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Colombo Alessia Borghi Alberto
LA
STAMPA
Introduzione
La stampa è uno dei prodotti più utilizzati e caratteristici della società industriale: la sua storia dimostra che l'evoluzione è stata condizionata dai gusti e dai bisogni dei lettori ai quali ha sempre saputo adattarsi.
L'attuale trasformazione delle strutture, del contenuto e della presentazione delle sue pubblicazioni costituisce la prova migliore di come continui a farlo.
Dal periodo fascista la situazione giuridica è cambiata notevolmente grazie alla Costituzione e ad una serie di leggi.
I fascisti, dopo essere saliti al potere, emanarono due decreti sulla libertà di stampa: sia quello del 15 luglio 1923 che quello del 10 luglio 1924 ponevano dei limiti alla diffusione.
In particolare il secondo decreto diceva che "il gerente responsabile di un periodico doveva essere il direttore o uno dei principali redattori ordinari. Qualsiasi prefetto poteva far sequestrare il periodico oppure diffidare il gerente nel caso che il periodico con notizie false o tendenziose recasse intralcio all'azione diplomatica del governo nei rapporti con l'estero o danneggiasse il credito nazionale all'interno o all'estero o destasse ingiustificato allarme nella popolazione ovvero desse motivi di turbamento dell'ordine pubblico; se il periodico con articoli, commenti, note, titoli, illustrazioni o vignette istigasse a commettere reati o eccitasse all'odio di classe o alla disubbidienza alle leggi o agli ordini delle autorità o compromettesse la disciplina degli addetti ai pubblici servizi o favorisse gli interessi di stati, enti o privati stranieri a danno degli interessi italiani ovvero vilipendesse la patria, il re, la real famiglia, il sommo pontefice, la religione dello stato, le istituzioni e i poteri dello stato o le potenze amiche".
Nel 1926 vennero emanate le leggi fascistissime, conseguentemente giornali di partito come 'l'Unità', 'l'Avanti', 'La Voce Repubblicana' e 'Il Popolo' scomparvero mentre giornali come 'La Stampa' di Torino, 'Il Corriere della Sera' di Milano, 'Il Lavoro' di Genova e altri ancora abbandonarono il precedente filofascismo.
Il 10 ottobre 1928, ai settanta direttori dei quotidiani italiani fascitizzati, convocati nel salone della Vittoria a Palazzo Chigi, Mussolini fu in grado di annunciare: "Questa importante riunione dei giornalisti del Regime avviene soltanto alla fine dell'anno sesto. Voi vi rendete conto che non poteva avvenire prima, perché solo dal gennaio 1925, e più specificatamente in questi ultimi due anni, è stato affrontato e risolto quasi completamente il problema della stampa fascista. In un regime totalitario, come deve essere necessariamente un regime sorto da una rivoluzione trionfante, la stampa è un elemento di questo regime, una forza al servizio di questo regime; in un regime unitario la stampa non può essere estranea a questa unità.
Ecco perché tutta la stampa italiana è fascista e deve sentirsi fiera di militare compatta sotto le insegne del Fascismo. Partendo da questo incontrovertibile dato di fatto, si ha immediatamente una bussola di orientamento per quanto concerne l'attività pratica del giornalismo fascista: ciò che è nocivo si evita, e ciò che è utile al Regime si fa.
La stampa più libera del mondo intero è la stampa italiana. Il giornalismo italiano è libero, perché serve soltanto una causa e un regime".
Uno degli strumenti più efficaci adottati dal fascismo (mediante l'Ufficio Stampa prima e il Minculpop poi) per instaurare un effettivo, capillare controllo della stampa quotidiana e periodica fu quello delle direttive inviate alle sedi di quotidiani e riviste, le cosiddette 'veline', che indicavano con estrema minuzia che cosa dovesse essere stampato e che cosa viceversa non dovesse esserlo, e come - con quale ampiezza e con quale taglio - dovessero essere riferite le notizie ammesse.
In questo modo il fascismo intese non solo realizzare un controllo censorio sulla stampa, ma anche elaborare un positivo progetto di propaganda, che mediante la diffusione di alcune idee cardine - il mito del Duce, l'idealizzazione della vita sociale, politica, culturale dell'Italia fascista, i valori della romanità, dell'italianità, la denigrazione dei paesi stranieri e della loro cultura, ecc. - orientasse l'opinione delle masse e, in prospettiva di lungo periodo, formasse le nuove generazioni fasciste. Ma - come si è detto - questi documenti sono anche una testimonianza, tra il drammatico e il grottesco, di molte delle idiosincrasie del regime e del suo capo.
