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"Il sogno e l'influenza della psicoanalisi nella cultura di inizio '900"
FILOSOFIA: Sigmund Freud -"L'interpretazione dei sogni"
(Freud, fondatore della psicoanalisi, analizzando il sogno, scopre una zona nascosta e quasi irraggiungibile della psiche: l'inconscio).
ITALIANO: Italo Svevo - "La coscienza di Zeno"
(Primo romanzo psicologico del '900, Svevo fu influenzato dalla psicoanalisi. Nato come forma terapeutica suggerita da un medico, l'auto-racconto del protagonista, Zeno, percorre le tappe di una vita malata).
ARTE: Salvador Dalì -
Sogno causato dal volo di un'ape intorno a una melagrana, un attimo prima del risveglio
(La rappresentazione del sogno nell'arte avviene con la corrente del SURREALISMO; in particolare la psicoanalisi influenzò le opere di Salvador Dalì).
INTRODUZIONE:
Il
sogno, appagamento (camuffato) di un desiderio (rimosso), è una produzione
psichica che ha luogo durante il sonno ed è caratterizzata da immagini, che si
svolgono in maniera irreale o illogica.
È una realtà diversa, che in qualche modo ci fa
vivere sensazioni ed emozioni, forti e vere quanto è vera l'esistenza del
nostro corpo, che nel sonno sente le musiche e le voci, che vede i colori e gli
spazi senza mura né confini.
Il primo studio sistematico sull'argomento risale al 1900, quando Freud pubblica "L'interpretazione dei sogni".
SIGMUND FREUD
Sigmund Freud nacque nel 1856 da una famiglia ebraica. Nel 1860 il padre Jacob si trasferì a Vienna con tutta la famiglia; ciò provocò dei traumi al piccolo Sigmund, il quale, abituato a uno stile di vita rurale, si trovò catapultato in una nuova realtà cittadina.
Si laureò in medicina nel 1881 e, dal 1882, si dedicò alla professione medica, specializzandosi in neurologia. In seguito iniziò a frequentare un laboratorio di neurofisiologia, dove ebbe occasione di conoscere il medico Josef Breuer; questi gli rese nota la storia clinica di Anna O., fondamentale per la nascita della psicanalisi. Successivamente divenne assistente nel reparto psichiatrico diretto dal dott. Meynert (il più grande anatomista del cervello di quel tempo) presso l'ospedale di Vienna. Nel 1885, grazie ad una borsa di studio, si recò all'ospedale della Salpetriére di Parigi, presso cui insegnava il grande esperto dell'isteria Jean-Martin Charcot.
L'anno seguente tornato a Vienna, sposò Marta Bemays, e iniziò a diffondere le idee del maestro parigino. Nel decennio dal 1886 al 1896 acquisì una vasta clientela alto-borghese, che si rivelò ottimo campione di studio delle nevrosi. Nel 1896, la morte del padre, gli causò acute sofferenze, che superò non senza difficoltà, grazie all'autoanalisi, una particolare tecnica psicoanalitica nella quale si ricorre allo studio delle associazioni d'idee e dei sogni . Al 1900 risale la pubblicazione della sua opera più importante e rivoluzionaria: "L'interpretazione dei sogni".
Nel 1902, la fama e i suoi successi, lo portarono ad ottenere la nomina di professore all'Università di Vienna. Fu proprio in questo periodo che formò un gruppo di studiosi, interessato ai temi della psicanalisi, le cui riunioni avevano luogo ogni mercoledì sera a casa Freud. Ebbe così inizio il movimento psicanalitico.
Nel 1908 (con un Freud ormai famoso in tutto il mondo) si tenne il primo Congresso Internazionale della psicanalisi.
La fortuna fu breve: l'avvento del nazismo mise al bando Freud e la sua scienza; le sue opere furono bruciate; le sue teorie censurate; il regime lo accusò di «indebolire la gioventù ariana con le sue teorie giudaiche degenerate».
Quando nel 1938 i nazisti occuparono Vienna, Freud, quasi contro la sua volontà, fu portato a Londra dai suoi familiari.
La morte lo colse nel 1939, provocata, probabilmente, da un tumore alla mascella, procuratogli dall'accentuato tabagismo. Prima di morire, egli riuscì comunque a imporre di non eseguire alcuna funzione religiosa, coerentemente con i suoi principi filosofici.
"L'interpretazione dei sogni"
«Nelle pagine che seguono proverò che esiste una tecnica psicologica la quale rende possibile l'interpretazione dei sogni e che, se tale metodo viene seguito, ogni sogno appare come una struttura psichica con un preciso significato, inseribile in un punto da individuarsi nell'attività mentale della vita da svegli».
Così Freud aprì l'opera più famosa ed importante da lui pubblicata: "L'interpretazione dei sogni" (1900); è con questo scritto che getterà i fondamenti dello studio di quell'incredibile fenomeno psichico rappresentato dall'attività onirica. Freud, premettendo che i sogni sono precisi atti mentali, affermò che è possibile dare loro un'interpretazione e, mediante un'approfondita analisi, anche un senso. Tuttavia questo tipo d'indagine è alquanto complesso, poiché non sempre i sogni si prestano a un'interpretazione semplice e lineare.
