro che
al collegamento con gli oggetti reali: invece
di giocare egli ora fantastica. Costruisce castelli in aria e crea
i cosiddetti sogni ad occhi aperti.
Credo che la maggior parte delle persone costruiscano a volte nella loro vita
delle fantasie. Questo fatto è stato per molto tempo trascurato e di
conseguenza non ne è stata sufficientemente valutata l'importanza.E più
difficile osservare le fantasie degli adulti che i giochi dei bambini. E
vero che il bambino gioca da solo o forma un sistema psichico chiuso con gli
altri bambini ai fini del gioco; ma anche se non gioca di fronte agli adulti
tuttavia non nasconde loro il suo gioco. L'adulto invece si vergogna
delle sue fantasie e le nasconde alle altre persone. Egli considera le
fantasie come le sue cose più intime e in genere pur di non svelarle
preferirebbe confessare le sue colpe. Può così succedere che egli ritenga
di essere l'unica persona ad inventare tali fantasie e che non abbia la minima
idea della diffusione di creazioni di questo tipo tra le altre persone.
Questa differenza nel comportamento di una persona che gioca e di una persona
che fantastica è spiegata dai motivi di queste due attività, che tuttavia sono
l'una complementare all'altra.Il gioco dei bambino è determinato dai desideri,
anzi da un unico desiderio (che contribuisce alla sua educazione), il desiderio
di essere grande e adulto. Egli gioca sempre ad «essere grande» e nei
suoi giochi imita ciò che sa della vita degli adulti. Non ha ragione di
nascondere questo desiderio. Per l'adulto la situazione è diversa: da un
lato egli sa che ci si aspetta che non continui più a giocare ed a
fantasticare, ma che agisca nel mondo reale, dall'altro alcuni dei desideri che
danno vita alle fantasie sono tali che è indispensabile nasconderli.
Quindi egli si vergogna delle sue fantasie perché sono infantili e
inammissibili.Ci si potrebbe domandare da dove si prendono notizie così
singolari sulla fantasia delle persone, dal momento che queste le circondano di
tanto mistero. Ebbene, esiste una categoria di esseri umani ai quali non
un dio ma una dea austera -
Generalmente è molto importante il rapporto della fantasia con il tempo. Possiamo dire che esso in un certo senso oscilla fra tre tempi, i tre momenti temporali impiegati dalla nostra rappresentazione. Il lavoro psichico è legato a qualche impressione attuale, un'occasione dei presente e che sia in grado di ridestare uno dei più grandi desideri dei soggetto. Da qui ritorna ad un ricordo di un'esperienza precedente (generalmente infantile) in cui questo desiderio si era realizzato; ed ora crea una situazione relativa al futuro che rappresenta una realizzazione dei desiderio. Crea quindi un sogno ad occhi aperti o una fantasia che porta con sé le tracce della sua origine dall'occasione stimolante e dal ricordo. Così il passato, il presente e il futuro sono come infilati insieme nel filo del desiderio che li percorre.Un esempio molto banale può servire a chiarire quello che ho detto. Prendiamo il caso di un ragazzo povero ed orfano. al quale è stato dato l'indirizzo di un datore di lavoro. dove può forse ottenere un posto. Incamminandosi egli può indugiare in un sogno ad occhi aperti, adatto alla situazione da cui sorge. Il contenuto della fantasia potrebbe forse essere questo: ottiene il posto, viene preso in simpatia dal nuovo datore di lavoro, si rende indispensabile nel lavoro, viene accolto nella famiglia dei principale, ne sposa l'affascinante giovane figlia e quindi diventa egli stesso direttore dell'impresa, dapprima come socio e poi come successore del padrone. In questa fantasia il sognatore ha riconquistato quello che possedeva nella sua infanzia felice: la casa protettiva, i genitori affettuosi ed i primi oggetti dei suoi sentimenti amorosi. Si può vedere da questo esempio il modo in cui il desiderio si serve di un'occasione del presente per costruire, sul modello dei passato, un'immagine dei futuro.Si potrebbe dire molto di più sulle fantasie, ma io accennerò solo, il più brevemente possibile, a determinati punti. Diventando troppo potenti le fantasie pongono le condizioni per la nascita di una nevrosi o di una psicosi. Inoltre le fantasie sono gli immediati predecessori psichici dei sintomi penosi lamentati dai nostri pazienti. Da qui un'ampia diramazione sfocia nella patologia.
Non posso tralasciare il rapporto delle fantasie con i sogni. I nostri sogni notturni non sono altro che fantasie come queste, e lo possiamo dimostrare con l'interpretazione dei sogni. Il linguaggio, con la sua impareggiabile saggezza, ha da tempo chiarito la questione dell'essenza dei sogni, definendo «sogni ad occhi aperti» le aeree creazioni della fantasia. Se il significato dei nostri sogni generalmente ci rimane oscuro nonostante questa indicazione, ciò è dovuto alla circostanza che di notte sorgono in noi dei desideri di cui ci vergognano e che dobbiamo nascondere a noi stessi; i quali di conseguenza sono stati rimossi e spinti nell'inconscio. Questi desideri rimossi e le loro derivazioni possono solo ottenere una espressione altamente deformata. Una volta che la scienza è riuscita ad identificare il linguaggio del sogno non ci sono più state difficoltà ad ammettere che i sogni notturni sono realizzazioni di desideri proprio come i sogni ad occhi aperti, cioè come le fantasie che conosciamo tutti molto bene[.]Perché il nostro confronto del poeta con il sognatore, e della creazione poetica con il sogno ad occhi aperti, serva a qualcosa, deve innanzitutto dimostrarsi proficuo in qualche modo. Cerchiamo, ad esempio, di applicare a queste opere del poeta la tesi che abbiamo precedentemente formulato sul rapporto tra la fantasia ed i tre periodi di tempo e il desiderio che li percorre; e con il suo aiuto cerchiamo di studiare i nessi che esistono tra la vita del poeta e le sue opere. Non si sa mai quali prospettive formulare, nell'affrontare questo problema, e spesso il nesso è stato concepito in maniera troppo semplice. Alla luce del nostro esame delle fantasie, dovremmo aspettarci il seguente stato di cose: una forte esperienza del presente ridesta nel poeta il ricordo di un'esperienza precedente (generalmente appartenente all'infanzia) da cui nasce ora un desiderio che trova la sua realizzazione nell'opera creativa. L'opera stessa rivela elementi dell'occasione recente e dell'antico ricordo.Non ci si deve allarmare per la complessità di questa formula. Temo anzi che si dimostrerà un modello inadeguato, tuttavia può contenere una prima approssimazione all'effettivo stato di cose; e, in base ad alcuni esperimenti che ho fatto, sono incline a pensare che questo modo di considerare le composizioni creative possa risultare fruttuoso. Non bisogna dimenticare che l'enfasi, forse strana, sui ricordi infantili della vita del poeta si basa in ultima analisi sull'ipotesi che sia la composizione creativa che il sogno ad occhi aperti sono una continuazione ed un surrogato dell'antico gioco infantile.Direte che per quanto io abbia messo il poeta al primo posto nel titolo dei mio saggio, vi ho parlato molto meno di lui che delle fantasie. Ne sono consapevole e devo cercare di giustificarmi riferendomi all'attuale stato delle nostre conoscenze. Ho potuto solamente lanciare alcuni incoraggiamenti e suggerimenti che, partendo dallo studio delle fantasie, conducano al problema della scelta del materiale letterario da parte dello scrittore. Per quanto riguarda l'altro problema, quello concernente i mezzi con i quali il poeta ottiene gli effetti emotivi che suscita in noi con le sue creazioni, non lo abbiamo ancora neppure sfiorato. Ma vorrei almeno indicarvi la strada che dalla nostra discussione sulle fantasie porta al problema degli effetti poetici.
