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PLATONE
Nacque ad Atene nel 427 a.C. da una nobile ed antica famiglia.
Il suo vero nome era Aristale, Platone era infatti il suo soprannome datogli probabilmente per la sua larga fronte.
Giovanissimo cominciò a militare nel partito aristocratico, ma si ritirò ben presto dalla politica attiva, disgustato dalle meschinità e ingiustizie e prepotenze con cui e il suo partito e il partito opposto, il democratico, cercavano di conquistare o mantenere il potere.
Fu proprio questo disgusto per le miserie delle realtà sociali che lo indussero a rifugiarsi nella contemplazione di uno Stato ideale conforme a ragione.
Fu allievo di Socrate e la sua ammirazione e adorazione del maestro, visto come tipo ideale del filosofo, vive in tutte le sue opere.
La morte di Socrate fu l'inizio della ricerca filosofica, per molti una delle più profonde, di Platone.
Pur essendo un autore di circa 2500 anni fa, egli affronta problemi che possiamo accomunare a quelli dei nostri giorni; la sua è un'epoca di passaggio tra oralità e scrittura e lui è il primo ad affrontare questo problema.
Di Platone ci sono giunte praticamente tutte le opere, circa 36 Dialoghi, (sicuramente molte gli furono attribuite pur non essendo sue), ma paradossalmente, egli stesso ci dice che la vera filosofia è solo orale.
E' difficile definire la filosofia platonica, poiché non abbiamo un sistema filosofico, ma un insieme di opere: il " corpus platonico" è costituito da una molteplicità di libri, ma grazie all'ermeneutica (tecnica dell' interpretazione) si è potuto contestualizzare il testo al fine di comprenderlo, servendosi delle nozioni generali e si è potuto dare uno schema alla sua filosofia.
Pur asserendo dunque che la vera filosofia è quella orale, Platone scrisse molto poiché pensava che la scrittura avesse due ruoli principali:
1) propagandistico, ovvero un modo per cercare di invogliare alla filosofia;
2) rammentativo, ovvero far ricordare la filosofia a chi l'ha già vissuta.
La sua speculazione inizia con i suoi primi Dialoghi, "L'apologia di Socrate" e il "Critone" che oltre ad avere fissato in tratti immortali la figura di Socrate, approfondiscono la problematica socratica sulla ricerca della virtù.
Platone, infatti, accettò il concetto socratico della filosofia come esame interiore, come ricerca che l'uomo fa di se stesso, come sforzo di generare da sé la propria verità, e di conseguenza accettò anche la conclusione socratica che ognuno è se stesso in quanto è consapevole di sé, che la VIRTU' E' SAPERE e che tutte le virtù si riducono a questa sola, un sapere continuamente conquistato.
E il sapere deve essere SAPERE DEL BENE.
La virtù dunque è scienza del bene, e il bene è a sua volta scienza.
La verità è in noi e la filosofia è la ricerca; dunque l'uomo tramite essa trova quanto basta perché gli si riveli quell'ESSERE a cui il sapere mira.
Questo ESSERE è per Platone il MONDO DELLE IDEE, mondo di entità a se stanti, forme incorporee invisibili e visibili solo all'intelletto e celate al senso, contrapposto, per la sua struttura, al mondo corporeo di esseri che nascono e muoiono.
L'uomo appartiene ai due mondi; il suo processo deve essere di ascesa dell'anima verso il mondo delle idee, ma presuppone un processo inverso di discesa.
Platone cercando di sviluppare questa intuizione centrale, ricorre alla forma del MITO, ovvero raffigurazioni immaginarie e racconti fantastici.
Può sembrare strano che un filosofo, che per definizione è colui che cerca di dare spiegazioni razionali e scientifiche, si serva del mito, che non è altro che una spiegazione fondata sulla religione e sulla tradizione, ma per Platone il mito è qualcosa di fuori dal comune e grazie ad esso poteva imprimere meglio il concetto. Inoltre il mito è sfruttato da Platone per descrivere particolari livelli della realtà.
