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La teoria romantica dell'arte figurativa può essere individuata solo riferendosi alla teoria dell'arte in generale, che per il primo romanticismo è una teoria della letteratura. L'elaborazione di questa teoria avvenne in Germania, a Jena, negli ultimi anni del secolo XVIII a opera del gruppo raccoltosi intorno ai fratelli Schlegel. Si privilegiava la pittura e la musica, soprattutto la musica, come arti assolute e pure, perché portatrici del sentimento, del religioso e dell'interiore. F. von Schlegel scrisse, inoltre, agli inizi dell'Ottocento, i "Principi generali sull'arte pittorica", dove si afferma che la pittura deve tendere alla poesia, cioè a quell'universalità in cui si trovano unite poesia, filosofia e religione; il pittore che indaga la natura, cerca il divino in essa, che è unità e incomprensibilità, spirito, il significante, il caratteristico; Schlegel insiste sulla specificità della pittura, soprattutto nei confronti della scultura che è invece messa in forma del corpo; e polemizzando con la "recentissima scuola francese" che tende a ritenere pittura e scultura come una cosa sola, sembra riferirsi a quella che oggi riteniamo la poetica del neoclassicismo, e quindi ad indicare solo nella pittura la vera arte figurativa romantica.
Una sistemazione teoretica ancora più precisa è attuata da Schelling col saggio "Le arti figurative e la Natura", nel quale egli pone l'arte figurativa al centro, come legame attivo, tra i due poli dell'anima e della Natura; superando il puro formalismo classicistico di Winckelmann- egli afferma che l'arte figurativa deve unire concetto e forma, anima e corpo; l'arte figurativa " va al di là di se stessa", da un lato rendendo visibile l'anima nel modo più pieno, dall'altro cogliendo la forza creatrice che è nella natura, e parla come per simboli dell'interiorità delle cose.
Da queste teorizzazioni risulta che le varie istanze, unione di poesia e filosofia, "religione", ricerca del "divino nella natura", espressione del concetto, dell'essenza, dell'anima e della forza simbolizzante della Natura, tendono tutte a porre come caratteristica e necessità dell'arte figurativa, soprattutto della pittura - fatto del tutto nuovo e in ciò rivoluzionario- l'assunzione di un "di più di contenuto" e quindi l'espressione, nella pittura, di un "al di là della pittura".
L'arte in cui queste formule, e con esse tutta la teorizzazione critica del gruppo di Jena, trovano concreta realizzazione è, per opera di Friedrich, la pittura; cosi quel "primo romanticismo", che è anche romanticismo primario - ma che rischiava di rimanere romanticismo teorico o critico- trova la sua realtà artistica in molti dei suoi quadri, e in modo supremo nel più famoso di essi (Monaco in riva al mare, 1810, Berlino Ovest, castello di Charlottenburg), Friedrich dipinge un personaggio di spalle che contempla la profondità del paesaggio cui è rivolto, lo spazio tende a prolungarsi, in quel fondo, all'infinito, cosicché si crea un rapporto contemplativo d'armonia tra l'illimite interiore del personaggio e l'illimite esterno del cosmo; è l'opera più "astratta" di Friedrich, sorprendente per la quasi totale mancanza di forme e di colori. Un cielo soverchiante, coperto di nuvole grigie, s'addensa e domina una sottile striscia di rena e la battigia su cui scivolano scure le onde. In questo scenario incombente, la minuscola figura di un monaco allude ancora una volta al rapporto tra la mistica divina e la natura.