Ricorderete che vi ho detto che il sognatore ad occhi aperti nasconde accuratamente le sue fantasie alle altre persone, perché sente di avere ragione di vergognarcene. Aggiungo ora che se anche egli le comunicasse, non ci potrebbe procurare alcun piacere con le sue rivelazioni. Tali fantasie, quando le conosciamo, ci ripugnano o almeno ci lasciano indifferenti. Ma quando un poeta ci presenta i suoi drammi o ci racconta ciò che siamo propensi a considerare il suo sogno ad occhi aperti, noi proviamo un grande piacere, che probabilmente sorge dalla confluenza di molte fonti. Come lo scrittore ottenga questo, è il suo più intimo segreto; l'ars poetica consiste essenzialmente nella tecnica per superare il senso di ripugnanza che c'è in noi e che certamente è connesso alle barriere 'che sorgono tra ogni singolo lo e gli altri. Possiamo immaginare due metodi di questa tecnica. li poeta addolcisce il carattere della sua fantasticheria egoistica con alterazioni e travestimenti e ci seduce con la fonte di piacere puramente formale, cioè estetico, che ci offre nella presentazione delle sue fantasie.Questo piacere, che ci viene offerto per rendere possibile la liberazione di un piacere ancora più grande, proveniente da fonti psichiche più profonde. si potrebbe definire premio d'incentivo o piacere preliminare. Secondo me tutto il piacere estetico che ci dà il poeta, ha natura di tale piacere preliminare, e il nostro effettivo godimento di un lavoro di fantasia deriva dalla liberazione di tensioni della nostra psiche. Può anche essere che in parte questo effetto sia dovuto al fatto che lo scrittore ci permette da quel momento in poi di godere dei nostri sogni diurni senza rimproveri e vergogna. Questo ci porta alla soglia di nuove indagini interessanti e complicate, ma anche, almeno per il momento,alla conclusione della nostra discussione., alla1908 )
E.Montale:"è ancora possibile
II premio Nobel è
giunto al suo settantacinquesimo turno, se non sono male informato. E se molti
sono gli scienziati e gli scrittori che hanno meritato questo prestigioso
riconoscimento, assai minore è il numero dei superstiti che vivono e lavorano
ancora. Alcuni di essi sono presenti qui e ad essi va il mio saluto e il mio
augurio. Secondo opinioni assai diffuse, opera di aruspici non sempre
attendibili, in questo anno o negli anni che possono dirsi imminenti il mondo
intero (o almeno quella parte del mondo che può dirsi civilizzata) conoscerebbe
una svolta storica di proporzioni colossali. Non si tratta ovviamente di una
svolta escatologica, della fine dell'uomo stesso, ma dell'avvento di una nuova
armonia sociale di cui esistono presentimenti solo nei vasti domini
dell'Utopia. Alla scadenza dell'evento il premio Nobel sarà centenario e solo
allora potrà farsi un completo bilancio di quanto
Non insisto su questo tasto perché non sono né filosofo, né sociologo, né moralista.
Ho scritto poesie e per queste sono stato premiato, ma sono stato anche bibliotecario, traduttore, critico letterario e musicale e persine disoccupato per riconosciuta insufficienza di fedeltà a un regime che non poteva amare. Pochi giorni fa è venuta a trovarmi una giornalista straniera e mi ha chiesto: come ha distribuito tante attività così diverse? Tante ore alla poesia, tante alle traduzioni, tante all'attività impiegatizia e tante alla vita? Ho cercato di spiegarle che non si può pianificare una vita come si fa con un progetto industriale. Nel mondo c'è un largo spazio per l'inutile, e anzi uno dei pericoli del nostro tempo è quella mercificazione dell'inutile alla quale sono sensibili particolarmente i giovanissimi.
In ogni modo io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile.
Sono qui perché ho scritto poesie: sei volumi, oltre innumerevoli traduzioni e saggi critici. Hanno detto che è una produzione scarsa, forse supponendo che il poeta sia un produttore di mercanzie; le macchine debbono essere impiegate al massimo. Per fortuna la poesia non è una mercé. Essa è una entità di cui si sa assai poco, tanto che due filosofi tanto diversi come Croce storicista idealista e Gilson cattolico, sono d'accordo nel ritenere impossibile una storia della poesia. Per mio conto, se considero la poesia come un oggetto ritengo ch'essa sia nata dalla necessità di aggiungere un suono vocale (parola) ali martellamento delle prime musiche tribali. Solo molto più tardi parola e musica poterono scriversi in qualche modo e differenziarsi. Appare la poesia scritta, ma la comune parentela con la musica si fa sentire. La poesia tende a schiudersi in forme architettoniche sorgono i metri, le strofe, le così dette forme chiuse. Ancora nelle prime saghe nibelungiche e poi in quelle romanze, la vera materia della poesia è il suono. Ma non tarderà a sorgere con i poeti provenzali una poesia che si rivolge anche all'occhio. Lentamente la poesia si fa visiva perché dipinge immagini, ma è anche musicale: riunisce due arti in una. Naturalmente gli schemi formali erano larga parte della visibilità poetica. Dopo l'invenzione della stampa la poesia si fa verticale, non riempie del tutto lo spazio bianco, è ricca di « a capo » e di riprese. Anche certi vuoti hanno un valore. Ben diversa è la prosa che occupa tutto lo spazio e non da indicazioni sulla sua pronunziabilità. È a questo punto gli schemi metrici possono essere strumento ideale per l'arte del narrare, cioè per il romanzo. E'il caso di quello strumento narrativo che è l'ottava, forma che è già un fossile nel primo Ottocento malgrado la riuscita del Don Giovanni di Byron (poema rimasto interrotto a mezza strada). Ma verso la fine dell'Ottocento le forme chiuse della poesia non soddisfano più né l'occhio né l'orecchio. Analoga osservazione può farsi per il Blank verse inglese e per l'endecasillabo sciolto italiano. E nel frattempo fa grandi passi la disgregazione del naturalismo ed è immediato il contraccolpo nell'arte pittorica. Così con un lungo processo, che sarebbe troppo lungo descrivere, si giunge alla conclusione che non si può riprodurre il vero, gli oggetti reali, creando così inutili dopponioni; ma si espongono in vitro, o anche al naturale, gli oggetti o le figure di cui Caravaggio o Rembrandt avrebbero presentato un facsimile, un capolavaro. Alla grande mostra di Venezia anni fa era esposto il ritratto di un mongoloide: era un argomento très dègoûtant, ma perché no? L'arte può giustificare tutto. Sennonché avvicinandosi ci si accorgeva che non di un ritratto si trattava, ma dell'infelice in carne ed ossa. L'esperimento fu poi interrotto manu militari, ma in sede strettamente teorica era pienamente giustificato. Già da anni critici che occupano cattedre universitarie predicavano la necessità assoluta della morte dell'arte, in attesa non si sa di quale palingenesi o resurrezione di cui non s'intravvedono i segni.
Quali conclusioni possono trarsi da fatti simili? Evidentemente le arti, tutte le arti visuali, stanno democraticizzandosi nel senso peggiore della parola. L'arte è produzione di oggetti di consumo, da usarsi e da buttarsi via in attesa di un nuovo mondo nel quale l'uomo sia riuscito a liberarsi di tutto, anche della propria coscienza. L'esempio che ho portato potrebbe estendersi alla musica esclusivamente rumoristica e indifferenziata che si ascolta nei luoghi dove milioni di giovani si radunano per esorcizzare l'orrore della loro solitudine. Ma perché oggi più che mai l'uomo civilizzato è giunto ad avere orrore di se stesso?