Il medico austriaco, analizzando i propri sogni e quelli dei
suoi pazienti, si rese conto che essi presentavano un contenuto manifesto e un contenuto latente.
Il primo, era la scena onirica vissuta dal soggetto: la storia e gli elementi del sogno per come venivano
espressamente ricordati dal sognatore; il secondo, era il significato del sogno, il messaggio, ciò che era nascosto in esso, il quale mascherato
dalla censura interna normalmente rifiutava di arrivare alla coscienza. Infatti, la censura della coscienza durante il sonno s'indeboliva e ciò permetteva
ai contenuti dell'inconscio di riversarsi nei sogni. Questo non avveniva, però, in
modo diretto, ma tramite immagini simboliche, maschere, amplificazioni,
finzioni che avevano l'unico scopo di rendere accettabile alla coscienza il mondo rimosso o il
desiderio del sognatore.Per Freud il sogno è un fenomeno del tutto
naturale, una sorta di prodotto umano che nasce da meccanismi ben
comprensibili; il sogno, ha origine dall'inconscio,
ma è sostenuto da una sua logica, se pur diversa da quella propria della
razionalità "diurna".
Nei sogni ogni
aspetto della vita del sognatore può tradursi in una rappresentazione visiva;
desideri o istinti, pensieri e conflitti, delusioni, attrazioni, assumono una
forma sostitutiva, simbolica, secondo regole ben
precise. Alla comprensione del sogno si
arriverà tenendo presenti le regole da Freud stesso
codificate, e il sogno svelato
si rivelerà un insieme chiaro ed estremamente logico di pensieri, bisogni e
desideri di matrice infantile, sessuale o ambedue le cose. Freud, a riguardo,
sostiene il determinismo della vita
psichica: nelle manifestazioni della psiche non vi è nulla di arbitrario e
casuale. In genere, secondo Freud, i desideri rimossi dalla coscienza non si
annullano completamente, ma continuano ad agire nella parte inconscia della
psiche. Tali desideri sono per la maggior parte di carattere sessuale, volti
cioè alla ricerca del piacere.
Teoria della sessualità
Prima di Freud la sessualità era identificata con la genitalità, quindi era ricondotta solo in rapporto alla riproduzione. Freud ribalta questa concezione, e interpreta la sessualità come finalizzata esclusivamente al raggiungimento del piacere, escludendo l'idea di matrice positivistica di conservazione della specie.
L'aspetto più evidente di questo cambiamento è l'estensione della sessualità all'infanzia, un'idea che i positivisti avevano rigettato,in forza della considerazione che nei bambini l'apparato riproduttore non è ancora sviluppato. Freud, invece, dà del bambino la definizione di "essere perverso polimorfo". "Perverso" perché persegue il piacere indipendentemente da scopi riproduttivi e, "polimorfo" perché usa diversi organi corporei per raggiungere questo piacere.
Secondo Freud, la sessualità infantile consta di tre fasi:
ORALE (dai primi mesi di vita sino a 1 anno e ½ ): vede l'interesse sessuale del bambino spostato sul piacere ricavato dalla stimolazione della mucosa della bocca. Da questa pulsione nascerebbe l'abitudine infantile di succhiare il proprio pollice, il ciuccio e, in generale, tutto ciò che capita a portata di mano.
ANALE (da 1 anno e ½ ai 3 anni): l'interesse si sposta sull'ano. La fase è collegata alle funzioni escrementizie (che darebbero piacere e interesse al bambino).
GENITALE o FALLICA (inizia dalla fine del terzo anno): in cui il bambino comincia a provare piacere erotico nella stimolazione dell'organo genitale, cominciando a notare le differenze che intercorrono tra quello maschile e quello femminile e dimostrando i primi dubbi circa il ruolo dei genitori nel concepimento di un figlio. Questi dubbi sfociano in una serie di teorie infantili che poi, col passare degli anni, vengono inesorabilmente abbandonate.
Le prime due fasi hanno una connotazione di autoerotismo, nel senso che il bambino vede se stesso come oggetto della pulsione; nell'ultima fase, viceversa, il baricentro dell'interesse sessuale si sposta su un'altra persona, come per esempio il genitore di sesso opposto. E' in questo contesto che Freud formula le sue teorie circa il complesso di Edipo o di Elettra.
Stabilito che la maggior parte della vita mentale si svolge non nella coscienza, ma al di fuori di essa, in particolare nell'inconscio, Freud definisce con precisione la struttura della psiche, che gli appare organizzata in tre regioni distinte: la coscienza, il preconscio e l'inconscio.
Conscio: parte della psiche legata tramite la percezione alla realtà esterna al soggetto. Il cosciente opera secondo il principio di realtà (tenendo conto cioè dei costi e dei benefici della soddisfazione immediata cui la pulsione inconscia tende; ciò è legato al processo psichico primario).
Preconscio: parte della psiche che costituisce l'anticamera della coscienza; è la sede di quei contenuti psicologici latenti, ma di cui l'Io consapevole può divenire in ogni momento esplicitamente padrone.