La forma di Friedrich è nitida, precisa, cristallina, di un tessuto cromatico fittissimo e razionalmente organizzato, e sembra proprio corrispondere alla " presentazione finita " della formula schellinghiana ("la bellezza è l'infinito in una presentazione finita"); mentre il senso di mistero religioso dell'atmosfera creata realizza la presentazione del "divino nella natura" cui faceva riferimento Schlegel. Nell'opera di Friedrich sembra allora attuarsi quell'unità di poesia e filosofia che era il punto di armonia dell'assoluto, cui tendevano le teorizzazioni di Jena. Con Friedrich ha anche inizio un nuovo rapporto con la natura che è caratteristica essenziale dell'arte romantica: la natura è intesa come luogo dell'immersione e dell'esperienza spirituale di ogni individuo, luogo dove si attua la nostalgia della lontananza dalla natura, patria dell'uomo: la fusione con la natura è quindi la vera realtà umana, è il tentativo di attuare l'armonia circolare del cosmo. Anche in questo punto si determina una differenza con il concetto classico, o neoclassico, di natura, che non è luogo di un rapporto individuale, ma collettivo, basato su un distacco, quasi una contrapposizione, luogo idealizzato e quindi vissuto razionalmente. I continuatori di Friedrich, avendo perso la sua profondità drammatica e il suo spessore spirituale, continuano solo il romanticismo del paesaggio. In Inghilterra questo rapporto con la natura, unendosi all'aspetto visionario, determina caratteristiche diverse da quelle originali tedesche. Il naturalismo entrava nella tradizione inglese e a metà del sec XVIII e trovava in Wilson e in Gainsborough esemplari talmente avanzati e ' moderni" da risultare preromantici; mentre il saggio di Burke "Ricerca filosofica sull'origine delle idee del sublime e del bello" del 1756, poneva già le basi teoriche dell'evoluzione romantica sia in senso naturalistico sia in senso visionario.
Alla concezione romantica della natura, e quindi alla pittura di paesaggio che la esprimeva, contribuiva, nell'arte inglese, la teoria del sublime. Esso, differenziato dal bello si basava sugli oggetti e sui fenomeni naturali che per la loro grandezza, senso dell'orrido, dell'infinito o della solitudine, e per il loro scatenarsi determinano un sentimento di orrore che fa unire nell'animo la paura e il piacere; similmente poteva avvenire per fatti determinati dall'uomo come incendi, distruzioni, ecc. È la forza misteriosa e suprema che si manifesta in questi eventi a suscitare l'idea del sublime.
Alla teoria del sublime si affiancava quella del pittoresco che forniva il concetto di una bellezza non regolare, non ordinata, ma spontanea, varia, quindi naturale e selvaggia. Così il concetto di sublime, innestandosi nella tradizione creata dall'"ossianismo", dalla poesia 'notturna" di Young e di Gray, dal 'romanzo nero", dall'interesse per l'aspetto più fantastico dell'opera di Shakespeare e di Milton, da un lato contribuisce a far nascere quel romanticismo visionario e fantastico che trova i suoi maggiori rappresentanti in Blake, nello svizzero Fussli, in Martin; dall'altro lato, unendosi alle teorie del pittoresco, dà luogo a quell'arte romantica più strettamente naturalistica che ha in Turner e in Constable i suoi primi e maggiori poeti. Essi rappresentano due aspetti molto diversi del naturalismo romantico: Constable, molto precocemente, cioè fin dai primi anni del sec. XIX, inizia una pittura "naturale" nella quale il rapporto tra soggetto e oggetto è, a differenza paesaggismo precedente, basato su un lirismo emozionale e del sentimento: "l'uomo vede nella natura solo ciò conosce", afferma Constable e intende dare all'unione romantica uomo-natura una interpretazione che privilegi la soggettività, il riflettersi delle angosce e dei sentimenti umani nella realtà naturale; eliminato ogni concetto del divino nelle cose, egli dà così l'avvio a quel naturalismo che attraverserà tutto il secolo. Turner crea invece un "sublime naturale" e lo attua acquisendo alla pittura il concetto di infinito, secondo la teorizzazione dei tedeschi, in un modo parallelo, ma opposto, a quello di Friedrich: anch'egli tenta di operare una fusione tra l'illimite, dell'animo e l'illimite esterno, del reale, e per fare questo opera, al contrario di Friedrich, una dissoluzione della forma e dello spazio. Nelle opere della maturità, soprattutto in quelle più tarde, lo spazio prospettico viene completamente cancellato e sostituito da una spazialità apparentemente informe, fatta di vortici e di luce, che è stata indicata come vero "spazio romantico". La sua opera più rappresentativa è "Scaricatori di carbone durante il plenilunio": il mondo dei porti, delle navi da carico, della misteriosa attività notturna all'attracco o, per converso, i pericoli della navigazione, attiravano profondamente Turner. L'elemento acqua resta il protagonista di un'avventura della luce in cui cose e persone vengono magicamente coinvolte. Siamo di fronte a un'ulteriore pagina del poema del chiaro di luna, un tema che attraversa trasversalmente tutta l'arte del XX secolo.
