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Progresso - tesina




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INTRODUZIONE


Parlando del progresso ci si chiede se esso implichi necessariamente benessere, purtroppo allo stato attuale viene a trovarsi un complesso sistema di luci ed ombre relative allo sviluppo, in quanto ai numerosi successi in campo scientifico spesso corrispondono numerosi svantaggi da pagare in nome del medesimo progresso.

La seconda rivoluzione industriale segna l'inizio dell'affermazione della scienza come unico strumenti gnoseologico e conseguentemente la grande fiducia riposta nella ragione; in tale periodo la produzione industriale s'impenna a dismisura, la rete ferroviaria in poco tempo quintuplica la sua estensione, nascono strumenti di comunicazione di massa quali il telefono e cinema e vengono compiuti i primi voli dai fratelli Wright. In tale clima si affermano le dottrine filosofiche positivistiche di cui Comte ne è il massimo esponente con la sua "religione della scienza"; contemporaneamente vengono impiegati nuovi materiali in architettura, ed esempi sono la Tour Eiffel ed il Palazzo di Cristallo. Il progresso scientifico nel corso degli anni raggiunge traguardi importanti per quanto riguarda lo studio ed il funzionamento del DNA ad opera di Watson e Crick grazie ai quali oggi è stato possibile all'uomo decodificare la mappa del genoma umano.

In tale contesto scientifico il mondo va in contro a sconvolgimenti socio-economici che vedono l'emarginazione del letterato. Nel panorama letterario italiano, l'intellettuale assume varie posizioni dinanzi a tale prospettiva: Verga ad esempio si chiude nel suo conservatorismo a dir poco reazionario, per cercare di arginare le spinte disgregatrici di un mondo ormai frenetico.

D' impostazione molto diversa è invece Svevo, che ha paura del progresso che ha alterato gli equilibri naturali prevedendo ne La Coscienza di Zeno la fine apocalittica della terra.

In campo internazionale, Hardy e Dickens sono i massimi esponenti di quel "social-criticism" che assume un posto di rilievo nelle loro opere fondamentali: rispettivamente "Jude the Obscure" e "Oliver Twist" e "Hard Time".



LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE


Nei primi decenni del 900 si ha una trasformazione epocale nell'ambito industriale. L'industria, infatti, cambia radicalmente con un maggior impiego delle macchine, che provoca una maggiore disponibilità dei prodotti e dei materiali. Tale industrializzazione, però, caratterizza solo alcune aree del pianeta escludendo le regioni povere.

La distinzione tra la prima e la seconda rivoluzione industriale, nasce dal fatto che la prima si basava sulla forza vapore e su materiali quali il carbone, invece la seconda sull'acciaio, la chimica, l'elettricità, ecc. Inoltre nella seconda rivoluzione industriale, la scienza viene applicata all'industria, quindi c'è un connubio vincente tra industria e scienza. In questo periodo le innovazioni più importanti sono: l'acciaio, che è una varietà superiore al ferro, il quale aveva dominato la scena nella prima rivoluzione industriale. L'acciaio presenta alcuni vantaggi. Esso, infatti, sa essere duro, elastico e plastico, quindi molto resistente a colpi e logoramenti. La chimica che a inizio secolo si va sviluppando nella fabbricazione del carbonato di sodio, dei composti organici e degli idrocarburi. Anche l'elettricità è simbolo del progresso e permette il trasporto dell'energia a distanza. Le caratteristiche essenziali di questa sono: la trasmissibilità e la flessibilità. La prima permette il trasporto di energia, la seconda la trasformazione in altre forme di energia. L'energia elettrica fu molto utile nelle industrie, soprattutto in quelle siderurgiche, divenendo una componente essenziale nella vita dell'uomo. Di conseguenza, si ha una maggiore rete commerciale e gli scambi internazionali triplicano. Questo porta ad un espansione dell'economia dei paesi occidentali, quali l' Inghilterra, la Germania, la Francia che comporta un egemonia su altri paesi, non solo di carattere coloniale, ma anche di carattere finanziario.

Dal 1850 al 1914, il mezzo di trasporto per eccellenza è il treno che in breve tempo permette di percorrere grandi distanze e di collegar vari paesi. Inoltre l'Europa intorno al 1870 è coperta da una fitta rete ferroviaria. Le più grandi reti ferroviarie, si trovano negli Stati Uniti e in Russia con la Transiberiana. Mentre in Europa, abbiamo l'Orient Express, che collega Parigi a Costantinopoli.

Nella fine dell' 800 le industrie cambiano il flusso di produzione. Il primo problema essenziale è quello di facilitare il flusso produttivo, infatti, in questo periodo cambiano le industrie chimiche, siderurgiche e le aziende alimentari. La soluzione trovata grazie alla realizzazione di montacarichi, elevatori e nastri trasportatori. Il secondo problema è quello di ricavare da ogni operaio una produzione maggiore. Entrano in campo due fattori: 1) la produzione in serie. 2) l'organizzazione scientifica.

All'inizio del 900 il primato economico europeo, non è più esclusivamente nelle mani dell'Inghilterra, perché sale alla ribalta l'economia tedesca. In questo periodo, infatti, la Germania riesce ad avere una grande espansione economica - coloniale. Tra il 1875 e il 1895 le esportazioni tedesche aumentano del 30% e i materali, quali ferro ed acciaio, penetrano in Australia, Cina, America Latina. Vi è ancora una netta superiorità della Germania nei settori industriali più moderni, rispetto agli altri paesi europei. Infatti l'Inghilterra, solo troppo tardi, si accorge della schiacciante potenza tedesca

















































POSITIVISMO


L'ideologia che ha influenzato e supportato la seconda rivoluzione industriale è sicuramente il Positivismo, movimento filosofico e culturale teso ad esaltare la scienza e il progresso. Nato in Francia nella prima metà dell' ottocento si impose a livello europeo nella seconda metà del secolo. Il termine comparve per la prima volta nel " Catechismo degli industriali " di Saint Simon e venne utilizzato da Comte per indicare la propria dottrina incentrata appunto su ciò che è positivo, reale, effettivo, pratico, efficace ed utile. Per il positivismo la scienza è l' unica conoscenza possibile e il metodo sperimentale in quanto è l'unico valido, va esteso in tutti i campi del sapere, compresi anche quelli che riguardano l'uomo e la società. In effetti i positivisti ritengono che il progresso della scienza sia alla base di quello umano e rappresenti lo strumento più idoneo per una riorganizzazione globale della vita in società. Con tale progresso si potrà superare la crisi del mondo moderno o di accelerarne lo sviluppo in modo sempre più rapido. Secondo Pietro Rossi " ciò che caratterizza il Positivismo ottocentesco è, in primo luogo, la consapevolezza di una profonda crisi storica che ha investito la società europea e che comporta una rottura irreparabile con il passato e le istituzioni tradizionali". Inteso in questo modo il positivismo con Comte che ne è il padre ed iniziatore si pone soprattutto, in una prima fase, come proposta di superamento di una crisi socio-policito e culturale mentre nella seconda metà del secolo si presenta come riflesso e stimolo di un progresso in atto.

Si deve al decollo del sistema industriale, della scienza, della tecnica, degli scambi e delle estensioni del sapere su larga scala, la diffusione in Europa della cultura positivistica e di quel clima di generale fiducia e nelle capacità dell' uomo e nelle potenzialità della scienza e della tecnica. Non per nulla negli ultimi decenni dell'ottocento divenne l'ideologia tipica della borghesia liberale dell'occidente con la quale, come ha affermato Geymonat, condivise la mentalità ottimistica circa la moderna società industriale e la tendenza politica riformistica nemica del conservatorismo. Enucleando i temi di fondo di questo movimento si può quindi affermare che esso ripone una fiducia illimitata nella ragione e nel sapere che esalta la scienza a scapito della filosofia il cui compito, lungi dal cercare le essenze, divenne quello di ordinare il quadro complessivo delle scienze o di proporre la sintesi unificatrice e generalizzatrice dei loro risultati. Come tutte le correnti della storia del pensiero, anche il Positivismo non è qualcosa di monolitico, poiché presenta un insieme pluriforme di autori e dottrine. Tradizionalmente si sono distinti due movimenti di fondo aventi Darwin come spartiacque: il Positivismo Sociale, tipico della prima parte del secolo è rappresentato soprattutto da Comte, e il Positivismo Evoluzionista rappresentato da Spencer. Oggi invece si tende più a parlare del Positivismo come un' atmosfera che all'inizio è caratterizzata soprattutto dal riferimento alla scienza come superamento della crisi moderna e che in seguito risulta improntata soprattutto delle scoperte biologiche di Darwin e dalla sua teoria di evoluzione, Teoria assunta a categoria interpretativa universale, valida per la storia delle galassie come per il divenire delle civiltà umane.

Interprete del Positivismo sociale come si è detto è Augusto Comte il quale ne "Il pensiero politico e le leggi della storia" d'accordo con Saint Simon giudica il mondo moderno un' epoca di disordine e di anarchia in cui due opposti partiti, quello restauratore e quello rivoluzionario, tentano invano di imporre un nuovo ordine sociale. Entrambi sono infatti caratterizzati dalla mancanza di principi metodici e dal carattere dogmatico delle loro critiche. Per uscire dallo stato di anarchia occorre invece passare dalla politica filosofica ( teologico, reazionaria e metafisico-rivoluzionaria ) la politica scientifica o positiva, fondata sui metodi della scienza e sull'evoluzione storica della società umana. Quest'ultima prodotto di un'evoluzione storico-sociale espressa dallo studioso con la legge dei tre stati, ricavata dallo studio della storia e dall' evoluzione dell'intelletto umano nelle sue sfere di attività. Secondo tale legge il progresso umano è passato attraverso tre tappe fondamentali successive: lo stato teologico-fittizio, lo stadio metafisico o astratto, lo stadio scientifico o positivo come viene illustrato dal seguente schema






STADIO

FACOLTA'

OGGETTI DI INDAGINE

METODO DI SPIEGAZIONE

ORGANIZZAZIONE POLITICO-SOCIALE

Teologico o fittizio

immaginazione

Natura degli esseri, cause prime e finali

Agenti divini (animismo, politeismo e monoteismo)

Monarchia teocratica e militare

Metafisico o astratto

Ragione speculativa

Natura degli esseri, cause prime e finali

Forze astratte (le "essenze")

Sovranità popolare

Positivo o scientifico

Ragione scientifica

I fatti e le loro relazioni

Leggi invariabili

Regolamentazione della società industriale


Stadio teologico                      infanzia dell'individuo e dell'umanità

Stadio metafisico                    giovinezza dell'individuo e dell'umanità

Stadio positivo                        maturità dell'individuo e dell'umanità


Lo stadio positivo dell'umanità potrà dirsi completamente attuato quando tutte le attività umane avranno fatto proprio il metodo scientifico. Esso si è già da tempo imposto nella matematica, nell'astronomia e nella fisica, ma è del tutto assente dalla politica, dalla morale e dall'economia, ancora soggette alle superstizioni, ai pregiudizi e alle iniziative empiriche dei singoli e dei gruppi. Promuove il passaggio allo stadio positivo di tutte le attività umane e appunto il compito della filosofia positiva: essa deve unificare tutti i risultati delle scienze particolari e poi indirizzarli alle realizzazioni della scienza della società che Comte chiama fisica sociale e sociologia. Tale scienza è la premessa di una futura società pacifica e altamente produttiva caratterizzata da una rigorosa divisione sociale dei compiti e governata da un elite di scienziati e di tecnici.

Come ogni attività umana anche le scienze si sviluppano secondo la legge dei tre stadi. Non tutte le scienze però compiono tale processo contemporaneamente per la diversa complessità dei loro metodi ed oggetti. In generale raggiungono prima lo stadio positivo le scienze più semplici e più astratte come dimostra la storia del pensiero scientifico. Comte fornisce una classificazione generale delle scienze secondo il criterio

evolutivo della complessità e particolarità crescente, come si evince dalle schema che si riporta



CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE



fis. celeste

fisica

inorganica fis. terrestre

scienze astratte

Attività       teoria ( fenomeni generali)

umane                          scienze concrete fisiologia

pratica (fenomeni particolari) fisica

organica fis. sociale



L'ordine logico delle scienze coincide con l'ordine  storico del loro sviluppo e con l'ordine pedagogico del loro apprendimento






Da questa classificazione Comte esclude la matematica che, per il suo carattere di massima generalità e semplicità, svolge funzione introduttiva e serve di base a tutte le altre; la logica in quanto ogni scienza deve costruirsi da se i propri precedenti metodologici e quindi la propria logica; la psicologia in quanto rientra nella biologia se suo oggetto sono i fenomeni psichici individuali, oppure nella sociologia se suo oggetto sono i comportamenti psichici generali. Comte si attribuisce il merito di aver condotto la scienza della società dallo stadio metodologico e metafisico a quello positivo. Tale scienza, come ogni altra presenta un aspetto statico e uno dinamico perciò egli distingue una sociologia statica che ha per oggetto la società vista come un tutto organicamente condizionato: i due costumi, istituzioni strutture economico-politico intesi come fenomeni interconnessi che si influenzano vicendevolmente secondo un ordine e un peculiare consenso delle parti con il tutto. Quando tale ordine viene meno, la società entra in una fase critica che la sociologia statica non può più descrivere. Interviene allora la sociologia dinamica la quale studia la società sotto il profilo dell'idea di progresso oltre a quello di ordine. L'oggetto di tale scienza è per tanto il più complesso, il più concreto possibile e l'uomo giunge a padroneggiarlo solo alla fine della propria evoluzione cioè nell'età dell'industrialismo scientifico appena inauguratosi.

























