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LA PITTURA
Poche cose si sanno sulle decorazioni pittoriche di Versailles sino alla costruzione dell'Enveloppe. Entro i confini del castello vecchio sono state ritrovate modeste vestigia di pitture murali e di decorazione di soffitti, di cui non è noto d'altra parte se risalgono a Luigi XIII o alla prima campagna di Luigi XIV. Sono comunque testimonianza di un'epoca in cui le stanze erano ancora sormontate soffitti alla francese.
La decorazione pittorica della prima campagna di Luigi XIV è principalmente opera di Charles Errard e di Noel Coypel. Charles Errard era un rivale temibile per Le Brun, che seppe sbarazzarsene nel modo più elegante: fece uso della propria influenza per farlo nominare nel 1666 direttore della notissima accademia di Francia a Roma, lontano dalle ordinazioni di casa reale. Noel Coypel è il padre fondatore di una celebre dinastia, attiva a Versailles. Notato da Errard, egli sarà comunque assunto da Le Brun. Il soffitto e il quadro destinato al camino della sala delle guardie della regina sono buoni esempi della sua arte. Come già accennato, questo arredo proviene dall'effimero salone di Giove dell'appartamento del re.
Benché la sua decorazione si iniziata soltanto nel 1672, la sala degli Hocquetons, il cui stile si avvicina ancora a quello della prima metà del secolo, che può dare un'idea del primitivo arredo della Versailles di Luigi XIV.
Il grande appartamento del re, al primo piano, è il complesso più rappresentativo dello stile degli anni 1670-1680 che sia stato conservato Versailles quasi intatto, a parte i deplorevoli restauri nel XIX secolo. Si incontrano i principali collaboratori di Le Brun, Renè-Antoine Houasse (volta del salone di Venere), Claude II Audran (parte della volta del salone di Marte), Jean-Baptiste Jouvenet (parte della volta del salone di Marte), Charles de la Fosse (parte della volta del salone di Diana e volta del salone di Apollo). Charles de la Fosse è forse il più dotato fra i collaboratori di Le Brun, ma anche lo spirito più indipendente. Il suo sacrificio di Ifigenia (1680), per il cammino del salone di Diana, è morto caratteristico del suo stile. Lo si avverte più vicino a Rubens che a Poussin, i due maestri presi come riferimento nel dibattito che oppone, all'accademia, i sostenitori del colore a quelli del disegno.
Le Brun è il principale autore della decorazione pittorica del grande appartamento, per la quale comunque non ha usato granchè il suo pennello: gli interventi diretti del pittore sono piuttosto importanti nel salone della guerra, ma limitati nella galleria e probabilmente inesistente nei saloni dei pianeti. Sono tuttavia di Le Brun l'impostazione d'insieme, lo stile generale e il disegno delle parti. Quella composizione suddivisa in scomparti, quelle figure basse tratto al chiaroscuro come la sculture, quelle figure alte in iscorcio provengono dall'arte italiana, più particolarmente dalle esempio fornito da Pietro da Cortona nell'appartamento dei pianeti di palazzo Pitti a Firenze, che è il modello diretto di quello di Versailles.
Il salone di Venere ha conservato due finte prospettive di Jacqus Rousseau (1683), artista specializzato in questo genere, che fu molto richiesto. I finti arazzi della scala degli ambasciatori, oggi scomparsi, erano di Antoine Francoise Van der Meulen, altro artista specializzato, nominato nel 1664 pittore delle campagne del re.
Il salone dell'abbondanza, aggiunto in testa all'appartamento di pianeti nel 1683 presenta una volta dipinta da Houasse di nuova concezione. Questo salone traeva il proprio nome dal gabinetto delle rarità in cui Luigi XIV conservava i pezzi più preziosi delle sue collezioni. Il salone dell'abbondanza, dal lato del grande appartamento, introduceva il gabinetto delle rarità che faceva parte dell'appartamento interno. La volta del salone dell'abbondanza e il primo esempio della raffigurazione di un cielo finto, conservato a Versailles. La volta non è più a scomparti, strutturata architettonicamente; anch'essa apre la stanza su un cielo inquadrato dalla cornice. Di oggetti dipinti che vi si appoggiano evocano le collezioni reali. Le Brun aveva fornito precedentemente uno schizzo di composizione con il cielo finto per la volta della IV cappella, composizione che non verrà mai realizzata. L'innovazione proviene in effetti dall'arte sacra: nella chiesa romana di sant'Ignazio padre Pozzo aveva dipinto un grande cielo finto.