Completamente diverso e si potrebbe dire, schematizzando fortemente, quarto, dopo quello religioso e filosofico e quello naturalistico, è l'aspetto storico e mitico dell'arte romantica. Il ciclo dei Nibelunghi e i Poemi di Ossian, rielaborati e in parte falsificati da Macpherson sono all'origine di questa tendenza in tutti i paesi nordici; essi alimentano il tema eminentemente romantico del "bardo" selvaggio e ispirato in un paesaggio fantastico, e quindi il tema dell'eroe. In Francia l'"ossianismo" si combina col mito napoleonico fornendo soggetti romantici ad alcuni pittori neoclassici come per esempio Ingres, e influenzando lo spirito delle opere più decisamente storiche dei primi romantici. Nella sua produzione, un elemento ricorrente è la rappresentazione di figure femminili. Infatti, l'opera più nota è " Il bagno turco": cimentandosi con l'insidioso formato del tondo, Ingres infatti, raccoglie e dispone un gruppo di donne nude con un'innegabile ricerca formale, ma anche con un'altrettanto forte sensualità. Le bagnanti appaiono ferme e monumentali nella perfetta cifra stilistica raggiunta dal pittore. Una forma purificata, un'idea di bellezza perseguita e raggiunta che influenzerà anche gli Impressionisti e Picasso.
E sono poi solo il fascino delle battaglie, l'amore per i cavalli e un'adesione giovanilmente impulsiva alla parabola ormai declinante di Napoleone che ispirano a Géricault le sue prime opere romantiche. Ma la grandezza di Géricault non è circoscrivibile nell'ambito del romanticismo; infatti la sua opera maggiore, La zattera della Medusa (Parigi, Louvre) dipinta tra 1818 e 1819, è un quadro storico e riconosce radici di ispirazione romantica, ma e anche in piena restaurazione un'opera morale e nutrita di spiriti libertari, e costituisce quasi un grande realismo drammatico. L'enorme dipinto fece scalpore diventando quasi il simbolo di un momento storico alla deriva, quando la fine dell'epopea napoleonica imponeva nuovi orizzonti. Nel 1816, al largo dell'Africa occidentale, affonda la nave Medusa; circa 150 persone si imbarcano su una malcerta zattera e affrontano giorni e giorni di navigazione fra terribili disagi; alla fine, i superstiti sono solo una quindicina. Colpito da questo episodio drammatico, che sembra a metafora del crollo rovino dell'astro di Napoleone, Géricault si documenta in modo meticoloso per raffigurare i naufraghi in un dipinto di eccezionali dimensioni e di potente energia.
Questi caratteri storici, comprendenti soggetti di storia antica, oltre che moderna o soggetti letterari, sono tipici dell'arte romantica francese e si ritrovano tutti nell'opera del suo maggiore rappresentante, Delacroix. Il tema della 1otta, anch'esso tema romantico, è continuamente riproposto in tutta la sua opera, nei quadri storici, religiosi e nei quadri di animali. Questa concezione la si può ritrovare, ad esempio, ne "La Libertà guida il popolo". Per spiegare questa grande e controversa tela lo stesso Delacroix scriveva:" Se non ho vinto per la patria, almeno dipingerò per essa". Il pittore, infatti, aveva preso parte in modo alquanto tiepido ai moti popolari di Parigi nel 1830 e, forse enfatizzando il proprio ruolo, si autoritrae nella figura dell'uomo col cappello a cilindro. Frutto di una cultura eterogenea, romantica e letteraria, l'opera è una singolare commistione di realismo e di propaganda, di retorica e di schietta osservazione cronachistica. Nel caos delle barricate l'eroina che impersona la Francia libera, compare seminuda, con il berretto frigio (uno dei simboli della Rivoluzione Francese), la bandiera in una mano e il fucile nell'altra: Delacroix trasforma un fatto di guerra in un evento collettivo, in cui si manifesta il destino e la storia della nazione. Siamo dunque molto lontani dall'impostazione data da Goya, che aveva colto dalla guerra l'aspetto di tragedia individuale.
