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IL COMMERCIO ELETTRONICO: UN NUOVO CANALE DI VENDITA
Definizioni di commercio elettronico
Del Commercio Elettronico si possono dare una e mille
definizioni, poiché la neonata letteratura in materia fornisce interpretazioni
molto eterogenee circa le realtà che caratterizzano il nuovo canale di vendita.
Uno dei maggiori esperti, R. Kalakota, definisce il commercio elettronico come
'[] una metodologia di business che si presta ad utenti, commercianti e
organizzazioni per ridurre i costi, migliorare la qualità dei prodotti e dei
servizi e contemporaneamente ridurre i tempi di consegna. Questo si presta
anche per ricercare e trovare efficacemente informazioni in risposta a
qualsiasi domanda ed in supporto ad ogni decisione manageriale e aziendale
'.
Per Pier Luigi Bersani, ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, che ha recentemente presentato un documento intitolato
'Linee di politica industriale per il Commercio Elettronico',
l'e-commerce 'consiste nello svolgimento di attività commerciali e di
transazioni per via elettronica e comprende attività diverse quali: la
commercializzazione di beni e servizi per via elettronica; la distribuzione
on-line di contenuti digitali, l'effettuazione per via elettronica di
operazioni finanziarie e di borsa, gli appalti pubblici per via elettronica ed
altre procedure di tipo transattivo della Pubblica Amministrazione'.
Www.ispo.cec.be/ecommerce, sito dedicato alle iniziative lanciate dall'Unione
Europea per promuovere il commercio online, considera Commercio Elettronico
'qualsiasi forma di transazione economica nella quale le parti,
avvalendosi di reti di telecomunicazione, interagiscono elettronicamente
piuttosto che attraverso un diretto contatto fisico'.
Ai fini del mio lavoro, comunque, quello che più interessa è cercare di capire
i meccanismi che regolano il fenomeno, le reali opportunità che offre questo
nuovo canale di vendita, le strategie di marketing che è indispensabile porre
in essere. Solo in tal modo sarà possibile applicare i suggerimenti offerti
dalla dottrina e i modelli analizzati.
Principali tipologie
Il Commercio Elettronico viene distinto in due principali
categorie:
A. Business to Business (B-to-B)
B. Business to Consumer
Tali tipologie differiscono tra loro, oltre che per il tipo di soggetti
coinvolti (solo aziende nel primo caso, aziende e consumatori nel secondo),
anche e soprattutto per le diverse dimensioni che i due fenomeni assumono. Si
stima che il B-to-B superi il business diretto ai consumatori:
@ di quattro volte in termini di fatturato in rete,
@ di due ordini di grandezza in termini di volume di scambi.
Fonti più precise (IDC) permettono di capire meglio il
divario esistente, in termini di fatturato, tra le due tipologie in esame (si
veda il grafico 1.1).
Grafico 1.1 fatturato annuale da commercio elettronico
Interessante, infine, rilevare lo studio condotto da IBM e 'Economist Intelligence Unit ', secondo il quale le due tipologie di commercio elettronico divergono anche in termini temporali di redditività: nel breve periodo, le maggiori opportunità sui ritorni degli investimenti sono legate al mercato B-to-B; nel lungo termine, viceversa, sarà il B-to-consumer ad offrire più elevate possibilità di guadagno. La ricerca, datata Settembre 1998, evidenzia anche una differenza tra Europa e Usa, nell'utilizzo del nuovo strumento commerciale. Negli Stati Uniti, a dimostrazione della maturità raggiunta dal fenomeno, il modello che va per la maggiore è il B-to-consumer. Nel vecchio continente, invece, è più diffuso il B-to-B, come affermare che le aziende sono più propense a sperimentare il commercio elettronico rispetto ai cyber-consumatori, poiché vedono in tale fenomeno un nuovo e vantaggioso canale commerciale.
a
Business to Business Nella categoria B-to-B rientrano quindi tutte quelle
transazioni nelle quali i soggetti coinvolti siano due o più aziende.
