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Geometria dell'universo
Dalla negazione del V postulato di Euclide alle ipotesi sulle possibili forme dell'universo
Matematica
Geometrie non euclidee
l Euclide e i suoi postulati
l Il tentativo di Saccheri
l Dopo Saccheri: Lagrange e Gauss
l La negazione del V postulato: Bolyai-Lobacevskij e Riemann
l Le geometrie non euclidee e i solidi
Fisica
La relatività di Einstein
l Relatività ristretta:
- Dilatazione dei tempi e contrazione delle lunghezze
- Una prova della dilatazione dei tempi: il decadimento dei muoni
l Relatività generale:
- Principio di equivalenza
- Spazio curvo e Lenti Gravitazionali
- Red Shift Gravitazionale
Buchi neri
Cosmologia
Le ipotesi sulla forma dell'universo
l Le origini della teoria del Big Bang
l La costante di Hubble
l Calcolo dell'età dell'universo
l L'espansione dell'universo
l L'isotropia dell'universo
l Orizzonte cosmologico e inflazione
l La materia oscura
l Il destino dell'universo
Appendici
l Escher e l'arte iperbolica
l Bergson e la relatività
Bibliografia
Introduzione alla cosmologia - Damiano Caprioli
l L'universo che accelera - 02 maggio 2000 - Folco Claudi
Riassunto di conferenze del dottor Italo Mazzitelli (Ist. Naz. Astrofisica, Tor Vergata, Roma) A cura di Aiosa Alberto
Ricostruzione del dibattito su Durata simultaneità - Cristina Di Florio
Unione Astrofili Italiani (https://astrocultura.uai.it/)
Nasa (www.nasa.gov)
Hubble Space Telescope (https://hubblesite.org)
Geometrie non euclidee
Euclide
Euclide (330 a.C.- 275 a.C. Circa) è considerato il più famoso matematico di tutti i tempi.
La sua popolarità è dovuta all'opera Gli Elementi, un trattato che per numero di edizioni e traduzioni può competere con la Divina Commedia dantesca e, forse, è superato solo dalla Bibbia.
Gli Elementi si compongono di 13 libri che raccolgono tutte le conoscenze matematiche del tempo. Ogni libro inizia con un gruppo di proposizioni che possono essere considerate le definizioni di ciò che verrà trattato successivamente. I principi fondamentali esposti si distinguono in tre categorie: termini o definizioni, teoremi e dimostrazioni e postulati.
Proprio da questi ultimi si inizia per entrare nel discorso delle geometrie non euclidee.
e i suoi postulati
I postulati o assiomi posti da Euclide sono:
La geometria costruita dal noto matematico su i suoi postulati si presenta di un rigore ineccepibile ed i postulati non presentano, almeno apparentemente, alcuna difficoltà di accettazione perché esprimono caratteristiche verificabili sperimentalmente ed intuitivamente.
Ma il V postulato già ai matematici dell'epoca appariva piuttosto incerto.
Proclo nel suo Commento al libro I di Euclide lo sostituisce con un'affermazione equivalente:
Dati in un piano una retta ed un punto che si trova al di fuori di essa, esiste una ed una sola retta passante per il punto e parallela alla retta data
Intuitivamente la proposizione può sembrare accettabile, ma sperimentalmente non esistono mezzi per giustificarla. Il parallelismo, cioè il non incontrarsi di due rette, non si presenta ad alcuna verifica pratica per i limiti materiali che ci impone il piano su cui disegniamo. Per accettare tale postulato dovremmo prolungare le rette all'infinito ed è chiaro che nessun piano materiale può essere infinito.
Il quinto postulato fu argomento di varie dispute iniziate già nell'antichità:
l nella prima fase, a cui appartenne Proclo, quindi in tempi relativamente vicini alla formulazione dell'assioma, i matematici cercano di ridefinirlo e riformularlo
l nella seconda fase, che inizia nel XVI secolo, si cerca di dimostrarlo, giungendo agli stessi risultati ottenuti nella prima fase
l nella terza fase ci si convince dell'impossibilità di dimostrare questo postulato e si costruiscono le prime geometrie non euclidee
Il tentativo di Saccheri
Nel 1773, il matematico Saccheri, nel suo Euclides ab omni naevo vindicatus, pensò di dimostrare il V postulato a contrariis cioè partendo dalla sua negazione sperando che essa nel suo ragionamento si distrugga da sé, quindi risulti falsa e, di conseguenza, l'assioma sarà vero.
Seguendo il ragionamento del matematico, egli pose un segmento AB, dai quali estremi tirò due segmenti di pari lunghezza e perpendicolari ad AB. Unì i due punti C e D che trovò con i segmenti, costruendo un rettangolo.
Naturalmente gli angoli A e B sono uguali e retti, dato che i segmenti AC e BD sono perpendicolari alla base AB, Saccheri quindi ipotizzò che anche gli angoli C e D fossero simili.
Tali angoli sono anche retti?
Secondo il postulato di Euclide sì (prima ipotesi). Assumiamo ora anche le due ipotesi opposte al postulato: quella per cui entrambi gli angoli sono ottusi (seconda ipotesi) e quella per cui essi sono acuti (terza ipotesi).
Nella seconda ipotesi quindi la i due angoli saranno un po' più ampi di due retti, mentre nella terza saranno un po' più piccoli.