Inconscio: parte della psiche costituita da fatti psichici ed esperienze traumatiche che potrebbero essere dolorose e quindi pericolose per l'individuo. Dall'inconscio tali esperienze non possono più riaffiorare nel preconscio e nel conscio se non sottoforma onirica (sogni) o sintomatica (patologie psichiche come la nevrosi).
Scoperto l'inconscio, Freud passa a studiare la scomposizione della personalità che, secondo lui, si articola in tre istanze:
L'Es è la parte pulsionale e istintiva della vita psichica; è l'inconscio, la parte scura della personalità. Non conosce né il bene, né il male, né la moralità (non ha un'etica) ma obbedisce solo al principio del piacere (come i neonati).
Il Super-io è l'istanza psichica che svolge una funzione di controllo nei confronti dell'Io e deriva dall'interiorizzazione delle norme impartite dai genitori nei primi anni di vita e dalla società negli anni successivi.
L'Io è il mediatore tra Es, Super-io e mondo esterno. L'Io deve equilibrare, tramite opportuni compromessi, passioni disparate e in contrasto tra loro, deve stabilire l'armonia tra le forze e gli impulsi che agiscono in lui e su di lui.
Nell'individuo "normale" l'Io riesce abbastanza bene a padroneggiare la situazione (fornisce parziali soddisfazioni all'Es), ma senza violare le proibizioni del Super-io.
L'interpretazione psicoanalitica dei sogni consiste dunque nel ripercorrere a ritroso il processo di traslazione del contenuto latente in quello manifesto, al fine di cogliere i messaggi segreti dell'Es.
LA "PSICOANALISI"
La psicoanalisi è la scuola psicologica che ha esercitato il peso maggiore nella cultura del '900. Ha influito sulla letteratura (es.: Pirandello, Svevo, Joyce), sull'arte (Surrealismo, Mirò, Dalì, Magritte, Ernst), sulla sociologia, sull'antropologia culturale e sulla filosofia.
Da psico-,psiche anima, più comunemente 'mente', e -analisi: analisi della mente, la PSICOANALISI è innanzitutto la teoria dell'inconscio su cui si fondano una prassi e una disciplina psicoterapeutiche. Nell'indagine dell'attività mentale umana essa si rivolgeva soprattutto a quei fenomeni psichici che risiedevano al di fuori della coscienza; teoria che Freud rielaborò da un punto di vista descrittivo, sulla base delle esperienze acquisite con Jean-Martin Charcot In secondo luogo, la psicoanalisi è una prassi terapeutica. Nello specifico è cura dei disturbi mentali, all'origine, dell'isteria e, successivamente, dei fenomeni psicopatologici chiamati nevrosi. Inizialmente, Freud, attuò questa terapia attraverso l'uso dell'ipnosi: i pazienti venivano ipnotizzati e successivamente lo psicoanalista cercava di cancellare tutti i brutti episodi. Trattandosi di un metodo inibitorio, però, non sempre aveva effetto, poiché bloccare tutti i ricordi, non dà effetti positivi. In seguito Freud e Breuer definirono il metodo catartico, che consisteva in una scarica emotiva che liberava il malato dai suoi disturbi; ma Freud compì un ulteriore passo avanti utilizzando in seguito il metodo delle associazioni libere. Quest'ultimo era caratterizzato dalla possibilità lasciata al malato, una volta rilassatosi sul divano, di parlare liberamente partendo da qualsiasi evento, utilizzando l'associazione delle idee (il dottore interveniva poco). Il paziente però poteva parlare per anni, aggirando continuamente il nucleo del problema; per questo fu introdotta la dottrina del transfert. Durante la terapia psicoanalitica il paziente proiettava sullo psicoanalista sentimenti e affetti (sia d'amore, sia di odio) che ha manifestato verso persone appartenenti alla famiglia. La risoluzione di tale situazione emotiva era determinante per l'esito della terapia stessa. Nel transfert si manifesta la coazione a ripetere (= indica la tendenza a ripetere un comportamento anche se dannoso per l'individuo e l'impossibilità di controllarlo). La psicoanalisi guarisce il paziente quando egli arriva a quel fatto che ha originato tutto e lo dimentica o lo vede sotto un altro aspetto.
La religione e la civiltà
Freud descrive le rappresentazioni religiose come delle illusioni, degli appagamenti dei desideri più antichi, che nascono dal bisogno di sentirsi protetti contro i pericoli della vita. Egli distingue tra illusioni ed errore e aggiunge, inoltre, che un'illusione non è necessariamente falsa: egli fa l'esempio di una ragazza convinta che un giorno arriverà un principe azzurro per sposarla. Benché questo desiderio sia di improbabile realizzazione, non è però impossibile. In particolare, secondo Freud, «la religione sarebbe la nevrosi ossessiva universale dell'umanità; come quella del bambino, essa ha tratto origine dal complesso edipico, dalla relazione paterna».
