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La Lombardia, dal punto di vista geografico, è una delle regioni italiane più complesse e in assoluto la più ricca di acque. Queste due caratteristiche le conferiscono un grande interesse per la presenza dei diversificati ambienti naturali che vi si incontrano. Possiamo proprio dire che se in Lombardia ci fosse il mare, essa sarebbe un lembo d'Europa veramente completo.
Ma i geologi insegnano che alcuni milioni di anni or sono la Lombardia era lambita dal mare, che ne occupava la parte centrale divenuta pianura per l'apporto dei fiumi che vi hanno trascinato grandi quantità di materiali detritici.
Nell'ultimo milione di anni la nostra zona subì modifiche non sostanziali, ma abbastanza profonde tanto da variare il paesaggio anche senza mutarne radicalmente le condizioni complessive ed il clima. Artefici di questi cambiamenti furono i ghiacciai alpini che lasciarono profonde tracce del loro passaggio. Le valli alpine e prealpine vennero profondamente scavate ed incise dalla masse glaciali in lentissimo movimento, che arrivate in pianura, si aprivano a ventaglio e depositavano tutti i materiali che avevano raccolto durante il loro viaggio (argille, sabbie, ghiaie, ciottoli e massi).
Studiando la carta della Lombardia, si osserva subito che il suo territorio può essere ripartito in diverse fasce ad andamento Est-Ovest, che in parte si ripetono nelle altre regioni del Nord Italia.
All'estremità settentrionale si trova la zona alpina, costituita da montagne elevate formate da rocce dure che si possono definire genericamente "cristalline" o più precisamente rocce eruttive e rocce metamorfiche.
Alle Alpi fanno seguito le Prealpi, formate da rilievi con vette che non superano i 2.200/2.400m. Queste montagne sono costituite da rocce sedimentarie, cioè formate per lentissima deposizione di materiale sul fondo del mare.
Un'altra fase di avanzamento dei ghiacci fu determinante per modellare la superficie della zona prealpina; in particolare sono state scavate delle lunghe conche che oggi sono occupate dai grandi laghi prealpini (Lago Maggiore, Lago di Lugano, Lago di Como, Lago d'Iseo, Lago di Garda).
A sud della zona collinare che segue le Prealpi, si trova la fascia dell'Alta Pianura costituita da una serie di terrazzi aperti a ventaglio che degradano verso la pianura; essi spesso sono ricoperti dalla loro tipica vegetazione: la brughiera.
La pianura degrada anch'essa fino all'alveo del Po.
A meridione, la pianura prosegue fino a raggiungere un'altra serie di rilievi: le colline dell'Oltrepò Pavese, che continuano nella catena degli Appennini.
PARTE QUARTA:
La pianura lombarda è caratterizzata da un suolo molto fertile, utilizzato dall'uomo fin da tempi remoti.
E' questo l'ambiente lombardo più alterato, in quanto il bosco di latifoglie che ricopriva quasi l'intera superficie oggi è ridotto a pochissimi lembi. Prevalgono le coltivazioni molto estese, che caratterizzano il paesaggio odierno: grandi appezzamenti vengono piantumati a pioppo, altri sono coltivati a riso, a granoturco, a frumento, a barbabietole da zucchero o a soia.
La pianura lombarda oggi si presenta in modo decisamente diverso da come era negli scorsi decenni: nella prima metà del secolo il paesaggio era interrotto da lunghi filari di pioppi cipressini (Popilus nigra italica) a cui si alternava qualche farnia (Quercus pedunculata) e da filari di gelsi (Morus alba).
Oggi il baco da seta non si alleva più in Lombardia ed i filari di pioppi sono stati abbattuti perché impediscono un razionale uso delle macchine agricole. Si è formato così un paesaggio diverso e monotono, dal quale emerge qualche pioppo cipressino e qualche gelso solitario.
