L'Edipo
senza complessi
La vicenda di Edipo è stata
quindi alla base di un considerevole dibattito filologico e critico; infatti, è
corretto affermare che Edipo soffrisse del complesso che proprio da lui ha
preso il nome? Freud aveva creduto di trovare una giustificazione anche
testuale alla propria interpretazione, dal momento che nei versi 981-982
Giocasta afferma che "anche nei sogni già molti mortali giacquero con la
madre", quasi che l'intera tragedia sofoclea si rifacesse ad una sorta di
"bagaglio onirico collettivo" che, proprio per la definizione di sogno come
mezzo privilegiato per poter indagare l'inconscio, dimostrerebbe l'esistenza in
molti casi di un simile complesso. La teoria risulta affascinante; ma non è
inverosimile credere che invece con quella frase Sofocle alludesse ad episodi
quale quello di Ippia che, scacciato da Atene, aveva sognato di possedere la
madre, un episodio interpretato da Erodoto come premonizione del suo ritorno in
patria alla testa dell'esercito (possedere la madre, dunque, come simbolo del
ritornare in possesso della propria terra). Ma la risposta degli studiosi di
letteratura greca è stata decisamente più articolata: in molti, infatti, si
sono adoperati per dimostrare, attraverso una dettagliata analisi dell'opera, come
esistano numerose conferme testuali alla teoria di un "Edipo senza complessi".
Le
evidenze della trama non lasciano scampo alcuno all'idea di un Edipo che
soffrisse del complesso che da lui ha preso il nome; dapprima, infatti, è
necessario considerare che il personaggio sofocleo viene sin da pochissimo dopo la nascita allontanato dai genitori
naturali. Se quindi il complesso, così come definito da Freud, si manifesta
intorno ai 5-6 anni e risente perciò di un tempo abbastanza lungo di "incubazione",
risulta impossibile che Edipo possa aver sviluppato simili sentimenti verso i
genitori naturali, dal momento che gli mancava la stessa "materia prima",
ovvero il rapporto con gli stessi genitori. Inoltre Edipo, pur essendo
cresciuto da dei genitori adottivi sin dalla tenera età, non dimostra alcun
tipo di complesso "edipico" neppure nei loro confronti -è anzi proprio per non
uccidere il padre e non congiungersi con la madre che egli si allontana dalla
casa di Polibo e Merope, andando però, come sempre accade nelle tragedie,
incontro al proprio destino con velocità crescente. Infine, quando Edipo uccide
Laio e poi, dopo aver risolto l'enigma della Sfinge, sposa Giocasta, in realtà
lo fa ignorando perfettamente di uccidere il proprio padre e di sposare la
propria madre; come ha recentemente scritto un critico, Guido Paduano, i
desideri di Edipo "sono per eccellenza consci e non inconsci, adulti e non
infantili: nel loro insieme, costituiscono un'immagine di sé basata sui valori
del potere e della razionalità". Sono infatti queste due le "molle" più forti
del comportamento di Edipo, la cui ύβρις consiste
proprio nel voler imporre il potere della razionalità anche sulla forza del
fato, come mostra il dialogo con Tiresia. Edipo appare certamente come un
tiranno, un re dispotico e pronto a tutto pur di affermare la propria autorità,
e però al tempo stesso diventa il contaminatore involontario della propria
città che si insegue da solo; paradossalmente, per sfuggire all'oracolo che lo
vorrebbe assassino del padre e marito della madre, si lancia a velocità doppia
nelle fauci del destino da cui cerca inutilmente di fuggire.
Appare
dunque evidente che la definizione del desiderio di possedere la madre e del
conseguente odio verso il padre sotto il nome di "complesso di Edipo" risulta
erronea, ovviamente senza nulla togliere alla validità psicologica del fenomeno
studiato de Freud. In poche parole, risulta infelice il nome dato ad un
complesso che però, di per sé, esiste.