Ecco alcuni esempi di Direttive emanate nel 1931:
a)Rinnovare il tipo di giornale
Il giornale deve essere organo di propaganda dell'italianità e del Regime.
Valorizzare le nuove opere italiane.
Riprodurre in quadro le idee salienti espresse dal Duce nei discorsi più recenti.
Movimentare tutte le pagine e specialmente la prima, con grandi titoli.
Si raccomanda soprattutto una ardente passione di italianità e di fascismo, che deve illuminare il giornale in ogni suo numero.
b)Controllo dal punto di vista nazionale e fascista
Controllare le notizie e gli articoli dal punto di vista nazionale fascista, ponendosi, cioè, il quesito se le pubblicazioni sono utili o dannose per l'Italia o per il Regime.
c)Ottimismo e fiducia
Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell'avvenire.
Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti.
d)Opere assistenziali
Occuparsene dal lato organizzativo, e non da quello pietistico.
Non si deve dare all'estero la sensazione di una miseria grave che non c'è.
Non si deve battere la grancassa per raccogliere denari.
Si può dare invece conto dell'organizzazione e dei risultati.
e)Cronaca giudiziaria
I resoconti giudiziari devono essere controllati dal lato politico, eliminando tutto ciò che può nuocere al credito e agli interessi generali della Nazione.
f)Fotografie
Le fotografie di avvenimenti e panorami italiani devono essere sempre esaminati dal punto di vista dell'effetto politico.
Così se si tratta di folle, scartare le fotografie con spazi vuoti; se si tratta di nuove strade, zone monumentali, ecc., scartare quelle che non danno una buona impressione di ordine, di attività, di traffico, ecc.
g)Dialetti
Non pubblicare articoli, poesie o titoli in dialetto.
L'incoraggiamento alla letteratura dialettale è in contrasto con le direttive spirituali e politiche del Regime, rigidamente unitarie.
Il regionalismo, e i dialetti che ne costituiscono la principale espressione, sono residui dei secoli di divisione e di servitù della vecchia Italia.
h)Resoconti parlamentari
Non parlare di ' lavori ' parlamentari, frasi del vecchio tempo.
Citare, invece, anche nei titoli, i principali provvedimenti presi.
i)Tesseramento sindacale
Si raccomanda di non pubblicare cifre sul tesseramento sindacale, perché possono
dare spunto a commenti antifascisti, con malevoli interpretazioni.
Esempi di veline sono invece i seguenti:
a)Non dare notizia di bombardamenti di centri abitati per opera di Nazionali in Ispagna, e soprattutto escludere si tratti di aviatori italiani o tedeschi. (16/01/1937)
b)Minimizzare quanto più è possibile, sia per quanto riguarda estensione, sia per i titoli, gli avvenimenti internazionali, soprattutto per ciò che si riferisce alla Russia. La disposizione di minimizzare vale anche per le fotografie. (28/09/1939)
c)Non dare notizia di un incidente aviatorio avvenuto a Tripoli, sul campo Roma. (30/09/1938)
Un giornale che si ribellò decisamente al Fascismo, fu 'Il becco giallo' di Roma, fondato da Alberto Giannini nel gennaio 1924.
Nel gennaio del 1926, dovo aver vissuto malamente ma ardentemente i cruciali anni 1924 e 1925 della storia italiana, "Il becco giallo" venne drasticamente e ufficialmente soppresso.
Giannini però riprese le pubblicazioni in Francia e venne inviato clandestinamente in Italia. Il primo numero apparve nell'agosto 1927.
Esso ritraeva un uccello dal becco giallo che aveva un lucchetto sul becco per simboleggiare come doveva lavorare la stampa
La Stampa ha subito delle modifiche dopo il periodo Fascista.
L'articolo 21 della costituzione stabilisce che:
L'art. 21 così si esprime:
"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.
La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni".
Il meccanismo di garanzia della libertà di stampa è disposto dettagliatamente nei commi II, III e IV dell'articolo 21.II Il comma sostiene il divieto di ogni autorizzazione (anteriore alla composizione dello stampato) e censura (successiva alla composizione, ma anteriore alla sua diffusione)
Il II comma ammette invece il SEQUESTRO dello stampato già messo in circolazione, ma pone una duplice riserva, di giurisdizione ('soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria') e di legge, la quale a sua volta prevede due ipotesi:
a)'nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi';
b)'nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili'.