Potenzialmente un'impresa potrebbe utilizzare la rete per inoltrare ordini ai
propri fornitori, acquisire documentazione sui prodotti e sui servizi ad essi
collegati, coordinare le operazioni di acquisto e di vendita, studiare le mosse
della concorrenza. Il commercio elettronico B-to-B, infatti, può essere inteso
come gestione della cosiddetta catena degli approvvigionamenti sia a monte
(impresa acquirente di beni e servizi) sia a valle dell'attività di produzione
(impresa fornitrice di beni e servizi a clienti business). Gli obiettivi di tale
management (diminuzione dei tempi di turn-over del ciclo produttivo, riduzione
dei costi d'impresa) sono resi possibili dalla maggior disponibilità e certezza
delle informazioni, che vengono elaborate in tempo reale. L'utilizzo di
Internet, quindi, presuppone che vengano costruiti online i tre sistemi
basilari nella catena degli approvvigionamenti :
a. il sistema di pianificazione operativa, che deve soddisfare rapidamente le
necessità di modo, tempo e luogo del singolo cliente.
b. il sistema esecutivo, che gestisce i flussi di prodotti, servizi ed
informazioni lungo la catena.
c. Il sistema di quantificazione delle performance, che trasmette alle aree
funzionali di controllo e finanziarie i dati relativi alle singole attività
intraprese; tale flusso di dati viene gestito spesso sulle cosiddette reti
Intranet (reti aziendali che usano la tecnologia Internet, ma che sono
inaccessibili da terzi al fine di proteggere la segretezza dei dati
comunicati).
La tipologia di commercio elettronico B-to-B è quella che esiste da più anni,
poiché si è sviluppata grazie all'EDI . Con l'esplosione del fenomeno Internet,
oggi le imprese possono meglio sfruttare i vantaggi offerti dall'EDI, poiché
operano in un mercato di dimensioni planetarie e in un ambiente multimediale
che accentua enormemente l'importanza della competitività e quindi l'efficienza
aziendale.
Interessante poi, specie per la composizione del tessuto industriale italiano,
è che ottime opportunità si aprono anche per la PMI, struttura portante della
nostra economia. I costi ridotti per aprire un sito, specialmente se si pensa
che l'attività in rete sostituisce completamente anche la costosa comunicazione
via telefono e via fax, hanno permesso anche a piccole società di raggiungere
risultati ragguardevoli.
Emblematico è il caso, ad esempio, di una piccola società di Modena, la Logos,
che fornisce servizi di traduzione; tale società, attraverso l'uso della rete,
ha virtualizzato l'intero ciclo delle attività, dalla fase di acquisizione del
materiale dal cliente, alla distribuzione del prodotto finito (la traduzione),
all'assistenza da un capo ad un altro del mondo. Oggi, grazie ad Internet, il
gruppo Logos è tra le prime cinque aziende nel mondo nel suo settore, con solo
120 addetti nella sede di Modena e altri 1200 specialisti sparsi per il mondo e
gode di un portafoglio clienti di tutto rispetto (Microsoft, IBM, AT&T,
Ferrari, Fiat, Mercedes, Volksvagen, Toyota, Mitsubishi).
b
Business to Consumer A differenza del B-to-B, la categoria Business to Consumer comprende
i processi di vendita al dettaglio, che vanno dalla presentazione del
prodotto-servizio in rete, alla gestione dell'ordine del consumatore, al
customer service, fino a giungere a volte al pagamento online (nel qual caso si
parla di commercio elettronico in senso stretto) e alle operazioni di consegna
del bene fisico .
L'esplosione di questa tipologia di Commercio Elettronico ha coinciso con la
capillare diffusione di Internet negli uffici, nelle case, nelle scuole. I dati
parlano chiaro: il numero degli 'host' computer, cioè i computer
collegati in modo permanente alla rete, sta crescendo a tassi spettacolari;
all'inizio del 1998 erano più di 30 milioni i computer collegati nel mondo
contro gli appena 5 milioni del 1995.