Ovviamente prevedo le obiezioni. Non bisogna confondere le malattie sociali, che forse sono sempre esistite ma erano poco note perché gli antichi mezzi di communicazione non permettevano di conoscere e diagnosticare la malattia. Ma fa impressione il fatto che una sorta di generale millenarismo si accompagni a un sempre più diffuso comfort, il fatto che il benessere (là dove esiste, cioè in limitati spazi della terra) abbia i lividi connotati della disperazione. Sotto lo sfondo così cupo dell'attuale civiltà del benessere anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità. Le comunicazioni di massa, la radio e soprattutto la televisione, hanno tentato non senza successo di annientare ogni possibilità di solitudine e di riflessione. Il tempo si fa più veloce, opere di pochi anni fa sembrano « datate » e il bisogno che l'artista ha di farsi ascoltare prima o poi diventa bisogno spasmodico dell'attuale, dell'immediato. Di qui l'arte nuova del nostro tempo che è lo spettacolo, un'esibizione non necessariamente teatrale a cui concorrono i rudimenti di ogni arte e che opera sorta di massaggio psichico sullo spettatore o ascoltatore o lettore che sia. Il deus ex machina di questo nuovo coacervo è il regista. Il suo scopo non è solo quello di coordinare gli allestimenti scenici, ma di fornire intenzioni a opere che non ne hanno o ne hanno avute altre. C'è una grande sterilità in tutto questo, un'immensa sfiducia nella vita. In tale paesaggio di esibizionismo isterico quale può essere il posto della più discreta delle arti, la poesia? La poesia così detta lirica è opera, frutto di solitudine e di accumulazione. Lo è ancora oggi ma in casi piusosto limitati. Abbiamo però casi più numerosi in cui il sedicente poeta si inette al passo coi nuovi tempi. La poesia si fa allora acustica e visiva. Le parole schizzano in tutte le direzioni come l'esplosione di una granata, non esiste un vero significato, ma un terremoto verbale con molti epicentri. La decifrazione non è necessaria, in molti casi può soccorrere l'aiuto dello psicanalista. Prevalendo l'aspetto visivo la poesia è anche traducibile e questo è un fatto nuovo nella storia dell'estetica. Ciò non vuoi dire che i nuovi poeti siano schizoidi. Alcuni possono scrivere prose classicamente tradizionali e pseudo versi privi di ogni senso. C'è anche una poesia scritta per essere urlata in una piazza davanti a una folla entusiasta. Giò avviene soprattutto nei paesi dove vigono regimi autoritari. E simili atleti del vocalismo poetico non sempresono sprovveduti di talento. Citerò un caso e mi scuso se è anche un caso che ini riguarda personalmente. Ma il fatto, se è vero, dimostra che ormai esistono in coabitazione due poesie, una delle quali è di consumo immediato e muore appena è espressa, mentre l'altra può dormire i suoi sonni tranquilla. Un giorno si risveglierà, se avrà la forza di farlo.
La vera poesia è simile a certi quadri di cui si ignora il proprietario e che solo qualche iniziato conosce. Comunque la poesia non vive solo nei libri o nelle antologie scolastiche. Il poeta ignora e spesso ignorerà sempre il suo vero destinatario. Faccio un piccolo esempio personale. Negli archivi dei giornali italiani si trovano necrologi di uomini tuttora viventi e operanti. Si chiamano coccodrilli. Pochi anni fa al Corriere della Sera io scopersi il mio coccodrillo firmato da Taulero Zulberti, critico, traduttore e poliglotta. Egli affermava che il grande poeta Majakovskij avendo letto una o più mie poesie tradotte in lingua russa avrebbe detto: « Ecco un poeta che mi piace. Vorrei poterlo leggere in italiano ». L'episodio non è inverosimile. I miei primi versi cominciarono a circolare nel 1925 e Majakovskij (che viaggiò anche in America e altrove) morì suicida nel 1930.
Majakovskij era un poeta al pantografo, al megafono. Se ha pronunziate tali parole posso dire che quelle mie poesie avevano trovato, per vie distorte e imprevedibili, il loro destinano.
Non si credo però che io abbia un'idea solipsistica della poesia. L'idea di scrivere per i così detti happy few non è mai stata la mia. In realtè l'arte è sempre per tutti e per nessuno. Ma quel che resta imprevedibile è il suo vero begetter, il suo destinano. L'arte-spettacolo, l'arte di massa, l'arte che vuole produrre una sorta di massaggio fisico-psichico su un ipotetico fruitore ha dinanzi a sé infinite strade perché la popolazione del mondo è in continuo aumento. Ma il suo limite è il vuoto assoluto. Si può incorniciare ed esporre un paio di pantofole (io stesso ho visto così ridotte le mie), ma non si può esporre sotto vetro un paesaggio, un lago o qualsiasi grande spettacolo naturale.
La poesia lirica ha certamente rotto le sue barriere. C'è poesia anche nella prosa, in tutta la grande prosa non meramente utilitaria o didascalica: esistono poeti che scrivono in prosa o almeno in più o meno apparente prosa; milioni di poeti scrivono versi che non hanno nessun rapporto con la poesia. Ma questo significa poco o nulla. Il mondo è in crescita, quale sarà il suo avvenire non può dirlo nessuno. Ma non è credibile che la cultura di massa per il suo carattere effimero e fatiscente non produca, per necessario contraccolpo, una cultura che sia anche argine e riflessione. Possiamo tutti collaborare a questo futuro. Ma la vita dell'uomo è breve e la vita del mondo può essere quasi infinitamente lunga.
Avevo pensato di dare al mio breve discorso questo titolo: potrà sopravvivere la poesia nell'universo delle comunicazioni di massa? E' ciò che molti si chiedono, ma a ben riflettere la risposta non può essere che affermativa. Se s'intende per la così detta belletristica è chiaro che la produzione mondiale andrà crescendo a dismisura. Se invece ci limitiamo a quella che rifiuta con orrore il termine di produzione, quella che sorge quasi per miracolo e sembra imbalsamare tutta un'epoca e tutta una situazione linguistica e culturale, allora bisogna dire che non c'è morte possibile per la poesia[.]
Ma ora per concludere debbo una risposta alla domanda che ha dato un titolo a questo breve discorso. Nella attuale civiltà consumistica che vede affacciarsi alla storia nuove nazioni e nuovi linguaggi, nella civiltà dell'uomo robot, quale può essere la sorte della poesia? Le risposte potrebbero essere molte. La poesia è l'arte tecnicamente alla portata di tutti: basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto. Solo in un secondo momento sorgono i problemi della stampa e della diffusione. L'incendio della Biblioteca di Alessandria ha distrutto tre quarti della letteratura greca. Oggi nemmeno un incendio universale potrebbe far sparire la torrenziale produzione poetica dei nostri giorni. Ma si tratta appunto di produzione, cioè di manufatti soggetti alle leggi del gusto e della moda. Che l'orto delle Muse possa essere devastato da grandi tempeste è, più che probabile, certo. Ma mi pare altrettanto certo che molta carta stampata e molti libri di poesia debbano resistere al tempo.
Diversa è la questione se ci si riferisce alla reviviscenza spirituale di un vecchio testo poetico, il suo rifarsi attuale, il suo dischiudersi a nuove interpretazioni. E infine resta sempre dubbioso in quali limiti e confini ci si muove parlando di poesia.[.] Si potrebbero moltiplicare le domande con l'unico risultato che non solo la poesia, ma tutto il mondo dell'espressione artistica o sedicente tale è entrato in una crisi che è strettamente legata alla condizione umana, al nostro esistere di esseri umani, alla nostra certezza o illusione di crederci esseri privilegiati, i soli che si credono padroni della loro sorte e depositari di un destino che nessuna altra creatura vivente può vantare. Inutile dunque chiedersi quale sarà il destino delle arti. E' come chiedersi se l'uomo di domani, di un domani magari lontanissimo, potrà risolvere le tragiche contraddizioni in cui si dibatte fin dal primo giorno della Creazione (e se di un tale giorno, che può essere un'epoca sterminata, possa ancora parlarsi).