La sua tendenza alla mobilità, all'agitazione, alla distanza gli fa trovare ispirazione anche nell'esotismo orientaleggiante, altro elemento diffuso nel romanticismo francese: era questo un modo di tendere a una distanza storica e geografica e di soggiacere al fascino del mistero che ne derivava. Giunti con Delacroix al terzo decennio del sec. XIX e oltre, troviamo ormai diffusi in tutti i paesi d'Europa e a tutti i livelli gli esiti innumerevoli del romanticismo originario. Nonostante il "viaggio a Roma" compiuto da alcuni degli iniziatori nordici, in Italia non si ha dapprincipio nessuna conoscenza del romanticismo artistico, e quindi nessun esemplare. Sembra che il romanticismo artistico non vi abbia trovato alcuna delle condizioni necessarie al suo sviluppo: si può tuttavia riconoscere, nei primi decenni del secolo, uno spirito, vagamente romantico, subito dilatato in retorica, nei temi storici e narrativi di molte opere, una specie di romanticismo dei soggetti. Gli esempi migliori rimangono quelli di un pittore di formazione neoclassica come Hayez.
In una sua opera, " Il bacio", si vede come l'aperta dichiarazione dei sentimenti, lo scambio di tenerezze affettuose, siano alcune delle caratteristiche espressive del romanticismo: a prima vista, infatti, questi due innamorati sembrano dimenticare ogni pudore con la forza della passione. Tuttavia, osservano con attenzione i costumi dei due giovani, soprattutto quello del ragazzo con calzamaglia rossa, scarpe appuntite e pugnale al fianco, ci si accorge che la scena non si svolge nell'epoca del pittore, ma è ambientata nel Medioevo. Le rigorose convenzioni che dominano l'arte fin dopo la metà dell'Ottocento fanno apparire "sconveniente" una scena d'amore ambientata nella realtà contemporanea. Amico e ritrattista di Alessandro Manzoni, anche Hayez sente la necessità di interporre tra il soggetto dell'opera e il pubblico il filtro della storia: grazie a questa distanza è possibile mettere in scena sentimenti ed effusioni altrimenti inaccettabili come avviene negli stessi anni per i melodrammi di Giuseppe Verdi.
È solo intorno alla metà del secolo che si collocano i due episodi più autentici di arte romantica, con le opere del Piccio, e di Fontanesi, l'unico pittore italiano romantico, e tra i pochi dell'Ottocento, che si ponga a livello europeo.
Le forme musicali stabilite nel periodo classico (come la sinfonia, il concerto solistico o come le forme cameristiche della sonata, del trio, del quartetto e simili) presentano un'effettiva continuità nel corso dell'Ottocento: e in questo senso, nella musica, il romanticismo risulta come una filiazione del classicismo, tanto che è in uso il doppio aggettivo di classico-romantico per i compositori della prima scuola viennese, con particolare riferimento a Beethoven. Va però ricordato che in alcuni casi la continuità delle forme consiste in riferimenti paradigmatici o puramente nominalistici e che ogni autore di rilievo contribuì al romanticismo con forme originalmente sviluppate: per esempio, Schubert con i Lieder, Schumann con le raccolte pianistiche di brevi pezzi aforistici, Chopin con l'impiego di danze, Mendelssohn con le musiche di scena shakespeariane e con le ouvertures di carattere descrittivo. Questa continuità delle forme è caratteristica della musica tedesca o della musica nata per l'influsso della letteratura musicale tedesca; essa sola, come si vedrà, può propriamente definirsi romantica, mentre il teatro musicale della Francia e dell'Italia col romanticismo presenta vari punti di contatto, ma in esso propriamente non rientra. A questo proposito, è il caso di osservare che le forme classico-romantiche nacquero nell'ambito del sinfonismo, inteso come metodo di elaborazione di idee musicali. Questo metodo influì anche sulle cosiddette scuole nazionali, a eccezione della russa e della spagnola. La prima incrinatura della concezione classica della musica appare già nelle composizioni della maturità di Mozart e in quasi tutta l'opera di Beethoven A questi due autori si richiamarono infatti i romantici. La novità consiste nella volontà di Mozart e di Beethoven di fondere nella musica, linguaggio in se stesso non semantico, "contenuti" estranei alla musica stessa e alle sue forme codificate. Una volontà del genere si manifestava per la prima volta nella musica, almeno come scopo finale della creatività: in