BERGSON


Interprete delle principali istanze della reazione al positivismo fu E.Bergson che contro lo scientismo di fine 800 rivendicò i valori dello spirito ed elaborò una metafisica evoluzionistica incentrata sulla spontaneità e sulla nascita del processo reale. Nell'opera "Evoluzione Creatrice" Bergson afferma che la vita naturale cresce come un fascio di steli, sviluppandosi in serie divergenti; essa come un fuoco d'artificio esplode in varie direzioni biforcandosi. La prima biforcazione dello "slancio vitale" determina la distinzione fra animale e la pianta: quest'ultima, chiusa nella notte dell'inconscio e dell'immobilità, arresta ben presto la propria evoluzione, mentre l'animale invece va oltre, grazie al movimento e all'istinto in varie direzioni: alcune feconde (vertebrati), altre non feconde (molluschi). L'istinto trova però un proprio limite nell'abitudine che costituisce l'essenza della materia. Bergson distingue l'istinto dall'intelligenza e dall'intuizione. Il primo produce da sè i propri strumenti ma trova il proprio limite in soluzioni automatiche. Da qui il sorgere dell'intelligenza umana capace di produrre strumenti inorganici in vista dell'azione. L'intelligenza avvia l'uomo sulla strada della coscienza e del concetto ma, costruendo categorie e schemi, si stacca dalla vita. L'estremo raffinato di questa attitudine è rappresentato dalla scienza. La facoltà invece che conserva il rapporto con la vita e, che nello stesso tempo conserva la chiarezza intellettuale, proprio dell'intelligenza è l'intuizione che Bergson paragona a quella simpatia mediante la quale ci si inserisce nell'interiorità di un oggetto per coincidere con ciò che c'è in esso di unico. In una parola con l'intuizione si coglie la vita nel suo slancio vitale. Ma il problema principale del pensiero di Bergson è quello del tempo trattato nel saggio "Sui dati immediati della coscienza". In questa opera egli fa una distinzione fra il tempo della scienza e il tempo della vita. Il primo è costituito da una successione di istanti statici, tutti uguali perfettamente distinti e reciprocamente esterni, paragonabili ad una collana di perle. Invece il tempo della vita è quello vissuto completamente dalla coscienza, è durata reale in cui lo stato psichico presente conserva il processo dal quale proviene ed è insieme qualcosa di nuovo. Il filosofo lo paragona ad un filo di lana che si avvolge su se stesso, ineffetti i nostri stati di coscienza si compenetrano dando vita ad un' amalgama in continua evoluzione.











POPPER


Con la caduta delle certezze assolute sulle quali si era basata la cultura dell'800 anche la scienza va in crisi, ineffetti alla luce di nuove scoperte come quelle della geometria non euclidea e della teoria della relatività di Einstein, si comprende che anche il sapere scientifico non è assoluto e che le leggi che regolano i fenomeni non si possono definire una volta per tutte. Le teorie scientifiche devono essere ritenute delle semplici ipotesi o congetture destinate a rimanere tali. La lezione di Einstein fu compresa nel secolo scorso da Popper che, impressionato dalle "previsioni rischiose" del suo maestro, si convinse che una teoria non è scientifica se non si presta ad essere confutata, cioè falsificata. É quindi la falsificabilità e non la verificabilità che costituisce il tratto caratteristico delle teorie scientifiche del 900. É la direzione stessa dell'indagine che viene in tal modo invertita: non si muove da fatti alla costruzione delle teorie, ma dalle teorie mediante i fatti. E poiché questo controllo avviene traendo deduttivamente dalle teorie le loro conseguenze osservabili, Popper designa il metodo da lui proposto come ipotetico-deduttivo: e definisce i controlli empirici asserzioni-base il cui utilizzo presuppone sempre un accordo in seno alla comunità dei ricercatori.

Quindi, pur essendo esito di congetture audaci le teorie, una volta trovate, vanno provate. Cioè il metodo che Popper propone procede per prove ed errori, congetture e confutazioni. Esso come sottolinea il filosofo, si risolve nei seguenti momenti:

  1. Inciampiamo in un problema
  2. Tentiamo di risolverlo
  3. impariamo dai nostri errori

Il filosofo perciò critica il metodo induttivo utilizzato dalla scienza tradizionale, perché per quanto numerosi possano essere i casi osservabili non giustificano una legge generale, viceversa una teoria è falsificabile se e solo se esiste almeno un falsificatore potenziale, cioè un possibile asserto di base che entri logicamente in conflitto con essa.

Si comprende che Popper esclude dall'ambito scientifico l'osservazionismo, procedimento secondo il quale lo scienziato osserverebbe la natura senza presupposti o ipotesi precostituite. E ciò perché la nostra mente non è un recipiente vuoto, ma un faro che illumina, ossia un deposito d'ipotesi o di aspettative, alla luce delle quali recepiamo la realtà. In poche parole nell'accostarci ai presunti fatti, noi già siamo impregnati di teorie. Contro il sapere assoluto Popper rivendica la problematicità del nostro sapere la cui ricerca non ha fine, in poche parole lo scienziato non deve tendere al possesso del vero, ma alla ricerca mai conclusa di esso. Quindi se la verità rimane una pura idea regolativa, il compito dello studioso è quello di raggiungere teorie sempre più verosimili all'ideale di una descrizione esauriente del mondo. In questo ambito la scienza si presenta come teatro di lotta fra teorie rivali. A tale proposito Popper parla di una selezione naturale fra le ipotesi: vengono eliminate quelle che non resistono alla concorrenza, cioè quelle inadatte.


VERISMO


Il nuovo pensiero scientifico e filosofico legato alla seconda rivoluzione industriale e al Positivismo, ebbe immediati riflessi sulla letteratura del tempo che prese il nome di Realismo.

Il principio fondamentale della poetica realista, che in Francia prese il nome di Naturalismo e in Italia di Verismo, è che l'arte deve rappresentare il reale-positivo, cioè deve ritrarre i comportamenti e gli ambienti non delle classi privilegiate, ma di quelle più umili, perché sono esse quelle più vicine alla natura e al vero.Inoltre, l'arte deve essere impersonale: l'artista deve ritrarre il vero in modo distaccato e freddo, analogo a quello con cui gli scienziati descrivono un fenomeno della natura. Bisogna precisare che l'impersonalità, mentre fu esasperata dal Naturalismo al punto da ridurre l'opera d'arte a una rappresentazione fotografica e scientifica della realtà, la troviamo attenuata negli scrittori veristi, nelle cui opere, anche se latente, si individua l'impronta della personalità dell'artista e la sua personale visione del mondo.

Il genere letterario, espressione di questa nuova poetica, fu il romanzo sociale che soppiantò quello storico che lasciava tanta parte alla fantasia e alla manimopazione arbitraria dello scrittore. Al contrario quello sociale si prestava a rappresentare obbiettivamente personaggi, caratteri e costumi della società.

Altri elementi della tecnica realistica sono:

La descrizione particolareggiata dei paesaggi, dei personaggi e degli ambienti.

I frequenti monologhi e i dialoghi che conferiscono alla narrazione un andamento rapido e serrato simile a quello teatrale.

Il linguaggio semplice, popolare aderente al carattere dei personaggi, intriso di termini e costrutti dialettali.


Lo scrittore più rappresentativo del Verismo italiano fu Giovanni Verga che pur partendo dai postulati teorici del verismo, scrisse opere di grande valore umano e poetico. Infatti il suo verismo non fu una fredda e distaccata riproduzione del reale, ma rispecchia un forte sentimento di dolore e di tristezza difronte alla vita soprattutto di quella della povera gente della sua terra. Ineffetti il Verga ebbe una concezione dolorosa e tragica dell'esistenza umana. Egli pensava che tutti gli uomini sono sottoposti ad un destino impietoso e crudele che li condanna non solo all'infelicità e al dolore, ma anche a una condizione di immobilismo nell'ambiente familiare, sociale ed economico in cui sono venuti a trovarsi nascendo. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino l'ha posto, non trova la felicità sognata, anzi va immancabilmente incontro a sofferenze maggiori come succede a 'Ntoni Malavoglia e a Mastro Don Gesualdo.

Questa concezione fatalistica e immobile dell'uomo sembra contraddire la fede nel progresso, propria delle dottrine positivistiche ed evoluzionistiche. In verità Verga non nega il progresso, ma lo riduce alle sole forme esteriori, per lui progredisce l'umanità nel suo complesso, grazie alle conquiste scientifiche e tecnologiche, ma l'uomo singolo è sempre dolorante ed infelice, costantemente posto nelle mani del destino. Uniche note positive che si riscontrano nella sua poetica vanno individuate:

In quel sentimento della grandezza e dell'eroismo umano che lo portano ad assumere verso i vinti un atteggiamento misto di pietà e di ammirazione: pietà per le loro sventure, ammirazione per la loro virile rassegnazione.

La fede in alcuni valori che sfuggono alle ferree leggi del destino e della società: la religione della famiglia e della casa, la dedizione al lavoro, il senso dell'onore e della dignità.

La saggezza che ci viene dalla coscienza dei nostri limiti e ci aiuta a sopportare le delusioni, saggezza condensata nei frequenti proverbi di Padron 'Ntoni.


I MALAVOGLIA


Nei Malavoglia il Verga narra le vicende di una famiglia di pescatori (i Toscano, detti i Malavoglia). Il suo unico patrimonio è costituito: da una grossa barca, la Provvidenza, e dalla casa del Nespolo.

Spesso nomi e nomignoli sono usati in senso ironico, col sentimento del contrasto con la realtà.

Così è per la barca, la Provvidenza, che non mantiene certo la promessa del suo nome ben augurale, così è per Maruzza, detta la Longa, che però è tutt'altro che lunga, essendo bassissima e minuta. I Toscano sono soprannominati i Malavoglia, ma sono tutt'altro che svogliati, essendo attivi ed operosi.

L'ideale di questa povera gente è proprio quello dell'ostrica, ossia l'attaccamento alla casa, alla famiglia e al lavoro.

Nei Malavoglia si scontrano due concezioni della vita: la concezione di chi, come padron 'Ntoni, si sente legato alla tradizione e riconosce la saggezza dei valori antichi, come il culto della famiglia, e la concezione di chi come il nipote 'Ntoni si ribella all'immobilismo dell'ambiente in cui vive, ne rifiuta i valori aspirando ad una vita diversa. La simpatia di Verga è verso Padron 'Ntoni e Alessi dei quali ricostruisce il focolare domestico andato distrutto.

La lingua è semplice, viva, popolare modulata sui dialetti e sui modi popolari.


MASTRO DON GESUALDO


In "Mastro Don Gesualdo" il Verga narra le vicende di un ex muratore, Gesualdo Motta, che con la sua tenace laboriosità è riuscito ad arricchirsi.

Sul piano sociale il romanzo rappresenta la borghesia in ascesa di nuova formazione, avida e ambiziosa, simboleggiata da Mastro Don Gesualdo, e le vecchie aristocrazie in declino simboleggiate dai Trao.

I due romanzi hanno in comune il tema di fondo del ciclo dei "vinti". Mettere in evidenza il movente dell'agire umano che genera il progresso, ma mentre ciò che mette in moto le vicende ne "I Malavoglia" è il bisogno di uscire dalla miseria, in "Mastro Don Gesualdo" è la brama di ricchezza e di ascesa sociale.

Differente è il motivo di aspirazione: nei Malavoglia è la religione della famiglia e della casa; in Mastro Don Gesualdo è la religione della roba, divenuta quasi oggetto di culto per le fatiche che è costata.

Differente è anche la struttura dei due romanzi: nei Malavoglia è compatta, organica; in Mastro Don Gesualdo è a quadri staccati (lo dimostra la divisione in quattro capitoli).

Differente è il tono della narrazione: lirico quello dei Malavoglia; polemico e satirico quello di Mastro Don Gesualdo dovuto allo sdegno nello scrittore per gli eccessi dell'economicità pura, cioè del progresso fine a se stesso.