Esaminando la validità della seconda ipotesi, il quinto postulato non è di per sé incompatibile con essa, quindi anche i teoremi ad esso connessi dovrebbero essere validi, ma tra questi c'è anche quello della somma degli angoli interni di un quadrilatero che è pari a quella di quattro angoli retti, ma questo assioma non è compatibile sia alla seconda che alla terza ipotesi, poiché nel primo caso la somma sarebbe maggiore, mentre nel secondo minore a quella di quattro angoli retti; allora le ipotesi decadono.
In realtà queste ipotesi non decadono, perché Saccheri ha dimostrato solo l'incompatibilità di tali ipotesi con quella di Euclide.
Dopo Saccheri: Lagrange e Gauss
Con le ipotesi dell'angolo ottuso e dell'angolo angolo acuto lo stesso Saccheri aveva gettato le basi dei due tipi di geometrie non euclidee che saranno definite rispettivamente, dai nomi dei loro elaboratori, geometria di Riemann e geometria di Lobacevskij.
Ma già prima di questi due matematici Luigi Lagrange intuì geometrie diverse da quella euclidea; solo che egli, vittima del pregiudizio comune, non osò comunicare i suoi risultati, poiché avrebbe dovuto sostenere pubblicamente che ci sono geometrie più "vere", il che gli sembrava scandaloso.
In ogni caso, nella prima metà dell'Ottocento, venne ripreso il discorso di Saccheri e nacque quella che oggi è definita geometria iperbolica, quella per cui, assunta l'ipotesi dell'angolo acuto, presa una retta ed un punto esterno ad essa è possibile tracciare, non solo una retta parallela, ma ben due.
E' solo nella seconda metà dell'ottocento che venne scoperta la geometria ellittica, costruita sull'ipotesi dell'angolo ottuso, per la quale preso un punto esterno ad una retta non è possibile tracciare alcuna retta parallela alla retta data.
Gauss è considerato il primo matematico ad aver raggiunto la precisa concezione di una geometria indipendente dal quinto postulato, ma non pubblicò i suoi risultati, per lo stesso motivo di Lagrange, ma li inviò al Bolyai padre, il quale impazzì nello studio dell'assioma, di cui aveva intuito l'indipendenza del postulato dai primi quattro, a tal punto di imporre per testamento al figlio Janos di non occuparsi assolutamente di tale problema.
La negazione del V postulato: Bolyai-Lobacevskij e Riemann
Naturalmente, da buon figlio, Janos non ubbidì ai voleri del padre, e quasi contemporaneamente a Nicolaj Lobacevskij, giunse alle stesse conclusioni di quest'ultimo.
Il ragionamento dei due matematici è il seguente:
Dati una retta AB ed un punto P esterno ad essa, sia PO la retta perpendicolare alla retta passante per P. Si consideri il punto D sulla retta AB e si faccia muovere verso OB, in corrispondenza di ogni spostamento, su tale retta, di questo punto, si avrà sempre una secante PC alla retta AB. Si consideri ora la distanza OD tendente all'infinito: troveremo in corrispondenza la retta PL che non intersecherà la retta data e che quindi sarà parallela ad OB. Procedendo in ugual modo per la retta PC, si otterrà che essa è parallela ad OA.
Nella geometria euclidea non consideriamo PM e PL due rette distinte, ma prendendo in considerazione l'ipotesi dell'angolo acuto ecco che esse lo saranno ed inoltre saranno parallele ad AB.
Questa dimostrazione, oltre a mostrare che è possibile costruire un sistema geometrico logicamente coerente ad un'ipotesi prescelta e che non solo si dava un unica geometria vera, ma si dimostrava era basata su un ipotesi preliminarmente scelta, sanciva il definitivo inizio delle geometrie non euclidee, in particolare di quella iperbolica.
Successivamente, a dar conferma della possibilità di costruire geometrie diverse da quella euclidea fu Riemann che costruì la geometria ellittica.
"Preso un punto ed una retta, si consideri essa illimitata e finita. Preso ora un punto N; esso, spostandosi, tornerà al punto di partenza avendo percorso una distanza di misura finita. Orbene, si può già constatare che due rette si incontrano sempre e necessariamente, in qualunque condizione le si consideri; ossia due rette in uno stesso piano non possono essere considerate parallele, secondo la definizione euclidea. Ma si considerino le perpendicolari ad una retta qualunque. Esse tutte passeranno per lo stesso punto A. Inoltre tale punto risulterà equidistante da tutti i punti della retta data. Prendendo in esame tali perpendicolari anche dalla parte opposta esse si incontreranno nel punto A' e avranno le stesse proprietà viste per il punto A.
Ora si possono distinguere due casi diversi: il primo, in cui A e A' coincidono e darà vita alla geometria ellittica; il secondo, i cui detti punti non coincidono, che darà vita alla geometria sferica."
Le geometrie non euclidee nei solidi
Per applicare tali geometrie ad una superficie curva, quindi ad un solido, bisogna, innanzitutto, introdurre il concetto di geodetica. Essa è la linea più breve tra due punti. Per immaginarne una pensiamo di prendere un elastico e puntarlo su una sfera in due punti: esso seguirà le circonferenze massime, che sono sempre le linee più brevi tra due punti, come un segmento lo è nella geometria del piano.
Tali geodetiche nel piano sono quindi le rette, quindi percorrere una retta significa "andare sempre dritto", quindi la geodetica è quella retta che aderisce perfettamente ad una determinata superficie, sempre un esempio pratico potrebbe essere tagliare una strisciolina di carta e applicarla su di una circonferenza, essa seguendo le geodetiche aderisce perfettamente alla superficie, mentre se si provasse a seguire qualsiasi altro percorso, si incresperebbe in alcuni punti.