La riserva di giurisdizione può essere disattesa, dice il IV comma (relativamente alla sola stampa periodica), in due concorrenti circostanze: che vi sia 'assoluta urgenza' e 'non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria'. In tali casi è la polizia giudiziaria (perché siamo in presenza di un delitto commesso) che esegue il sequestro, restando obbligata a fare denuncia, 'immediatamente e non mai oltre ventiquattro ore', all'autorità giudiziaria. La quale è chiamata a convalidare il sequestro; se non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro stesso 'si intende revocato e privo di ogni effetto'. E' il meccanismo dell'articolo 13 della Costituzione, con tempi dimezzati a causa del rapido 'invecchiamento' della stampa periodica.
"La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
E' punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva".
L'articolo 352 del codice penale punisce chi diffonde gli stampati sequestrati legittimamente. Quelli che lo sono stati illegittimamente debbono essere restituiti ai proprietari, che potranno vantare un diritto al risarcimento del danno.
La responsabilità dei reati commessi col mezzo della stampa è regolata dagli articoli 57 e 57 bis del codice penale, che vi coinvolgono, oltre all'autore del 'pezzo', il direttore o il vice direttore responsabile della stampa periodica e l'editore o lo stampatore di quella non periodica.
Ma non più per responsabilità 'oggettiva', come disponeva nella vecchia formulazione la norma del codice, perché oggi si richiede, perché vi sia la responsabilità per colpa delle persone non autrici della pubblicazione, il fatto che abbiano omesso di esercitare sul contenuto del periodico 'il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati'.
L'informazione presenta, oltre ad un aspetto attivo (il diritto di informare) anche un aspetto passivo, il diritto all'informazione o diritto ad essere informati. Questo diritto, non proclamato espressamente dalla Costituzione, è una delle condizioni della libertà della democrazia.
Ciò non significa che se ne sia disinteressata ma solo che ha voluto realizzare il diritto ad essere informati valorizzando la possibilità di informare riconosciuta a tutti.
Si è quindi ritenuto che il diritto ad essere informati possa realizzarsi solo se esistono molte fonti di informazione libera e diversamente orientate, se esiste insomma il pluralismo informativo.
Sul regime della stampa periodica, al di là della garanzia di libertà contenuta nei commi dell'articolo 21 della Costituzione, l'unica indicazione è quella contenuta nel V comma che dice che la legge 'può' stabilire un obbligo di trasparenza delle fonti di finanziamento della stampa stessa.
Ai primi degli anni Settanta vigeva incontrastato il principio secondo cui la libertà di stampa comportava la libertà di impresa giornalistica. I quotidiani avevano un altissimo costo d'impianto e conti economici generalmente in pesante passivo. La mancata attuazione del V comma dimostrava come le aziende italiane tenessero alla segretezza dei propri bilanci e dei finanziamenti; le aziende pubbliche proprietarie di quotidiani tendevano così a nascondere le passività, e quelle private i risvolti politici dei finanziamenti. Frattanto si aggravava il processo di concentrazione delle testate. Non migliore era lo svolgimento del rapporto tra proprietà, direttore e redazione in punto di condizionamenti della libertà di pensiero; i tentativi di separare la 'gestione economica' dell'impresa dalla 'gestione dell'informazione' si rivelavano del tutto vani, anche a causa dello strettissimo vincolo che lega l'ampiezza dell'informazione alle disponibilità e ai risultati di bilancio.
Fra le proposte, vi era quella di attuare il V comma dell'articolo 21: quella di pubblicizzare tutto il settore, in quanto le imprese giornalistiche fanno parte di un servizio pubblico essenziale. Altre più realistiche proposte investivano la manovra delle agevolazioni e degli incassi pubblicitari, nonché controlli antimonopolistici. Alcune proposte formarono oggetto di precise indicazioni circa la necessità di obbligare queste imprese a presentare bilanci-tipo; di far luce sulle reali proprietà e sui trasferimenti; di sottoporre la scelta del direttore al parere della 'comunità redazionale'.