G.Pascoli,"un soave freno all'instancabile desiderio" da "Il Fanciullino"cap.VIII,X,XI Mondadori
Poesia è trovare nelle cose,come ho da dire?il loro sorriso e la loro lacrima;e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente e serenamente di tra l'oscuro tumulto della nostra anima.
A volte,non ravvisando essi nulla di luminoso e di bello nelle cose vicine era quello che cercavano e non avervelo trovato fu difetto,non di poesia nelle cose,ma di vista negli occhi[.]
Or dunque intenso il sentimento poetico è di chi trova la poesia in ciò che lo circonda,e in ciò che gli altri soglia spregiare,non di chi la trova li e deve fare sforzi per cercarla altrove.E sommamente benefico è tale sentimento che pone un soave e leggero freno all'instancabile desiderio,il quale ci fa perpetuamente correre con infelice ansia per la via della felicità.Oh!chi sapesse rafforzarlo in quelli che ce l'hanno,fermarlo in quelli che sono per perderlo,insinuarlo in quelli che ne mancano,non farebbe per la vita umana opera più utile di un qualunque più ingegnoso trovatore di comodità e medicine?[.]
Cosi la poesia,non ad altro intonata che a poesia,è quella che migliora e rigenera l'umanità,escludendone,non di proposito il male,ma naturalmente l'impoetico.
Ora si trova a mano a mano che impoetico è ciò che la morale riconosce cattivo e ciò che l'estetica proclama brutto.Ma di ciò che è cattivo o brutto non giudica,nel nostro caso,il barbato filosofico.è il fanciullo interiore che ne ha schifo.[.]
Il poeta,se è quando è veramente poeta,cioè tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro,riesce perciò ispiratore di buoni e civili costumi,d'amor patrio e familiare e umano.[.]
Ma il poeta non deve farlo apposta.Il poeta è poeta ,non oratore o predicatore,non filosofo non istorico,non maestro,non uomo di stato o di corte.A costruire il poeta vale vale infinitamente più la sua visione,che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra.[.]
Ora il poeta sarà invece un autore di provvidenze civili e sociali?senza accorgersene se mai.
Si trova esso tra la folla;e vede passar le bandiere e sonar le trombe.Getta la sua parola,la quale tutti gli altri,appena esso l'ha pronunziata,sentono che è quella che avrebbero pronunziato loro.Si trova ancora tra la folla:vede buttare in istrada le masserizie di una famiglia povera,Ed esso dice la parola,che si trova subito piena delle lagrime di tutti.
Il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra che nessuno avrebbe detta.Ma non è lui che sale su una sedia o su un tavolo,ad arringare. Egli non trascina,viene trascinato;non persuade,ma è persuaso.
.Alberto Savinio "la navire perdu"
Note di italiano:le poetiche alla base della poesia di Montale e Pascoli
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Il fanciullino è un'opera di Giovanni Pascoli divisa in 20 capitoletti,oltre che la sua poetica di fondo della sua opera.Il testo de Il Fanciullino più noto è quello contenuto nel libro 'Giovanni Pascoli: Pensieri e discorsi', Bologna, 1907 (l'ultimo pubblicato dal poeta). L'intera opera è stata raccolta la prima volta in volume in 'Giovanni Pascoli, Miei pensieri di varia umanità', Messina 1903, edito da Vincenzo Muglia.La poesia del Pascoli nasce dalla sua tormentata sensibilità, maturata attraverso le vicende biografiche. L'età che si trova a vivere e quella delle contraddizioni e dei conflitti sociali, dell'esteriorità che nasconde la crisi interiore, dell'incertezza e dell'inquietudine.La sua poesia è modernissima e vive dei motivi che maggiormente segnarono la sua vita: il dolore, l'ingiustizia l'aspirazione alla fratellanza e alla pace, l'anelito verso la morte in cui tutto trova finalmente riposo. La natura non è mai descritta con un discorso disteso e completo, ma con brevi tocchi, con impressioni appena accennate, sensazioni visive musicali impalpabili, che si accostano accennando, suggerendo, sfumando.Pascoli ha esposto la sua poetica in un discorso famoso: Il Fanciullino. In esso, asserisce che in noi vi è un fanciullino che non solo ha brividi, ma lagrime e tripudi suoi, che ci insegna a guardare le cose dentro e fuori di noi e a nominarle con occhi e parole di poeta e che ragiona al di fuori della logica e della ragione,che "fa umano l'amore perché accarezza esso come sorella". Poesia è irrazionale facoltà lirica, immediatezza e genuinità di sensazioni, sincerità e vivacità di immaginazione e fantasia. La poetica della visione si sposa alla poetica dl particolare perché richiede precisione, fedeltà ed esattezza lessicale nei confronti delle cose: se la poesia è nelle cose, ad esempio nel canto degli uccelli, il poeta non potrà parlare genericamente di uccelli, ma singolarmente di pettirossi, di capinere ecc. individuando il verso particolare e riproducendolo fedelmente con voci onomatopeiche. E proprio perché il fanciullino coglie d'istinto la poesia che è nelle cose illuminandole con la parola che a tutti le rivela.Nell'opera 'Il Fanciullino', Pascoli illustrò la sua poetica in un discorso che procede senza un rigoroso ordine logico di argomentazioni, in una forma lirica e intimistica, racchiude motivi tendenzialmente politici. Il suo decadentismo e la sua modernità consistono nel principio centrale della sua poetica: ingrandire il piccolo, rimpicciolire il grande. Il discorso è però tutto tramato su una polemica insistente contro il socialismo e la poesia socialista. La poesia per Pascoli è utile, civile, giova alla moralità, alla civiltà, alla patria. La poesia è la voce del fanciullino che è in noi e che sa vedere nelle cose il nuovo, non inventandolo ma scoprendolo.Nella sua poesia tornano con insistenza la siepe che è si metafora politica ma anche aspirazione a chiudersi in un mondo di piccole cose; oppure il nido che è la famiglia, la casa, un rifugio intimo e caldo. La particolarità stilistica che in fine caratterizza le opere del Pascoli indubbiamente la disarticolazione dell'architettura strutturale che aveva sostenuto tradizionalmente la lirica italiana e, concludendo, Pascoli fu un poeta tutto istinto e immediatezza.
Montale e il Correlativo oggettivo
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Il correlativo oggettivo è un concetto poetico elaborato nel 1919 da Thomas Stearns Eliot, il quale lo definì in un articolo come 'una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un'emozione particolare'.È un sovraffollarsi ed un sovrapporsi di oggetti che supera la semplice concatenazione metaforica ed esprime una delle acquisizioni più creative della poesia occidentale a cavallo tra le due guerre mondiali. Si parla di 'correlativo oggettivo' in quanto anche i concetti e i sentimenti più astratti trovano la loro espressione (si 'correlano') in oggetti ben definiti e concreti.Nella lirica italiana questo concetto trova la sua più alta espressione nella poetica di Eugenio Montale, che scelse un correlativo oggettivo per il titolo della sua raccolta Ossi di seppia.l correlativo oggettivo può essere paragonato a una metafora che si oggettivizza, ovvero considera oggetti concreti e non astratti. L'autore esprime il proprio stato d'animo attraverso la visione di un oggetto con attributi non comuni ad esso.
