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Schopenhauer
Contemporaneo di Hegel, soffre per essere stato oscurato dalla fama di quest' ultimo. Il suo pensiero va controcorrente. Egli scrive un'opera intitolata "Il mondo come volontà e rappresentazione". Viene pubblicata più volte, ma solo con la III edizione ne viene riconosciuto il merito. Schopenhauer ritiene che la vita non è quella grande gioia che verrebbe evinta dal pensiero di Hegel, bensì la vita è dolore: il principio non è la ragione, ma l'irrazionalità (volontà).
Il contesto in cui si inserisce il pensiero di S. è alquanto complesso: dopo il facile ottimismo dell'800 e la cieca fiducia nel progresso ci si rende conto che in realtà non è tutto facile come sembra, ma inizia a manifestare i suoi lati negativi (anche Marx metterà in luce le pecche del capitalismo). Ciò determina la nascita di tendenze irrazionaliste (presente anche in Nietzsche).
Le radici filosofiche si S. sono varie: attinge dall'idealismo, ma eleva già una critica nei suoi confronti (lo farà anche la sinistra Hegeliana), esalta Kant e ne riprende la teoria soggettiva della conoscenza; riprende il tema del dolore. S. riprende il dualismo Kantiano: il fenomeno è il velo di Maya, il noumeno è la realtà pensabile e conoscibile, è la realtà vera che si nasconde dietro il velo di Maya. Questo velo, però, può essere squarciato quindi si può intravedere la realtà, il noumeno, che è la volontà.
Il fenomeno ci presenta la realtà velata, occultata e quindi distorta. Il fenomeno è quindi l'illusione, il sogno. S. riprende il carattere soggettivo della gnoseologica, ma il fenomeno è il mondo che esiste solo come oggetto della rappresentazione (il rappresentante e il rappresentato sono uniti indissolubilmente, non c'è uno che viene prima, esistono insieme e contemporaneamente).
Il rappresentato (mondo fenomenico) è legato alla rappresentazione e alla sua coscienza, l'uno senza l'altro non può esistere. Il mondo è una mia rappresentazione ed esiste solo come oggetto del mio rappresentare.
Il fenomeno = illusione, sogno.
Il noumeno è conoscibile e ci si deve arrivare.
S. riprende il concetto della RAPPRESENTAZIONE in una chiave + soggettiva.
Per lui c'è una III via:
il materialismo cui fa riferimento viene non viene accettato perché sacrificherebbe il soggetto rispetto all'oggetto
l'idealismo neanche viene accettato perché sacrifica l'oggetto rispetto al soggetto
Secondo S. non può esistere l'uno senza l'altro (rapporto di indissolubilità e complementarietà)
La sua è una rappresentazione coscientistica. Questa III via ci porta a pensare che il soggetto si rappresenta le cose e non il contrario. Ma questa rappresentazione del mondo come arriva al soggetto?
Il SOGGETTO si rappresenta: COME? La rappresentazione avviene attraverso le forme a priori. NOI CI RAPPRESENTIAMO IL MONDO attraverso queste forme.
Le forme a priori sono 3: spazio, tempo e casualità. Le tre forme a priori sono intuizioni dell'intelletto (capacità di intuire le cause che tengono insieme le cose). C'è una legge che determina il rapporto fra le cose. Questo rapporto viene detto principio di ragion sufficiente per la casualità. Lo spazio ci consente di individuare le posizioni di ciascuna rappresentazione rispetto ad un'altra. Il tempo è la successione delle rappresentazioni tra di loro.
Principio di individuazione: individua ciascun oggetto qui ed ora. Individuarlo significa che lo determino perché gli diamo uno spazio ed una tempo.
Principio di casualità: implica il rapporto causa-effetto. Definisce ciascuna cosa in base all'effetto che produce.
La materia è azione perché per la sua natura di causa produce effetti.
Principio di ragion sufficiente:
DIVENIRE: la casualità si pone come necessità fisica per cui tutte le cose sono in rapporto di causa-effetto
CONOSCERE: pensiero e come si argomenta: in ogni argomentazione c'è sempre una relazione con la premessa
ESSERE: necessità matematica perché chiama in causa l'aritmetica.
AGIRE: dettata dal principio di casualità, necessità morale nell'ambito delle azioni. Lega azione e movente.
Tutto ciò che rientra nel mondo fenomenico è legato al principio di causa-effetto.
L'uomo che sta fuori vede questo mondo fenomenico deformato. I vetri che non sono chiari c rimandano l'immagine di questo mondo deformata e alterata. La vera realtà sta fuori questi vetri.
