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OCCHIELLO: la caduta di ogni senso del limite: l'adolescenza.
CATENACCIO (SOMMARIO):2 vite stroncate, 2 giovani distrutti ed un coro solo: può essere la conseguenza dell'adolescenza, un età della vita?
Un adolescente Erika, 16 anni. Un bambino Gianluca, 13 anni. I genitori Susy e Francesco De Nardi. Una famiglia apparentemente normale, senza grandi problemi o almeno non irrisolvibili. Così pareva.fino al 20 febbraio 2001. Fino alle ore 19:00. In quel momento a casa De Nardi c'erano 2 morti e due assassini, rispettivamente Susy e Gianluca da una parte ed Erika ed Omar, il ragazzo di Erika dall'altra. 2 vittime accoltellate, tracce di sangue lavate malamente, un delitto perfetto. O quasi. Un movente segreto. Se esiste un vero movente. I due ragazzi non vogliono denaro come accadde nel 1975 a Doretta Graneris, 19 anni, non vogliono una macchina come per Pietro Maso nel 1991. ma allora, cosa vogliono Erika e Omar, perché hanno ucciso? Nascondere qualcosa, liberarsi di un peso o sfogare soltanto un momento di rabbia? Un omicidio unico nel suo genere. Non c'è più un limite sine materia. Solo su basi psicologiche? È questa la nostra generazione? Su quali valori si basa la nostra società? E che rapporto c'è tra gli adolescenti e il mondo?
Adolescenza . una parola che da sola implica concetti che risultano poco chiari anche e soprattutto a chi la vive. Momenti di gioia seguiti da momenti di tristezza sconsolata e di rabbia , il passaggio dall'uno all'altro stato in pochi minuti. La più totale insoddisfazione di sé e degli altri. Soprattutto degli altri, addirittura di quelli più vicini, primi i genitori. Genitori che ci limitano in un'età in cui c'è smania di libertà, ma in cui non si è ancora pronti a spiccare il volo. Nell'adolescenza cade ogni senso del limite. Non mi piaci. Ti odio. E in modo o nell'altro ti devo eliminare. E poi il concetto di morte, incomprensibile nella sua drammaticità. E il gruppo. Questo è un cardine da non sottovalutare. Forse da sola Erika non avrebbe ucciso nessuno e forse neanche se il suo ragazzo non fosse stato Omar. È stata la combinazione di questi due equilibri precari che ha permesso, l'omicidio. La famiglia, istituto protettivo ed invadente che soffoca, o in maniera opposta, disinteresse nei confronti della vita del figlio, incomunicabilità, paura di sbagliare. Entrambi gli atteggiamenti sono rifiutati dai giovani. Ma cosa vogliono i giovani? La perfezione da sé e dagli altri? Tendono a qualcosa che non esiste, irraggiungibile. Come prevedere i loro sbalzi di umore? Come essere buoni genitori? La famiglia. Come dice Aristotele la famiglia è il luogo della tragedia, il teatro delle emozioni. La ragione è fragile e va esercitata e riaffermata: vale per tutti. Il problema è che dati questi come presupposti, nessuna famiglia può ritenersi al riparo da eventi come l'omicidio di Novi Ligure. Ed è proprio per questo che ci sentiamo così coinvolti. Soprattutto noi giovani. Ogni genitore è convinto che nessuno dei suoi figli potrebbe fare una cosa del genere. Ma noi adolescenti ci conosciamo, siamo consapevoli dell'incostanza e della rabbia che accumuliamo dentro e che rischia di scoppiare in un momento, con un gesto inconsulto? Con un gesto irrimediabile. Con un gesto che lascia il segno. E non solo su un corpo, ma anche su un anima.
E come per Novi Ligure le vittime non sono solo i morti, ma due giovani che porteranno per tutta la vita il fardello di un omicidio che non potranno mai dimenticare. Ma non solo.chi è stata la vera vittima? Il padre. Francesco De Nardo. Solo. Terribilmente solo. Disperatamente solo. Privato di un figlio e della donna che amava. Anzi che ama ancora. E non basta. L'assassino non è un estraneo, un qualcuno che, chiuso dietro le sbarre di una prigione avrebbe potuto dimenticare. Forse. No. L'assassino è la figlia, da lui generata, che ha vissuto sotto il suo stesso tetto. L'assassino è nella società, nella famiglia, in ognuno di noi?
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