Il romanzo psicoanalitico:"la coscienza di Zeno"di Italo Svevo
"Mi ha colpito il fatto che in molti dei cosiddetti romanzi psicologici una sola persona, ancora una volta l'eroe, venga descritta dall'interno; in un certo senso, l'autore si insedia nella sua mente e guarda dall'esterno gli altri personaggi. In genere la natura particolare del romanzo psicologico è dovuta certamente alla tendenza dello scrittore moderno a frazionare il suo Io, mediante l'auto-osservazione, in molti Io parziali, e conseguentemente a personificare in numerosi eroi le correnti in conflitto della propria vita interiore. In contrasto particolare con il tipo dei sogno ad occhi aperti sembrano trovarsi certi romanzi che potremmo definire «eccentrici», nei quali il personaggio introdotto come eroe svolge una parte attiva molto esigua e osserva da spettatore le azioni e le sofferenze degli altri".
Questo è quello che ebbe da dire Freud sui
romanzi basati sulla psicologia(si riferisce ad alcuni romanzi di Flaubert e
Zola):certo non aveva ancora letto La coscienza di Zeno in quanto verrà scritto
dopo 17 anni da questa sua affermazione,ma credo che comunque
L'influenza della psicanalisi sull'opera di Svevo non si limita all'invenzione del personaggio dello psicanalista e ai due episodi citati nel testo qui sotto riportato. Il ruolo preponderante dell'inconscio nel determinare i comportamenti individuali, l'incapacità dell'uomo di conoscere a fondo i meandri della propria psiche, l'impossibilità di tracciare un confine netto tra salute e malattia mentale sono elementi costitutivi e ricorrenti nella Coscienza di Zeno
I.Svevo-SOGGIORNO LONDINESE-in racconti,saggi,pagine sparse a cura di B.Maier,Dall'Oglio,Milano.
Ma c'è
la scienza per aiutare a studiare sé stesso. Precisiamo anche subito: la
psicanalisi. Non temete ch'io ve ne parli troppo. Ve ne dico solo per
avvertirvi che io con la psicanalisi non c'entro e ve ne darò la prova.
Lessi dei libri di Freud nel 1908 se non sbaglio. Ora si dice che Senilità e
Questo rapporto intimo fra filosofo e artista, rapporto che somiglia al matrimonio legale perché non s'intendono fra di loro proprio come il marito e la moglie e tuttavia come il marito e la moglie producono dei bellissimi figliuoli,conquista all'artista un rinnovamento o almeno gli da il calore e il sentimento della cosa nuova come avverrebbe se fosse possibile di mutare una parte del vocabolario e darci delle parole nuove non ammuffite dalla loro antichità e dal lungo uso.
Svevo in questo brano ci fa capire che per lui Freud "è un grand'uomo più per i romanzieri che per gli ammalati":è poco convinto del valore terapeutico della psicanalisi,ma la considera feconda dal punto di vista letterario.Dichiara quindi di essersi ispirata ad essa solo nella Coscienza e non negli altri due romanzi,e di aver preso alcune idee "di peso",quali l'episodio del cap.VIII,dove Zeno dovrebbe recarsi al funerale dell'amico e rivale Guido,ma per errore si accoda a un corteo sbagliato(questo è un tipico esempio di "lapsus freudiano",una svista apparentemente casuale ma in realtà dettata dall'inconscio)e l'episodio del sogno di Zeno,che a distanza di anni dalla morte del padre immagina che il genitore sia ancora vivo e sogna di riuscirlo a curare(anche questo si riferisce al contenuto dei sogni,che esprimono l'inconscio).
Nel brano poi Svevo si accorge di non aver dato un'interpretazione pienamente attendibile alla psicoanalisi,ma non lo dichiara un atto negativo,perché come già detto credeva fosse utile solo ai fini letterari,e nell'ultima frase associa la psicoanalisi alla letteratura,metaforizzandoli nella figura di due persone unite col matrimonio legale,che pur non essendo a pieno marito e moglie,mettono al mondo dei figli,in questo caso delle opere letterarie.
Storia
Riporto ora qui alcuni passi centrali di un articolo scritto da Freud durante i primi mesi della guerra del 1914-18, intitolato La delusione della guerra. Qui l'autore, denunciando coraggiosamente la disumanità di governi e popoli in occasione del conflitto,cerca di darne un'interpretazione basata sulle nuove conoscenze acquisite attraverso la psicanalisi.
II brano è un esempio significativo dell'impostazione data da Freud allo studio della psicologia: indagare ciò che appare assurdo o irrazionale nei comportamenti umani, per mostrare come esso non sia un fenomeno inspiegabile o riconducibile a cause misteriose («il male»), ma la parte visibile di una dimensione nascosta della psiche umana (l'inconscio), che l'uomo tende ad occultare, e da cui invece occorre partire per spiegare i comportamenti umani, sia quelli 'folli' sia quelli 'normali'.
Alla base della natura umana stanno certi «moti pulsionali» che spingono all'aggressività e alla violenza, i quali possono essere repressi solo superficialmente dalla educazione e dalla civilizzazione.
La guerra è quindi per Freud l'occasione in cui questo istinto primitivo si libera con l'autorizzazione dello stato: la «scarsa moralità degli Stati» e la «brutalità dei singoli» costituiscono una delusione per chi credeva nella bontà dell'uomo civile, ma sono in realtà. la rivelazione della natura umana più profonda. Questa diagnosi implica una visione pessimistica della condizione dell'uomo civile: la società civile esige la repressione degli istinti costringendo l'uomo a vivere come "ipocrita civilizzato" ,e ciò comporta esplosioni di rabbia collettiva verso il prossimo quali la guerra.
Sigmund Freud
Due fatti hanno suscitato in questa guerra la nostra delusione: la scarsa moralità all'esterno di quegli Stati che all'interno si erigono a custodi delle norme morali1, e la brutalità nel comportamento dei singoli che, in quanto membri della più progredita civiltà umana, non si sarebbero sospettati capaci di ciò.
Cominciamo da questo secondo punto, e cerchiamo di riassumere in poche frasi il concetto che intendiamo criticare. Come ci rappresentiamo propriamente il processo mediante il quale un singolo essere umano perviene a un più alto livello etico? Una prima risposta sarebbe che l'uomo è fin dalla nascita originariamente buono e nobile; ma questa tesi non merita neppure di essere discussa. Si può invece ammettere, come seconda risposta, che si tratti di un processo evolutivo, per cui le tendenze malvagie verrebbero nell'uomo estirpate e sostituite, sotto l'influsso dell'educazione e dell'ambiente civile, da tendenze rivolte al bene. Resterebbe tuttavia in tal caso da spiegare come in individui cosi educati il male riappaia poi con tanta violenza.
La seconda risposta contiene però un'affermazione che intendiamo confutare. In realtà non vi è per nulla una «estirpazione» del male. L'indagine psicologica, o più propriamente psicoanalitica, ci indica piuttosto che la più profonda essenza degli uomini è costituita da moti pulsionali2 che sono di natura elementare, comuni a tutti, miranti al soddisfacimento di certi bisogni originari. Tali moti pulsionali per sé stessi non sono né buoni né cattivi. Noi classifichiamo in tal modo questi moti e le loro manifestazioni soltanto in base alla loro relazione con i bisogni e le richieste della comunità umana. Si può tutt'al più ammettere che tutti quei moti che la società condanna come cattivi (ad esempio quelli egoistici e crudeli) si trovano compresi fra questi moti primitivi.