La civiltà, secondo Freud, implica un costo in termini libidici, costringendo l'uomo a "deviare" la ricerca del piacere in prestazioni sociali e lavorative. Per vivere in comunità e avere vantaggi dal proprio stile di vita, occorre, infatti, rinunciare alle pulsioni aggressive che agitano l'animo umano. Freud non è, comunque, contrario alla civiltà (parte da un'antropologia pessimistica come quella di Schopenhauer): lo stato civile è un male minore rispetto ad una umanità senza società.
La psicoanalisi, divenne ben presto famosa ed apprezzata in tutto il mondo. In Italia, venne accolta da uno dei più importanti letterati del Novecento: ITALO SVEVO.
ITALO SVEVO
L'appartenenza di Svevo a Trieste è un fatto d'importanza decisiva per questo autore, che appare sin dalla sua formazione positivamente condizionato dalla grande cultura mitteleuropea, da Schopenhauer a Nietzsche e Freud. Lo pseudonimo stesso di Italo Svevo (il vero nome è Ettore Schmitz) rivela la duplicità culturale dello scrittore, per metà italiano e per metà invece "svevo" o tedesco.
Biografia
Nella sua vita e nella sua attività letteraria possiamo distinguere tre fasi:
Quella della giovinezza, della formazione letteraria e dei primi due romanzi, che si chiude con la decisione, nel 1899, di abbandonare la letteratura;
Quella del cosiddetto "silenzio letterario" (1899 - 1918);
Quella del ritorno alla letteratura, della stesura della Coscienza di Zeno e dell'ultima produzione novellistica e teatrale (1919 - 1928).
Nato a Trieste nel 1861 da una agiata famiglia ebrea, Ettore Schmitz svolse i suoi studi in una scuola commerciale della città e poi in un collegio della Baviera, in cui imparò perfettamente la lingua tedesca. Tornato a Trieste, completò in questa città i suoi studi commerciali. Nel 1880, in seguito a fallimenti finanziari del padre, Svevo è costretto a impiegarsi presso una banca di Trieste. La morte del fratello nel 1886 non lo allontana dagli interessi letterari, documentati dalla stesura di commedie e racconti. Contemporaneamente lavora ad un romanzo intitolato dapprima Un inetto, poi Una vita (1892) che esce a sue spese con la firma di Italo Svevo. Nello stesso anno, il 1892, muore il padre e incontra la cugina Livia Veneziani, che sposerà quattro anni dopo. Figlia di un grande industriale cattolico che dirige una fabbrica di vernici per navi, appartiene dunque ad una borghesia molto solida e ricca, con la quale Svevo avverte la propria distanza culturale. Nel 1898 pubblica a puntate sull'«Indipendente» il suo secondo romanzo, Senilità, che poi stampa anche in volume a proprie spese. Ma il matrimonio con Livia Veneziani sembra destinato ad allontanarlo dalla letteratura, con cui peraltro Svevo mantiene un rapporto ambiguo, quasi da dilettante e comunque mai di adesione piena e indiscussa. Nel 1899 egli entra a far parte dell'industria Veneziani. Nello stesso anno annuncia il proposito di abbandonare la letteratura. In realtà continua segretamente a progettare racconti e drammi e a scriverne anche alcuni. A Trieste conosce Joyce, seguendone le lezioni nel biennio 1906 - 1907; tra i due nasce una solida amicizia. Poco dopo Svevo comincia ad appassionarsi al pensiero di Freud e induce il cognato Bruno Veneziani a sottoporsi a terapia e a rivolgersi direttamente al fondatore della psicoanalisi a Vienna. Durante la guerra, riesce a salvare la fabbrica e anzi ne ricava altissimi profitti. Nel 1919 si apre la fase del ritorno alla letteratura. Nel giro di tre anni Svevo scrisse La Coscienza di Zeno, che uscì nel 1923. Joyce, che allora abitava a Parigi, si adoperò per far conoscere La Coscienza di Zeno fra i critici francesi. In Italia, invece, Svevo poté contare sull'amicizia e sull'ammirazione del giovane poeta Eugenio Montale, con cui era entrato in contatto grazie alla mediazione dell'intellettuale triestino Bobi Bazlen. Nel frattempo stava scrivendo altri racconti e aveva cominciato a preparare un quarto romanzo, mai compiuto. Riuscì a pubblicare una seconda edizione di Senilità, mentre in Francia usciva la traduzione della Coscienza di Zeno. Morì nel 1928 in seguito alle complicazioni cardio-respiratorie seguite a un incidente d'auto.
RAPPORTO CON SIGMUND FREUD
Nella cultura di Svevo confluiscono filoni di pensiero contradditori: da un lato il positivismo, la lezione di Darwin e il marxismo; dall'altro il pensiero negativo di Schopenhauer e di Nietzsche. Quanto all'evidente influenza di Freud, in essa agiscono elementi sia positivisti, sia antipositivisti: infatti, l'esigenza di ricondurre a chiarezza scientifica lo studio dell'inconscio riconduce al positivismo, mentre la sottolineatura dei limiti della ragione e della volontà rispetto alla forza dell'inconscio rientra indubbiamente nel clima culturale della filosofia negativa. Per Svevo, Freud, che viene studiato dallo scrittore con passione nel decennio precedente l'elaborazione della Coscienza di Zeno, è un maestro nell'analisi della costitutiva ambiguità dell'io e nell'impostazione razionalistica e materialistica dello studio dell'inconscio. Svevo comunque rifiuta sempre di aderire completamente al sistema teorico del filosofo: accetta la psicoanalisi come tecnica di conoscenza, ma la respinge sia come visione totalizzante della vita, sia come terapia medica. Il rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela nello Svevo della Coscienza di Zeno una difesa dei diritti dei cosiddetti "ammalati" rispetto ai "sani". La nevrosi, per Svevo, è anche un segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi della civiltà, la quale impone lavoro, disciplina e obbedienza delle leggi morali, sacrificando il piacere. L'ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio.