Uno dei miti divenuto famosissimo è il MITO DELL'ANIMA tratto dal suo dialogo "Fedro".
Partendo dal presupposto che Platone immaginava una scala che aveva il suo vertice intorno all' Essere, più ci si allontana dall' Essere, più la conoscenza è inferiore. L'uomo è unione di corpo e anima, ma è anche una unione provvisoria accidentale, che ha inizio con la nascita e ha fine con la morte.
Il fattore essenziale è che l'anima, che preesiste alla nascita e sopravvive alla morte dell'individuo¸ è ingenerata, immortale attraverso le sue reincarnazioni ( METEMPSICOSI ); ma oltre queste funzioni l'anima è RAGIONE ma anche CONCUPISCENZA SENSORIALE ( attaccamento ai sensi) e FORZA DI VOLONTA' ( ardore di passione).
Nel dissertare dell'esistenza dell'anima, Platone immagina che l'anima sia una biga trainata da due cavalli alati e guidata dall'auriga: tre elementi dunque.
La biga ( ANIMA ) è guidata dall'auriga ( RAGIONE) ed è tirata da due cavalli, uno bianco, destriero da corsa ubbidiente e con spirito competitivo, l'altro nero, tozzo recalcitrante ed incapace ; compito dell'auriga è cercare di domarli grazie alla sua capacità e alla collaborazione del cavallo bianco.
Il cavallo nero rappresenta le passioni più basse ed infime, quelle legate al corpo, il cavallo bianco rappresenta le passioni spirituali, le più elevate e sublimi.
Non tutti gli aspetti irrazionali sono negativi ed è impossibile eliminarli, si possono solo controllare con la METRIOPAZIA (la regolazione delle passioni).
E' una metafora, perché è vero che l'auriga guida la biga, ma senza i cavalli questa non si muove, ciò significa che le passioni sono fondamentali per la vita e che la parte razionale deve governare l'anima.
Lo scopo dell' anima è arrivare all' IPERURANIO ovvero una sfera sopra-celeste, gli dei vi arrivano facilmente, poiché hanno solo il cavallo bianco, ma gli uomini no, perché si creano sempre degli ingorghi e i cavalli neri tendono a volare nella direzione opposta, verso il basso.
Spesso le ali dei cavalli si spezzano e la biga precipita sulla terra; questa è la REINCARNAZIONE.
Una volta giunto sulla terra l'uomo non si ricorda più nulla dell'altra dimensione e vive con la nostalgia; la vita dell'uomo non è altro che un tentativo di tornare a quella situazione primordiale e le vie da percorrere sono due:
1) la FILOSOFIA che ci permette di vedere le ombre di questo mondo splendido, di cui la terra è solo un'imitazione;
2) la BELLEZZA che fa nascere l'amore: se ha la meglio il cavallo bianco allora sarà un amore sublime, se vincerà quello nero sarà un amore fisico.
Il mito dell'anima ha insegnato dunque che le IDEE sono innate all'anima, sono interiori e indipendenti dall'esperienza che essa fa delle cose nel corso della sua esistenza.
La ricerca del vero implica, per Platone, due condizioni opposte:
Platone risolve questo problema con il MITO DELLA REMINESCENZA, discusso nei suoi dialoghi "Menone" e "Fedone".
Quello che si cerca lo conosciamo già perché abbiamo già sperimentato tutto nella nostra vita anteriore, ovvero quei modelli ideali che ci guidano nella valutazione e nella comprensione delle cose sensibili, e alla luce dei quali non apprendiamo che cosa sono; questi modelli ideali l'anima li ha già contemplati nella sua vita celeste.
Naturalmente però, tutto quello che abbiamo appreso nelle esistenze anteriori, con il nascere lo abbiamo dimenticato, dunque non lo conosciamo più, dobbiamo cercarlo nuovamente con l'esperienza sensibile .
E quindi il CONOSCERE non è altro che il RICORDARE; l' ANIMA E' MEMORIA.