La trasformazione delle pulsioni cattive è dovuta all'insieme concorrente di due fattori: uno interno e uno esterno. Quello interno consiste nell'influsso che sulle pulsioni cattive (o per meglio dire egoistiche) esercita l'erotismo, cioè il bisogno umano d'amore inteso nel senso più ampio: aggregandosi componenti erotiche; le pulsioni egoistiche si tramutano in pulsioni sociali; e si impara presto che essere amati costituisce un fattore positivo tale da giustificare la rinuncia ad altri vantaggi. Il fattore esterno è la coercizione educativa, la quale rappresenta le pretese dell'ambiente incivilito e viene più tardi sostituito dalla sua diretta pressione. La civiltà si è costituita mediante la rinuncia al soddisfacimento pulsionale ed esige da ogni nuovo individuo che ad essa partecipa una rinuncia corrispondente. Durante la vita individuale si determina una costante trasformazione della coercizione esterna in costrizione interna. Gli influssi di civiltà fanno si che le tendenze egoistiche si convertano sempre più, con l'apporto di fattori erotici, in altruistiche e sociali. []
La società civile, la quale esige una buona condotta, pur non curandosi della base che questa ha nelle pulsioni, ha dunque costretto a obbedire alla civiltà un gran numero di uomini, i quali tuttavia non seguono in ciò la loro natura. Incoraggiata dal successo, essa si è lasciata indurre ad accentuare al massimo le esigenze morali, costringendo i suoi membri ad allontanarsi ancor più da quella che sarebbe la loro naturale disposizione pulsionale. Questi sono quindi soggetti a una repressione pulsionale ognor più forte, e la tensione che ne risulta si esprime con strane manifestazioni reattive e compensatorie Nel campo della sessualità, dove questa repressione si effettua con particolare difficoltà, si producono i fenomeni reattivi delle malattie nevrotiche. Altrove la pressione della civiltà, anzi che produrre conseguenze patologiche, si dimostra in malformazioni del carattere, ove le pulsioni inibite rimangon pronte ad approfittare di ogni occasione per soddisfarsi. Colui che è in tal modo costretto a reagire costantemente in modo conforme a precetti non corrispondenti alle sue inclinazioni pulsionali, conduce una vita che, psicologicamente parlando, è al di sopra dei suoi mezzi, ed egli - sia o no consapevole della duplicità della sua condotta -deve essere considerato obiettivamente un ipocrita. È innegabile che la nostra civiltà moderna favorisce straordinariamente il prodursi di questa forma di ipocrisia. Oseremmo dire che è costruita su una ipocrisia siffatta e che dovrebbe acconsentire a trasformarsi profondamente il giorno in cui gli uomini si accingessero a vivere secondo la verità psicologica.[.]
Le considerazioni fin qui svolte hanno intanto un carattere consolante,in quanto ci mostrano come l'avvilimento e la scorata delusione, per il comportamento incivile dei nostri concittadini del mondo in questa guerra, fossero in realtà ingiustificati. Essi si fondavano sopra una illusione a cui ci eravamo abbandonati ciecamente. Effettivamente questi nostri concittadini del mondo non sono per nulla caduti tanto in basso quanto supponiamo, e ciò per il semplice fatto che non si trovavano prima alle altezze che avevamo immaginate. L'abbandono delle limitazioni morali da parte dei grandi individui dell'umanità, popoli e Stati, nei loro reciproci rapporti, li ha semplicemente, e molto comprensibilmente, spinti a sottrarsi anch'essi per un po' alla pressione della civiltà e a fornire un momentaneo soddisfacimento alle pulsioni che tenevano imbrigliate. Né con ciò la moralità relativa, all'interno di ogni singolo Stato, ha probabilmente subito strappi eccessivi.
Conviene tuttavia approfondire ulteriormente la spiegazione dei mutamenti operati dalla guerra in coloro che prima riconoscevamo come compatrioti e trame ammonimento per evitare di essere con loro ingiusti. Gli sviluppi psichici presentano un carattere che non si riscontra in alcun altro processo evolutivo. Quando un paese si cangia in città, o un bambino in un uomo, il paese e il bambino con ciò scompaiono. Soltanto uno sforzo di memoria ci consente di rintracciare i vecchi tratti nell'aspetto nuovo; effettivamente i materiali e le forme antiche sono scomparse e sostituite da nuove. Nella evoluzione psichica le cose procedono in modo affatto diverso; e la situazione, non comparabile con alcun'altra, può solo esser descritta dicendo che ogni fase evolutiva anteriore continua a vivere accanto alla successiva a cui ha dato luogo: la successione comporta anche una coesistenza, quantunque sian sempre gli stessi i materiali con cui si è prodotta tutta la serie di trasformazioni. Lo stato psichico precedente può per lunghi anni non esprimersi esteriormente, pur continuando a sussistere tanto da poter un bel giorno tornare a divenire la forma d'espressione delle forze psichiche: e anzi l'unica loro forma di espressione, come se tutti gli sviluppi successivi si fossero disfatti e annullati. Questa straordinaria plasticità dei processi di evoluzione psichica non si esplica però identicamente nei due sensi; la si può precisare come una particolare tendenza all'involuzione - alla regressione - dato che accade talora che un determinato livello superiore e successivo di sviluppo non possa più, una volta abbandonato, esser nuovamente raggiunto, mentre invece gli stati primitivi possono sempre ristabilirsi: quel che vi è di primitivo nella psiche è veramente imperituro.
Al profano le cosiddette malattie mentali debbon fare l'impressione di una distruzione della vita mentale e psichica. In realtà il processo distruttivo colpisce solo acquisizioni e fasi evolutive recenti. L'essenza della malattia psichica risiede in un ritorno a stati anteriori di vita affettiva e di funzionamento.
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Sigmund Freud nel 1922
Sigmund Schlomo Freud (Příbor,Moravia, 6 maggio - Londra, 23 settembre ) è stato un neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della moderna psicologia, ha elaborato la teoria dell''Iceberg', secondo la quale l'inconscio governa il comportamento e il pensiero degli esseri umani e delle interazioni tra individui.
In un primo momento si dedicò allo studio dell'ipnosi e dei suoi effetti nella cura di pazienti psicolabili, influenzato dagli studi di Josef Breuer sull'isteria, in particolare dal caso Anna O. (ossia Bertha Pappenheim, futura fondatrice dei movimenti di assistenza sociale e di emancipazione femminile), al quale si interessò sulla base delle considerazioni di Charcot che individuava nell'isteria un disturbo della psiche.Dalle difficoltà incontrate da Breuer nel caso, Freud costruì progressivamente alcuni principi basilari della psicoanalisi: le intuizioni che formano il nucleo della psicoanalisi sono il metodo di indagine mediante l'analisi di associazioni libere, lapsus (da cui appunto il lapsus freudiano), atti involontari e l'interpretazione dei sogni.Le idee di Freud e le sue teorie sono ancora oggi al centro di accesi dibattiti e centro di discussioni non solo in ambito medico-scientifico, ma anche accademico, letterario, filosofico e culturale in genere.
Sigmund era figlio di Jacob Freud e della sua terza moglie Amalie Nathanson . Jacob, ebreo proveniente dalla Galizia e commerciante di lana, si trasferì a Vienna nel , a causa di sconvolgimenti politico-economici. Dal padre non ricevette una educazione tradizionalista, eppure già in giovanissima età si appassionò alla cultura e alle scritture ebraiche, in particolare allo studio della Bibbia. Questi primi interessi lasciarono evidenti tracce nella sua opera.Nella Vienna di quel periodo erano presenti forti componenti antisemitiche e ciò costituì per lui un ostacolo, ma non riuscì a limitare la sua libertà di pensiero. Dalla madre e quindi dal padre ricevette i primi rudimenti. Poi fu inscritto in una scuola privata, e dall'età di nove anni frequentò con grande profitto per otto anni l'Istituto Superiore 'Sperl Gimnasyum'. Sino alla maturità, conseguita a 17 anni, dimostrò grandi capacità intellettuali tanto da ricevere una menzione d'onore.Durante il corso di laurea maturò una crescente avversione per gli insegnanti che considerava non all'altezza; l'insoddisfazione lo spinse a sviluppare un senso critico che, di fatto, ritardò l'ottenimento della sua laurea in medicina (marzo ).