"La coscienza di Zeno"
La coscienza di Zeno esce nel 1923, presso l'editore Cappelli di Bologna. Una vita era stato pubblicato nel 1892; Senilità nel 1898. Tra il secondo e l'ultimo dei romanzi di Svevo intercorre quindi un quarto di secolo. Il lunghissimo periodo di "silenzio" letterario è dovuto a diverse ragioni di carattere psicologico e pratico; forse anche per l'impegno nell'industria di vernici sottomarine della famiglia della moglie. Tuttavia la ragione presumibilmente più importante del suo «silenzio», fu la totale indifferenza della critica nazionale ai primi due romanzi, la cui pubblicazione, a spese dell'autore, destò un limitato interesse solo nella città natale di Svevo, Trieste. Il romanzo è suddiviso in otto capitoli:
Prefazione (Poche righe firmate dal Dottor S., il quale espone l'origine del libro e afferma di averlo pubblicato per vendicarsi di Zeno, il quale si è sottratto alle cure del dottore).
Preambolo (Zeno racconta i suoi primi inutili tentativi di ricordare la sua infanzia).
Il fumo (il protagonista parla del suo vizio per il fumo, narrando fatti che coprono tutta la sua vita).
La morte di mio padre (Zeno rievoca il rapporto conflittuale con suo padre, con particolare importanza data ai suoi ultimi giorni di vita).
La storia del mio matrimonio (Zeno parla delle vicende che lo portano al matrimonio; in esso egli vede una possibile cura alla sua malattia).
La moglie e l'amante (Il conflittuale rapporto dell'autore con la sfera femminile è evidenziato anche dalla ricerca dell'amante: Zeno accenna a tale esperienza come un rimedio per sfuggire al «tedio della vita coniugale»).
Storia di un'associazione commerciale (Incapace di gestire il proprio patrimonio, Zeno viene pregato da Guido di aiutarlo a mettere in piedi un'azienda; egli accetta, ma in realtà solo per un oscuro desiderio di rivalsa, di superiorità nei confronti del fortunato rivale in amore che, nel frattempo, ha sposato Ada).
Psico-analisi (Breve capitolo finale nel quale il protagonista annuncia la voglia di smettere di scrivere e abbandonare la cura, sostenendo di essere guarito poiché ha scoperto che tutto il mondo è malato e ciò è segno di salute).
A parte la Prefazione, nei successivi sette capitoli, a scrivere è Zeno che parla della propria vita non in ordine cronologico, ma seguendo il flusso di pensieri della mente.
C'è dunque un «io» narrante che racconta la storia del suo recupero della memoria e un «io» narrato, recuperato da Zeno anziano.
La coscienza di Zeno si presenta dunque come una memoria inviata da Zeno stesso allo psicanalista che lo ha in cura, il dottor S. Costui non ha trovato di meglio che indurre il suo paziente a scrivere una storia della sua malattia; egli spera che una simile attività sia «un buon preludio alla psico-analisi», ma viene deluso da Zeno, il quale abbandona il trattamento.
Fin dal Preambolo, sappiamo comunque che il narratore Zeno non è attendibile, perché è una persona nevrotica e tutto ciò che dice non sarà mai attendibile. Il lettore del romanzo quindi non potrà mai prendere per buone le interpretazioni e le ricostruzioni effettuate da Zeno. Il romanzo presenta degli elementi comuni alla tradizione romanzesca dell'800: la presenza di un inizio e di un finale importanti; l'apertura e la chiusura con un documento ( diario).
Ma presenta anche degli elementi che sgretolano il romanzo Ottocentesco: lo sdoppiaggio del protagonista; la questione del tempo ( Zeno usa il presente mentre scrive e il passato per il tempo della vicenda); gli altri personaggi sono presentati attraverso focalizzazioni diverse e la struttura narrativa non segue un percorso tematico e cronologico.
Novità assoluta del romanzo è l'attenzione alla psicoanalisi; la teoria freudiana è alla base della Coscienza di Zeno.
"Lo schiaffo del padre" [dal capitolo "La morte di mio padre"]
Nel capitolo La morte di mio padre si narra innanzitutto una vicenda di ostilità fra padre e figlio, nascosta, con il tipico procedimento della rimozione freudiana, dietro l'amore che secondo il senso comune deve necessariamente esistere tra il figlio e il genitore. In seguito si rappresenta la tremenda esperienza di Zeno che riceve uno schiaffo dal padre poco prima che questi muoia.