Avendo capito il corrispondente di una retta su diverse superfici, possiamo provare a vedere praticamente l'esperimento di Riemann sulla sfera e quindi stabilire noi stessi che il V postulato di Euclide non vale su di essa.
Ancora sulla sfera possiamo dimostrare che l'ipotesi degli angoli ottusi è proprio quella che si adatta alla geometria ellittica: costruendo un triangolo con delle strisce di carta su di un supporto sferico, e successivamente tagliando uno dei tre lati, noteremo che il triangolo si apre, e misurando gli angoli che formano i vari lati troveremo che sono tutti ottusi: questo esperimento si poteva fare direttamente sul mappamondo, prendendo due paralleli perpendicolari e l'equatore. In tal caso avremmo trovato che tutti gli angoli erano retti.
Allo stesso modo possiamo verificare il V assioma sulla pseudosfera. Infatti per un punto esterno ad una geodetica, passano non una, ma ben due geodetiche parallele alla prima.
Sempre allo stesso modo si può verificare che i la geometria iperbolica corrisponde all'ipotesi degli angoli acuti, infatti, costruendo sempre un triangolo di carta con le geodetiche di una pseudosfera, e tagliano uno dei lati, questo si richiuderà su se stesso dato che gli angoli sono tutti acuti e quindi minori di 90°.
La relatività
Nel 1919 Einstein scrisse per il 'London Times' un articolo ('Che cos'è la teoria della relatività?') in cui spiegava ad un pubblico di non specialisti la sua celebre teoria.
«.la teoria della relatività assomiglia ad un edificio a due piani separati: la teoria speciale e la teoria generale.
La teoria speciale si applica a tutti i fenomeni fisici tranne la gravitazione. La teoria generale conduce alla legge della gravitazione e alle relazioni di essa con altre forze della natura.»
La teoria della relatività speciale o ristretta fu formalizzata per la prima volta attraverso un saggio pubblicato nel 1905. Successivamente, nel 1916, il fisico propose una nuova teoria (la teoria della relatività generale) che superava la precedente, includendola come caso limite. Tre anni dopo, nel 1919, questa teoria ebbe, ad opera di Eddington, una clamorosa conferma sperimentale.
Relatività ristretta
La relatività ristretta di Einstein si basa essenzialmente su due postulati che possono essere enunciati come segue:
Il moto assoluto uniforme non può essere rivelato;
La velocità della luce è indipendente dal moto della sorgente.
Sostanzialmente il primo postulato era già noto dal XVII secolo ed era stato formalizzato come principio di Newton: nella relatività Einsteiniana, però, questo principio viene esteso non solo ai fenomeni meccanici ma include tutti i tipi di misure fisiche.
Ognuno dei due postulati sembrerebbe ragionevole: eppure dai due postulati presi insieme derivano alcune implicazioni che contraddicono il senso comune, cioè il nostro modo intuitivo di concepire la realtà. Una conseguenza immediata di questi postulati è che:ogni osservatore misura lo stesso valore per la velocità della luce, indipendentemente dal moto relativo della sorgente e dell'osservatore.
Facciamo un esempio per capire meglio quest'ultima affermazione.
Consideriamo una sorgente luminosa S e due osservatori O1 e O2
uno fermo e l'altro in movimento verso S con velocità V
dove vediamo O2 fermo, mentre S e O1 si muovono verso destra con velocità V (il moto assoluto non può essere rivelato quindi non possiamo sapere se è O2 in movimento verso S come nella figura A oppure se S e O1 si muovono verso destra con velocità V come nella figura B).Per il secondo postulato O2 vede che la velocità della luce è uguale a c visto che questa è indipendente dal moto della sorgente. Da questo esempio si può capire come le nostre idee intuitive sulla composizione delle velocità non valgono più se si considerano velocità prossime a c.
Dilatazione dei tempi e contrazione delle lunghezze
Einstein riuscì a dimostrare che le ampiezze degli intervalli di tempo e di spazio tra due eventi dipendono dal sistema di riferimento nel quale si osservano gli eventi.
Prendiamo ora in esame il problema della dilatazione dei tempi.
Consideriamo un sistema S1 formato da una sorgente luminosa A e da uno specchio posto ad una distanza D dalla sorgente (fig. C)
Si consideri un raggio luminoso (velocità c) che esce dalla sorgente A vi ritorni dopo essere stato riflesso dallo specchio. Lo spazio percorso dal raggio luminoso è uguale a 2D e il tempo impiegato è: t1 = 2D/c.
Consideriamo ora il sistema S1 (specchio-sorgente) in movimento rispetto ad un sistema S immobile (fig. D)
Come si può notare il raggio luminoso, visto dal sistema S, compie un tragitto più lungo rispetto a quello compiuto in S1. Calcoliamo lo spazio percorso dal raggio per arrivare allo specchio rispetto ad S. Ipotizzando la velocità di S1 uguale a v e il tempo impiegato per andare da x1 a x2 uguale a t, questo spazio è uguale a c∙t/2 e risulta formato da due componenti (fig. D). Applicando il teorema di Pitagora si ha:
(c∙t/2)2 = D2 + (v∙t/2) 2
[c2∙(t) 2]/4 - [v2∙(t) 2]/4 = D2
(t) 2 ∙ (c2 - v2) = 4D2
t = 2D / (c2 - v2)
t = (2D/c) / (1 - v2/c2)
Avendo posto t1 = 2D/c si ha:
t = t 1/ (1 - v2/c2) = ψ∙ t1 dove ψ = 1 / (1 - v2/c2)
Dunque il tempo misurato in S risulta essere dilatato di un fattore ψ, il quale aumenta se si considerano velocità prossime a quella della luce.