Si ritiene che sia il corpo che consente all'uomo di abbattere questi vetri (velo di Maya)
La critica che S. muove ad Hegel è la seguente:
"Noi non siamo solo teste di angelo alate senza corpo"
Hegel nella sua filosofia non trova spazio per la fisicità. Anche il corpo ha una sua parte: incide sulla conoscenza, e non può essere separato dalla testa. Il corpo può essere inteso in 2 modi:
"oggetto tra gli oggetti": è parte del mondo fenomenico in quanto è pposto al principio di individuazione
"corpo come volontà irriducibile al fenomeno": il corpo non è più parte del mondo fenomenico ma ne sta fuori. Io ho la consapevolezza del mio corpo in quanto ho dei bisogni. Questo corpo è espressione della volontà detta come bisogno - desiderio - brama. Desiderio di sopravvivere.
Il corpo è l'espressione della volontà di vivere.
Per analogia ritiene che la stessa cosa accada per tutti gli altri esseri e per l'universo intero.
La VOLONTA' è IL NOUMENO
Non si deve separare volontà dall'azione. Il mio corpo è oggettivazione della volontà
La volontà e l'atto (ciò che il mio corpo compie) sono un tutt'uno.
La volontà come essenza dell'universo non è ne bene ne male. Essa è un impulso cieco ed inconsapevole (non c'è nulla della razionalità de Hegel) è una sorta di divinità, è energia, è eterna (sta fuori dal tempo), è unica (le volontà individuali sono espressioni e manifestazioni di un unico principio, di un'unica volontà), è incausata (non è effetto di nessuna causa), è libera (non ha fine se non se stessa).
Se la volontà è desiderio di ciò che non si ha, essa è privazione. Ciò pone l'uomo in uno stato di sofferenza e di continua tensione: dopo aver soddisfatto un desiderio, subito ne compare un altro. Ma essendo la volontà la struttura metafisica della realtà, essa non può essere estinta; la vita è dunque una condizione di dolore,è inevitabile il continuo passaggio da una brama all'altra. Il piacere esiste, ma solo come cessazione momentanea del dolore. Il piacere non è autonomo, ma dipende dal dolore.
Ma per S. la condizione peggiore dell'esistenza è la noia, cioè la mancanza di stimoli, di dolore e di piacere.
"La vita è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia'
La vera via di liberazione è la liberazione dal dolore e quindi l'annullamento della volontà: giungere al nountas.
Il suicidio non è ammesso perché è una scelta apiretica della vita: chi si toglie la vita, non la nega, ma la esalta. Il suicida, infatti, disprezza il particolare modo in cui viveva, ma non la vita in generale.
Il suicidio, inoltre, non annulla la volontà, perché è proprio espressione della volontà stessa. E seppure annullasse la volontà, annullerebbe solo quella individuale, ma continuerebbe a vivere in tutti gli altri individui come struttura metafisica.
L'iter salvifico è quindi dato da ARTE, MORALE ed ASCESI. Le prime due sono momentanee, la terza è quella che realmente porta alla liberazione.
L'arte è solo un'ora di ricreazione, una distrazione momentanea, così come la morale. Solo l'ascesi è un discorso totalizzante.
L'arte: S. riprende la dottrina delle idee di Platone. Le idee sono archetipi, modelli, paradigmi eterni delle cose sensibili. Per S. le idee sono il primo grado dell'oggettivazione. Servono a spiegare tutte le cose (la molteplicità) disposte in maniera gerarchica.
L'artista viene "rapito", ovvero riesce ad intuire le idee diventando un puro soggetto conoscitivo (non c'è un fine utilitaristico come nella scienza) nel momento della creazione ed in questa conoscenza. L'artista si appaga: fa proprie le idee con le quali è venuto a contatto e le comunica. Il genio-artista è una figura a se stante, ma tutti possono vivere questa esperienza se vogliono.
La morale: l'agire dell'uomo è dettato dalla volontà (che quindi dovrebbe andare contro se stessa). La volontà deve poter superare, seppur momentaneamente, l'egoismo; la volontà, infatti, agisce per realizzarsi, ha come fine solo se stessa; con la morale deve invece aprirsi al mondo ed alla sofferenza altrui: le morale è fondata sul sentimento (pietà, giustizia compassione [soffrire insieme]).
Nel sentire, si viene a conoscenza della sofferenza degli altri, ma questa non basta, è necessario anche sentire il dolore dell'altro: EMPATIA.
Nella morale si individuano 2 virtù: Pietà (azione, ciò che dobbiamo fare), e la giustizia (ci dice cosa non bisogna fare)
L'ascesi: via definitiva. Essa rimanda alla filosofia orientale o alla religione (per giungere alla grazia gli asceti si isolavano dal mondo esterno). Consiste nel mettere tra parentesi il mondo attraverso il digiuno, la castità, la mortificazione del corpo., l'amore è l'unione di due esseri infelici che creano un terzo essere infelice. L'obiettivo dell'ascesi è il NIRVANA, il nulla, uno stato di quiete, di pace eterna ed infinita. Se si ha paura del Nirvana, allora non si è ancora giunti ad essa.
Eppure l'ascesi è una scelta di vita; S. non l'ha mai praticata e poi l'annullamento della volontà sarebbe anche l'annullamento della struttura della volontà e quindi della sua filosofia.
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