Differente, infine è anche il pessimismo che domina nei due romanzi: nei Malavoglia è lenito dal conforto della religione, della casa e della famiglia riservata a chi resta fedele al loro mito come avviene per Alessi; e più cupo e totale in Mastro Don Gesualdo la smania di ricchezze e della scesa sociale chiude il cuore dell'uomo d'affari, lo rende vile e spietato condannandolo a una solitudine amara e senza speranze.































Italo Svevo


L'opera letteraria di Italo Svevo costituì un momento di passaggio tra il decadentismo italiano e la grande narrativa europea del Novecento. Svevo riuscì molto presto ad acquistare uno spessore intellettuale raro negli scrittori italiani del tempo non solo perché ebbe la fortuna di vivere in una città con grandi caratteristiche culturali, cioè Trieste, ma anche perché al centro della sua formazione c'erano da una parte la conoscenza della filosofia tedesca, e dall'altra il forte interesse per la psicoanalisi di Freud.

Inoltre, oltre ad interessarsi alla letteratura, Svevo svolgeva il lavoro di impiegato in banca, iniziato dopo il fallimento della ditta paterna (1880) e collaborava come critico teatrale e letterario a "L'indipendente", famoso giornale triestino. Ci fu un altro evento nella vita di Svevo che si rivelò poi fecondo per il suo futuro percorso letterario; infatti, nel 1905 Svevo cominciò a prender lezioni di inglese da James Joyce e fu proprio quest'ultimo che lo incoraggiò a scrivere nuovi romanzi. Intanto, nel 1908, si era accostato all'opera di Freup, che gli fornì altri strumenti per scandagliare la "coscienza" dell'inetto Zena Cosini.

I protagonisti dei suoi romanzi sono gli "inetti", infatti, guardano vivere gli altri e sono incapaci di vivere la propria vita. Tra le sue opere più importanti ricodiamo: "Una vita", ispirata alla sua esperienza di impiegato; infatti, il romanzo è incentrato sul personaggio di Alfonso Nitti, che, incapace di adattarsi alle leggi e all'ambiente dell'ufficio, viene sconfitto dalla sua inettitudine che gli impedisce di tradurre l'ideale in azione. Poi abbiamo "Senilità", dove il riferimento non è al dato anagrafico bensì alla patologica vecchiaia psicologico-morale di Emilio Brentani, che nel tentativo di riscattare la mediocrità e il grigiore della propria vita, intreccia con Angiolina, la donna che lui amava, una relazione che si rivelerà fallimentare per l'incapacità di Emilio di mettere in pratica quello che lui desiderava fare.

L'insuccesso di questi due romanziperò indusse Svevo a circa vent'anni di silenzio letterario prima di iniziare nuove stesure , tra cui la più importante è "La coscienza di Zeno".

Questo terzo romanzo di Svevo appare molto diverso dai due romanzi precedenti; si pensi solo al fatto che, in mezzo, si era verificato il tragico evento della Seconda Guerra Mondiale e per questo il suo romanzo non poteva non risentire di questa diversa atmosfera, che lo portò a mutare prospettive e soluzioni narrative. Per gran parte questo romanzo è costituito da un memoriale che il protagonista Zeno Cosini scrive su invito del suo psicoanalista, il dottor S., a scopo terapeutico, prima di iniziare la cura vera e propria.

Lo scrittore finge che il manoscritto di Zeno venga pubblicato dal dottor S. stesso, per vendicarsi del paziente, che si è sottratto all cura. Al testo del memoriale si aggiunge infine una sorta di diario di Zeno, in cui questi spiega il suo abbandono della terapia e si dichiara sicuro della propria guarigione in coincidenza con i successi commerciali ottenuti durante la guerra. Il romanzo è dunque narrato dal protagonista stesso, pertanto ha un impianto "AUTODIEGETICO". Nuovo ed originale è anche il particolare trattamento del tempo, quello che Svevo chiama "tempo misto". Il racconto, infatti, non presenta gli eventi nella loro successione cronologica lineare, ma in un tempo tutto soggettivo in cui il passato (tempo vissuto) riaffiora continuamente e si intreccia con il presente (tempo del racconto). Di qui la struttura particolare del racconto, che non è lineare, progressiva, ma si spezza in tanti momenti distinti; infatti la ricostruzione del proprio passato operata da Zeno, si raggruppa intorno ad alcuni temi fondamentali, a ciascuno dei quali è dedicato un capitolo. La narrazione, quindi, va continuamente avanti e indietro nel tempo, seguendo la memoria del protagonista che si sforza di ricorstruire il proprio passato. Dopo la prefazione del Dottor S. ed un preambolo in cui Zeno racconta i propri tentativi di risalire alla prima infanzia, iniziano i vari capitoli tra cui: il vizio del fumo e i vani sforzi per liberarsene, la morte del padre, il rapporto con la moglie e la sua amante e l'ultimo capitolo in cui Zeno va contro lo psicoanalista e racconta la propria presunta guarigione.


La coscienza di Zeno


Il protagonista - narratore è una figura di "inetto" che negli anni giovanili conduce una vita oziosa e scioperata, passando da una facoltà universitaria all'altra, senza mai giungere ad una laurea e senza dedicarsi ad alcuna attività seria. Il padre, facoltoso commerciante, non ha la minima stima per il figlio, e nel testamento lo affida in tutela al fidato amministratore Olivi, sancendo così la sua irrimediabile immaturità e la sua irresponsabilità infantile. I rapporti del figlio col padre sono improntati alla più classica ambivalenza: pur amandolo sinceramente, Zeno, con il suo ozio e la sua inconcludenza negli studi, non fa che procurargli amarezze e delusioni, rivelando così inconsci impulsi ostili ed aggressivi. Il vizio del fumo ha nel suo fondo proprio l'ostilità contro il padre, il desiderio di sottrargli le sue prerogative virili e di farle proprie. Quando già è sul punto di morte il padre lascia cadere un poderoso schiaffo sul viso del figlio che lo assiste, e Zeno resta nel dubbio angoscioso se il gesto sia il prodotto dell'incoscienza, dell'agonia o scaturita da una deliberata intenzione punitiva, e cerca quindi disperatamente di costruirsi alibi e giustificazioni per pacificare la propria coscienza, per dimostrare a se stesso di essere privo di ogni colpa nei confronti del padre e della sua morte. Privato della figura paterna, l'"inetto" Zeno, che ha sempre bisogno di appoggiarsi ad un "padre", va subito in cerca di una figura sostitutiva, e la trova in Giovanni Malfenti, uomo d'affari che incarna l'immagine tipica del borghese e rappresenta perciò nel sistema dei personaggi l'antagonista . Zeno decide di sposare una delle sue figlie , si direbbe solo per averlo al suo fianco come appoggio. Si innamora della più bella, Ada, ma con il suo comportamento goffo e stravagante sembra far di tutto per alienarsi i sentimenti della ragazza. Respinto dalla ragazza, rivolge la domanda di matrimonio alla sorella minore Alberta, e al rifiuto anche di questa, fa la proposta alla sorella più brutta, Augusta. In realtà Augusta era la moglie che Zeno aveva scelto inconsciamente: si rivela infatti di cui egli ha bisogno, amorevole come una madre, capace di creargli intorno un clima di dolcezza affettuosa e di sicurezza. Augusta , è l'antitesi di Zeno che invece è irrimediabilmente "diverso", incapace di integrarsi veramente in quel sistema di vita e di concezioni, anche se vi si ispira con tutte le sue forze, in un desiderio disperato di normalità e di salute. Zeno, infatti, è "malato": la malattia è la nevrosi ed egli proietta nella malattia la propria inettitudine ed attribuisce la colpa dei propri malanni al fumo: pertanto passerà tutta la sua esistenza a tentare di liberarsi dal vizio, nella convinzione che solo così potrà avviarsi verso la saluta, non solo fisica ma anche morale e sociale, cioè diventare un borghese degno di questo nome, ma questi tentativi finiscono sistematicamente nel nulla. Alla moglie Zeno affianca la giovane amante Carla, una ragazza povera che egli afferma di proteggere in modo "paterno". Il rapporto però è reso difficile ed infinitamente ambiguo dai sensi di colpa di Zeno nei confronti della moglie, fino a quando Carla non lo abbandona per un uomo più giovane. Come è inevitabile, Zeno aspira ad entrare nella normalità borghese non solo diventando buon padre di famiglia, ma anche accorto uomo d'affari. Fonda perciò un'associazione commerciale con il cognato Guido, che ha sposato Ada. Questi è un bell'uomo, disinvolto, sicuro di sé, fornito delle doti più versatili; è insomma l'antitesi di Zeno, ed incarna il ruolo del rivale. L'amicizia e l'affetto fraterno ostentato nei suoi confronti, mascherano un odio profondo, che si tradisce clamorosamente ai funerali di Guido, morto suicida per un dissesto finanziario: Zeno sbaglia corteo funebre. Zeno, ormai anziano, decide di intraprendere la cura psicoanalitica, e qui ha inizio la stesura di quel memoriale che costituisce il corpo più cospicuo del romanzo. Zeno però si ribella alla diagnosi dello psicoanalista, che individua in lui il classo complesso edipico. Lo scoppio della guerra trasforma paradossalmente l'inetto Zeno in un abile uomo d'affari. (In realtà Zeno perderà tutto con la fine della guerra: il successo era stato frutto solo del caso). Zeno si proclama così perfettamente guarito.

Noi sappiamo bene che non è vero e che queste resistenze sono un sintomo tipico della malattia, ma Zeno ha buon gioco, nelle pagine finali, a sottolineare il confine incerto tra malattia e salute nelle condizioni attuali, in cui la vita è "inquinata alle radici".




















Charles Darwin (The Origin Of The Species)


Charles Darwin was born in 1809 in Shrewsbury from a family involved in scientific research about nature. He studied medicine in Edinburgh and teology in Cambrige until 1831, apparently without any prfit and interest but only perhaps for botany. In this year he embark as a naturalist on the Beagle vessel for a travel lasting five years. Such travel constitute his most important event for his formation. Back to England he begun to work on his notes written during his travel and wrote his most famous works : The Origin Of The Species.

His teory was based on Thomas Malthus's ideas, who asserted that the constant increasing of the human population in the time would have as a consequence the extinction of this species because food would not have been enough for everybody. Darwin thought that Malthus' idea could be applied to all species and not only for humans. The concept of natural selection according to which only the stronger species could catch food could survive because they develop some charateristics that can help them to adapt themeselves to the environment. Some of these characteristics depend on the heritage of the species.

Darwin asserts starting from the first part of his book that if an individual finds himself under new conditon, he can develop new parts of the body and lose other parts that are not necessary. Most of those variations became hereditary and create new races. Usually, the variation in living beings are not casual but they are a consequence of modification of the atmosphere and of the food they eat. For example:


".Supposing that the hares are increaseing very slowly due to climatic conditions, as well as for the rabbits and since mammalia are eating rabbits, such rece could disappear rapidly. But if the Mammalia's form should change slowly, the individuals could be selected in a thousand of years while while the less fast individuals could be destroyed if no nature law could change their form .".


The study of the fossils begun in the second half of the 19th century has been very important to demostrate the evolutionary teory. Infact in this period they came studies and annotates some fossils founded in definites rocks layers. Fossils found in the lower layers represented species not so ... as the species found in the upper layers. Darwin thought that during the years, the changes of the climate had changed complex organisms in simple organisms. From this concept he made a new theory: ALL LIVING BEINGS HAVE ANCESTORS IN COMMON.



Charles Dickens


Charles Dickens popularity is due to the originality of his novels: there are many character and situation and he created a world of people which didn't belong to a particular social class. Even if he didn't write about nobility or the richest classes, he described the middle class, the working class and also the poor, the prostitutes of London slum. His characters are not realistic because they are either "good" or "bad" and they are the same from the beginning to the end of the novel. However Dickens doesn't create types: each character is unlike the others, each one is individual. But Dickens is not concerned with the spiritual side of his characters and we can say he is an observer of the external qualities of people.

In his works we can find a moralistic aim but also the moral justice is unrealistic: the good characters are always rewarded and the bad characters are finally punished. However justice is always done and rewarded and the bad characters are finally punished. However justice is always done and good always triumphs.

But Dickens was also seriously interested in the problem of the poor, of the nurses, and his most important novels are "social novels" about the problem of the victorian period.

In "Oliver Twist" he speaks about workhouses, describes the child labour through the story of an orphan boy.

In "Hard Times" he criticised the industrialisation and describes the condition of the working class and also attacked the utilitarism.

In "Bleak House" he criticised a legal system which was no longer aimed at justice. Dickens refuses the evil of Victorian society and he wanted to inform about his pacific ideas: he belived that social improvement could be reached by benevolence and human solidarity.

Dickens production is also characterised by humorous, historical and sentimental novels.

The Pickwick "Pappers", his first success, is a humorous novel. Then we can remember "A Tale of two Cities" (historical novel); it is set in the period of the French Revolution: the two cities are Paris and London. Than we have sentimental novels: "A Christmas Carol" and "David Copperfield". Than first is a ghost story with a moral, set in the atmosphere of Christmas; the second is full of autobiographical experiences; in it we can find both sentimental and social elements (the denounce of the laws for imprisonament and the problem of prostitution).