Strettamente connesso alla dilatazione dei tempi è il fenomeno della contrazione della lunghezza.
Immaginiamo un regolo di lunghezza L0=x2-x1 visto da un osservatore in movimento con velocità v (fig. E)
Se O1 impiega un tempo t per passare da un'estremità all'altra del regolo allora la lunghezza del regolo sarà L0 = x2 - x1 = v ∙ t.
Consideriamo ora il caso in cui l'osservatore sia fermo e il regolo si muova di moto relativo (fig. F)
Il regolo impiegherà, per passare davanti all'osservatore, un tempo t1 minore di t secondo un fattore ψ = 1 / (1 - v2/c2).
Se il tempo è minore anche la lunghezza del regolo sarà tale:
L1 = v ∙ t1 = v ∙ t / = L 0/ ψ = L0 (1 - v2/c2
Una prova della dilatazione dei tempi: il decadimento dei muoni
I muoni, o mesoni , sono particelle create dal decadimento dei pioni (mesoni π) e si creano nell'alta atmosfera a migliaia di Km sul livello del mare. I muoni decadono seguendo la legge statistica della radioattività:
N(t) = N0 ∙ e - t/
Dove N0 è il numero dei muoni all'istante t = 0, N(t) è il numero dei muoni all'istante t e (tau) è la vita media di un muone (per i muoni fermi vale circa 2 s).Supponiamo di rivelare 108 muoni ad un'altezza di 9000 m. Sapendo che un muone tipico si muove alla velocità di 0.998 c, il tempo impiegato dalle particelle per arrivare al livello del mare è (9000 m)/0.998 c s cioè 15 volte il valore della vita media. Ponendo N0 = 108 e t = 15 si ottiene: N = 108 ∙ e-15 = 30.6.
Dovremmo quindi aspettarci di rivelare circa 31 muoni al livello del mare. Invece, da esperimenti pratici, è risultato che il numero dei muoni rilevati è notevolmente maggiore. Questo perché la vita di un muone, misurata nel sistema di riferimento della terra aumenta del fattore 1/ (1 - v2/c2) che (per v = 0.998 c) vale ψ = 15. Perciò per s si ha:
N = 108 ∙ e-1 = 3.68 ∙ 107
Questo dimostra che gli esperimenti pratici concordano con la teoria relativistica.
Effetto Doppler relativistico
Ricordiamo che , quando nella meccanica classica viene trattato l'effetto Doppler, ci si limita a considerare il caso acustico. In questo ambito, il fenomeno consiste nel fatto che, esistendo un moto relativo tra una sorgente sonora e un ricevitore del suono, la frequenza del suono ricevuto in fase di avvicinamento relativo è diversa dalla frequenza del suono ricevuto in fase di allontanamento. Allora risulta necessario studiare il fenomeno nei due casi: sorgente in moto e osservatore fermo sorgente ferma e osservatore in moto Le ragioni
della distinzione nei due casi sono le seguenti: (1) le onde sonore
necessitano di un mezzo materiale (aria) per la loro propagazione e (2) le
proprietà del suono variano a seconda di cosa (sorgente sonore o ricevitore)
sia in movimento rispetto all'aria. |
Effetto Doppler per la luce Abbiamo un segnale luminoso che viene emesso a frequenza f dalla sorgente S, ed è ricevuto a frequenza f' dall'apparato ricevitore R, perché tra S ed R esiste moto con velocità relativa di valore v. Se S e R si allontanano, allora, essendo b = v/c, si ha: f' = f . [(1 - b) / (1 + b)]1/2 quindi f' < f , cioè la frequenza di ricezione, inferiore a quella di emissione, è spostata verso il rosso (redshift). Se invece S e R si avvicinano, allora si ha: f' = f . [(1 + b) / (1 - b)]1/2 per cui sarà f' > f, e quindi la frequenza di ricezione risulterà spostata verso il violetto (blueshift). (Ricordiamo che rappresentando lo spettro delle frequenze delle onde elettromagnetiche con frequenze crescenti da sinistra verso destra, all'estremità sinistra c'è l'infrarosso, all'estremità destra l'ultravioletto). Relatività generale Da un punto di vista matematico, la relatività generale è molto più complicata di quella ristretta: per questo ne fornirò solo una breve trattazione qualitativa. La base della teoria generale della relatività è il principio di equivalenza: un campo gravitazionale omogeneo è del tutto equivalente a un sistema di riferimento uniformemente accelerato. Ecco un esempio che chiarisce il principio di equivalenza: Se un'astronave, in assenza di campo gravitazionale, si muove con accelerazione a, un corpo al suo interno sarà sottoposto ad una forza F = m ∙ a nel verso opposto a quello del moto. Su un corpo all'interno dell'astronave ferma su un pianeta, agirà una forza pari a F=m∙g. Se poniamo g = -a le due forze (F=ma e F=mg) saranno uguali. Dunque si può concludere che non esiste alcun esperimento che possa distinguere un moto uniformemente accelerato dalla presenza di un campo gravitazionale.
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Uno degli aspetti più interessanti della relatività generale è la nuova concezione di 'spazio curvo'. Secondo la teoria Einsteiniana la materia, mediante il campo gravitazionale, agisce sullo spazio circostante alterandolo.
La relatività non si serve quindi della geometria euclidea, applicabile solamente ad uno spazio piatto.