precedenza eventuali "contenuti" derivavano alle composizioni da specifiche funzioni richieste dal consumo di tipo mecenatesco (divertimento, cerimonia profana e liturgica), ma figuravano comunque sia come accessori rispetto all'obiettivo principale. Il passaggio verso il romanticismo è coinciso, in Mozart e in Beethoven, con la loro condizione di liberi artisti, svincolati da necessità di servizio verso una corte o un mecenate. In Beethoven i contenuti di natura etica, religiosa, ideologica e filosofica in senso lato, appaiono esplicitamente indicati e sono capaci anche di influire sulle trasformazioni delle forme musicali. Dalla musica di Mozart e di Beethoven si generarono due tendenze: quella del filone "mozartiano", fondata sulla coincidenza fra i contenuti e le forme codificate dal classicismo ( Schubert, Mendelssohn, Brahms e Cajkovskij), e quella del filone "beethoveniano", dai contenuti esplicitamente indicati che influì sul teatro wagneriano e sull'impressionismo di Debussy, estendendosi così a una vasta zona della musica europea nell'epoca del decadentismo. La concezione musicale romantica si affermò in pieno nelle composizioni di Schubert, i Lieder, in cui sviluppò una forma già esistente e coltivata da Mozart e da Beethoven, ma stabilì una serie di modelli espressivi che vanno dalla pura e semplice canzone alla massima elaborazione melodica su illustri testi poetici. A Schubert risalgono l'impiego (nella musica colta) di forme popolari di danza, specie il valzer e l'integrazione fra i modi del Lied e quelli del sinfonismo. La continuità con il classicismo risulta più evidente nelle opere di Mendelssohn, specie nelle sinfonie, che ripetono gli schemi tradizionali; ma a essi si sovrappongono assunti immaginifici che riflettono il gusto romantico dell'estetismo e che si ritrovano nelle ouvertures, mentre nelle musiche di scena per il "Sogno di una notte di mezza estate" si rivela la sensibilità romantica al teatro di Shakespeare. La fondazione della severa scuola musicale di Lipsia, voluta da Mendelssohn, sottolineò infine una tendenza conservatrice che è parte integrante del romanticismo musicale germanico. Il musicista più significativo e più complesso del primo romanticismo fu Schumann. La sua attività di critico musicale espresse chiaramente il distacco fra il compito avanzato dell'artista e la parte più retriva del pubblico; nella sua attività di compositore egli fuse strettamente la musica con i riferimenti fantastici di natura letteraria e poetica, tratti dal gusto romantico dell'epoca. Con Chopin appaiono alcuni aspetti del romanticismo nella loro quintessenza: la scelta di un solo timbro, quello pianistico, sfruttato nella sua più ampia varietà (registro, modo di attacco, velocità) e il rifiuto delle forme classiche, sostituite da forme musicali di consumo (danze: valzer, mazurche, polacche; letteratura didattica: studi; musica di salon: notturno), da forme minori tradizionali (scherzo, impromptu), da forme preclassiche (preludi). A queste due caratteristiche della musica di Chopin occorre aggiungere l'assenza di qualsiasi "immagine" o "contenuto" extramusicali: da questa differenza radicale rispetto ai contemporanei discende la problematica collocazione di Chopin nel romanticismo. Intorno alla metà dell'Ottocento trovò largo credito l'ipotesi che la musica, al pari delle altre arti, fosse capace di rappresentare immagini senza alcuna mediazione. Questa ipotesi venne accolta e teorizzata da Liszt. I precedenti di una simile innovazione erano nella Sinfonia pastorale di Beethoven e in genere nei riferimenti immaginifici sempre presenti nel romanticismo musicale. Nelle composizioni di Liszt, soprattutto nei poemi sinfonici e nei quaderni pianistici, fu attuato un costante tentativo di integrare immagini e 1inguaggio musicale. Nacque, da questa invenzione, la musica a programma, che ebbe cultori fra tutti quei musicisti che intendevano in qualche modo sottrarsi all'influsso classicista e per definizione germanico, come ad esempio Cajkovskij. L'esito più clamoroso della coincidenza fra immagini e idee musicali si ebbe nel teatro di Wagner in cui sono compresenti una tendenza neoromantica, orientata all'impiego del sinfonismo, e una tendenza progressiva, imperniata su idee musicali che riflettono e traspongono in musica simboli di personaggi, di stati d'animo, di azioni, di luoghi, di oggetti.