«Subito mio padre tentò di ribaltarsi verso la sponda del letto per sottrarsi alla mia pressione e levarsi. Con mano vigorosa poggiata sulla sua spalla, gliel'impedii mentre a voce alta e imperiosa gli comandavo di non moversi. Per un breve istante, terrorizzato, egli obbedì. Poi esclamò:
- Muoio!
E si rizzò. A mia volta, subito spaventato dal suo grido, rallentai la pressione della mia mano. Perciò egli potè sedere sulla sponda del letto proprio di faccia a me. Io penso che allora la sua ira fu aumentata al trovarsi sebbene per un momento solo - impedito nei movimenti e gli parve certo ch'io gli togliessi anche l'aria di cui aveva tanto bisogno, come gli toglievo la luce stando in piedi contro di lui seduto. Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto, come se avesse saputo ch'egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Poi scivolò sul letto e di là sul pavimento. Morto!
Non lo sapevo morto, ma mi si contrasse il cuore dal dolore della punizione ch'egli, moribondo, aveva voluto darmi».
Questo è un episodio centrale nel romanzo. La realtà appare a Zeno col suo volto più ambiguo e, in questo caso non è possibile come in altri casi, prendere le distanze da essa con l'ironia.
Con ogni probabilità il gesto del padre, ormai del tutto privo di lucidità, è dovuto solo a motivi fisiologici: tuttavia Zeno non può fare a meno di interpretarlo come l'estrema punizione che il padre ha voluto infliggergli. Comunque, seguendo Freud, il lettore deve prescindere dalla corrispondenza o meno dell'interpretazione di Zeno a una realtà oggettiva: il fatto stesso che Zeno provi senso di colpa dimostra che egli è effettivamente colpevole, dal momento che ha veramente desiderato la morte del padre. Dal punto di vista dell'inconscio, infatti, non ci sono differenze se l'evento desiderato si è o no compiuto per responsabilità oggettiva del soggetto.
I PRIMI DUE ROMANZI SVEVIANI
'Una vita'
È il primo romanzo di Italo Svevo, pubblicato a spese dello stesso autore nel 1892. Il titolo primitivo dell'opera era 'Un inetto'. Questo romanzo associa elementi naturalistici ad elementi del tutto innovativi: la descrizione minuziosa e monotona delle giornate del protagonista non è obiettiva e impersonale, ma è riletta e scandita dalla COSCIENZA del protagonista che esprime il suo rifiuto per la società borghese e la sua incapacità di lottare per affermarsi. Con il monologo interiore il protagonista tenta di analizzarsi, di nascondere a se stesso le proprie nevrosi.
Trama: il protagonista è un piccolo-borghse, Alfonso Nitti, costretto a lavorare in banca (lavoro ripetitivo e spersonalizzante). A disagio per l'estrazione contadina e la sua inadeguatezza nel mondo cittadino, si consola e si esalta convincendosi di essere superiore agli altri: vive di fantasia e cerca nella letteratura un'alternativa ad una società fondata sulle leggi economiche del profitto. Egli cerca di superare la sua frustrazione d'impiegato tentando di sedurre la figlia del padrone della banca, ma non riesce a comportarsi come un arrampicatore sociale (abbandona la ragazza senza motivazioni spiegabili) e si uccide. Il suicidio è la presa di coscienza della propria inettitudine.
'Senilità'
La prima edizione uscì nel 1898; la seconda, in parte modificata a livello linguistico per adeguarsi alla lingua neutra e convenzionale del tempo, uscì nel 1927.
Trama: il romanzo è il racconto dell'avventura amorosa che Emilio Brentani si concede con una giovane seducente, ma altrettanto traditrice: Angiolina. Egli è un impiegato che nei circoli cittadini gode di una piccola fama di letterato. Non è soddisfatto della sua vita e si rammarica di averne sprecata una larga parte. Emilio invidia un suo amico, lo scultore Belli, il quale ottiene successi, soprattutto con le donne. Vive con la sorella Amalia, non più giovane, che incarna quasi la figura di una madre.
È in questo contesto che inizia per lui l'avventura amorosa con Angiolina, in cui egli si lega a lei in modo tanto più forte, quanto lei più lo tradisce. Emilio si divide tra il letto della sorella malata e la scoperta di nuovi tradimenti di Angiolina, fino a quando decide di vegliare al capezzale di Amalia, fino alla sua morte.
La senilità nel romanzo è considerata una condizione psicologica prima che anagrafica; la manifestazione affina all'inettitudine di Alfonso Nitti.
Al centro della ricerca di Svevo, in tutti e tre i suoi romanzi, è presente l'investigazione degli "autoinganni" e cioè lo svelamento degli alibi morali e delle "razionalizzazioni" che nascondono la spinta delle pulsioni inconsce. Tale svelamento è assai più complesso, ironico e contradditorio nell'ultimo romanzo, mentre nei due precedenti esso viene condotto direttamente e apertamente dal narratore.
In Una vita e Senilità, romanzi in terza persona, si intravede un «giudice istruttore» esterno al piano della narrazione: la voce narrante interviene con giudizi che marcano il netto dislivello esistente fra la sua coscienza dei fatta e quella più limitata del protagonista. Invece in La coscienza di Zeno tale dislivello viene quasi del tutto a cadere; c'è la presenza, infatti, di una confessione in prima persona in cui la distanza fra io narrante e io narrato è più sottile e comunque più problematica.