La luce ha la proprietà fisica di percorrere geodetiche dello spazio: per esempio un raggio di luce che ad un osservatore sulla Terra appare come una traiettoria rettilinea, in realtà percorre archi di circonferenza. La luce fa dunque capire che tipo di geometria segue lo spazio.
Nel 1915 le ipotesi di Einstein sul campo gravitazionale ebbero una clamorosa conferma: in quell'anno, infatti, si osservò la deflessione di un raggio di luce dovuta al campo gravitazionale solare. Tale osservazione fu resa possibile da un'eclissi solare e portò immediatamente fama internazionale a Einstein.
La figura affianco mostra la deflessione di un raggio di luce dovuta al campo gravitazionale solare. Per mettere in evidenza il fenomeno, l'angolo di deflessione è stato aumentato rispetto a quello reale
Un altro aspetto della relatività generale riguarda la variazione degli intervalli di tempo e quindi delle frequenze della luce in un campo gravitazionale. L'energia potenziale gravitazionale tra due masse M e m, distanti tra loro r è:
U = - GMm / r
dove G è la costante di gravitazione universale e si è posta l'energia potenziale uguale a zero quando la distanza tra le masse è infinita. L'energia potenziale riferita all'unità di massa in prossimità di una massa M è chiamata potenziale gravitazionale
= - GM / r
Secondo la teoria generale della relatività, gli orologi sono più lenti nelle regioni di basso potenziale gravitazionale (dunque in prossimità della massa). Se t1 è un intervallo di tempo misurato da un orologio dove il potenziale gravitazionale è e t2 è lo stesso intervallo misurato da un orologio dove il potenziale gravitazionale è la relatività generale prevede che la variazione relativa tra questi tempi sia all'incirca:
(t2 - t1) / t = ( ) / c2
(Visto che di solito questa variazione è molto piccola non importa per quale intervallo si divida il primo membro dell'equazione). Poiché un atomo che vibra può essere considerato come un orologio, la frequenza di vibrazione in una regione di basso potenziale, come ad esempio in prossimità del Sole, sarà minore di quella dello stesso atomo sulla Terra. Questo spostamento verso frequenze più basse e quindi lunghezze d'onda maggiori, è chiamato spostamento gravitazionale verso il rosso (gravitational red shift).
Altro fenomeno che rientra nelle previsioni della relatività è quello dei buchi neri, previsti per la prima volta da Oppenheimer e Snyder nel 1939. Secondo la teoria generale della relatività, se la densità di un corpo, come una stella, è abbastanza grande, l'attrazione gravitazionale sarà così grande che, una volta all'interno di un certo raggio critico, nulla potrà sfuggire, neanche la luce e le altre radiazioni elettromagnetiche. Nella meccanica Newtoniana, la velocità necessaria perché una particella sfugga dal campo gravitazionale di un pianeta o di una stella si trova imponendo che l'energia cinetica mv2 / 2 sia uguale all'energia potenziale GMm / r. La velocità di fuga che si ottiene:
mvf2 / 2 = GMm / r
vf2 = 2GM / r
vf = (2GM / r)
Se uguagliamo la velocità di fuga alla velocità della luce e risolviamo rispetto al raggio, otteniamo il raggio critico Rc , chiamato raggio di Schwarzschild :
vf = c
c= (2GM / Rc )
c2 = 2GM / Rc
Rc = 2GM / c2
Perché un corpo di massa uguale a quello del nostro Sole (1.99 ∙ 1030 Kg) sia un buco nero, il suo raggio deve essere circa 3 Km. Visto che un buco nero non emette alcuna radiazione e ci si aspetta che il suo raggio sia piccolo, la rivelazione di tale corpo non è facile e per individuarne uno l'unica possibilità è quella di studiare i suoi effetti sullo spazio circostante ad esso.
Cosmologia
Origini della teoria del Big Bang
Nel 1929, Hubble scoprì anche che pressoché la totalità delle galassie sembrano allontanarsi da noi. Questo fatto diede l'impressione che la Terra fosse il centro di un moto generale di recessione (allontanamento di tutte le galassie da noi). Ben presto si scoprì invece che questo moto di recessione non ha un centro: ogni punto del cosmo può essere considerato centro di un moto di recessione. Le scoperte di Hubble sono considerate l'origine della cosmologia moderna. La quale non può prescindere anche dalla rivoluzione operata nella fisica dall'avvento della relatività.
Il primo a proporre lo scenario di un'esplosione iniziale fu il sacerdote belga G.Lemaitre (1894 - 1966) nel 1927, ma solo negli anni '40 il fisico di origine russa G.Gamow (1904 - 1968) lo affrontò in modo quantitativo. Egli ipotizzò che i nuclei atomici più leggeri (idrogeno, elio, deuterio e litio) si siano formati nei primi istanti di vita del cosmo. Successivamente è stato verificato che le quantità di tali elementi presenti effettivamente nell'Universo corrispondono con quelle previste dalla teoria, fornendo una prima conferma della sua validità. Un'altra conferma è giunta nel 1965, quando due ricercatori dei laboratori Bell, Penzias e Wilson, mentre costruivano un rivelatore di microonde, captarono una debole radiazione che permea tutto l'Universo, proveniente da tutte le direzioni. Essa ha un massimo di intensità alla lunghezza d'onda di 2.6 cm e viene detta radiazione di fondo cosmica (CMBR, Cosmic Microwave Background Radiation). Si pensa che sia il residuo della radiazione intensissima ed altamente energetica che si produsse dopo il Big Bang, allorché ebbe luogo il cosiddetto disaccoppiamento tra materia ed energia.
