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Santa Venera e San Sebastiano
Ad Acireale si celebrano solennemente i santi Venera e Sebastiano.
Alla prima, patrona della città, vissuta nel II sec. gli Acesi dedicano i
festeggiamenti, per ragioni climatiche, il 26 luglio, anzichè il 20 novembre.
Il seicentesco fercolo d´argento della Santa viene portato in processione per
le vie cittadine, accompagnato dalle Cannalore, alti legni intagliati e
decorati portati a spalla dai rappresentanti delle antiche corporazioni di arti
e mestieri.
La figura di
Santa Venera, Vergine e martire, Patrona di Acireale , è stata sempre
circondata da un alone di legenda.
Secondo i più
Contemporaneamente avveniva un gran terremoto. Il corpo della martire da un monaco di nome Antonio fu nascosto e, dopo qualche tempo, portata ad Ascoli Piceno.
Successivamente,il 14 Novembre di un anno compreso tra il 302 e il 312, l'imperatore Diocleziano portò le ossa della martire da Ascoli Piceno a Roma e furono seppellite nelle catacombe di San Sebastiano. La prima reliquia della Santa fu portata ad Acireale il 6 Giugno 1651 dal cappellano della Cattedrale Ippolito Leopardi che la ottenne dal cardinale Martino Ginnetto. Un'altra reliquia fu portata ad Acireale il 17 Maggio 1725 dal sacerdote Celso Grassi che la ottenne dal vescovo di Perugia mons. Vitale Giuseppe de Bobus.
Ma
il principale evento religioso della città è
Il 20 gennaio, sul fercolo d´argento, la statua del Santo bello e giovane(come
direbbe Dante:"al pari di un efebo della Grecia")viene portata a spalla dai
devoti percorrendo un itinerario lungo e faticoso , per fare rientro nella sua
bella dimora verso la mezzanotte.
Al sentimento popolare di fede,vivo, profondo e travolgente verso il martire Cristiano di Spagna, si ricollegano, poi le forme esteriori del culto e le caratteristiche peculiari della festa, di sapore tipicamente spagnolesco: il bellissimo e pregevole fercolo d'argento, di squisita linea barocca, trainato "a braccia" da una massa di "divoti" in costume a piedi scalzi(hanno solo le calze), con la testa fasciata da vioriopinti fazzoletti di seta annodati sulla nuca, inneggianti al Santo per tutta la durata "giro" attraverso tutte le strade, vecchie e nuove della città.
E lo sparo dei mortaretti e dei fuochi d'artificio accompagna il Santo ininterrottamente, si può ben dire, dall'uscita solenne del fercolo che avviene normalmente verso le ore 11) al rientro in chiesa dopo l'estenuante giro, a notte inoltrata, quando per il troppo gridare la masse dei "divoti" è ormai diventata afona.
E' uno spettacolo di fede popolare intensa,ma anche un poema di colori di rilevante valore folcloristico, all'ombra di una delle più belle chiese barocche,la basilica del Santo, arricchita dagli affreschi del massimo pittore acese del '700, Pietro Paolo Vasta. I "divoti", poi, rappresentano una tradizione nella tradizione, quasi una corporazione di stampo medioevale arrivata sino a noi sulle ali del tempo: quello del "divoto" è, infatti un "mestiere"che si tramanda di generazione in generazione e di padre in figlio, tra le categorie dei pescivendoli, dei rivenditori di frutta e verdura e "cicirari"cioè dei venditori di ceci abbrustoliti,noccioline americane e altre sementi infornate,che mettono su bancarelle in occasione delle varie feste cittadine religiose e non. E' un "mestiere" che richiede una competenza specifica,nata da una lunga esperienza, perché è difficile e assai pericoloso fare eseguire "a regola d'arte" al pesantissimo fercolo (o alle antiche e pesanti candelore in legno in occasione della festa in onore della patrona Santa Venera)alcune tipiche,spericolate e rapide manovre che costituiscono i pezzi forti dell'esibizione e, insieme, i "do di petto" della tradizione che vanno dalla famosa " discesa", al momento dell'uscita dalla basilica alla pericolosa "entrata" del fercolo all'interno della chiesa.E' uno spettacolo di fede e religiosità, al quale assiste una immensa folla col cuore in gola, con la stessa intensa emozione con cui il popolo assisteva agli spettacoli del circo massimo, al
tempo dei romani, o alle cruenti corride nelle arene di Spagna.
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