Abbiamo visto quindi come la psicoanalisi abbia influenzato il romanzo, infatti, senza di essa, non sarebbe mai stato scritto. La conoscenza della teoria freudiana è stata determinante per la sua concezione e per la sua struttura.
Un bisogno di razionalità spinge Svevo ad accostarsi a Freud, ma accanto al "primo Freud", il quale credeva nel rigido rapporto causa-effetto e teorizzava che la conoscenza, da parte dell'ammalato, della causa scatenante della sua nevrosi ha l'effetto di guarirla, esiste il "Freud più moderno": quello che non solo ha scoperto l'inconscio, ma ha studiato il linguaggio in cui esso si esprime. Questa è la parte della teoria di Freud che Svevo ha avvertito come la più importante e che sta alla base della concezione e della struttura della Coscienza di Zeno.
IL SURREALISMO
Nel 1922 la tensione dadaista va via via esaurendosi, ma le
idee che essa ha seminato in tutto il mondo continuano a svilupparsi. Questa
eredità, a Parigi, la raccolse Andrè Breton, e dà origine a nuovi comportamenti
artistici che fanno capo al movimento del SURREALISMO Con
la pubblicazione del "Manifeste
surrèaliste" del 1924, Breton riprende con metodo razionale le posizioni
rivoluzionarie del dadaismo, le seleziona e le organizza teoricamente. Il "Surrealismo" viene definito dal Manifesto stesso, come un "AUTOMATISMO PSICHICO PURO" col quale ci si propone di esprimere, sia
verbalmente, sia per iscritto, e in ogni altro modo il funzionamento reale del
pensiero senza alcuna forma di controllo ad opera della ragione, al di là di
ogni preoccupazione estetica e morale. Utilizzando gli stessi procedimenti
della psicoanalisi, l'arte surrealista si propone di fare emergere in superficie
i contenuti dell'inconscio e di liberare l'immaginazione dal controllo logico.
Nel sonno, infatti, viene meno il controllo della coscienza sui
pensieri dell'uomo e può quindi liberamente emergere l'inconscio, travestendosi
in immagini di tipo simbolico. Il sogno propone soprattutto immagini: si
svolge, quindi, secondo un linguaggio analogico. Di qui, spesso, la sua
difficoltà ad essere tradotto in parole, ossia in un linguaggio logico. La produzione
figurativa può, dunque, risultare più immediata attraverso una visione onirica.
E da qui, nasce la teoria del Surrealismo. I
surrealisti vogliono violare le leggi dell'ordine naturale e sociale e, per
fare questo, accostano nelle loro raffigurazioni figure e forme che appaiono
inconciliabili, provocando nell'osservatore uno choc tale da metterne in moto
l'immaginazione. L'obbiettivo è quello di privare la mente dai freni
inibitori, razionali e morali, così che il pensiero sia libero di vagare
secondo libere associazioni di immagini e di idee. In tal modo si riesce a
portare in superficie quell'inconscio che altrimenti apparirebbe solo nel
sogno.
Tali scelte avevano portato i surrealisti a identificare in Freud un chiaro punto di riferimento, per quanto egli li avesse sempre visti di buon occhio. Fu l'incontro con Salvador Dalì, in un caffè, a fargli cambiare opinione: il pittore rapidamente, su un tovagliolo, disegnò il ritratto al padre della psicoanalisi lasciandolo entusiasta.
In merito a questo incontro Freud scrisse:
Finora, ero portato a considerare completamente insensati i surrealisti, che pare mi avessero adottato quale santo patrono. Questo giovane spagnolo con i suoi occhi candidi e fanatici e la sua innegabile padronanza tecnica mi ha fatto cambiare idea»
SALVADOR DALì
Provocatorio, imprevedibile, inquietante, Salvador Dalì, ha fatto non solo della sua arte, ma della sua stessa vita, un'esperienza assolutamente e totalmente surrealista, vissuta all'insegna della genialità e del delirio. Nato a Figueras l'11 maggio 1904, dopo tre anni dalla morte del primo fratello, il padre pensò bene di chiamarlo allo stesso modo, forse perché non era mai riuscito a dimenticare il primogenito. Da subito i genitori dimostrarono verso Salvador un attaccamento quasi maniacale, viziandolo oltremodo: era 'il sovrano assoluto della casa' e ne era a conoscenza.
È universalmente considerato uno dei più grandi artisti del XX secolo e uno dei più interessanti surrealisti e, è certamente il più famoso del gruppo fondato da André Breton. Egli, partendo dalla sua personale teoria della "paranoia critica", sviluppò nelle sue opere tematiche di carattere psicoanalitico, con paradossali accostamenti di immagini e situazioni che immancabilmente suscitano sorpresa e curiosità nell'osservatore. La paranoia, secondo Dalì, è «una malattia mentale cronica, i cui sintomi più caratteristici consistono nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di grandezza, di persecuzione, o di ambizione».