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La costante di Hubble L'astronomo E. Hubble nel 1929 scoprì un fenomeno sorprendente: la velocità v di allontanamento delle galassie era direttamente proporzionale alla loro distanza r dalla Terra. Con notazioni moderne, tale legge di Hubble è espressa dall'equazione: v = H0 . r
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Calcolo dell'età dell'universo L'inverso della costante di Hubble ci dà l'età dell'Universo, questo si può dimostrare partendo a dare a tale costante un unità del Sistema Internazionale. (pc = parsec, Mpc = megaparsec, s = secondi, Km = chilometri). Allora, per avere la costante di Hubble espressa in unità del sistema internazionale, non facciamo altro che moltiplicare il suo valore, espresso nelle unità di cui sopra, per il fattore appena trovato, così avremo:
Questo perché considerando una galassia G che si trovi a distanza D dalla Terra e che si allontani radialmente da essa alla velocità v, se all'istante iniziale, t = 0, la separazione tra i due corpi era nulla e se t0 è l'intervallo di tempo necessario affinché avvenga la separazione dei due corpi alla velocità v (per adesso supposta costante), si ha ovviamente: t0 = D / v e v = H0.D quindi H0
= v / D e quindi 1/H0 = d / v, in conclusione si avrà: t0 = 1 / H0 |
L'espansione dell'universo Come abbiamo accennato in precedenza, la legge di
proporzionalità diretta tra distanza di una galassia e sua velocità di
allontanamento, indica che nell'universo non esiste una posizione
privilegiata che possa essere considerata il centro di un'unica espansione
cosmica. In verità, qualunque punto può essere considerato un centro di
espansione dell'universo. Per rendere ragione al lettore di ciò, facciamo uso
di un modello bidimensionale di espansione. Consideriamo la superficie di un
palloncino, gonfiato con aria, sulla quale siano posti un certo numero di
coriandoli (ciascuno dei quali rappresentativo di una galassia). Continuando
a gonfiare il palloncino, notiamo che: (1) ogni coriandolo-galassia si
allontana da tutti gli altri, di modo che non si può dire che ve ne sia uno
che possa essere considerato il coriandolo-galassia centrale, (2)
coriandoli-galassia inizialmente più vicini tra loro si allontanano meno
velocemente rispetto a quelli inizialmente più lontani tra loro, proprio in
accordo con la legge di Hubble.
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Isotropia dell'universo Misurando le proprietà fisiche dell'universo si scopre
che esse appaiono molto uniformi (su larga scala) in tutte le direzioni. Per
esempio, la densità media della materia è praticamente la stessa in tutte le
direzioni (sempre su larga scala) e lo stesso vale per la radiazione cosmica
di fondo. |
Orizzonte cosmologico e inflazione Quando riceviamo la luce di una galassia distante, ad esempio, dieci miliardi di anni luce, la vediamo come era dieci miliardi di anni fa. Per vederla come era, ad esempio otto miliardi di anni fa, dovremmo attendere due miliardi di anni. Allora, possiamo dire che in ogni istante, ci sono parti dello spazio-tempo alle quali non possiamo avere accesso ( e reciprocamente, una parte del nostro passato è inaccessibile a galassie molto lontane da noi). Questo ci porta a definire, per un dato istante e per una data condizione di osservazione, il nostro orizzonte cosmologico, cioè quel settore di spazio-tempo al quale possiamo avere accesso. Corrispondentemente, ad ogni istante e per ogni condizione di osservazione, a tutto ciò che sta al di fuori del relativo orizzonte cosmologico non possiamo avere accesso alcuno. Diciamo che due oggetti, in
un certo spazio, si trovano tra loro in contatto causale (da
'causa') se sono in grado di comunicare tra loro per mezzo di un
segnale, nel senso che il primo oggetto può provocare nell'altro un effetto
in conseguenza del segnale che gli invia. Tenendo presente che i segnali viaggiano
nello spazio a velocità finita, è evidente che l'effetto di un segnale emesso
da un oggetto si farà sentire sull'altro oggetto dopo un certo tempo (tanto
maggiore quanto più distanti sono i due oggetti). Secondo Guth, la causa che produsse l'inflazione andrebbe ricercata nell'ambito delle teorie recenti della fisica, quelle che cercano di unificare le quattro interazioni fondamentali: la forza gravitazionale, quella elettromagnetica, quella nucleare debole e quella nucleare forte. Queste quattro forze sarebbero manifestazioni diverse di un'unica interazione. Alle altissime temperature e densità dei primi istanti di vita dell'Universo, esse erano la stessa cosa; si sarebbero poi diversificate nel tempo, via via che l'Universo si raffreddava e si espandeva. |
La materia oscura
Negli ultimi decenni, gli astronomi hanno raccolto svariate prove dell'esistenza di questa materia invisibile che (assieme a quella visibile) lega galassie e ammassi di galassie per mezzo della attrazione gravitazionale complessiva. Malgrado la sua natura resti tuttora ignota, la sua presenza viene giustificata dal modo con cui si manifestano alcuni fenomeni. Eccone una breve descrizione. La rotazione delle galassie a spirale. Le galassie a spirale sono dotate di una rotazione differenziale, nel senso che non avviene rigidamente attorno ad un asse centrale (se così fosse, tutte avrebbero la stessa velocità angolare). Invece, ogni corpo della galassia ruota con una velocità angolare dipendente dalla distanza del corpo stesso dall'asse di rotazione. Poiché la velocità di rotazione angolare dipende dal campo gravitazionale (cioè dalla distribuzione della materia nella galassia) dobbiamo concludere che la massa effettiva