Fonte:
'Commercio online', Il Sole 24 Ore, 24/10/98
Grafico 1.2 Host computer nel mondo (dati in milioni)
Fonte: Nua, 1998
Grafico 1.3 Gli utenti Internet nel mondo
Se, da un lato, questo nuovo media ha permesso ad aziende di
tutto il mondo di entrare in contatto diretto con consumatori altrimenti
difficilmente raggiungibili, dall'altro, per i consumatori stessi, si è aperta
la possibilità di avere accesso ad un'offerta illimitata di prodotti, stando
comodamente seduti davanti al proprio computer.
Uno dei casi di maggior successo preso ad esempio, è quello di Amazon
(www.amazon.com), una vera e propria libreria virtuale che mette a disposizione
dell'utente una scelta di oltre 2.500.000 di titoli. Il consumatore può
acquistare anche il libro più raro, beneficiando di sconti notevoli sul prezzo
di copertina, della possibilità di ottenere informazioni utili da lettori di
tutto il mondo, della possibilità di farselo recapitare anche in meno di 48
ore, sostenendo solo le spese di consegna.
Questo ed altri esempi possono far comprendere come cresceranno le aspettative
degli utenti, destinati a diventare sempre più esigenti, forti del fatto che il
costo per trovare un altro fornitore (il cosiddetto Switching Cost ) sarà
sempre minore.
3. Dimensioni, stime e proiezioni del fenomeno
I dati che riguardano il mercato di Internet ed il commercio
elettronico in particolare, sono spesso diversi e contrastanti tra loro:
'le stime effettuate in rete sono, nel migliore dei casi, discipline
appartenenti al campo delle arti inesatte', come ironicamente affermano
gli analisti della NUA (www.nua.ie), centro di ricerca irlandese sul commercio
elettronico. A volte ciò dipende da metodologie di indagine statisticamente non
corrette (perché effettuate su campioni non rappresentativi della popolazione);
altre volte semplicemente perché si utilizzano diverse unità di misura del
mercato per descrivere lo stesso fenomeno. In effetti, come abbiamo visto, è la
stessa definizione di commercio elettronico a non essere univoca, altrimenti
non si spiegherebbero valori di mercato a dir poco divergenti tra i principali
istituti di ricerca a livello mondiale, come Activmedia, Forrester, IDC
(International Data Corporation).
Ad esempio, nella sua definizione molto allargata di commercio elettronico,
Activmedia (www.activemedia.com), include qualunque operazione online che avvii
una transazione, anche se poi la conclusione della stessa avviene
successivamente offline, cioè con un mezzo di comunicazione diverso dal Web ;
inoltre, il fatto di considerare 'e-commerce' anche il reddito
prodotto dal risparmio generato dalle attività online, spiega le enormi
divergenze quantitative rispetto, ad esempio, all'istituto di ricerca Forrester
(www.forrester.com), che non include nella definizione né le operazioni B-to-B,
né quelle di supporto alle attività di rete.
Diamo qualche numero a titolo esemplificativo. Secondo Activmedia il business
generato online a livello mondiale è stato di 2.7 miliardi di dollari nel 1996,
22 miliardi nel 1997, 74 nel 1998. Le previsioni stimano la crescita in 300
miliardi di dollari entro il 2000 e di 1200 miliardi di dollari per il 2002. Si
avranno 1.6 milioni di siti Web commerciali, contro i 414.000 del 1997 e i
193.000 di un anno prima. Attualmente, secondo l'istituto di ricerca americano
sono 4 su 10 le aziende che vendono online (in senso lato), con un fatturato
medio (per quelle medio-grandi) di 32.000 dollari mensili contro i soli 1.700
dollari medi mensili dell'intero mercato. Interessante osservare come, secondo
Activmedia, tre siti Web su cinque con almeno tre anni di vita dichiarano di
produrre profitto; tale rapporto scende a due su cinque per i siti Web più
'giovani'. Nel 1996, inoltre, su 110 iniziative commerciali online
indagate, il 31% chiuderà l'esercizio finanziario in attivo, il 28% chiuderà in
rosso ma con buone speranze di arrivare al pareggio entro 12/24 mesi, mentre il
41% non vede all'orizzonte prospettive di ritorno dell'investimento. Lo
scenario, almeno a breve termine, è quindi incerto per una parte rilevante di
queste iniziative, anche se è rassicurante il dato relativo agli utili generati
o prospettati, in cosi' breve tempo, da quasi il 60% degli operatori
commerciali.