An unknown dies giving birth a child, Oliver Twist, who spend the first years of his life in a workhouse. At the age of nine Oliver leaves the workhouse to go to london. There he becomes a component of a group of thieves lend by Fagin. On his first expedition Oliver is caught by the police, but Mr Brownlaw decides to take Oliver with him. But Oliver is kidnapped by the same members of Fagin's group. On his second expedition Oliver is shot and is taken in the house of Mrs Maylie.

However Oliver still searched. At the end Mr Branlow make Fagin imprisoned and take Oliver with him

Oliver Twist appeared in serial form, so the structure and the plot are influenced by this kind of publication . The main aim of the novel was a criticism of the social order. Dickens describes the horrible condition of children in the workhouses and also he paid attention in the description of slums, of the ideas of criminals.

However Dickens didn't suggest any reform, but he invited the readers to benevolence.

The setting of story is london described in all its faces from the squallid slums to the garden and big houses of the upper middle classes. As regard the characters we can say that Dickens underlines how all the members of Fagin's gang survive by putting their interests and don't esitate to leave Oliver alone to save themselves. Dickens describes a world of evil and violence even if in it there is also something of good. Oliver, for exemple, is different from all the other characters.

From the beginning to the end of the story Oliver is always an innocent child. He is honest, he has a good heart and he is horrified by the end remains totally untouched by his experience and he is saved by Mr Brownlow's generosity. So also in the story good finally triumphs over evil even if generosity and goodness are made by an individual character.
































LA BELLE EPOQUE



Gli ultimi anni dell'800 e i primi del 900 sono un periodo di relativa pace tra le potenze europee, tanti da essere indicati genericamente come la BELLE ÉPOQUE.

In realtà è un momento in cui ogni nazione cerca nuovi equilibri politici mediante alleanze con altri stati per difendersi da eventuali attacchi avversari o preparando il terreno per conquiste a proprio favore.

La Germania, uscita vincitrice dalla guerra del '70 contro la Francia, cerca di consolidare il proprio potere, firmando il trattato della TRIPLICE ALLEANZA con Austria e Italia (1882); poi, sotto l'impero Guglielmo II, rinforza i propri armamenti e, con varie manovre, riesce ad ottenere una parte del Congo francese.

La Francia, a sua volta, si allea dapprima con la Russia (1891) e, successivamente, con l'Inghilterra (trattato della TRIPLICE INTESA, 1907).

L'Austria prosegue la politica di conquista dei Balcani, annettendosi la Bosnia e l'Erzegovina.

Anche la Russia esercita una notevole pressione sui Balcani con due guerre (1912-14).

L'Inghilterra, che sotto la regina Vittoria, ha tenuto la cosiddetta politica dello "splendido isolamento", preoccupata per le manovre della Germania, non soltanto aderisce alla Triplice Intesa, ma consolida la propria flotta.

Nello stesso tempo si accentua la tendenza all'espansione coloniale degli stati europei, soprattutto verso l'Asia e l'Africa, in seguito all'apertura del canale di Suez (1859-69) senza voler scendere nei dettagli basterà ricordare che anche l'Italia, che soltanto da poco ha raggiunto la sua unità, tenta l'impresa coloniale con l'infelice guerra del 1895-96 contro l'Etiopia, durante la quale, dopo alcune vittorie, subisce una serie di clamorose sconfitte e la perdita di molti uomini, riuscendo tuttavia in seguito a vari trattati (1889, 1892, 1905), a dominare la Somalia e giungendo soltanto nel 1911-12 alla conquista della Libia. Sotto l'apparenza di pace e prosperità, si nascondono dunque gravi problemi e contrasti fra le varie potenze europee, che sfociano nello scoppio della prima guerra mondiale (1914-18). Fra Austria e Germania da un lato, Francia, Inghilterra e Russia dall'altro.

L'Italia, malgrado facesse parte della Triplice Alleanza, inizialmente si proclamò neutrale, poi, il 24 maggio del 1915, dichiarò guerra all'Austria.

Il conflitto che coinvolse molti altri stati (nel 1917 intervennero a favore dell'Intesa anche gli Stati Uniti d'America), procurò gravi lutti a tutte le nazioni che vi parteciparono (la sola Italia ebbe circa 600.000 caduti) e si concluse nel 1918 con la sconfitta di Austria e Germania.

Apparte le molte altre variazioni territoriali, all'Italia vennero assegnati il Trentino, l' Alto Adige e la Venezia Giulia, ma non la Fiume (di cui la Jugoslavia pretese l'annessione), malgrado la città, il 3 ottobre 1918, avesse proclamato la volontà di essere unita all'Italia. Il poeta Gabriele D'Annunzio, allora, alla testa di un gruppo di volontari, occupò la città, che, dopo varie trattative, venne riconosciuta possedimenti italiano.

ART NOUVEAU


Gli anni di passaggio dall'800 al 900 sono contrassegnati da una profonda crisi di cui abbiamo visto le conseguenze in quasi tutti gli artisti.

Da un lato prosegue l'ottimistica fede del progresso scientifico, che pare inarrestabile e tale da portare a soluzione ogni problema umano, una fede che non è soltanto sentita negli ambienti colti ma in ogni strato sociale.

Dall'altro lato però ci si rende conto che questa "felicità" universale è solo apparente. Se la borghesia al potere è ricca lo è sfruttando il lavoro delle classi subalterne, costrette a lottare per conquistare una migliore qualità di vita. E il progresso tecnico non è necessariamente legato al progresso dell'umanità, anzi rischia di meccanicizzare l'uomo uccidendone la spiritualità, cosicchè sarà necessario, invece che considerare la tecnica come affine a se stessa, cercare (lo afferma il filosofo francese Henri Bergson) un "supplemento d'anima".

E' queste una delle aspirazioni di quella corrente culturale che, si manifesta dapprima e soprattutto in Francia, detta "Decadentismo", la quale, per evadere dalla materialità volgare della realtà, si rifugia in un mondo intimo e raffinato, in un mondo fatto di sogni e d'immaginazione, svincolato dalle leggi rigorose della ragione, libero come la musica, un mondo intellettuale, quale sembra essere stato non quello delle età classiche ma delle epoche dette di "decadenza".

E' in questo clima "decadente" che nasce e si diffonde in tutta Europa il movimento detto ART NOUVEAU nei paesi di lingua francese MODERN STYLE in Inghilterra, MODERNISMO in Spagna, JUGENDSTIL in Germania, SEZESSIONSTIL in Austria, LIBERTY o FLOREALE in Italia.

La prima definizione italiana fa riferimento al nome dell'inglese Arthur Liberty (1843-1917), il quale, fin dal 1875, aveva fondato a Londra una ditta che commerciava in oggetti di arredamento di alto livello qualitativo ma destinati ad un largo numero di acquirenti. E' un eccezione dunque che sottolinea una delle caratteristiche importanti della corrente: rendere validi esteticamente quegli oggetto di uso comune che le industrie vanno diffondendo, con il rischio altrimenti di un appiattimento e di una banalizzazione dovuti alla produzione in serie.

La definizione floreale indica che la decorazione è costituita prevalentemente da forme stilizzate tratte dai fiori o comunque simili ad esse. I termini usati dalle altre nazioni europee preferiscono invece esprimere il significato di novità (art nouveau), la giovinezza (jugendstil), di secessione, ossia di distacco dalla tradizione (sezessionstil), di modernità (modernismo, modern style), tutti sottintendendo un unico atteggiamento di attualità.

Comunque si voglia chiamarla, questa corrente è simile in tutta l'Europa senza particolari caratterizzazioni relative alle differenti culture locali, come, tanti secoli prima, era stato il "Gotico Internazionale" che, tenuto conto della distanza cronologica, della diversa situazione storica e dell'impossibilità di paragoni effettivi fra epoche così lontane, si fonda su un'analoga estenuata eleganza di forme, di linee, di colori.

La morbida linea curveggiante e simbolica, la disposizione planimetrica del colore, il decorativismo floreale fine a se stesso sono comuni all'architettura, che tenta con questo di scrollarsi di dosso la pesante eredità dell"Eclettismo", come alla pittura, alla scultura e alle cosiddette arti minori, a queste forse anche di più per la ricerca di nobilitazione di ogni oggetto mediante una forma esteticamente qualificata. Premesse indispensabili per giustificare la nascita dell'art nouveau (oltre a quelle più immediate e già accennate del decadentismo, del simbolismo, e di tutti gli artisti fin de siècle) sono dunque, in Inghilterra le ricerche di William Morris e di Arts and Crafts, le raffinatezze preraffaellite, i sogni fantastici di Blake.

Nel campo dell'architettura insieme ai belgi Victor Horta ed Henri Van de Velde, il francese Hector Wimard e lo scozzese Charles Rennie e Mackintosh, occorre ricordare una delle personalità più indipendenti, più estrose, più creative: lo spagnolo Antoni Gaudì. La libertà inventiva di Gaudì plasma le forme senza un apparente rapporto con quelle della tradizione classica, indipendentemente dalla geometrizzazione caratteristica dell'architettura di ogni tempo, come una scultura astratta, sciogliendo l'uomo, cui l'edificio è destinato, da ogni rigidità precostituita e proiettandolo in una dimensione fantasiosa.

Si veda il movimento di riflessioni ed inflessioni delle superfici esterne di Casa Milà in corrispondenza con il dilatarsi degli spazi interni, o si veda l'esplosione cromatica degli edifici del Parco Guëll (da mettersi in rapporto con l'antica tradizione spagnola delle Maioliche), in un accordo totale con le forme naturali del luogo.

Anche la sua ultima opera, la Sagrada Familia, pur riallacciandosi al neo gotico ottocentesco, nasce dalla fantasia, come un castello di sabbia, che è medievale solo nell'apparenza esteriore, ma in cui si proiettano i sogni evocati dai ricordi del passato. In Italia l'architettura ha i suoi massimi esponenti in Raimondo d' Aronco e in Giuseppe Sommaruga.

Nel clima simbolista e decadente fin de siecle del Libery, si forma e si sviluppa anche uno dei pochi scultori italiani di valore in quest'epoca, Adolfo Wildt. In lui il liberty non si risolve in esuberanza decorativa floreale, ma, anzi, in un rigoroso stilismo. La linea sinuosa si fa acuta, le forme si assottigliano e si allungano (per questo si è parlato anche di "goticismo"), il marmo viene levigato, tutto assume un'assoluta politezza che sembra togliere peso alla materia per esprimere simbolicamente valori spirituali.

A Vienna la Secessione, soprattutto in pittura, non è tanto un atto di rivolta contro l'arte del passato, quanto piuttosto un'iniziativa tesa a creare l'arte in Austria, un'arte corrispondente alle esigenze del tempo. <<non si discute - scrive infatti un critico contemporaneo sostenitore della Secessione - tra la vecchia arte che di fatto non esiste da noi, e una nuova. Non si combatte per qualche sviluppo o cambiamento nell'arte, ma per l'arte stessa, per il diritto di creare artisticamente>>. <<La gente - aggiunge il poeta Hugo Von Hofmannsthal - deve ricominciare a rivedere quadri, veri quadri, non oleografie dipinte a mano: deve potersi di nuovo ricordare che la loro materia è una scrittura magica che, con macchie di colore in luogo delle parole, ci trasmette una visione interiore del mondo - il mondo misterioso, arcano, meraviglioso - un'attività commerciale. L'arte del colore domina l'anima umana non diversamente da quella dei suoni>>.

Colui che porta avanti queste idee non con le parole ma con la sua pittura è Gustav Klimt, il pittore più rappresentativo dell'Art Nouveau, che, partito da una formazione artistica ancora tradizionale, diviene uno dei massimi esponenti della Secessione Viennese. In lui prevalgono il simbolo, l'evocazione della realtà, piuttosto che la sua rappresentazione, la linea elegante, morbida e sinuosa, la bidimensionalità delle forme, l'accostamento dei colori, il preziosismo, in una fusione e in un assorbimento delle più svariate componenti che vanno dalla conoscenza dei mosaici di Ravenna (fulgore e divisionismo cromatico, superamento della realtà, assenza di volumetria) fino alle più recenti acquisizioni artistiche (simbolismo, decadentismo) e psicanalitiche (l'espressione dell'inconscio attraverso il segno pittorico).

Ma l'arte di Klimt non è tutta o soltanto espressione di un mondo interiore morbosamente angosciato, come appare in molte sue opere, egli è capace di rendere anche l'intima e magica poesia di un bel paesaggio o la forza interiore che emana dai visi di alcuni splendidi ritratti femminili.

Accanto a Klimt ricordiamo un artista ceco, Alphonse Mucha, poco noto in Italia ma assai famoso altrove.