(pag 32,44 FOTO)
E' evidente che in questo contesto la flora spontanea e la fauna caratteristiche della pianura non trovano più spazio.
Fra gli animali rinveniamo le poche specie che si sono adattate al nuovo aspetto del territorio, come la cornacchia grigia (Corvus cornix), divenuta abbondante negli ultimi decenni. Abbastanza frequenti sono la gazza (Pica pica), la quaglia (Coturnix coturnix) e l'allodola (Alauda arvensis)
LA CORNACCHIA
Vedendo una Cornacchia nera (Corvus corone corone) ed una Cornacchia grigia (Corvus corone cornix) le si direbbe appartenenti a due specie diverse ed in questo sbaglio sono caduti tutti gli autori precedenti al 1940. In realtà si tratta di forme dimorfiche della stessa, con imprecise zone di limitazione geografica locali e continentali.
La legge sulla caccia numero 968 del dicembre del 1977 cadde chissà come nel tranello. Permise l'uccisione della nera e vietò la grigia. Sono bastati 4 anni di protezione per potenziare il tipo grigio nella nostra regione, dove era piuttosto scarso. Per ora siamo ancora al di sotto del numero limite tollerabile, ampiamente superato altrove con esigenze di controllo immediato delle popolazioni.
Nera o grigia che sia, la Cornacchia, insieme con Passero e Storno è un cliente scomodo, uno dei vigilati speciali della nostra fauna ornitica. Se si vuole, nelle campagne rende anche utili servizietti con la distruzione di piccoli roditori e di insetti. Ma tirate le somme il vantaggio è 15 e il danno 85, con percentuali variabili a seconda del tempo, del luogo e delle contingenze locali.
E' un uccello onnivoro nel senso più lato dell'accezione, cosicché nel periodo dell'allevamento della prole, quando ai figli serve un alimento carneo, si trasforma in predatore di giovani animali selvatici e domestici. Il becco potente, acuminato, insieme alla mole, un'intelligenza vivacissima e la facoltà di apprendere e di ritenere, ne fanno un competitore valido ed una preda difficile anche per Falchi, Volpi ed Aquile. Quando le forze del singolo sono insufficienti interviene la collegialità gregaria a rendere incerta o amara l'impresa.
La nera ha una livrea completamente scura, lucente ed a riflessi poco pronunciati nei maschi.
La grigia ha il dorso e le parti inferiori color cenere.
Entrambe pesano dai 450 agli 580 grammi.
La nidificazione avviene a coppie isolate, in genere su alberi alti.
Il nido è una piattaforma voluminosa di rametti e stecchi, con la cova composta da materiali più fini. Vi vengono deposte da 4 a 5 uova.
I pulcini tardivi nei primi tempi vengono nutriti con cibo predigerito dalla femmina. Poi la famiglia rimarrà compatta, con legami straordinariamente solidi tra i suoi membri fino all'autunno.
La gregarietà della specie aumenta con l'avanzare della stagione. Dà luogo a spostamenti notevoli verso il basso o verso qualunque località dove reperire cibo migliore sia più facile.
Ancora un'ultima annotazione a comprovare le facoltà di osservazione e di apprendimento della specie: da circa 10 anni le generazioni di Cornacchie si trasmettono l'acquisizione culturale che lungo le autostrade abbondano corpi di topi e uccelli incidentati. Ad altezza di una decina di metri ne percorrono le sedi per chilometri e chilometri. Sul Bresciano, meno sulla Serenissima, dal traffico pesante troppo intenso, più sulla Brescia-Piacenza.
LA QUAGLIA
La prima notizia del prelievo continuativo che l'uomo ha esercitato sulle popolazioni di Quaglia risale al libro dell'Esodo nella Bibbia. Da allora fino a 40 anni or sono le carni tenere e delicate tentarono ovunque affamati e buongustai.