Dopo la laurea si recò in Inghilterra
e, successivamente, lavorò in un laboratorio di zoologia
diretto da Carl Claus a Vienna. Fu qui che prese contatto con il darwinismo. Il
lavoro di ricerca però, non lo soddisfò e dopo due anni cambiò lavoro e conobbe
Ernst Wilhelm von Brücke, nell'Istituto di
Fisiologia, dove condusse importanti ricerche nel campo della neuro-istologia.
Freud lasciò l'istituto dopo sei anni di permanenza, anche se le ricerche
effettuate gli assicuravano una sicura carriera nel settore, perché era animato
da grande ambizione e valutò troppo lenti i successi conseguibili in quel campo
ristretto.L'aspirazione all'indipendenza economica lo spinse a dedicarsi alla
pratica clinica, lavorando per tre anni presso l'Ospedale Generale di Vienna
con pazienti affetti da turbe neurologiche. Questa disciplina, essendo molto
più remunerativa, gli avrebbe permesso di sposare la sua futura moglie, Martha Bernays.Fu proprio
mentre lavorava in questo ospedale, nel 1884, che Freud cominciò gli studi
sulla cocaina,
sostanza allora sconosciuta. Scoperto che la cocaina era utilizzata dai nativi
americani come analgesico la sperimentò anche su sé stesso osservandone gli
effetti stimolanti e privi, a suo dire, di effetti collaterali rilevanti. La
utilizzò in alternativa alla morfina per curare un suo amico che soffriva di una infezione,
ma la conseguente instaurazione della dipendenza da essa (più pericolosa
rispetto a quella da morfina), fece scoppiare un caso che costituì una macchia
nella sua carriera, anche in considerazione del fatto che un altro ricercatore,
utilizzando i suoi studi, sperimentò la cocaina quale analgesico oftalmico,
ricavandone rilevanti riconoscimenti nell'ambito medico internazionale. Rinunciò
pertanto alle forti aspettative di ricavare successo da queste ricerche.
L'unico risultato fu che ne divenne, notoriamente, assiduo consumatore e
dipendente.
Nel ottenne la libera docenza e ciò gli assicurò facilitazioni nell'esercizio della professione medica. La notorietà e la stima dei colleghi gli permise una facile carriera accademica, sino ad ottenere la cattedra di professore ordinario.Nel biennio / iniziò anche gli studi sull'isteria e con una borsa di studio si recò a Parigi, dove era attivo Jean-Martin Charcot. Questi suscitò notevole impressione sull'ancora giovane Freud, sia per i suoi metodi sia per la sua forte personalità. Le modalità di cura dell'isteria attraverso l'ipnosi, insegnatagli da Charcot, furono applicate da Freud dopo il suo rientro a Vienna, ma i risultati furono deludenti, tanto da attirarsi addosso le critiche di numerosi colleghi.Il matrimonio con Martha Bernays era stato più volte rimandato a causa di difficoltà che apparivano a Freud insuperabili e quando, il 13 maggio , riuscì finalmente a sposarsi, visse l'avvenimento come una grossa conquista. Appena un anno dopo ( ) nacque la prima figlia, Mathilde seguita da altri cinque figli di cui l'ultima, Anna, diventò un'importante psicoanalista.Nel 1886 iniziò l'attività privata aprendo uno studio a Vienna; utilizzò le tecniche allora in uso, quali le cure termali, l'elettroterapia e l'idroterapia, ricorreva anche all'applicazione dei magneti, una tecnica in uso fin dal 1700 che si credeva fosse in grado di agire sul sistema nervoso dei pazienti, ma non rilevò risultati apprezzabili. Utilizzò allora la tecnica dell'ipnosi.
Una chiave di volta nel processo evolutivo delle teorie di Freud fu l'incontro con Josef Breuer- importante fisiologo che poi, in diverse circostanze, sostenne Freud anche finanziariamente - intorno al caso di Anna O.
La nascita della psicoanalisi
Il suo celebre divano, ora al Freud Museum di Londra
Per convenzione si usa datare la nascita della psicoanalisi con la prima interpretazione esaustiva di un sogno scritta da Freud: si trattò di un suo sogno personale della notte tra il 23 e il 24 luglio , e riportato anche ne L'interpretazione dei sogni come 'il sogno dell'iniezione di Irma'. La sua interpretazione rappresentò l'inizio dello sviluppo della teoria freudiana sul sogno. L'analisi dei sogni, infatti, segna l'abbandono del metodo ipnotico utilizzato in quella fase del suo sviluppo, che a ragione si può definire la preistoria della psicoanalisi. Altri legano la nascita della psicoanalisi alla prima volta in cui Freud usò il termine 'psicoanalitico', e cioè nel dopo aver già svolto un'esperienza di 10 anni nel settore della psicopatologia, quando scrisse due articoli nei quali, per la prima volta, parla esplicitamente di 'psicoanalisi' per descrivere il suo metodo di ricerca e trattamento terapeutico. La psicoanalisi è la traduzione del neologismo impiegato da Freud a partire dal 1896 per indicare:
- un procedimento per l'indagine di processi mentali che sono altrimenti inaccessibili per altra via;
- un metodo terapeutico che trae le sue origini dall'indagine psicoanalitica ha per fine la cura delle nevrosi;
- un insieme di concezioni psicologiche (teoria della psiche);
Dopo aver pubblicato un articolo sulla 'Morale sessuale e le malattie nervose moderne' nel quale espresse le sue prime riflessioni sulla natura della civiltà, Freud nel 1909 venne invitato negli Stati Uniti .
È in questa situazione che presero luce le 'Cinque
conferenze sulla psicoanalisi'. Freud aveva cinquantatré anni e alla Clark
University fu insignito del titolo di Dottore. Oltre a questa onorificenza
Freud ebbe modo di incontrare personalmente il famoso filosofo americano: William James,il
teorizzatore del pragmatismo. Secondo una versione diffusa della storia della
psicoanalisi, in Europa il discorso freudiano era allora tacciato di
'delirio', di essere ossessionato dal sesso e di rovinare la società
mettendo in pubblica piazza ogni indecenza e perversione. Secondo alcune
testimonianze, l'impressione era che fosse la stessa comunità umana che si
ergesse contro il discorso freudiano chiedendo di ridurre al silenzio lui e i
suoi seguaci per metterli nell'impossibilità di nuocere. Questa 'folla
inferocita' non avrebbe spaventato il medico viennese.
Infatti nel
ha luogo il Congresso di Norimberga (
e 31 marzo)
,un'internazionale della psicanalisi nata per coordinare tutte quelle
associazioni psicoanalitiche nazionali già costituitesi o di nuova creazione.
Il congresso era stato organizzato da Carl Gustav Jung, che veniva visto come
il successore di Freud alla guida del movimento psicoanalitico. Già allora
circoli medici legati alla psicoanalisi erano presenti oltre a Berlino,
Vienna
e Zurigo
anche a Budapest,Bruxelles
(bisognerebbe includere in questa avanguardia l'insieme numeroso e sofferente
dei loro pazienti di entrambi i sessi, che erano materia prima per la nuova
scienza), Freud cominciò ad intessere una fitta e costante corrispondenza per
garantire la coerenza e l'avvenire del movimento psicoanalitico.