Egli, dopo un primo periodo autodidattico, si trasferì a Parigi studiando approfonditamente in scuole qualificate e diventando uno dei più accreditati pittori dell'Art Nouveau, della quale sviluppa la caratteristica fondamentale, rendendo valido su piano estetico anche ciò che appartiene all'uso giornaliero.

Egli crea dunque numerosi pannelli decoratici, cartelloni pubblicitari, manifesti teatrali (particolarmente importanti quelli per le recite della grande attrice Sarah Bernhardt), copertine per riviste, calendari, illustrazioni librarie e così via. Ogni immagine è condotta in maniera estremamente raffinata, circondando con una linea nitida tutte le figure - quasi sempre femminili (forse per la maggior eleganza delle loro forme) - qualunque sia la posa che esse assumono.

Nascono così, oltre a splendidi gioielli, le decorazioni della sala di rappresentanza del palazzo comunale di Praga, e nasce anche la serie dedicata all'epopea slava, ossia all'esaltazione storica della sua patria. Ma, per triste ironia della sorte, egli moriva il 14 luglio 1939, pochi mesi dopo l'occupazione nazista della Boemia e della Moravia.













FACCIATA CASA MILA'


PARTICOLARE BALCONI

ARCHITETTURA DEGLI INGEGNERI


La costruzione in ferro ed in conglomerati plastici non è un'invenzione moderna: il calcestruzzo era noto ai costruttori dell'antica Roma e nel Settecento di costruivano in ferro serre, capannoni, ponti. La sostituzione del carbone alla legna nell'estrazione del ferro ne permette la lavorazione e la produzione industriali e, quasi contemporaneamente, nascono le prime manifatture di cemento. Le condizioni che portano all'impiego dei trafilati e del cemento quali materiali di costruzione sono:

1. la produzione di questi materiali in grande quantità e a basso costo;
2. la possibilità di trasportarli facilmente, anche sotto forma di elementi prefabbricati;
3. la possibilità di coprire vasti spazi col minimo ingombro;
4. l'economia nel tempo e nel costo della costruzione;
5. il progresso nel calcolo matematico delle spinte;
6. la formazione di scuole specializzate per ingegneri.

Quando Joseph Paxton (1803-1865), all'inizio costruttore di serre, progetta e realizza il Crystal Palace per l'esposizione universale di Londra del 1851, non inventa una tecnica nuova, ma sperimenta un nuovo metodo di progettazione e costruzione. La novità è nell'impiego di elementi prefabbricati prodotti in serie e portati in cantiere pronti per essere messi in opera: la costruzione si riduce al rapido montaggio di pezzi prefabbricati e questi potevano poi essere recuperati. Dietro l'interesse pratico c'era un'idea rivoluzionaria: servirsi di materiali e tecniche dell'edilizia utilitaria per costruire un edificio altamente rappresentativo, fare architettura con i procedimenti dell'ingegneria.
Benché non osi riassorbire totalmente la decorazione nella struttura, Paxton consegue sul piano estetico tre risultati essenziali:

1. mette in valore lo sviluppo dimensionale;
2. realizza una volumetria trasparente, dando prevalenza al vuoto rispetto al pieno;
3. ottiene all'interno una luminosità pari a quella esterna.

I vantaggi del sistema ne favoriscono la diffusione: nel 1868 Henry Labrouste costruisce in  ferro e vetro il salone della biblioteca nazionale a Parigi; Giuseppe Mengoni ricopre con un telaio di ferro l'importante snodo urbanistico della Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Nonostante si assista ad un'aspra polemica tra sostenitori della funzionalità e dello stile, cioè tra strutturalisti e decoratori, si fa sempre più strada la convinzione che solo con le nuove metodologie si può creare lo spazio adatto alla vita moderna. Simbolo del trionfo delle nuove tecniche è la Torre Eiffel, costruita per l'esposizione di Parigi del 1889, consacrata subito come simbolo della nuova civiltà positivista. Essa non ha infatti alcuno scopo funzionale, ma si staglia nel cielo come un faro simbolo del presente e del futuro, ha solamente funzione di elemento e simbolo urbano, come era già stato per la Mole Antonelliana del 1863. 


















































I VULCANI


Nell'accezione comune il vulcano è il rilievo formato dalle masse ignee interne della Terra.

Più in generale sono vulcani tutte le discontinuità nella crosta terrestre attraverso le quali, con manifestazioni varie, si fanno strada i prodotti dell'attività magmatica endogena: polveri, gas, vapori e materiali fusi solidi. La fuoriuscita di materiale è detta eruzione e i materiali eruttati sono: lava, cenere, lapilli, gas, scorie varie e vapore acqueo.
I vulcani non sono altro che testimonianze dell'esistenza, nelle zone profonde della litosfera, di masse fuse silicatiche naturali dette magmi.

Un generico vulcano è formato da strutture che in generale si possono trovare in ciascuno di essi:

  • una camera magmatica, alimentata dal magma proveniente dal mantello; quando questa si svuota in seguito ad un'eruzione, il vulcano può accasciarsi e dar vita ad una caldera. Le camere magmatiche si trovano tra i 10 e i 50Km di profondità nella litosfera.
  • un camino principale, luogo di transito del magma dalla camera magmatica verso la superficie.
  • un cratere sommitale, dove sgorga il camino principale.
  • uno o più camini secondari, i quali, sgorgando dai fianchi del vulcano o dalla stessa base, danno certe volte vita a dei coni secondari.
  • delle fessure laterali, niente poco di meno che delle fratture longitudinali sul fianco del vulcano, provocate dal suo rigonfiamento o sgonfiamento. Esse permettono la fuoriuscita di lava sottoforma di eruzione fessurale.

Il raffreddamento solidifica il magma e ne provoca la cristallizzazione all'interno della camera magmatica, quando la tensione di vapore del residuo fuso supera la pressione esterna, si verifica il fenomeno eruttivo. Se l'eruzione si verifica in una fase precoce della cristallizzazione, l'attività sarà prevalentemente effusiva, con abbondanti efflussi lavici e formazione di vulcani di lava (es.: vulcani a scudo dell'Islanda e delle Hawaii).
Se l'eruzione si verifica in uno stadio avanzato del consolidamento, l'attività sarà prevalentemente esplosiva, con formazione di coni di materiale incoerente (prodotti piroclastici) o di canali o imbuti di esplosione.
In condizione intermedie si sviluppano i vulcani a strato (es.: Vesuvio, Etna). In base a quanto sopra esposto i vulcani si possono dividere in effusivi ed esplosivi: quelli effusivi sono più lenti nelle eruzioni e sono causati dall'allontanamento di due zolle con la formazione così di un buco nella crosta terrestre dal quale esce lava. Questo tipo di eruzione è più prevedibile e lenta. Invece i vulcani esplosivi, come dice anche la parola, esplodono perché sono causati da accavallamenti di due zolle: la zolla più densa sta ferma invece quella meno densa si incunea sotto quella più densa; questo sfregamento causa:un surriscaldamento della crosta terrestre, e dei Gas che accumulandosi non possono più essere trattenuti e che quindi salgono, rompono la crosta terrestre e fuoriescono. Le eruzioni vulcaniche si svolgono generalmente in 4 fasi:

fase premonitrice, caratterizzata da fenomeni che precedono l'eruzione, come guizzi luminosi, terremoti, boati sotterranei e prosciugamento delle sorgenti d'acqua;

fase di esplosione, durante la quale dal cratere fuoriesce una nube densa di gas che trascina con sé ceneri, sabbia, lapilli e bome;

fase di deiezione, caratterizzata dall'emissione di lava dal cratere principale e dagli eventuali crateri secondari del vulcano;

fase di emanazione, durante la quale vengono emessi gas a temperatura elevata che, condensandosi, assumono l'aspetto di fumo.

I vulcani possono essere classificati in base al tipo di apparato vulcanico esterno o al tipo di attività eruttiva: entrambe queste caratteristiche sono strettamente legate alla composizione del magma e della camera magmatica, e infatti avremo vulcani di tipo: HAWAIIANO, ISLANDESE, STROMBOLIANO, VULCANIANO, PELEANO, PLINIANO.

Eruzioni di tipo HAWAIIANO

Le eruzioni di tipo hawaiiano sono caratterizzate da abbondanti effusioni di lave molto fluide, che danno origine ai tipici vulcani a scudo. In tali edifici la sommità è spesso occupata da un'ampia depressione, chiamata caldera (dallo spagnolo, <<pentolone>>), delimitata da ripide pareti e formatasi per collasso del tetto della camera magmatica, rimasto senza sostegno a seguito del drenaggio verso la superficie di grandi quantità di lava. Dalle lave fluide, i gas si liberano in genere tranquillamente, ma nella loro fuga possono trascinare per un tratto getti di lava fusa: si innalzano allora spettacolari fontane di lava.

Eruzioni di tipo ISLANDESE

Molto simili alle eruzioni di tipo hawaiiano. La differenza si presenta nel tipo di lava, la quale, sempre molto fluida, fuoriesce da lunghe fessure invece che da un edificio centrale. Il ripetersi di tali eruzioni dalla stessa fessura porta alla formazione di vasti espandimenti lavici basaltici, di spessore relativamente modesto, ma estesi per centinaia di migliaia di km².

Eruzioni di tipo STROMBOLIANO

Nelle eruzioni di tipo stromboliano predomina un'attività esplosiva più o meno regolare. La lava, abbastanza fluida, ristagna periodicamente nel cratere, dove inizia a solidificare. Al di sotto della crosta solida che così si forma si vanno accumulando, però, i gas che continuano a liberarsi dal magma: nel giro di un'ora o anche solo di pochi minuti, la pressione di questi gas cresce fino a far saltare la crosta con modeste esplosioni, che lanciano in aria brandelli di lava fusa. Esaurita la spinta dei gas, la lava torna a ristagnare sul fondo del cratere e si forma una nuova crosta solida, fino al ripetersi del fenomeno.

Eruzioni di tipo VULCANICO

Le eruzioni di tipo vulcanico sono caratterizzate da un meccanismo simile a quello stromboliano, solo che in tal caso la lava è molto più viscosa, per cui i gas si liberano con più difficoltà, mentre la lava solidifica nella parte alta del condotto, dove forma un <<tappo>> di grosso spessore. I gas impiegano tempi più lunghi per raggiungere pressioni sufficienti a vincere l'ostruzione; quando ciò avviene l'esplosione è violentissima.

Le eruzioni di tutti i grandi vulcani, se il loro cratere è ostruito, avvengono di regola con una fase iniziale di violenta attività vulcanica.


Eruzioni di tipo PELÉEANO


Nelle eruzioni di tipo peléeano la lava di altissima viscosità e a temperatura relativamente bassa viene spinta fuori dal condotto già quasi solida e forma cupole o torri alte qualche centinaio di metri. Dalla base sfuggono grandi nuvole di gas e vapori roventi e molto dense, che scendono come valanghe lungo le pendici del vulcano e si espandono su vaste aree con gran velocità.


Eruzioni di tipo VESUVIANO


Il termine Vesuviano indica un'attività vulcanica caratterizzata dall'estrema violenza dell'esplosione iniziale che svuota gran parte del condotto superiore: il magma può allora risalire con grande velocità da zone profonde, fino a espandersi in maniera esplosiva uscendo dal cratere, dissolvendosi in una gigantesca nube di minutissime goccioline. Quando queste esplosioni raggiungono il loro aspetto più violento vengono definite eruzioni di tipo pliniano.

La colonna di vapori e gas fuoriesce dal condotto con tale forza e velocità da salire diritta verso l'alto per alcuni Km, prima di perdere energia ed espandersi in una gran nuvola, che assume così una caratteristica forma, che ricorda un pino marittimo. Dalla nuvola ricadono su un'ampia area grandi quantità di frammenti di lava vetrificata.







I  Terremoti


Possiamo distinguere due tipi di terremoti: i terremoti vulcanici e quelli tettonici. I primi sono vibrazioni del suolo provocate dal magma in risalita e vengono generalmente indicati col termine di "tremori". Sono superficiali e riguardano aree di modesta superficie. I secondi, veri e propri terremoti, sono quelli determinati dai movimenti delle placche crostali.

Ecco perché le zone dove si hanno più di frequente terremoti sono quelle dove ci sono fratture della crosta terrestre, le stesse che consentono alla materia del mantello di risalire in superficie e di originare i fenomeni vulcanici.

Il primo ad associare i terremoti allo scorrimento di strati di roccia fu Harry Red.

Studiando il terremoto che nel 1906 distrusse la città di San Francisco lo scienziato collegò il sisma allo scorrimento di due lembi della faglia di Sant'Andrea, la lunga frattura che segna il confine fra la penisola californiana e il continente americano.

In corrispondenza della frattura erano evidenti le prove che i due blocchi scorrevano l'uno contro l'altro in versi opposti.

Bastava osservare l'allineamento di elementi del paesaggio collocati da parti opposte della faglia per rendersi conto che il territorio si era modificato nel tempo e continuava a farlo.