Secondo Forrester, invece, il commercio elettronico (relativo, ricordiamo, solo
al business-to-consumer) ha generato 2 miliardi di dollari nel 1997 e
raggiungerà quota 17 miliardi di dollari nel 2001.
Una posizione intermedia è assunta da IDC, la cui definizione di commercio
elettronico è vicina a quella di Activmedia: i 21 miliardi di dollari del 1997
diventeranno 117 nel 2000 e circa 420 nel 2002. Secondo IDC, inoltre, la
percentuale di utenti che acquisteranno sul Web crescerà modestamente (39% nel
2001 contro il 25% del 1197)
Tabella 1.1 Stime di fatturato da commercio elettronico nel mondo
I dati mostrano quanto sia importante la trasparenza sulle definizioni e l'uso coerente dei risultati disponibili. Infatti, più che il dato preciso, ciò che serve è saper osservare attentamente il trend di crescita del fenomeno e le variabili che lo influenzano; solo in tal modo si potrà trarre beneficio dall'analisi dei dati di mercato e sfruttare maggiormente questo nuovo settore di attività.
4. La realtà italiana: utopia o mercato del 3° millennio?
I dati fin qui riportati, pur considerando il fenomeno a
livello globale, riguardano prevalentemente la realtà americana. Infatti, anche
se il commercio elettronico si sta diffondendo pressoché ovunque, gran parte
del business viene sviluppato in Usa (86%), terra d'origine, e solo
marginalmente in Europa (5%) , come mostra il grafico 1.4.
L'arretratezza tecnologica e culturale dell'Europa, e dell'Italia in
particolare, potrebbe essere vista anche come un enorme vantaggio competitivo,
in cui gli ultimi arrivati possono beneficiare a costi irrisori degli sforzi
compiuti dai pionieri. Le barriere d'entrata non sono insormontabili neppure
per le imprese di minori dimensioni, a patto che si riesca ad adattare alla
realtà locale un fenomeno di dimensioni globali.
In ogni modo, aldilà di tutte le esagerazioni e fantasie, che abbondano anche
oltre oceano, e della non poca confusione che circonda un fenomeno ancora
nuovo, sembra che la rete stia cominciando ad entrare nella vita quotidiana di
un gran numero di persone, anche in Italia. 'L'esperienza americana è un
punto di riferimento di cui occorre tenere conto; ma, secondo me, con molta
cautela '.
Fonte:
'Commercio online', Il Sole 24 Ore
Grafico 1.4 Il commercio elettronico nel mondo
Se è giusto trarre lezioni dall'esperienza dei paesi più
avanzati, può risultare pericoloso cercare di copiare passivamente il loro
percorso. Questo per vari motivi:
@ Prima di tutto, c'è un fatto quantitativo. Non solo il numero di
persone, imprese e organizzazioni in rete è enormemente più grande, ma è anche
maggiore la quantità di denaro che si muove; chi opera nella
'periferia' del sistema si muove, non solo su quantità diverse, ma su
situazioni strutturalmente diverse da quelle del 'centro'.
@ Ci sono differenze strutturali nel mercato, e nelle abitudini, che
precedono lo sviluppo della rete. Da moltissimo tempo negli Stati Uniti è
diffuso l'acquisto su catalogo o comunque per posta: il 'commercio
elettronico', in una realtà come quella americana, è solo una variante,
più pratica ed efficiente, di pratiche abituali e consolidate.
@ C'è un uso tradizionale e abituale delle carte di credito, anche per
gli acquisti più semplici. Ci sono anche in America fenomeni di diffidenza, per
il diffuso timore che qualcuno riesca ad intercettare i numeri delle carte; ma
sono assai più facilmente superabili in un contesto in cui l'uso della
'moneta plastica' è un'abitudine quotidiana per molti.