Si riprende cosi il concetto socratico dell' INTERIORITA' del vero.
Platone asserisce che tutta la verità che ricerchiamo la possediamo già, poiché dentro di noi, e piano piano dobbiamo ricostruirla.
Tutto ciò che sperimentiamo fuori di noi ci risulta VERO, poiché lo deriviamo dal nostro intimo grazie alla RAGIONE.
Senza la ragione, tutta l'esperienza non avrebbe valore, poiché sarebbe cieca. Solo la ragione, dunque, che è in noi ci permette di far luce sul mondo dell'esperienza, poiché in questo vi è una certa razionalità e la ragione lo riconosce come parte di sé.
Strettamente legato a questo mito è, per Platone, il mito dell'anima come AMORE ( EROS ), infatti al processo di discesa dall'Iperuranio nel mondo corporeo che ha trasformato la VISIONE originaria dell' Essere in RICORDO della verità perduta, segue il processo di ascesa verso quell' Essere di cui si ha memoria ed è un processo graduale.
Questa forza dell'anima in questa ascesa è l'AMORE.
Il MITO DI EROS è spiegato nel "Convito".
EROS e' raffigurato come un "demone" ovvero un essere intermediario tra il divino e il terrestre, tra il mortale e l'immortale, non è ignorante né sapiente ed è figlio di Povertà e Acquisto.
Ciò che mette in moto l'Amore è la BELLEZZA, Amore è desiderio di bellezza, anzi desiderio di generare nella bellezza, ma non è bellezza corporea bensì bellezza dell'anima, e infine al di sopra di ogni cosa, è la pura forma del BELLO, immutabile nella sua perfezione e fonte di ogni bellezza.
L'anima umana è tutta amore, infatti essa, chiusa nel corpo, ne sente la prigionia e aspira a liberarsi, poiché avverte la perenne inquietudine verso quella verità che una volta aveva e poi ha perso.
La bellezza è dunque il riflesso più visivo, nelle cose sensibili, di quelle forme perfette che sono le IDEE e con il suo fascino solleva l'anima verso di esse.
La divina inquietudine, suscitata nell'anima dall' Amore di un sapere sempre più profondo determina dunque, un movimento ascensivo che Platone spiega nel VII libro della sua opera "Repubblica" noto come il MITO DELLA CAVERNA.
Pensiamo ad un prigioniero legato in una caverna sotterranea in fondo, egli è in grado solo di guardare davanti a sé.
Sul muro della caverna si riflettono immagini di statuette, piante ect.sporgenti al di sopra di un muro che è alle spalle del prigioniero.
Dietro il muro si muovono, senza esser visti, i portatori delle statuette, e più avanti arde un fuoco che rende possibile il proiettarsi delle immagini sul muro.
Il prigioniero pensa che quelle ombre siano la realtà, l'unica realtà esistente.
Ma se il prigioniero riesce a liberarsi dalle catene in modo da poter voltare indietro il capo, si accorge che le ombre che vedeva riflesse non sono altro che statuette: è questa allora per lui la realtà, di cui quella di prima non era altro che pura fantasia.
E ancora, il prigioniero riesce a risalire verso l' apertura della caverna.
Il passaggio dalle tenebre alla luce solare dapprima lo abbaglierà poi, piano piano si abituerà e distinguerà i veri oggetti naturali; tuttavia dapprima distinguerà soltanto delle immagini, dopo le conoscerà in se stesse; infine lo sguardo sarà pronto a contemplare il cielo e potrà fissare il Sole che dà luce ad ogni cosa.
Nel mito si possono distinguere 2 piani di vita e di realtà, nella caverna vi è un mondo del sensibile, fuori dalla caverna invece vi è il mondo dell'intelligibile e del sapere, ma, ancora, in ognuno di essi vi sono due gradi:
nella caverna:
a) la visione delle ombre sulla parete di fondo significa la falsa rappresentazione o IMMAGINE di parvenze;
b) la conoscenza delle statuette sporgenti sul muro significa l' AFFERMAZIONE o la CREDENZA dell' esistenza di oggetti che hanno una certa consistenza, ma che sono riproduzioni o copie di esseri veramente reali.