L'origine dei terremoti


Se afferriamo le due estremità di un bastone flessibile e proviamo a piegarlo usando una certa forza, esso si deforma e accumula una certa quantità di energia (chiamata energia elastica).

Il lento movimento delle placche genera, lungo i loro margini, delle forze tali da comprimere o tendere le rocce. Queste si deformano accumulando un'enorme quantità di energia elastica, finché, superato un certo limite, si spezzano. A questo punto i bordi della frattura entrano in oscillazione liberando energia sotto forma di onde sismiche, vibrazioni che si propagano nel terreno provocando un improvviso e rapido scuotimento del suolo: il terremoto. Il punto o la zona interna della Terra in cui si ha la rottura si chiama ipocentro, mentre il punto della superficie posto sulla sua verticale si chiama epicentro.


Le onde sismiche


Non hanno sempre le stesse caratteristiche e da ciò dipende il differenziarsi delle scosse che possiamo avvertire durante un terremoto.

Le onde sismiche possono essere registrate attraverso particolari strumenti chiamati sismografi e sono di tre tipi fondamentali: onde primarie, onde secondarie e onde lunghe.

Le onde primarie (le prime a essere registrate durante un terremoto) danno origine alle scosse sussultorie. Si tratta di onde longitudinali che investono le particelle dei vari strati di roccia e le fanno oscillare avanti e indietro. Le onde secondarie (registrate dopo le primarie) danno origine a scosse ondulatorie e sono più lente. Sono onde trasversali simili a quelle che si ottengono facendo oscillare una corda fissata a un estremo. Le particelle in questo caso oscillano in su e in giù.

Infine le onde lunghe o di superficie, che sono di ampiezza maggiore: più lente, durano più a lungo e causano i danni peggiori.

Il sovrapporsi di questi tre tipi di onde durante un terremoto può causare danni più o meno gravi a seconda dell'intensità di propagazione.


La valutazione di un terremoto


La zona dove gli effetti del terremoto sono maggiori è quella che si trova in prossimità dell'epicentro.

Intensità e magnitudo sono le due grandezze che descrivono i terremoti. La prima li valuta in base ai danni che essi provocano. Il grado di intensità aumenta con l'aumentare dei danni causati. Naturalmente più si è vicini all'epicentro, maggiore è l'intensità di un terremoto.

La magnitudo indica invece la quantità totale di energia che si libera durante il sisma.

I valori delle due grandezze sono detti gradi e vengono definiti rispettivamente dalla scala Mercalli e dalla scala Richter. La prima è divisa in 12 gradi, la seconda in 10.


Propagazione delle onde sismiche



Come distinguerle


Una parte dell'energia che si libera all'ipocentro si propaga come onde sismiche attraverso le rocce circostanti, che si comportano come corpi elastici.

I movimenti all'ipocentro provocano però diversi tipi di onde ; inoltre la composizione eterogenea della terra fa sì che le onde si propaghino attraverso materiale diversi, e vadano quindi incontro a fenomeni di riflessione o rifrazione. Onde che si dirigono inizialmente in profondità possono essere rimbalzate verso la superficie, interferire con altre onde a seconda delle loro caratteristiche e del loro periodo. Nell'epicentro, il punto sulla superficie terrestre posto sulla verticale all'ipocentro, giungono una tale quantità di onde sismiche confuse e sovrapposte che le strumentazioni vicine vanno fuori scala o forniscono dati inutilizzabili.

Molto più significativi sono i dati rilevati dagli strumenti posti a una certa distanza dall'epicentro, perché le onde sismiche si propagano a velocità differenti e quindi possono venir registrate in sequenza d'arrivo.

Caratteristiche dei vari tipi di onde


Si distinguono così :


onde di compressione, anche dette onde primarie o onde P ;

Al loro passaggio la roccia subisce variazioni di volume nella direzione di                  propagazione dell'onda stessa.

Queste hanno velocità compresa tra i 4 e gli 8 km/s e possono propagarsi in qualsiasi mezzo materiale (aria, acqua, magma, rocce solide) e quelle che arrivano in superficie provocano spostamenti d'aria a frequenze in parte udibili dall'orecchio umano (il rombo sordo che accompagna l'inizio di un terremoto).


onde di taglio, dette anche onde secondarie o onde S.

Al loro passaggio le particelle compiono delle oscillazioni perpendicolari alla direzione di propagazione. Hanno velocità più bassa rispetto alle onde P, compresa tra i 2,3 e i 4,6 km/s. Hanno l'importante caratteristica di non potersi propagare attraverso i fluidi. Infatti nei fluidi le particelle che si muovono non trascinano con sé le altre particelle, perché le forze d'attrazione tra di esse sono più deboli che nei solidi. Quindi le onde S si smorzano rapidamente nel magma. Al loro passaggio le rocce cambiano di forma, ma non di volume.


E queste fanno parte delle onde di volume o onde interne che si generano all'ipocentro ma non raggiungono la superficie.

Quando le onde interne raggiungono la superficie danno origine alle onde di superficie che si propagano dall'epicentro lungo il suolo e sono di due tipi :

onde di Rayleigh o onde R ;

Prendono il loro nome dal matematico John W. Strutt, meglio noto come Lord Rayleigh, dal quale furono previste nel corso dei suoi studi sulla propagazione di onde nei mezzi elastici. Al loro passaggio le particelle compiono un'orbita ellittica su di un piano perpendicolare alla direzione di propagazione, come avviene su uno specchio d'acqua increspato.


onde di Love o onde L.

Furono previste e descritte teoricamente dal matematico A. Love. Al loro passaggio le particelle oscillano trasversalmente alla direzione di propagazione, ma solo sul piano orizzontale. Sono più lente delle onde S da cui derivano, hanno velocità tra 2,7 e 3 km/s. Compiono tragitti lunghissimi, fino a compiere più volte il giro della Terra e poi tornare indietro.



CORRENTE ELETTRICA


Secondo le moderne vedute, la materia è costituita da GRANULI DI ELETTRICITA' POSITIVA E GRANULI DI ELETTRICITA' NEGATIVA che vengono chiamati rispettivamente PROTONI ed ELETTRONI.

I protoni fra loro si respingono e così pure gli elettroni mentre fra protoni ed elettroni si generano forze di attrazione.

L' atomo va concepito come un sistema planetario infinitamente piccolo.

Come nel nostro sistema solare abbiamo il Sole nel centro e intorno ad esso ruotano i pianeti (Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone) secondo determinate orbite, così nell'atomo abbiamo un NUCLEO centrale carico di elettricità positiva, intorno a cui ruotano uno o più ELETTRONI (ossia cariche di elettricità negative) secondo orbite prestabilite. Essendo la somma di tutte le cariche positive uguale a quella di tutte le cariche negative, l'atomo risulta allo stato neutro, ossia non elettrizzato ne' positivamente ne' negativamente.

Inoltre, come nel sistema solare il Sole ha una massa molto più grande di quella dei pianeti che gli ruotano atorno, così, nell'atomo, il nucleo ha una massa enormemente maggiore di quella degli elettroni che lo contornano.

Indagini accurate ci portano a concepire il nucleo come un aggregato di protoni e di un certo numero di elettroni (circa la metà di quelli totali) detti ELETTRONI NUCLEARI; gli altri elettroni che compongono l'atomo, necessari a contrabbilanciare le rimanenti cariche positive del nucleo, ruotano intorno al nucleo stesso secondo determinate orbite e vengono chiamati ELETTRONI SATELLITI.

L'aggregato di un protone e di un elettrone costituisce un NEUTRONE (ossia un granulo neutro, ne' positivo ne' negativo). Possiamo perciò dire che nel nucleo vi sono protoni e neutroni e che i protoni sono in numero eguale agli elettroni satelliti.

La natura chimica dell'atomo dipende dal numero dei protoni e degli elettroni nucleari che lo compongono.

L'atomo più semplice è quello dell'idrogeno; esso è costituito da un solo elettrone che ruota intorno ad un solo protone. Il sistema è in equilibrio sotto l'azione della forza di attrazione, che si esercita fra protone ed elettrone, e la forza centrifuga dell'elettrone ruotante. Se un atomo perde un elettrone satellite (difettando in esso una carica negativa), mentre l'atomo che acquista un elettrone risulta elettrizzato negativamente ( essendovi in esso una carica negativa in più).

Un atomo che erde uno,due, tre, ecc. elettroni da luogo a quello che si chiama un IONE POSITIVO MONOVALENTE, BIVALENTE, TRIVALENTE, ecc.

Perdendo o acquistando uno o più elettroni satelliti, l'atomo non varia la sua natura chimica, è perciò che il fenomeno della IONIZZAZIONE DEGLI ATOMI, interessando esclusivamente gli elettroni satelliti e non intaccando la compagine del nucleo, non fa cambiare all'atomo la sua natura chimica.

Solo con la DISGREGAZIONE DEL NUCLEO ATOMICO si passa da elementi a peso atomico maggiore ad elementi a peso atomico minore.

A titolo di curiosità diremo che questo è stato fatto a mezzo del bombardamento atomico, riuscendo, per es., a trasformare l'azoto e l'elio in ossigeno ed idrogeno.

Avvertiamo che nei corpi radioattivi la disgregazione del nucleo è spontanea ed esi spontaneamente si traformano in elio e piombo.

Il fenomeno della IONIZZAZIONE si produce facilemte nei gas e nei vapori.


Per CORRENTE ELETTRICA intendiamo una CORRENTE DI ELETTRONI; essa si determina solo in un circuito chiuso; daremo il nome di FORZA ELETTROMOTRICE alla causa che dà luogo alla CORRENTE ELETTRICA.

I corpi si dividono in due grandi categorie: CORPI CONDUTTORI e CORPI ISOLANTI a seconda che in essi tale corrente si può o non si può determinare stabilmente. I corpi isolanti sono anche chiamati DIELETTRICI o COIBENTI.

In un circuito chiuso, costituito da corpi conduttori, si stabilisce, in virtù d'una forza elettromotrice, una corrente elettrica, ossia una corrente di elettroni che scorrono tutti in una data direzione col seguente meccanismo: ogni atomo, nello stesso istante, passa uno o più elettroni satelliti all'atomo seguente nel mentre che ne acquista un egual numero dall'atomo precedente, per cui esso possiede sempre lo stesso numero di elettroni.

Questo scambio di elettroni avviene facilmente nei corpi conduttori, data la vicinanza degli edifici atomici per cui, le orbite descritte dagli elettroni satelliti risultano tangenti fra loro.

In tal caso infatti l'elettrone, quando passa per il punto di tangenza A, risentendo in egual maniera dell'attrazione dei due nuclei, può facilmente passare da un atomo all'altro se una causa ve lo spinge. Un elettrone che si trova nel punto A viene considerato ELETTRONE LIBERO.

Nei corpi isolanti, invece, gli edifici atomici sono costituiti in maniera che essi trattengono stabilmente i propri elettroni satelliti senza permettere nessuno scambio di elettroni fra atomi contigui.

E' questa la ragione per cui nei corpi isolanti non si può produrre nessuna corrente elettrica, stabilmente ed in una data direzione.

Nei materiali isolanti è invece presente un moto degli elettroni chiamato CORRENTE ALTERNATA alla quale corrisponde solo un moto di oscillazione degli elettroni satelliti negli edifici atomici o molecolari a cui appartengono.

Intanto è chiaro che gli effetti prodotti da una corrente elettrica saranno tanto maggiori per quanto grande sarà il numero di elettroni che partecipa al movimento e per quanto più grande sarà la loro velocità.

Se gli effetti che si constatano sono ingenti, ciò è dovuto al fatto che il numero di elettroni in movimento è enormemente grande, giacchè la loro velocità di spostamento nel senso del moto della corrente non è affatto elevata pur essendo istantaneo lo stabilirsi della corrente in tutti i punti di un circuito.

Tale velocità, in uno stesso circuito sarà maggiore nei punti in cui la sezione del conduttore si restringe e sarà minore nei punti in cui la sezione invece si allarga.


Abbiamo parlato di una divisione tra conduttori ed isolanti; ai primi appartengono tutti i metalli, il carbone, le soluzioni acide e quelle saline. Di questi corpi conduttori sono detti CONDUTTORI DI PRIMA CLASSE i metalli ed il carbone e CONDUTTORI DI SECONDA CLASSE le soluzioni saline o acide che, al passaggio della corrente, si decompongono.

Sono più o meno isolanti tutti gli altri corpi. Fra i migliori isolanti citiamo: la porcellana, il vetro, la gomma, le resine (bachelite, ecc.), l'ebanite, il legno secco o impregnato di sostenze resinose, la carta asciutta od oleata, la seta, il cotone, gli olii, i grassi ed in genere tutti i gas.

Poiché nei metalli la corrente elettrica è costituita da un moto di scorrimento degli elettroni, si può dire che in essi la corrente si stabilisce per CONDUZIONE ELETTRONICA. Nei conduttori di seconda classe invece, poiché la corrente che si stabilisce è dovuta allo spostamento di IONI POSITIVI IN UN SENSO E DI IONI NEGATIVI IN SENSO OPPOSTO, diremo che in essi la corrente elettrica si stabilisce per CONDUZIONE IONICA.