@ C'è un livello di 'informatizzazione', cioè di uso abituale
del computer per ogni sorta di attività professionali e personali, enormemente
superiore al nostro. Ad esempio, l'abitudine di mandare i figli in scuole
residenziali lontane dalla famiglia, determina un assiduo ricorso alla posta
elettronica come strumento privilegiato di contatto e ciò determina una
crescita più veloce che da noi della cultura della rete.
@ Infine, in molte attività la normativa italiana pone sentieri
burocratici, che non sempre è facile superare. Problemi del genere ci sono in
tutto il mondo, ma sappiamo che da noi sono particolarmente difficili e
complessi.
Questi sono solo alcuni dei motivi per cui la situazione americana è
profondamente diversa dalla nostra. Nonostante le differenze non siano
superabili nel breve periodo, possibilità di successo ci sono anche per imprese
italiane, anche se, per ottenere buoni risultati, gli sforzi dovranno seguire
tre principali direzioni:
1. Adattare la realtà americana al nostro contesto socioculturale e
approfittare delle occasioni. In pochissimi paesi si concentrano oggi otto o
nove decimi delle possibilità concrete di vendere prodotti o servizi; un
mercato grande ma ferocemente competitivo, in cui è necessario trovare una
nicchia in cui essere efficienti o comunque un'identità precisa e qualificata.
Cosa che molti sono riusciti a fare anche senza la rete, e che con la rete si
può fare ancora meglio.
2. Capire quali opportunità si possono trovare in un mercato come quello
italiano, diversissimo dai mercati 'avanzati', ma non per questo
impercorribile. Si tratta di identificare metodi nuovi e originali, che possano
aprire utili sentieri là dove non ci sono affollate autostrade.
3. Capire gli altri mercati nella loro individualità, da quelli a più forte
diffusione della rete, fino a quelli ancora più arretrati del nostro, dove può
diventare interessante assumere il ruolo di 'pionieri'.
Insomma l'arretratezza italiana può essere vista in due modi contrapposti: come
un problema difficilmente sormontabile, o come un'occasione per aprire nuove
strade. Le possibilità ci sono, e sono interessanti. Ma la via del successo non
è basata su formule generiche o modelli ripetitivi, ma su creatività,
flessibilità e pazienza, continua esplorazione del mercato e verifica dei
risultati ottenuti.
5. Dimensioni e previsioni del fenomeno in Italia
Nonostante le vistose divergenze in termini quantitativi fra
i vari istituti di ricerca (Osservatorio SDA Bocconi, Databank Consulting,
Assintel), il dato interessante, che emerge dall'analisi, è che numerose sono
le attenzioni rivolte anche in Italia al nuovo fenomeno; ciò fa presagire
un'esplosione delle transazioni online e quindi un incremento degli
investimenti a breve termine, al fine di ridurre il divario che il nostro paese
ha nei confronti, non solo degli Usa, ma anche di Germania, Inghilterra,
Francia, Danimarca, Finlandia.
Da un'analisi di IDC, condotta nel maggio del 1998 su un campione di famiglie
europee, emerge, infatti, che l'Italia è pesantemente in ritardo nei confronti
degli altri partner europei non solo in relazione al numero di utenti Internet
(si veda la tabella 1.2), ma anche e soprattutto per ciò che riguarda il commercio
in rete: sono solo 128.000 (su circa 2.6 milioni di utenti) gli italiani che
hanno acquistato almeno una volta un bene o un servizio in rete, una
percentuale (4.9%) addirittura di circa 1/4 rispetto ai tedeschi (19%) , cui
spetta il primato di maggiori acquirenti online e comunque troppo inferiore
alla media europea, che è del 12%.
Fonte: EITO,1997
Tabella 1.2 Gli utenti Internet in Europa (in migliaia)
Anche se ultimamente la crescita di Internet in Italia è
molto più vivace che in passato, il divario da colmare è notevole: l'Italia
rappresenta il 4% dell'economia mondiale, ma solo l'1% della rete; rappresenta
il 12% del PIL europeo, il 14% di automobili, il 20% e forse più di telefoni
cellulari, ma solo il 5% della rete in Europa . Per essere competitivi con le
maggiori economie europee e per far si che il commercio elettronico possa
svilupparsi dovremmo almeno triplicare la nostra quota di presenza in Internet.