Nel 1975 la situazione cominciò a cambiare. Fermo restando il principio per cui tutti gli operatori del settore godono della stessa libertà di espressione del pensiero, il legislatore cominciò ad intervenire per ottenere una maggiore 'trasparenza' di quelle imprese. Con la legge n. 172/1975 fu introdotto il bilancio-tipo quale onere per le imprese giornalistiche che aspirassero alla facilitazioni per l'acquisto dalla carta e, più in generale, alle misure statali di sostegno (e la legge sul finanziamento dei partiti lo pose come obbligo, per i giornali di partito).
Nel settore della stampa è stata varata la legge 5 agosto 1981, n. 416: la cosiddetta 'riforma dell'editoria'. Le linee di tale riforma sono pienamente coerenti con il sistema costituzionale poggiante non solo sull'articolo 21 ma anche sui principi sulla partecipazione e sulla personalità, nonché sui principi di libertà dell'iniziativa privata.
La legge 5 agosto 1981, n. 416 è articolata nei seguenti momenti:
a)definizione di uno statuto dell'impresa giornalistica, ispirato a principi di pubblicità della proprietà, dei passaggi di testata e dei finanziamenti (il bilancio-tipo diventa obbligatorio);
b)divieto della concentrazione, con idonee sanzioni per le violazioni dei divieti all'acquisto e alla stessa detenzione di partecipazioni suscettibili di far superare quei limiti;
c)incentivazione (non mero 'sostegno') delle iniziative editoriali, con finanziamento degli investimenti produttivi e provvidenze da attuare mediante riduzione delle tariffe delle comunicazioni e dei trasporti;
d) predisposizione di strutture pubbliche volte a facilitare il raggiungimento delle finalità ora elencate: l'istituzione del registro nazionale della stampa, con il relativo servizio dell'editoria, strumento della pubblicità della proprietà e dei trasferimenti non solo delle imprese giornalistiche, ma anche di quelle concessionarie di pubblicità, che sono vincolate anch'esse dal divieto di posizioni dominanti, nonché dal divieto di finanziamenti anche indiretti ai giornali; la disposizione che riserva ai periodici il 70% della spesa per la pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;
e)istituzione di un 'garante', chiamato a sorvegliare sul rispetto della nuova disciplina, direttamente in contatto con il Parlamento.
L'attuazione di questa vera grande riforma è andata esasperantemente a rilento, fra le recriminazioni di tutte le categorie interessate e le proteste del 'garante'. Le norme di attuazione apparvero nel decreto n. 268 del 1982. Alcune modifiche hanno formato oggetto della legge n. 137 del 1983, ampliandosi fra l'altro i poteri del 'garante'.
Nonostante questa legge, il fenomeno della concentrazione della stampa prosegue: le testate vengono acquistate da gruppi finanziari più potenti e ristretti.
Il controllo su questi fatti non sempre è facile, visto che l'acquisto avviene con partecipazioni azionarie, da parte di società controllate da altre società, secondo una tecnica lungamente in uso per eludere le norme contro il monopolio.
Il mondo della stampa è sempre più nelle mani del grande potere economico il quale a sua volta è spesso anche strettamente collegato con il potere politico.
Concludendo si può dire che la libertà della stampa è insidiata da potenti interessi che usano i giornali per fini propri e non in vista del diritto della gente ad essere informata.
BIBLIOGRAFIA DELLE FONTI
LIBRI:
a)'La stampa'
di Pierre Albert, a cura di Panfilo Colaprete
Casa editrice 'G. D'Anna'
b)'Diritti dell'uomo e libertà fondamentali'
di Paolo Barile
Casa editrice 'il Mulino'
c)Testo scolastico 'Diritto 3'
di Zagrebelsky, Oberto, Stalla e Trucco
Casa editrice 'Le Monnier'
d)Testo scolastico "Il sistema letterario"
di Guglielmino, Grosser
e)La Nuova Costituzione Italiana
di Balladore, Pallieri
SITI INTERNET PER I TESTI:
a)https://www.mediamente.rai.it/mmold/home/bibliote/intervis/k/kusch.htm#link002
b)https://www.idg.fi.cnr.it/pubblicazioni/monografie/stopresi.htm
c)https://www.gruppoentasis.com/map/mediamorph.htm
d)https://www.luiss.it/medialaw/it/prof3.htm
e)https://digilander.iol.it/Fascismo/
f)https://web.tiscalinet.it/colisaeum/
SITI INTERNET PER LA GRAFICA:
a)https://members.xoom.it/sbafo
b)https://www.exinet.com/animated/
c)https://www.mussolini.bbk.org/page3.html
d)https://web.interpuntonet.it/diabolos/
e)https://www.aplusart.com/
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