Perciò le immagini che l'artista cerca di fissare sulla tela nascono dal caos del suo inconscio (la paranoia) e prendono forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). La sua formazione avvenne principalmente alla Scuola di Belle Arti di Madrid, alla quale si iscrisse dopo la morte della madre. La sua pittura, nei primi anni Venti, fu contrassegnata via via da suggestioni metafisiche e cubiste, finché non vide, in riproduzione, opere di Ernst, Mirò, e Breton, che lo orientarono verso il surrealismo. Di questo egli diede, tuttavia, un'interpretazione estremamente personale, caratterizzata dalla combinazione della psicoanalisi freudiana, dalle influenze di De Chirico, Magritte, dello stesso Ernst, e il cui risultato fu una pittura illusionistica, fondata su una intensa concentrazione di immagini popolate da ossessioni. Successivamente, la sua creatività si orienta verso un realismo accademico, sempre più virtuosistico, accompagnato da una sorta di delirio deformante e perfino macabro; per approdare, nel dopoguerra, ad una produzione sempre più copiosa e libera nell'invenzione, anche nel campo dell'illustrazione e della grafica, in cui alla perizia tecnica si associa una straripante fantasia, capace di inventare e intrecciare elementi realistici e simboli, ricordi d'infanzia e paesaggi catalani con libere associazioni del "delirio paranoico". Nel corso della sua vita, ha avuto modo di viaggiare molto, conoscendo il più grande interprete del cubismo ( Picasso ) e il padre della psicanalisi a Londra(1938). Muore il 23 gennaio del 1989 nella torre Galatea.
"SOGNO CAUSATO DAL VOLO DI UN'APE"
AUTORE: Salvador Dalì
TITOLO OPERA: "Sogno causato dal volo di un'ape intorno a una melagrana,
un secondo prima del risveglio"
COLLOCAZIONE: Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza
(Olio su tavola, 51 x 41 cm)
DATA di PRODUZIONE: 1944
ANALISI STILISTICA E SIMBOLICA:
In questo quadro l'atmosfera, da ambigua e polivalente, si fa incredibilmente tersa, come in un mattino di primavera dopo la pioggia che ha ripulito l'aria. Lo spunto è banale. L'artista stava dormendo quando un'ape improvvisamente lo punse. Con l'automatismo tipico dei Surrealisti, Dalì cercò di fissare la folla di straordinarie visioni attraverso le quali il suo inconscio gli aveva comunicato, in una frazione di secondo, l'avvenuta puntura. In basso, bellissima nella sua sensuale nudità, Gala (la compagna dell'artista) riposa, sollevata magicamente sopra un piatto scoglio frastagliato. Gala fu moglie, ispiratrice e amante ma fu, soprattutto, l'ingrediente erotico più importante e ricorrente nei sogni di Dalì. Una baionetta appuntita stava per trafiggere il braccio destro della donna: siamo nell'istante che precedeva la sensazione del dolore, ma l'arma appuntita rappresentava, nel contempo, anche un evidente simbolo sessuale. La puntura, comunque, c'è già stata, e la sua percezione (ingigantita dal sogno) assunse la forma mostruosa di due tigri feroci che balzarono fuori dalle fauci di un pesce, il quale a sua volta scaturì da una rossa melagrana spaccata. Sullo sfondo un assurdo elefante dalle scheletriche zampe d'insetto reggeva un obelisco sulla groppa. (figura derivata dalla scultura di Gian Lorenzo Bernini nella piazza di "Santa Maria sopra Minerva a Roma"). Nonostante questo, riusciva a camminare sull'acqua con leggerezza di una libellula, senza neanche increspare la speculare piattezza di un impossibile mare senza onde.
Una caratteristica importante di questa opera, come di
quasi tutti i dipinti di Dalì, è l'assenza di unitarietà e di totalità. Ciò
dipende strettamente dalla natura stessa delle rappresentazioni che, attingendo
dalla dimensione onirica, inconscia o paranoica, risulta necessariamente incoerente,
visionaria e frammentata, matrice di un'arte illogica e stravagante. E'
evidente in quest' opera l' influenza della teoria dei sogni di Freud, nella quale si afferma
che un elemento percepito dall' esterno durante il sonno, viene inserito
coerentemente all' interno del sogno.
BIBLIOGRAFIA:
Filosofia: GRANDI TASCABILI ECONOMICI NEWTON, giugno 1989 "L'interpretazione dei sogni" (Sigmund Freud); fotocopie/appunti professoressa storia-filosofia Maria Grazia Citterio;
Italiano: "La scrittura e l'interpretazione" (edizione rossa, nuova edizione Volume 3 - Tomo II G.B. PALUMBO EDITORE), Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese; CLASSICI MODERNI OSCAR MONDADORI, ristampa del 1997, "La coscienza di Zeno" (Italo Svevo) [pag. 318-321, 327, 356-361]; appunti professoressa di italiano-latino Rosa Candiani;
Storia dell'arte ELECTA BRUNO MONDADORI, ristampa anno 2006, "Moduli di ARTE F" (pag. 11e 18); https://it.wikipedia.org/wiki/Dalì#Biografia
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