La caduta in disgrazia di Le Brun permise a un suo vecchio rivale di prendersi la rivincita: Pierre Mignard conquista la posizione di preminenza nella conserva per tutti gli anni che gli restano da vivere. Per l'appartamento del re a Versailles egli dipinse la piccola galleria (1685-1686) che fu celebre e sui tempi: non ne restano più che da alcune incisioni.
La decorazione del Grand Trianon , la cui parte essenziale è realizzata nel 1688-1689, dà ampio spazio ai discepoli più vecchi di Le Brun, come Noel Coypel, che viene allontanato soltanto nel 1699 quando Mansart assume la sovraintendenza. Quest'ultimo privilegerà i collaboratori di Le Brun più innovatori, Charles de la Fosse, Louise de Boullogne, Antoine Coypel,figlio di Noel, e decretera la vittoria dei coloristi. I modelli romani perdono autorità a vantaggio di quelli veneziani: limitazione del Veronese illumina la tavolozza dei francesi.
La decorazione del Grand Trianon favorisce inoltre i pittori specializzati, Jean-Baptiste Blain de Fontenay, pittore dei fiori, Jean-Baptiste Martin, successore di Van der Meulen in qualità di pittore ufficiale delle battaglie, Jean Cotelle, Etienne Allegrain, che dipingono giardini reali.
La parte centrale della volta della cappella (1708-1709), dipinta da Antoine Coypel, fornisce un bell'esempio di cielo fittizio. Senza dubbio Coypel non ignora padre Pozzo, ma le caratteristiche del suo stile, la chiarezza delle tonalità, il raggruppamento dei personaggi che libera grandi spazi vuoti, ricordano la pittura veneta. La compartimetazione non è completamente scomparsa; essa isola in particolare la Resurrezione di Charles de la Fosse e la Pentecoste di Jean-Baptiste Jouvenet: sembra quasi che i due pittori abbiano dovuto scavare una trincea per difendere la loro parte di volta, che Coypel voleva riunire. Per i fratelli Bon e Louis de Boullogne non restavano che le volte delle tribune. L'Apoteosi di Ercole è uno dei più grandi cieli fittizi e una delle più celebri volte dipinte dell'arte francese. Essa è stata realizzata dal 1733 al 1736 da Francoise Lemoyne con tonalità ispirata alla tavolozza del Veronese che sono esposti. Questo capolavoro, destinato al salone d'Ercole, è valso a Lemoyne il titolo di primo pittore. Versailles conservava una importante collezione di quadri francesi XVIII secolo; vari sono gli interventi che valga la pena segnalare in una storia monumentale del castello. Natorie e De Troy dipingono putti per la sovrapporta della camera della regina, rinnovata per ordine di Luigi XV, mentre Boucher illustra nella volta, a chiaroscuro, le virtù della regina. I quadri di Boucher, Carle Van Loo, Lancret, De Troy, Pater, Charles Parrocel per la galleria delle cacce straniere, decorazione effimera del secondo piano (1735-1736), non si trovano più a Versailles. Il mediocre soffitto da Louis Durameau all'Opera di merita a mala pena di essere citato. In verità, l'Apoteosi di Ercole è l'ultima grande composizione di Versailles prima della realizzazione della decorazione del museo Luigi Filippo. Si è per molto tempo pensato che questa decorazione si sia salvata solo grazie alla presenza di alcune grandi firme, come quella di David e di Delacroix. Da poco ha iniziato svilupparsi un certo interesse per i pittori più direttamente rappresentativi del regno di Luigi Filippo, come Ary Scheffer, Leon Cogniet e Horace Vernet. Se si possono ancora avanzare riserve sull'importanza di queste decorazioni nella storia della pittura francese, ciò dipende dal fatto che parecchie opere esposte e non erano destinate a quel luogo. Questo vale per tre grandi composizioni di David: Il giuramento del Jeu del paume, iniziato nel 1791 e rimasto incompiuto, La distribuzione delle aquile, commissionata nel 1810 da Napoleone per le Tuileries; il sacro, seconda versione del quadro del Louvre realizzato dal 1808 al 1822.
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