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LA MITOLOGIA E LA COSMOLOGIA NEI PRIMI ANNI DEL REGNO DI LUIGI XIV
È il XIX secolo che ha attribuito a Luigi XIV il titolo Re Sole, suggerendo l'identificazione del re con l'astro. È necessario ricordare che una divinizzazione nel senso antico era inconcepibile per un monarca cristiano? Tuttavia, nel contesto dell'iconografia contemporanea che, procedendo per analogia, rappresenta personaggi storici tramite attributi, ed i concetti astratti tramite figure animate, l'espressione ha un significato. La codificazione del significato è caratteristica di una società colta, spesso pedante, che ha dimestichezza con l'araldica e con la simbologia appresa dall'Iconografia di Cesare Ripa, il celebre trattato d'iconografia, apparso a Roma nel 1593, illustrato nel 1603 e tradotto in francese nel 1644. Le Brun lo utilizzerà ampiamente per distribuire gli accessori degli dei e delle dee del Pantheon di Versailles. Senza di essi, l'esergo delle medaglia sarebbe rimasto nudo; la piccola accademia, creata appositamente nel 1663 per redigere iscrizioni alla gloria del re, avrebbe mancato di materia prima, i direttori di scena dei balletti e dei caroselli avrebbero avuto penuria di argomenti.
Luigi XIV non è il primo re di Francia ad aver preso il sole ad emblema. Si ritrova il sole negli emblemi dei Valois e dei Borbone, da Carlo VI a Luigi XIII, la cui salita al trono è commemorata da una medaglia al sol levante. È in occasione del carosello delle Tuileries del 1662, sin dall'inizio del suo regno personale, che Luigi XIV scegliere il sole con il motto Nec pluribus impar. Il motto è meno chiaro dell'emblema; esso non ha una traduzione letterale soddisfacente: si potrebbe dire "senza uguale". L'interpretazione corretta è comunque contenuta nelle spiegazioni che Luigi XIV fornisce a proposito dell'emblema nelle sue memorie.
Questa metamorfosi arricchisce il simbolismo di nuovi attributi, quelli di Apollo, come la lira; ma introduce anche aberrazioni, provocando lo scontro fra mitologia e cosmologia.
L'interpretazione dell'appartamento dei pianeti è per questa ragione fonte di grande imbarazzo. L'appartamento comprende sette stanze. L'ordine alla quale doveva presentarsi infilata delle istanze non era forse casuale: innanzitutto Diana, Marte, Mercurio, Apollo, Giove, Saturno e infine Venere, all'estremità dell'appartamento, davanti alla terrazza dell'Enveloppe. Le ultime due stanze sono state sacrificate al salone della guerra e alla galleria degli specchi e un nuovo salone di Venere è stato collocato in testa l'appartamento. L'ordine attuale è: Venere, Diana, Marte, Mercurio, Apollo. Gli appellativi corrispondevano ai sette pianeti del cielo antico descritti da Tolomeo: Diana è evidentemente la Luna; Apollo, il sole, considerato un pianeta prima di Copernico. Tuttavia l'ordine primitivo non si spiega ne col sistema di Tolomeo ne con quello di Copernico. Si può tuttalpiù constatare che salone di Apollo era preceduto da tre saloni e seguito da altri tre e che il sole si trovava quindi al centro del dispositivo come nel sistema di Copernico. Certi pianeti erano al posto che veniva loro assegnato dall'orbita copernicana, ma non era così per tutti. Sembra in effetti che si sia un poco sacrificata la meccanica Celeste ad una logica diversa, quella della distribuzione. Vi sono analogie tra la funzione delle stanze e la sfera di influenza degli dei eponimi. Ciò è evidente per il salone di Marte, Dio della guerra, che è la sala delle guardie; per il salone di Mercurio, Dio del commercio, che è l'anticamera; per il salone di Apollo, che è la camera del re; per il salone di Giove, che è la sala del consiglio, cioè la sede del governo. Al contrario non si vede perché Diana sia nel vestibolo, Saturno nella cameretta del re e Venere nel suo gabinetto. A meno che Venere non preannunci la vicinanza della regina, il cui appartamento inizia al di là della terrazza. In questo caso bisognerebbe credere che la soluzione di un salone di Venere ad un altro, che allontana quanto è possibile la dea dell'amore dAlla regina, simboleggi le infedeltà del re! Tale trasferimento mostra in ogni caso che questi temi, che sembrano godere di favori così forti, sono molto rapidamente vittima di una negligenza arruffona di cui Versailles fornisce ripetuti esempi entro il grande appartamento della regina in particolare. Simmetrico a quello del re nell'Enveloppe, doveva comprendere anch'esso sette stanze dedicate ai pianeti: le imprese eroiche delle donne avrebbero soltanto sostituito le imprese degli eroi che, dalla parte del re, raffiguravano il potere degli dei. Dalla parte della regina l'ordine iconografico è stato rapidamente sconvolto da una ridistribuzione delle funzioni. Elementi provenienti dei saloni di Giove e di Saturno, condannati dal lato del re, sono stati riutilizzati dal lato della regina senza preoccupazioni di coerenza.