Lo stesso fenomeno avviene nei gas ionizzati ( i gas sono ottimi isolanti ma abbiamo detto che si ionizzano facilmente ed, in tali condizioni, vanno considerati come conduttori).

Negli isolanti abbiamo detto che non è possibile produrre una corrente elettrica permanente in una data direzione ma che, tuttavia, può prodursi una corrente alternata la quale si origina da un moto di oscillazione degli elettroni nei vari edifici atomici a cui appartengono. Tale corrente che si stabilisce in essi viene chiamata CORRENTE DI SPOSTAMENTO.

Detto ciò risulta che le correnti elettriche possono essere costituite sia da un movimento di soli elettroni e cioè di sola elettricità negativa in un dato senso, (come nei metalli), sia anche da un movimento combinato di elettricità positiva in un senso e di elettricità negativa in un senso opposto (come nelle soluzioni liquide o nei gas ionizzati).

Gli effetti che ne risultano sono in ogni caso dovuti al MOTO RELATIVO DI UNA SPECIE DI ELETTRICITA' RISPETTO ALL'ALTRA per cui è praticamente la stessa cosa considerarle entrambe in movimento, oppure immaginare una di esse fissa e considerare il movimento dell'altra rispetto a quella che abbiamo supposto fissa.

Abbiamo fatto riferimento prima alla corrente elettrica in modo indistinto, supponendo che il verso di scorrimento vada sempre, secondo convenzione, da un polo positivo (+) ad uno negativo(-).
La corrente di questo tipo si mantiene costante in intensità e direzione e si dice CORRENTE CONTINUA; può essere rappresentata da un diagramma lineare, come in figura, e viene indicata, sugli apparecchi che la producono o la utilizzano, con la sigla C.C. o col simbolo:

Un esempio elementare di impiego della C.C. è dato dalla normale pila da 1,5 V che si utilizza negli orologi o nelle radioline. Nella pila infatti il polo positivo rimane tale, così come il negativo, fino a quando la pila stessa non si esaurisce.

Esiste anche un altro tipo di energia elettrica che viene erogata sottoforma di CORRENTE ALTERNATA e si indica con C.A. o col simbolo:

La corrente si dice alternata quando il suo verso di scorrimento nel circuito si inverte continuamente; ciò che varia è la sua polarità, ovvero quello che a un dato momento è il polo positivo diviene negativo un attimo dopo.
In queste continue inversioni, i valori di intensità e voltaggio della corrente variano rapidamente, da zero a un massimo per poi tornare a zero. Lo schema di questa variazione di valore forma una caratteristica onda sinusoidale visibile in figura.
Le varie alternanze possono avvenire con la frequenza di parecchie volte al secondo, ed infatti l'unità di misura della corrente alternata, l'Hertz (Hz) si riferisce proprio alla sua frequenza.
Le continue inversioni di polarità fanno descrivere alla corrente alternata una forma di onda sinusoidale che si porta da valori positivi a valori negativi.

Il CIRCUITO ELETTRICO, nella sua forma più elementare, è costituito da un GENERATORE DI ENERGIA ELETTRICA (pila, ad esempio), da due fili conduttori che lo collegano all'apparecchio di utilizzazione. La causa che determina lo stabilirsi di una corrente elettrica in un circuito è detta FORZA ELETTROMOTRICE.

E' detto MORSETTO NEGATIVO del generatore quello dal quale esce la corrente di elettroni mentre è detto MORSETTO POSITIVO quello da quale la corrente di elettroni rientra nel generatore. Poiché era invalso l'uso di dire che la corrente elettrica esce dal morsetto positivo del generatore e ne rientra dal morsetto negativo, noi, convenzionalmente, continueremo a dire così, ricordando però che in realtà la corrente di elettroni va proprio in senso inverso. LA FORZA ELETTROMOTRICE si misura in VOLT.

Per ora, tanto per avere un'idea di essa, diremo che una pila elettrica dà una FORZA ELETTROMOTRICE di circa 1.5V e che la batteria di accumulatori di un' automobile dà 12V.

La forza elettromotrice stabilisce e mantiene ai capi di un generatore una DIFFERENZA DI POTENZIALE ELETTRICO o, più semplicemente, una DIFFERENZA DI POTENZIALE.

La forza elettromotrice, tuttavia, non deve essere considerata come una forza; perché essa si manifesti occorre la presenza di una carica elettrica e poiché questa si sposta sotto l'azione della forza elettromotrice, si compie un lavoro; la forza elettromotrice ci misura appunto tale LAVORO; propriamente essa misura il lavoro compiuto perché la carica elettrica unitaria percorra tutto intero il circuito.

Analogamente la differenza di potenziale fra due punti di un circuito misura il lavoro che si compie perché la carica elettrica unitaria percorre il tratto di un circuito compreso fra i due punti considerati.

Un paragone suggestivo si può fare se ci riferiamo a ciò che avviene nel campo di gravitazione uiniversale: una massa d'acqua, ad esempio, per il fatto che si trova nel campo di gravitazione, possiede una certa energia potenziale, se sta ad una certa altezza dal livello per es. dal mare (ossia se esiste una differenza di livello fra il punto in cui si trova la massa considerata e il mare; differenza di livello che suole anche chiamarsi DIFFERENZA DI POTENZIALE IDRODINAMICO). Il potenziale idrodinamico perciò non è una forza, ma misura il lavoro che compirebbe la massa unitaria d'acqua per andare dal punto in cui si trova fino al livello del mare. E, così la DIFFERENZA DI POTENZIALE IDRODINAMICO o DIFFERENZA DI LIVELLO (pur essendo espressa in metri) è il lavoro che compirebbe la massa unitaria per passare da punto di partenza a quello di arrivo, fra i quali esiste quella data differenza di livello.

Nello scegliere l'unità di misura della TENSIONE si è badato a che tale unità fosse facilmente realizzabile nei laboratori con un CAMPIONE riproducibile con assoluta esattezza (in modo che tutti i campioni costruiti risultassero identici) ed inalterabile con il tempo.

Tale campione è stato realizzato da una pila detta ELEMENTO CAMPIONE WESTON. Poiché si era già diffusa un'altra unità di misura, il VOLT (simbolo V).

Abbiamo visto che in virtù della forza elettro motrice, si stabilisce, nel CIRCUITO ELETTRICO, una CORRENTE ELETTRICA.

La quantità di elettroni che attraversa una sezione qualunque del circuito costituisce quello che chiamiamo QUANTITA' ELETTRICA (simbolo Q).

Diremo, invece, INTENSITA' DI CORRENTE (la indicheremo con la lettera I) la quantità di elettricità che attraversa una sezione qualunque del circuito, nell'unità di tempo. Avremo I=Q/t.

La quantità di elettricità si misura in COULOMB.

Poiché l'elettrone che si sposta per azione d'una data tensione compie un lavoro, e l'unità di misura di esso è il JOULE, il coulomb resta determinato come la quantità di elettricità corrispondente a tale numero di elettroni che, spostandosi sotto la differenza di potenziale di 1 V produce il lavoro di 1 Joule.

L'intensità di corrente, essendo la quantità di elettricità che attraversa una sezione qualunque d'un circuito nell'unità di tempo, viene misurata in coulomb a secondo (coulomb:sec); a tale unità si dà il nome di AMPERE (simbolo A).

L'AMPERE equivale quindi ad un coulomb a secondo ossia:


amp = coulomb / sec


Essendo I=Q/t si ricava:


Q = I · t


e tale relazione ci dice che un coulomb equivale ad un ampere per un secondo. In pratica per la misura della quantità di elettricità, invece del coulomb (ossia dell'ampere a secondo), si adopera l'ampere ora (Ah) che è un suo multiplo e che, ovviamente, equivale a 3600 coulomb (essendo un' ora uguale a 3600'').

Poiché


coulomb x volt = joule


sarà


ampere x volt = joule / sec = watt


cioè la potenza ci è data in watt dal prodotto dei volt per gli ampere.

Abbiamo detto che in virtù d'una forza elettromotrice "E" si stabilisce nel CIRCUITO ELETTRICA una INTENSITA' DI CORRENTE "I"; al rapporto E / I daremo il nome di RESISTENZA ELETTRICA del circuito, la indicheremo con la lettera "R" e la misureremo OHM (simbolo Ω).

Sarà pertanto


E / I = R


e, ricordando che la forza elettromotrice "E" viene misurata in Volt e la corrente "I" in ampere, avremo


VOLT / AMP = OHM


La resistenza elettrica, in sostanza, può considerarsi come un ostacolo che la corrente incontra nel percorrere il circuito.

Se nel nostro circuito elettrico, agendo la forza elettromotrice di un volt, circola la corrente di un amp., diciamo che esso ha una resistenza elettrica di un ohm.


LEGGE DI OHM


Supponiamo di avere un circuito elettrico di resistenza totale "R" e supponiamo che in esso circoli una corrente "I" in virtù di una forza elettromotrice "E". Riducendo a metà la resistenza del circuito, fermo restando il valore di "E", la "I" si raddoppia, riducendo invece a metà il valore di "E", fermo restando il valore di "R", la "I" si riduce a metà; più generalmente constatiamo che, diminuendo la "R" la "I" aumenta proporzionalmente (ossia "I" ed "R" sono inversamente proporzionali tra loro). Si può, in altre parole, stabilire fra le tre grandezze "E", "I" ed "R" la seguente relazione, che costituisce la LEGGE DI OHM:

I = E / R


che può scriversi


E = R . I od anche R = E / I


Dalla relazione E = R . I viene fuori una seconda definizione di VOLT:

ESSO RESTA DEFINITO COME LA TENSIONE NECESSARIA A STABILIRE, IN UN CIRCUITO DELLA RESISTENZA DI UN OHM, LA CORRENTE DI UN AMPERE.


La legge di Ohm ha portata generale ed è valida non solo quando consideriamo tutto il circuito ma anche quando ne consideriamo soltanto un tratto di resistenza "R"; pertanto possiamo dire che: se in una resistenza di valore "R" si stabilisce una corrente d'intensità "I" è segno che in essa agisce una tensione di valore V = R . I, ossia che la differenza di potenziale ai suoi capi è 1V, prodotto R . I (che naturalmente si misura in volt) si ad il nome di CADUTA DI TENSIONE OHMICA o più semplicemente di CADUTA DI TENSIONE.












Il progresso in Lucrezio e in Vitruvio


Precedenti letterari della concezione del progresso


È interessante notare l'originalità con cui Vitruvio affronta e risolve il problema del progresso, coerentemente con le finalità e i principi alla base della sua opera. Numerosi sarebbero i paragoni nella letteratura greco-latina. Già nel secolo VII a. C. il poeta greco Esiodo si era interessato alla storia dell'umanità, trattata nel suo poema Le Opere e i Giorni. A partire dall'impero di Zeus la storia dell'umanità comincia con il furto del fuoco da parte di Prometeo, ed il successivo castigo inviato da Zeus, Pandora, che diffonde i mali fra gli uomini. Esiodo divide la storia in cinque età. Quella dell'oro, della felicità perfetta, durante la quale l'uomo vive in armonia con la natura senza la necessità del lavoro e della fatica, termina con l'arrivo di Pandora. Quella dell'argento, nettamente inferiore alla precedente, è l'età della spensieratezza e dell'incoscienza, nella quale la giovinezza dura cento anni, ed è distrutta da Zeus a causa di manifestazioni di .

La terza stirpe del bronzo è quella degli uomini possenti e guerrieri, bramosi di Ares e di violenza. La quarta età è quella degli eroi, nella quale trovano spazio tutti i racconti della tradizione mitologica. L'ultima, contemporanea al poeta, è quella del ferro, la peggiore, nella quale beni e mali si mescolano e sono difficilmente distinguibili; la fatica del lavoro opprime l'uomo, ma allo stesso tempo lo nobilita e lo purifica.

È chiara in questo racconto un'idea di decadenza e di ciclicità nel susseguirsi delle epoche. Il procedere delle ere è determinato quindi sostanzialmente dalla ubriV umana e dalla conseguente reazione divina. Niente di più lontano dall'analisi razionale vitruviana, che cerca sulla terra le cause del progresso umano, ma di un progresso in positivo.

Riferimenti occasionali alla nascita del cosmo e dell'umanità si trovano anche nell'ecloga VI delle Bucoliche virgiliane, nella quale il vecchio Sileno canta l'aggregarsi primordiale degli atomi per formare il mondo secondo la dottrina epicurea. Dopo il formarsi della terra, dell'aria, del mare, delle selve, delle pietre scagliate da Pirra si generarono gli uomini: seguono poi brevi accenni sulla vicenda di Prometeo e su altre vicende mitologiche.