Siamo nel 1930, Hitler prenderà tra breve il potere in
Germania. Le origini ebree di Freud iniziano a costituire un serio problema.
Sempre in quell'anno, il suo nome entra nella lista nera degli autori di opere
che devono essere mandate al rogo.
La situazione comincia ad aggravarsi seriamente a partire dal 1938, anno in cui
l'Austria è annessa al Terzo Reich: quattro sorelle di Freud muoiono nei campi
di sterminio mentre la figlia Anna viene sequestrata dalla Gestapo.
Freud si prepara così a lasciare Vienna: pochi giorni dopo, accompagnato da
Martha e da Anna, che nel frattempo era stata rilasciata, Freud parte per
Londra.
La sua casa a Londra è situata in un famoso quartiere residenziale, non lontano
dal centro di psicoanalisi,dove lavorerà, anni dopo, la stessa figlia Anna.
A Londra incontrò Salvador Dalì, uno dei più importanti esponenti dell'avanguardia artistica storica surrealista. L'artista spagnolo era stato accompagnato a far visita a Freud da Stefan Zweig; il loro incontro avvenne in un caffè, dove Dalí, sopra ad un tovagliolo, fece rapidamente uno splendido ritratto di Freud, che ne rimase stupito.
Un anno prima della morte, nel 1938, al suo arrivo a Londra aveva concesso un'intervista alla BBC. L'intervista si era conclusa con uno sguardo alla strada ancora da percorrere per la neonata scienza: 'La lotta non è ancora terminata' affermerà. Freud fumò sigari per la maggior parte della sua vita. Anche in seguito alla asportazione della mascella a causa del cancro ha continuato a fumare. Si dice che abbia fumato una scatola di sigari al giorno sino alla morte.Il 21 settembre , il medico viennese sul letto di morte consumato fra atroci sofferenze mormorò al suo medico di fiducia: 'Ora non è più che tortura, non ha senso'.Morì due giorni dopo, senza risvegliarsi dal sonno tranquillo che la morfina finalmente gli concesse.
La figlia di Freud, Anna, si distinse anch'essa quale psicologa, specialmente nella psicologia dell'infanzia e dello sviluppo del bambino. Freud è anche il nonno del pittore Lucian Freud, del commediografo Freud Clemente, ed è il bisnonno della giornalista Emma Freud e della stilista di moda Bella Freud.
Secondo alcuni, il contributo forse più significativo di Freud al pensiero moderno fu la sua concezione dell'inconscio. Secondo una versione diffusa della storia della psicologia, durante il XIX secolo la tendenza dominante nel pensiero occidentale fu il positivismo, che avrebbe creduto nella capacità degli individui di poter controllare la conoscenza reale di se stessi e del mondo esterno ed esercitare un controllo razionale su entrambi. Freud, invece, suggerì che questa pretesa di controllo fosse in realtà una illusione; che persino ciò che pensiamo sfugge al totale controllo e alla comprensione e le ragioni dei nostri comportamenti spesso non hanno niente a che fare con i nostri pensieri coscienti. Il concetto di inconscio sarebbe stato rivoluzionario in quanto sostenne che la consapevolezza fosse allocata nei vari strati di cui è composta la mente e che ci sono pensieri non immediatamente disponibili in quanto 'sotto la superficie' (livello cosciente).I sogni, proposti come 'la via regia che conduce all'inconscio', sono gli indizi migliori per la comprensione della nostra vita inconscia e ne L'interpretazione dei sogni(1900), Freud sviluppò l'argomento dell'esistenza dell'inconscio e descrisse una tecnica per accedervi.Il preconscio venne descritto come uno strato a cui si può accedere con meno sforzo, in quanto interposto tra il conscio e l'inconscio.Anche se molti aderiscono ancora alla concezione razionalista e positivista, è ormai comunemente accettato, anche da coloro che rifiutano altre parti delle teorie di Freud, che l'inconscio è una parte della mente e che parte dei comportamenti possono avere luogo senza il controllo della coscienza.Elemento cruciale del funzionamento dell'inconscio è la rimozione. Secondo Freud, spesso i pensieri e le esperienze sono così dolorosi che la gente non può sopportarli. Tali pensieri ed esperienze, e i ricordi associati, ha argomentato Freud, sono banditi dalla mente, ma potrebbero essere banditi anche dalla coscienza. In questo modo costituiscono l'inconscio. Benché Freud più tardi tentasse di trovare strutture di rimozione tra i suoi pazienti per derivare un modello generale della mente, egli ha anche osservato una differenziazione tra i singoli pazienti dovuta alla rimozione di pensieri ed esperienze diverse. Freud ha osservato, inoltre, che il processo di rimozione è in sé un atto non-cosciente (cioè non si presenta con pensieri o sensazioni dipendenti dalla volontà). Freud ha supposto, insomma, che ciò che viene rimosso è in parte determinato dall'inconscio. L'inconscio, per Freud, era sia causa che effetto della rimozione.Freud ha utilizzato poi la tragedia greca Edipo Re di Sofocle per precisare che, soprattutto negli adolescenti, è presente il desiderio dell'incesto e contemporaneamente la necessità di reprimere quel desiderio. Il complesso di Edipo è stato descritto come una condizione dello sviluppo e della consapevolezza psicosessuale. Ha inoltre orientato i suoi studi sull'antropologia e precipuamente sul totemismo, sostenendo che lo stesso riflette la codificazione di un complesso di Edipo relativo alla tribù (Totem e Tabù).
Metodo di psicoanalisi
Egli sperava che le sue ricerche fornissero una solida base scientifica per le sue tecniche terapeutiche. L'obiettivo della terapia psicoanalitica era di portare allo stato cosciente i pensieri repressi/rimossi, rafforzando così il proprio ego. Per portare i pensieri inconsci al livello della coscienza, il metodo classico prevede delle sedute in cui il paziente, è invitato ad effettuare delle associazioni libere ed a descrivere i suoi sogni. Un altro elemento importante della psicoanalisi è l'assunzione, da parte dell'analista, di un atteggiamento distaccato durante l'analisi, che permette al paziente di proiettare i pensieri e le sensazioni sull'analista. Con questo processo, chiamato transfert, il paziente può riesumare e risolvere i conflitti rimossi, particolarmente quelli infantili e quelli con i suoi genitori.La teoria e la pratica freudiana sono state messe in discussione dalla mancanza di successive validazioni scientifiche. Alcuni continuano a praticare la psicoanalisi tradizionale freudiana, ma la maggior parte degli psichiatri attuali rifiutano gran parte del lavoro di Freud in quanto non sarebbe confermato da prove evidenti o da studi sufficienti. Benché Freud sviluppasse il suo metodo per il solo trattamento delle nevrosi, c'è chi oggi utilizza la psicoanalisi non come una cura per una malattia, ma come parte di un processo di analisi introspettiva. Nel suo ultimo libro, 'Compendio di psicoanalisi', scritto sul letto di morte, Freud individua i pilastri della psicoanalisi nel complesso edipico, nella teoria della rimozione e nella sessualità infantile.
Bibliografia
S.Freud-PSICOANALISI DELL'ARTE E DELLA LETTERATURA ed.Newton
·E.H.Gombrich-FREUD
E
·manuale di storia dell'arte-di G.Dorfles,A,Vettese vol.4 ed.Atlas
·dati biografici su Freud presi da Wikipedia.it
·manuale di letteratura vol.H ed.Zanichelli di A.Colombo e G.Armellini
·A.Breton,gli scritti ed.Il Castoro
·I.Svevo le lettere ed. Il Castoro
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