Nonostante questo la specie mantenne inalterati i propri effettivi, rimpiazzando le perdite con una fecondità straordinaria: da 12 a 18 uova il numero massimo, normalmente da 8 a 12.
Bastarono 40 anni di progresso nei metodi delle coltivazioni agricole per annichilire ovunque la specie. Non casualmente le curve statistiche della sua contrazione e quelle delle moderne tecniche agricole sono parallele.
Dapprima la specie fu agevolata dall'estendersi delle coltivazioni, poi fu minorata quando la meccanizzazione e l'impiego a vario uso di sostanze da sintesi chimica ebbero il sopravvento. Il processo riduttivo sembra essersi arrestato e la specie riprende.
La Quaglia pesa da 80 a 150 grammi
E' l'unico galliforme migratore del nostro continente. Nella levata il corpo raccolto, tondeggiante, la coda cortissima, le brevi ali curve, danno l'impressione di un volo faticoso. E' sbagliato. In realtà l'uccello è perfettamente organizzato per i lunghi trasferimenti notturni. Le Quaglie di provenienza europea giungono nella loro migrazione fino all'Africa australe.
Da Maggio le Quaglie di ritorno arrivano a noi, precedute dai maschi. Essi si stanziano nei luoghi confacenti in attesa del transito delle femmine e con il canto le attirano a terra.
Dal 20 agosto possono iniziare le prime partenze se rinfresca un po'. Si fermano da noi fino al massimo il 12 settembre
I maschi sono esseri focosi, poligami, tanto da essere stati presi a simbolo della lussuria dalle genti di religione maomettana.
Non c'è limite a dove si possa trovare tra l'erba un nido di Quaglia, purché la zona abbia un buon grado di umidità, non sia pietrosa e boscosa. Pertanto nel Bresciano le stan bene anche prati di fondovalle lungo Oglio e Chiese, le colline moreniche gardesane o gli alti pascoli pianeggianti fino ad oltre quote di 1.300-1.400 metri.
Le tinte di entrambi i sessi sono mimetiche, fulvo giallastre striate di bianco fulvo e nero. Il maschio si distingue per una striscietta nera dal becco alla gola e il petto color ruggine lionato.
Oggi possiamo trovare le condizioni naturali della pianura solo su aree modeste, che ospitano boschi ripariali, distribuiti lungo i fiumi (*), e qualche bosco planiziale, risparmiato dal "progresso".
I boschi ripariali sono stati salvati perché costituiscono una fascia di sicurezza ad evitare che i corsi d'acqua in piena straripino e sottraggano superfici all'uso agricolo.
I boschi planiziali sono giunti fino a noi perché salvati da alcuni proprietari terrieri che ne hanno impedito l'abbattimento per potervi esercitare la caccia. Fra questi il più noto è il Bosco della Fontana di Marmirolo, presso Mantova, antica riserva venatoria dei Gonzaga.
L'ambiente di questi boschi viene definito "querceto-carpineto" perché le specie prevalenti sono la farnia (Quercus robur) e il carpino (Carpinus betulus) accompagnate dall'olmo (Ulmus minor), dall'acero campestre (Acer campestre) e da piante di minore sviluppo come la fragola (Fragula alnus) e l'orniello (Fraxinus ornus).
Fra i cespugli del sottobosco compaiono il cappello da prete (Euonymus europaeus), il biancospino (Crataegus monogyna) e il sambuco (Sambucus nigra).
Il suolo ed i tronchi delle piante sono ricoperti da un tappeto verde scuro formato dall'edera (Hedera helix).
In questi boschi troviamo con una certa frequenza il saettone (Elaphe longissima), serpente innocuo che si nutre di nidiacei, che va a catturare arrampicandosi su alberi e cespugli.
Fra i tanti uccelli presenti in questo ambiente si ricorda solo la capinera (Sylvia atricapilla), il rigogolo (Oriolus oriolus) e l'usignolo (Luscina megarhinchos).
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