L'approccio virgiliano al problema non è però nemmeno vagamente paragonabile a quello vitruviano (il tema del progresso non è neanche ricordato). Al poeta mantovano non interessa la verità dei fatti narrati o offrire una sistemazione razionale dell'argomento. La rievocazione del mito, in effetti poco approfondito, è solo un motivo per sollevare il poema a un tono cosmologico e mitico.

Funzione preminente ha invece la narrazione del passaggio dall'età dell'oro a quella del ferro di chiara matrice esiodea. Non sono percorse tutte le cinque ere, ma è evidente il contrasto tra la tranquilla e beata vita agreste, favorita dalla gratuità delle offerte della natura e la successiva epoca, segnata dall'estenuante fatica del lavoro. La narrazione si inserisce pertanto nell'intento di definire il lavoro come necessario al progresso umano e alla redenzione morale.


Lucrezio e il V libro


Oltre ai temi affini a quelli trattati dagli antichi filosofi naturalisti, Lucrezio dedica un'ampia parte dell'opera alla storia del mondo: tutta la seconda metà del libro V (vv. 772-1457) tratta dell'origine della vita sulla terra e della storia dell'uomo. Né gli animali, né gli stessi esseri umani sono stati creati da dio, ma si sono formati grazie a particolari circostanze. I primi uomini conducevano vita agreste, al di fuori di ogni vincolo sociale: la natura forniva il poco di cui avevano bisogno; non per questo erano privi di pericoli: le fiere sbranavano molti di loro (vv. 925 e seg.). Fra le tappe del progresso umano quelle positive (la scoperta del linguaggio, quella del fuoco, dei metalli, della tessitura e dell'agricoltura) sono alternate ad altre di segno negativo come l'inizio dell'attività bellica o il sorgere del timore religioso.

È evidente in tutta la trattazione il desiderio del poeta di contrapporsi alle visioni teleologiche del progresso umano assai diffuse nella cultura del tempo: la natura segue le sue leggi;, nessun dio la piega ai bisogni dell'uomo. Lucrezio non crede all'esistenza di una mitica età felice in cui l'uomo viveva come in un paradiso terrestre dal quale il degenerare delle ere lo ha irrimedia-bilmente allontanato. Il progresso materiale, fin quando è stato ispirato al soddisfacimento di bisogni primari, è valutato positivamente, mentre riserve di Lucrezio si concentrano sull'aspetto di decadenza morale che il progresso ha portato con sé: il sorgere dei bisogni innaturali, della guerra, delle ambizioni e cupidigie personali ha corrotto la vita dell'uomo. Ma quella di Lucrezio non è una visione sconsolata e pessimistica: a questi problemi l'epicureismo è in grado di fornire una risposta invitando a riscoprire che "di poche cose ha davvero bisogno la natura del corpo" (1120).

Il discorso di Lucrezio colpisce noi moderni perché sembra in parte anticipare le teorie di Darwin. Dobbiamo però osservare che, se Lucrezio ha una certa intuizione della selezione naturale (nella lotta per l'esistenza sopravvive chi ha i migliori strumenti e li sa usare), assolutamente estraneo a lui è il concetto di evoluzionismo: le specie animali restano immutate. L'uomo, è vero, si evolve perché nel corso dei secoli perde robustezza e resistenza ai disagi materiali, mentre, stimolato dalla natura, acquista capacità tecniche che sono alla base del cosiddetto " progresso", e gradatamente si associa ai suoi simili, imparando a comunicare con loro e stabilendo via via consuetudini e leggi di convivenza.

La questione fondamentale è se Lucrezio creda nel progresso o con nostalgia idealizzi lo stadio primitivo di vita umana. In effetti guardando con occhio materialista alla realtà dei fatti, Lucrezio non ignora le difficoltà del cosiddetto "stato di natura" e non lo idealizza affatto come i cantori dell'età dell'oro. D'altra parte si avvede che il progresso nato dalle successive risposte a certe necessità, ne ha create e ne crea continuamente delle altre. Di lì deriva quella che è apparsa ad alcuni come nostalgia "del primitivo" ed è in realtà presa di coscienza; infatti vi fu un momento in cui la natura bastava all'uomo, il quale nei suoi limiti di "selvaggio" non chiedeva di più. Tuttavia l'uomo non poteva sottrarsi al "progresso", non poteva non affinare le sue capacità di approfondimento e di sfruttamento delle nozioni acquisite. Il bilancio finale? Quello contenuto nei vv. 988 e seg.: non si muore oggi meno di ieri, semmai in modo diverso, non più per debolezza e ignoranza, bensì per rischi scelti volontariamente. Lucrezio non rimpiange il lontano passato, né rinnega il progresso: ne denuncia i limiti. Un unico vero avanzamento è dato dal lume della filosofia epicurea che, smascherando ogni falso timore, ha svelato la via della vera "voluptas".

Libro II di Vitruvio e la proiezione vitruviana del progresso

nella storia dell'umanita'

Vitruvio esprime la sua concezione e la sua opinione sul progresso dell'umanità nel II libro del De Architectura. Il motivo di questa rievocazione secondo una dinamica storica dell'incivilimento umano è da ricercarsi nella sua volontà di reagire alla scarsa considerazione sociale dei tecnici nell'antichità greco-romana e di dimostrare la dignità culturale della professione di architetto" (L. Perelli). L'architettura, infatti, è nata nel momento stesso in cui gli uomini hanno cominciato a vivere in comunità e a comunicare tra loro, dirette conseguenze derivate dalla scoperta del fuoco, la prima grande tappa dell'umanità.

Con la sua esclusiva capacità di imitare la natura e di ricavare da essa gli strumenti a lui necessari, il suo naturale istinto a confrontarsi con gli altri per eccellere e migliorarsi, l'uomo, in una serie di fasi che ricordano quelle di Lucrezio, che dallo stadio selvaggio conducono a stadi sempre più avanzati, è riuscito a conquistare quel livello di civiltà di cui tanto Roma andava fiera. Vitruvio parla in tal senso con la convinzione di compiere un vero e proprio dovere nei confronti dei suoi contemporanei e di tutta quanta la res publica. Ad una prima lettura l'esposizione di Vitruvio risulta meno curata, soprattutto se la si confronta con quella dei trattati filosofici di Cicerone, ma il suo grande merito è quello di aver introdotto nella lingua latina un linguaggio tecnico, fino a quel momento utilizzato solo in lingua greca. Più in profondità, questo ricorso al latino in un'epoca in cui il greco rimaneva la lingua tecnica per eccellenza, risponde, come in Lucrezio, all'esigenza di "uscire dall'ambiente ristretto degli specialisti e di rivolgersi a quello che oggi chiameremmo il pubblico colto" (P. Gros).

In Vitruvio l'utilitas continua ad essere una delle cause principali del progresso della specie umana, ma ciò che è decisivo per il conseguimento delle artes è la facoltà dell'ingegno umano di imitare la natura. La duttilità dell'ingenium nel piegarsi alle leggi della realtà e nel dedurre applicazioni immediate, genera in Vitruvio una grande fiducia nelle possibilità creatrici della mente umana e conseguentemente nel progresso, visto in una luce positiva in tutte le sue fasi.



L'uomo di Vitruvio , l'uomo di Lucrezio:
rapporto con la natura


La concezione dell'uomo nei due autori è inevitabilmente subordinata alle loro differenti posizioni nei confronti della vita e della natura. Così per Lucrezio la natura non ha origine divina né è subordinata alle credenze religiose sfatate dal verbo di Epicuro: I, 778-79 "Quare religio pedibus subiecta viccisim obteritur, nos exæquat victoria caelo" (perciò la religione messa sotto i piedi a sua volta è calpestata e la vittoria ci eguaglia al cielo). Come ogni elemento quindi, e come ogni essere vivente, anche l'uomo si è sviluppato autonomamente attraverso gli stessi meccanismi atomici e nel corso dei secoli si è evoluto obbedendo ad impulsi utilitaristici. Ma se inizialmente la conoscenza di salde e certe leggi di natura illuminate dal Maestro significa per Lucrezio liberazione dal timore del soprannaturale e dell'ignoto, con la trattazione nel VI libro dei fenomeni patologici della natura, quali temporali, uragani, terremoti, epidemie, ai "fodera naturæ" si sostituiscono forze oscure e imprevedibili: l'uomo è solo un atomo di materia trascurabile e l'impossibilità di un suo totale controllo sulla natura lo schiaccia, e lo relega alla condizione di misero e di impotente sia esso quello dell'età primordiale che quello moderno.

L'uomo ha acquisito la facoltà per soddisfare i bisogni primari, ma si porta dietro un retaggio di inappagamento che apre la strada verso la decadenza morale, inevitabile conseguenza del sorgere delle ambizioni. In Vitruvio, invece, sembra che tutto possa essere spiegato dalla ragione; la natura non ostacola l'uomo, non minaccia la sua sopravvivenza. E nella visione ottimistica dell'"architetto" anche le tempeste improvvise si risolvono in qualcosa di positivo.

L'uomo di Vitruvio sembra privilegiato da quella stessa natura che in Lucrezio lo opprimeva; così comprende così quanto sia importante maneggiare oggetti, costruire, vivere civilmente. Tale progresso è inteso come processo di acquisizione di cui l'uomo è pienamente protagonista in quanto capace di competere con il suo simile e di migliorarsi. Il "præmium ab natura" non si limita alla maggiore abilità del fisico, ma si sostanzia di una particolare dote dell'intelletto che rende l'uomo "faber", dominatore del mondo e artefice del proprio destino in adesione ai principi pratici della tradizione romana.

Diversa concezione del progresso in relazione ai presupposti ideologici
e alle diverse finalita' delle opere


Sia Lucrezio che Vitruvio assumono una posizione di netto distacco rispetto alla tradizione letteraria e filosofica, la quale identificava la primitiva età dell'uomo con la mitica e felice età dell'oro. Questa si fondava sull'idea che l'uomo, a partire dalle sue origini divine, fosse decaduto da uno stato di primitiva felicità al malessere dell'età presente: entrambi operano un cosciente rovesciamento di questa tradizione mitica fissata da poeti e da filosofi. In Lucrezio il proposito di respingere la concezione dell'età dell'oro non gli impedisce di rappresentare la natura come generosa e benigna. Il progresso umano è visto in una dimensione tragica e insieme vera dell'uomo. Vi circola un'amara corrispondenza e antitesi fra presente e passato, tra la civiltà in cui il poeta vive, malata di ambizioni, di lusso e avida di ricchezze e quella civiltà primigenia di uomini miseri in un mondo selvaggio, ma sani e semplici.

Lucrezio non condanna né loda il processo evolutivo, ma si limita a mostrare la continua sofferenza della specie umana. Alla fine si rimane sconcertati dall'apparente dicotomia del suo pensiero: la storia non è altro che un'eterna alternanza di epoche con vantaggi e svantaggi. Amara è la conclusione: non c'è un'epoca ottimale e mai ci sarà. Il destino di pena persistente nel tempo è proprio delle dottrine "edonistiche" altrimenti non avrebbe trovato efficacia il messaggio salvifico della dottrina.

Si può facilmente intuire come abbiano influito sulle posizioni dei due scrittori l'argomento e le finalità delle loro opere. Lucrezio inserisce in un testo poetico di ambito filosofico il tema del progresso, mescolando le ragioni tecnico-filosofiche con il suo sentimento di anima travagliata nel tentativo, reale o illusorio, di operare una scelta che però non è in grado di fare, lasciando il lettore sospeso senza attribuire più meriti a un'età o a un'altra. Diversamente Vitruvio sa bene che esaltare il progresso vuol dire, anche se indirettamente, esaltare le scienze, nate e sviluppatesi da quello fra cui anche l'architettura, a cui attribuisce, inoltre, importanza particolare indicando il suo inizio e la scoperta del fuoco come le tappe fondamentali dell'evoluzione umana.

Comunque, non può essere dimenticata la grande differenza storico-culturale esistente fra i due: Lucrezio è un poeta e un filosofo, pertanto è chiaramente portato all'utilizzo di forme eleganti e liriche, in un ambito più teorico che pratico, eredità di Epicuro e dei Greci in generale; oltre a ciò, su di lui è netta l'influenza delle travagliate vicende storiche del suo periodo: visse, infatti, entrambe le guerre civili in prima persona e vide la fine della "res publica" e l'incertezza successiva a questa, che si trascinò avanti in una scia di sangue fino alla battaglia di Azio del 31 a. C., oltre venti anni dopo la morte del poeta.

Vitruvio, invece, è un architetto in cui è radicato il profondo pragmatismo tipicamente romano: il suo linguaggio non è certo forbito come quello di Lucrezio, ma piuttosto tecnico, presenta durezze e arcaismi, mentre lo stile è sobrio, asciutto e essenziale; il suo periodo storico poi, pur non molto distante nel tempo da quello di Lucrezio, è lontanissimo da quello per gli avvenimenti che lo hanno contraddistinto.

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