Fonte: nostra elaborazione da fonti diverse
Grafico 1.5 Quote di presenza dell'Italia in Europa (in percentuale)
Sempre secondo IDC, le aziende italiane collegate alla rete erano circa 160.000
nel 1997 e si prevede saranno 220.000 nel 2000.
Fonte:
IDC, Il Sole 24 Ore, 17 aprile 1998
Grafico 1.6 Imprese italiane in rete
Le aziende medio grandi difficilmente ormai riescono a fare a meno della rete:
3 su 4 sono connesse, 2 su 3 hanno un sito Web, anche se per ora neppure 4 su
100 effettuano transazioni online.
Fonte IDC, da 'Il Sole 24 Ore' aprile '98
Grafico 1.7 Imprese italiane medio-grandi (prime 2000 per fatturato)
Tornando a focalizzare l'attenzione sul commercio
elettronico, interessante è lo studio effettuato da Databank Consulting, che ha
effettuato un'articolata previsione del fenomeno per l'anno 2000 . Secondo
l'istituto di ricerca, si verificherà la cosiddetta 'soluzione dell'uno
per cento': per ogni cento euro di fatturato, uno sarà ricavato dalla
vendita online a consumatori finali. Naturalmente si parla di prodotti che già
hanno dimostrato una buona propensione alla distribuzione via Internet:
informativi (banche-dati, pubblicità, editoria), informatici (PC, software),
per il tempo libero (musica, viaggi).
Fonte: Databank Consulting
Tabella 1.3 Commercio elettronico in Italia nel 2000 (miliardi di lire)
Databank Consulting ritiene che il mercato business to
consumer raggiungerà in valore assoluto i 1.450 miliardi di lire: una cifra
irrisoria rispetto al colosso Usa, ma pur sempre solo di poco minore al giro
d'affari complessivo delle attuali vendite dirette via posta. Inoltre, sempre
secondo Databank, importante rilevare come il commercio in rete tra aziende
continuerà a prevalere: si stima un valore delle transazioni di 2000 miliardi
di lire per il 1999 e di 6000 miliardi per il 2000. La divaricazione tra tassi
di crescita del fenomeno commerciale in azienda e in ambiente domestico
rispecchia una tendenza globale, dovuta al fatto che anche in Italia il mercato
residenziale è caratterizzato da andamenti 'asincroni' che non gli
consentiranno, almeno nel breve periodo, di diventare il baricentro delle
iniziative di commercio elettronico.
Aldilà del cronico ritardo che il nostro paese è chiamato a ridurre, oggi
numerosi sono gli elementi che inducono ad essere ottimisti e a giustificare le
previsioni di crescita anche per il nostro mercato.
Primo motivo di ottimismo è che sia la Comunità Europea che il Governo Italiano
hanno avviato una serie di iniziative volte a promuovere la crescita del
Commercio Elettronico. L'intenzione è di colmare la lacuna di una normativa in
materia e di rendere noti i risultati di alcuni progetti pilota di Commercio
Elettronico, al fine di diffondere i migliori modelli strategici ed operativi.
Inoltre, gli standard più affidabili nel campo dei pagamenti online avranno una
diffusione sempre più ampia e di questo beneficerà sia il commercio tra aziende
e consumatori sia quello tra sole aziende.
Terza ed ultima indicazione incoraggiante viene dalle numerose ricerche, che
registrano in Italia una notevole crescita delle connessioni a Internet anche
nelle PMI. E' ragionevole ritenere che nel momento in cui anche questi soggetti
avranno sperimentato le potenzialità del Commercio Elettronico, il fenomeno
aumenterà di dimensione in modo esponenziale, soprattutto in considerazione del
peso notevole che la PMI ha nel tessuto produttivo nazionale.
Fonte:
Gemini Consulting,
Grafico 1.8 Evoluzione del commercio elettronico in Italia (volumi di
scambio in miliardi di lire)
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