della galassia tende ad addensarsi sempre più verso la periferia. Ma la massa luminosa (quella che noi vediamo) di qualunque galassia (cioè le stelle e il gas) è concentrata verso il nucleo e la sua densità decresce verso l'esterno. Dobbiamo ammettere allora che queste galassie spirali devono essere circondate da un grande alone di materia invisibile, che contribuisce al campo gravitazionale delle stesse ma non alla loro emissione luminosa: la materia oscura. La distribuzione di velocità negli ammassi di galassie. Approfonditi studi basati su calcoli statistici hanno mostrato che la stabilità riscontrata in tutti gli ammassi di galassie (stabilità nel senso di mancata dispersione delle stesse a causa del loro moto di rotazione attorno a un centro comune) può essere spiegata soltanto con l'ammettere la presenza di una gran quantità di massa invisibile che garantisce appunto la non dispersione delle stesse (in altre parole le velocità di rotazione delle galassie attorno a un centro comune sono talmente elevate da far sì che la mancata dispersione possa essere spiegata solo con la presenza di una grande massa invisibile). Le lenti gravitazionali. Gli astronomi chiamano lente gravitazionale un ammasso di materia talmente denso da causare deviazioni dei raggi luminosi maggiori di quelle che ci si aspetterebbe di riscontrare se si prendesse in considerazione soltanto la materia visibile. Anche in questo caso si è arrivati alla conclusione (sempre attraverso misure) che le deviazioni anomale sono causate dalla presenza di materia oscura. I calcoli
derivabili dall'osservazione di tutti questi fenomeni, portano gli scienziati
a ritenere che la materia oscura costituisca all'incirca il 90% della materia
effettiva complessivamente presente nell'Universo. |
Il destino dell'universo |
E' naturale pensare che l'attrazione gravitazionale tra le galassie si opponga all'espansione dell'Universo. Ricorrendo alla relatività generale è possibile studiare la dinamica della sua espansione. La relatività prevede che un universo in espansione abbia fondamentalmente tre possibili evoluzioni.
Se la densità media r dell'Universo è minore di un valore speciale di densità detto densità critica, rc, (insufficienza della gravità a contrastare l'espansione) si ha un universo aperto, che continuerà a espandersi per sempre, in quanto l'attrazione gravitazionale non riuscirà a rallentare in modo efficace l'espansione.
Se invece la densità media è maggiore della densità critica, (successo della gravità nel contrastare l'espansione), abbiamo a che fare con un universo chiuso, cioè il moto di espansione finirà con essere arrestato dalla gravità. Un Universo di questo tipo giungerà a una espansione massima, in corrispondenza della quale il moto di allontanamento delle galassie cesserà e avrà inizio un moto di avvicinamento delle stesse, per cui, alla fine, tutto l'Universo avrà, proprio come nella sua condizione originale, un raggio nullo (nel gergo cosmologico si tende a chiamare questa situazione: 'big crunch').
Infine, se la densità media della materia è proprio perfettamente uguale alla densità critica, si ha una condizione limite, in cui l'universo continuerà la sua espansione per sempre, ma con velocità sempre minore.
Quanto abbiamo appena detto è illustrato nella figura . Nel diagramma cartesiano, sull'asse delle ascisse sono riportati i tempi, mentre su quello delle ordinate il corrispondente raggio dell'Universo, Rt. La curva marcata con r < rc identifica l'espansione dell'Universo aperto, mentre quella marcata con r > rc identifica l'espansione dell'Universo chiuso. La linea retta tangente alle due curve in uno stesso punto ci permette di affermare che assumendo il valore di 1/H0 quale età dell'Universo (e ciò con la semplificazione di assumere come costante la velocità di espansione) si commette un errore in eccesso. |
Siccome secondo la relatività generale la presenza di materia è responsabile della curvatura dello spazio, il valore della densità media r determina anche la curvatura complessiva dell'universo.
Un valore di r < rc da origine ad uno spazio a curvatura negativa o iperbolica. Al contrario per r > rc si ha uno spazio a curvatura positiva. Infine, come caso particolare, se si ha r = rc, si dice che lo spazio è piatto, cioè euclideo.
Breve appendice sulla geometria iperbolica nell'arte
Un matematico prestato all'arte o un artista prestato alla matematica?
'Non posso fare a meno di prendermi gioco di tutte le nostre certezze incrollabili. E' molto divertente, per esempio, confondere deliberatamente due e tre dimensioni, il piano e lo spazio e scherzare con la gravità'. (Maurits Cornelis Escher)
L'artista olandese Maurits
Cornelis Escher è un geniale creatore di illusioni, di mondi ed oggetti irreali
che ad una sommaria occhiata possono ingannare ed apparire reali, rivelando ben
presto nascoste sorprese.
Il segreto di quella che può sembrare una fantasia immaginativa fuori del
comune, legata, naturalmente, ad una eccezionale capacità grafica, è in verità
molto poco fantasioso, sono infatti la matematica, la geometria, la
cristallografia, passioni tanto forti in Escher quanto quella artistica.
Molte delle opere
di Escher, soprattutto quelle ad impronta apparentemente decorativistica, hanno
in realtà alla base il concetto matematico dell'infinito, come 'Limite del
cerchio IV', ad esempio, dove sono rappresentati dei pipistrelli
stilizzati, tutti della stessa forma, ma che rimpiccioliscono mano a mano che
si avvicinano al bordo esterno del cerchio, incastrandosi perfettamente l'uno
nell'altro e costituendo essi stessi il limite del proprio 'mondo'.
