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IL TEATRO IN ITALIA
Il teatro in Italia, raggiunge il culmine del successo di pubblico, ma piuttosto attraverso la commedia dell'arte e il melodramma,che attraverso la tragedia e la commedia letteraria.
A un grande numero di spettacoli corrispondono quindi nel nostro paese risultati letterari molto più limitati. Dal punto di vista politico e culturale, la nostra vita nazionale aveva ormai dimensioni provinciali che non potevano non ripercuotersi negativamente sul teatro.
Il teatro divenne nel nostro paese, un genere di spettacolo, un costume, una forma di civiltà.
Esso trionfò soprattutto nelle grandi città: Venezia, Firenze, Roma, Napoli. Fra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento divennero numerose le stanze, prime forme di teatri stabili al chiuso, dotate di un palcoscenico.
È nelle grandi città che si passò dai primi timidi tentativi di giungere a un teatro a pagamento, che già si erano registrati nel corso del Cinquecento, a forme di teatro stabile, in cui gli spettatori sono ammessi solo pagando il biglietto di ingresso.
IL TEATRO DEI GESUITI E LA TRAGEDIA IN ITALIA: CARLO dè DOTTORI. LA COMMEDIA E IL MELODRAMMA IN ITALIA.
Un fenomeno nuovo nel campo della tragedia fu il diretto intervento dei gesuiti.
La regola degli studi delle scuole dei Gesuiti prevedeva infatti la possibilità da parte degli studenti di mettere in scena opere edificanti.
I gesuiti, promossero il teatro, non solo organizzandolo nelle loro scuole, ma inducendo i loro intellettuali di maggior spicco a cimentarsi in temi tragici d'argomento agiografico e biblico.
Nel della tragedia d'argomento non religioso, il tema fondamentale è rappresentato ragion di Stato e dal suo conflitto con l'amore.
Il tema della ragion di Stato e del suo contrasto con i sentimenti è al centro della maggior tragedia italiani di questo periodo, l'Aristodemo del padovano Carlo dè Dottori.
L'opera dopo una prima redazione del 1654, fu pubblicata nel 1957. Si ispira a criteri classicistici: trae infatti la propria ispirazione sia dal teatro greco e latino, sia da quello francese contemporaneo.
Carlo dè Dottori non mette in scena un dramma contemporaneo, ma una vicenda mitica ambientata nell'antica Grecia.
I due protagonisti, Merope e Aristodemo, sono due personaggi frustati nella loro aspirazione alla gloria. Giganteggia Aristodemo, chiuso in sé, preso dal demone del potere, incapace di dialogare con gli altri.
La commedia dell'arte tende nel corso del secolo, e soprattutto nella sua seconda metà, a moduli sempre più ripetitivi e stereotipati. Nella prima metà del secolo i comici dell'arte più colti sono ancora collegati all'attività delle accademie e tutti volti a difendere e sostenere le ragioni della loro professione, attaccata e dai benpensanti come per esempio di malcostume. Si distingue in questa attività, anche teorica, Giovan Battista Andreini, che nel 1604 pubblica un Trattato sull'arte comica in cui si rifà addirittura a San Tommaso per difendere l'arte dei comici.
Fra gli autori di commedie letterarie il più importante è il fiorentino Michelangelo Buonarroti il Giovane, membro dell' Accademia della Crusca e autore di opere destinate alla corte dei Medici. Fra queste occorre ricordare La Tancia e La fiera.
La prima, scritta in ottave, si ricollega alla tradizione rusticale in cui si era cimentato anche Lorenzo dè Medici.
La seconda è una pentalogia, formata da cinque commedie di cinque atti ciascuna, che dovevano essere recitate per cinque sere consecutive. Il melodramma subisce nel corso del secolo un'evoluzione che lo porta dalle forme classicistiche con cui era nato a forme più libere e più adatte al consumo di massa e al successo di pubblico.
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