La tematica appare più chiara nei giardini, forse perché l'onere dell'interpretazione passa dalla pittura, troppo sottile, alla scultura, naturalmente portata alle semplificazioni monumentali. Tuttavia i problemi si ripresentano all'entrata nella celebre grotta, di cui non è chiaro se si tratti della dimora di Teti, la dea del mare e madre delle Nereidi, ninfe marine, o di Teti, la più celebre è di esse. I commentari dei contemporanei alimentano l'ambiguità.
Il tema del bacino di Apollo non si presta invece ad alcune equivoco. In altre parole, il sole all'alba sporge dal mare. L'asse Teti-Latona-Apollo è quindi l'asse principale del tema mitologico.
I quattro bacini delle stagioni, collocati a scacchiera rispetto a questo asse, completano la descrizione mitologica del mondo secondo una versione quasi ortodossa: Flora rappresenta la primavera; Cerere, della delle messi, l'estate; Bacco, dio del vino, l'autunno. L'inverno invece, nella versione versagliese, non è rappresentato da Plutone, dio degli inferi, ma da Saturno, vegliando con una falce che personifica il tempo e la morte. Questa sostituzione e era già presente nell'opera di Poussin che ne avrebbe avuto l'iniziativa.
Gli scultori delle facciate di Le Vau sembrano fornire una nuova versione degli stessi temi. Più originale è la serie delle maschere che illustrano l'invecchiamento progressivo della figura umana, sulle chiavi di volta del pianterreno: i deplorevoli restauri del XIX secolo hanno distrutto l'ordine di lettura del tema. Le statue che sfumano le colonne rappresentano i dodici mesi dell'anno e incorniciano Apollo e Diana. Si può interpretare questa raffigurazione delle due divinità adulte come un geniale richiamo al bacino di Latona in cui esse sono bambini.
L'iconografia di Versailles sembra più rispettosa dell'origine del mondo che della congregazione degli dei. La citazione mitologica, che assume forme preziose sono per evitare il grottesco, non è forse da prendere alla lettera; essa è battuta teatrale, sciarada, gioco.
La grande Commande e la scala degli ambasciatori sono del 1674, anno che segna l'apogeo dei temi mitologici e i prodromi del loro declino.
La grande Commande comprende sette gruppi di quattro statue: le stagioni, le ore, le parti del mondo, gli elementi, i caratteri, i poemi, i ratti. Solo i quattro ratti sono, per la natura stessa del loro soggetto, necessariamente ispirati ai miti antichi e composti da parecchie figure: non si vede che senso potevano avere in un contesto formato da figure isolate che presentavano, a volte ancora sotto tratti degli antichi dei e alcune dee nelle stagioni e nelle ore. Flora, Cerere e Bacco sono ancora una volta mobilitate per raffigurare le prime tre stagioni, ma l'inverno è un vegliardo. Questa figura si ispira alle più antiche tradizioni nazionali, quelle dei mesi nelle cattedrali, in cui febbraio è raffigurato sotto i tratti di un vegliardo incurvato dal freddo, che si riscalda a un braciere. Per gli altri gruppi, Le Brun si ispira all'iconologia di Ripa, più adatta della mitologia a descrivere il mondo contemporaneo. L'America, ad esempio, sarà rappresentata da un indiano ornato di piume; l'Africa da un negro.
Sulle facciate dell'ala du Midi e dell'ala du Nord troviamo le muse, le arti, le scienze e le virtù da una parte, ed ancora le scienze, le arti, le muse, le stagioni, gli dei, i poemi, dall'altra. Per completare la schiera si è reso necessario inventare attributi per alcune scienze di rincalzo, una corografia, un'altimetria, un'orografia, che avrebbe ben stupito gli antichi. Su queste interminabili facciate, Mansart sfrutterà fino ad esaurimento l'eredità di Le Brun e di Le Vau.
L'attualità più immediata fa la sua comparsa nella decorazione della scala degli ambasciatori, decorata dal 1676 al 1678 sotto la direzione di Le Brun e ultimata nel 1678 per la firma della pace di Nimega. La terza campagna, che si inaugura a questa data, sarà contrassegnata dal passaggio dalla mitologia alla storia. Gli dei antichi non disertano Versailles, ma si ritirarono a Trianon per cercarvi, come il re stesso, una nuova giovinezza. Nel castello e nei suoi giardini, due opere iniziate tardivamente sotto Luigi XIV è ultimato soltanto sotto Luigi XV si ricollegano ancora alla mitologia greco romana; si tratta del bacino di Nettuno, capolavoro della scultura, che conclude a nord il percorso delle acque, il salone d'Ercole, capolavoro della pittura aggiunte in testa l'appartamento dei pianeti. Né l'uno né l'altro hanno alcun rapporto con il tema apollineo; entrambi derogano all'ordine che si era creato all'inizio del regno su questo tema.
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