Ossessionato dal concetto di divisione regolare del piano, Escher studia ed
inventa simmetrie di vario tipo, cercando di utilizzare la divisione del piano
come mezzo per catturare e fermare il concetto di infinito, realizzando opere
in cui la tassellatura può continuare indefinitamente, avendo come sfida finale
il contenere l'infinito entro i confini di una sola pagina. Alla base del suo
lavoro c' è il concetto della geometria iperbolica, lo spazio iperbolico
incentrato sul modello discoidale del matematico francese Henry Poincarè, le
geometrie non euclidee del matematico russo Nicolas Lobacevskij e
dell'ungherese Bolyai, le tassellature del piano, sintetizzate ed elaborate
secondo una interpretazione personale che anticipa di qualche decennio la
formulazione matematica del concetto di frattale. Altro esempio di questa sua
passione per la rappresentazione dell'infinito è il "Limite del cerchio III" in
cui pesci stilizzati si rimpiccioliscono all'infinito raggiungendo il limite
del disco.
Le linee, che attraversano ogni pesce, rappresentate in questa litografia non sono altro che segmenti di geodetiche; esse si possono riprodurre attraverso programmi informatici per la grafica, come "NonEuclid", da me stesso utilizzato per realizzare l'immagine seguente.
Escher fu un grande esempio di come matematica, geometria ed arte possano integrarsi per esplicitare le singolari possibilità insite nella struttura spaziale, grazie ad un intelletto dotato di eccezionali doti intuitive che sapeva indagare e riconoscere nella natura modelli e ritmi nascosti, riconoscendo nelle idee alla base dei suoi lavori, come dice lui stesso, 'una diretta testimonianza della mia meraviglia e del mio coinvolgimento per le leggi della natura che operano nel mondo che ci circonda'.
Breve appendice su Bergson e il suo rapporto con la relatività
Nel 1922 Henri Bergson dà alle stampe un importante e discusso saggio, Durata e simultaneità. A proposito della teoria di Einstein.
L'opera nasce da una lunga e accorta riflessione sulla Teoria della Relatività ristretta nonché dal tentativo dell'autore di ristabilire un rapporto tra filosofia e scienza.
Punto centrale del suo pensiero è il problema del tempo; da subito si oppone all'idea di tempo spazializzato, che si era affermata in campo scientifico.
Per Bergson
l'idea di tempo 'scientifico', calcolabile e reversibile, che si limita a
riprodurre l'idea dello spazio geometrico, deve essere rifiutata poiché
totalmente inadeguata in quanto ciò che viene misurato non è l'intervallo di
tempo in sé, ma solo una porzione di spazio.
Bergson arriva ad affermare che 'l'intervallo
di durata non conta dal punto di vista della fisica' e che essa riesce
a cogliere solo la proiezione della traiettoria spaziale e non il movimento in
sé.
Ciò che registra la durata reale è la singola coscienza per la quale il tempo è
inesteso e non divisibile ed eterogeneo, non misurabile ed irreversibile.
La vera durata viene messa in secondo piano ed occultata dalle esigenze dell'azione e della comunicazione sociale; inoltre la comune idea di spazio influenza a nostra insaputa anche la vita interiore; 'proiettiamo il tempo nello spazio [] e la successione prende per noi la forma di una linea continua', mentre solo a tratti riconosciamo la caratteristica peculiare della nostra coscienza: il flusso di coscienza.
La teoria della relatività introduce dei tempi che non sono e non possono percepiti, sopprime cioè la coscienza. I tempi multipli introdotti dalla relatività sono, secondo l'acuta analisi di Bergson, tempi completamente slegati da qualsiasi esperienza umana, attuale o possibile. Essa comporta tutta una serie di paradossi che la rendono difficile e misteriosa. Uno di essi è il paradosso dei gemelli, presentato nel 1911 da Paul Langevin. Esso suppone che un osservatore, posto su «una palla di cannone», viaggi ad una velocità prossima a quella della luce. Si immagina, inoltre, che il viaggiatore parta dalla terra e si allontani per un anno, dopodiché inizi, sempre alla stessa velocità (e senza perdere nemmeno un istante per invertire la direzione di marcia), il viaggio di ritorno sulla terra.
Al suo arrivo - secondo Langevin - il viaggiatore troverà suo fratello gemello - rimasto immobile sulla terra - invecchiato di duecento anni; questo perché - in accordo con la teoria della Relatività -l'intervallo di tempo di un individuo in viaggio è diverso da quello di una persona immobile. Esiste tuttavia una differenza fondamentale tra i due fratelli: quello sulla terra è un osservatore inerziale mentre il viaggiatore non lo è poiché inverte la marcia per tornare sulla Terra.
Il paradosso descritto è comunque stato provato scientificamente all'inizio degli anni '70, che ha consentito di misurare la dilatazione temporale. Due orologi atomici straordinariamente precisi sono stati sincronizzati; uno dei due è stato collocato a bordo di un velocissimo jet, mentre l'altro è rimasto a Terra. Al ritorno del volo, l'orologio sull'aereo era in ritardo rispetto a quello a Terra; naturalmente il ritardo era minimo perché la velocità di un aereo è molto piccola rispetto a quella della luce, tuttavia è stato possibile misurarlo. Il tempo, perciò, scorre in modo diverso se misurato in sistemi di riferimento diversi. Questo fatto è davvero sorprendente e rappresenta uno dei risultati più importanti della fisica einsteiniana.
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