Fuori dalla caverna:
a) la visione dei riflessi degli oggetti reali significa la conoscenza di FORME RAZIONALI della realtà;
b) la conoscenza diretta degli stessi oggetti reali illuminati e vivificati dal sole significa l' INTUIZIONE FILOSOFICA del mondo delle Idee.
Vi sono dunque 4 gradi del conoscere:
l'apprensione di pure e semplici parvenze sensoriali o immagini (es .una luce colorata)
la conoscenza percettiva degli oggetti sensibili e in generale il GIUDIZIO su di un oggetto particolare; infatti la nostra credenza si basa sull'esistenza o no di esso (es: c'è una luce e questa luce manda un cerchio di luce colorata)
conoscenza matematica degli oggetti (es: la forma circolare che si è percepita nel fascio di luce)
la conoscenza filosofica ovvero conoscenza di idee come assoluta e incondizionata realtà esterna ed immutabile (es: l'idea della bellezza in se, l'idea dell'essere in se ect.).
I gradi inferiori di conoscenza, per Platone, non sono sufficienti a se stessi poiché non esprimono propriamente conoscenza.
Platone, ritornando al binomio conoscenza e sensazione dei Sofisti, dimostra che l'anima per conoscere deve oltrepassare la sensazione stessa.
Infatti, l'apprendimento delle qualità sensoriali non avviene mai singolarmente, ma vengono unificate e coordinate in modo tale da considerarle come qualità di un unico oggetto ( es: conosciamo insieme il colore, l'odore e il sapore di un'arancia ).
Questa conoscenza non sarebbe possibile se in noi non ci fosse un organo spirituale capace di comprendere, ossia di cogliere insieme le sensazioni più diverse.
Con questa asserzione si passa dalla SENSAZIONE alla PERCEZIONE, dunque si è saliti dal primo al secondo gradino della scala della conoscenza secondo Platone; le impressioni immediate (odore, colore, sapore ect.) sono state organizzate dall'anima secondo una trama di rapporti preesistenti in essa, sono infatti già state affermate come costituenti di una arancia, in questo caso.
Il terzo gradino del conoscere è la MATEMATICA, che costringe l'anima a guardare in alto, infatti dalla percezione delle cose numerabili al numero, dalla misurazione di un qualsiasi oggetto all'intuizione delle figure geometriche e alle leggi regolatrici dei moti armonici degli astri.
Dunque con la filosofia o "intellezione" l'anima compie il distacco col sensibile, e nella filosofia l'anima contempla e intuisce in se stessa le idee, e alla luce di queste idee può misurare la verità delle conoscenze inferiori.
Dunque l'uomo, come tale, ha per compito la sua ascensione verso il regno della Verità e dell' Essere, ma per quale ragione alcuni lo raggiungono ed altri no? Ognuno ha il suo destino, ma l'uomo è RESPONSABILE del suo destino?
Per rispondere a questi quesiti Platone, ricorre ad un altro mito, il MITO DI ER, anche questo trattato nella "Repubblica".
ER è un soldato morto in battaglia e, resuscitato, narra agli uomini il destino che li aspetta dopo la morte.
Le anime una volta concluso il loro ciclo vitale sulla terra, vengono radunate senza distinzione tra quelle che provengono dal cielo e quelle che provengono da sotterra.
Ognuno di loro deve iniziare un nuovo ciclo di esistenza e, ciascuna deve scegliere tra i diversi tipi di vita umane.
L'ordine in cui esse sono chiamate a fare la scelta è stabilito da un sorteggio, naturalmente chi viene sorteggiata per primo ha più scelta rispetto a quelle sorteggiate per ultime.
Il fattore più importante di tutto ciò è la LIBERA SCELTA, e una volta fatta la scelta, questa è irrevocabile.
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