I maggiori compositori sinfonici tedeschi del secondo Ottocento, tra cui Brahms, furono influenzati da Wagner, non soltanto nel linguaggio, ma anche nel metodo di costruire strutture di grandi dimensioni mediante lo sviluppo sinfonico di episodi relativamente brevi disposti secondo proliferazioni successive.
Per quanto riguarda il teatro musicale tedesco prima di Wagner, va notata la diretta dipendenza delle opere di Weber da Mozart, che si rivela nella calibrata fusione tra elementi italiani (soprattutto nelle grandi arie) e il canto tedesco. I libretti sono improntati al colore letterario romantico per la presenza dell'elemento leggendario o fantastico e il vivo senso della natura. Opere marginali, ma tutt'altro che secondarie, sono quelle di Schubert e di Schumann: l'opera di quest'ultimo, infatti, nacque da un atteggiamento polemico dell'autore (condiviso in genere dai romantici tedeschi) verso il teatro musicale italiano e francese, e riflette una vocazione teatrale irrisolta e non un'alternativa alla lirica franco-italiana. Wagner si staccò decisamente dalla tradizione nazionale perché creò un'integrazione tra sinfonismo e teatro sconosciuta nell'area tedesca, salvo il caso di Mozart. Una svolta in senso romantico nel teatro francese si suole vedere nella nascita del grand-opéra, preannunziata da Rossini, in piena restaurazione, e avvenuta durante il regno di Luigi Filippo. La trasformazione riguardò principalmente la librettistica che si ispirò al romanzo gotico, storico, sociale ed esotico. Nelle partiture di Meyerbeer, di Donizetti e di Auber, la tecnica orchestrale divenne molto complessa e si fondò sull'ampliamento delle forme melodrammatiche italianizzanti: si moltiplicarono i ruoli caratterizzati da un eccezionale virtuosismo vocalistico. L'incidenza del romanticismo sul teatro musicale italiano dell'Ottocento riguardò prima di tutto i libretti: per il resto la struttura a episodi musicali subì profonde trasformazioni ma non aderì mai al sinfonismo. In Donizetti le forme chiuse accolsero, secondo una tecnica attuata già da Rossini, il movimento drammatico che, nel melodramma italiano tradizionale, era abitualmente confinato nei recitativi: si che alla tecnica di definire lo stato d'animo nella forma chiusa si sostituì quella di conferire all'opera un andamento narrativo e romanzesco continuo, corrispondente ai libretti ricavati da soggetti letterari romantici . Alla fine degli anni Trenta, Verdi raccolse la tradizione melodrammatica e la condusse fino alla soglia del verismo, nell'ultimo ventennio del secolo. In una prima fase egli adottò la condotta donizettiana, potenziandola con la sua capacità di definire i personaggi attraverso pure invenzioni vocalistiche ( es. La Traviata). In una seconda fase, che si svolse per lo più nei teatri stranieri, il melodramma verdiano subì ampliamenti ed elaborazioni, sempre sull'impianto a episodi, con risultati di alta qualità (Aida). La terza fase fu preceduta da un lungo periodo di silenzio e di riflessione, dal quale Verdi usci trasformando definitivamente l'impianto del melodramma italiano dalla struttura a episodi a quella senza interruzioni e in luogo di aderire al sinfonismo di stampo tedesco, operò riduzioni drastiche sulla stroficità tipica del canto italiano e complesse elaborazioni alla condotta orchestrale. Dall'ultimo Verdi ebbero origine il verismo della giovane scuola italiana e il teatro di Puccini, in cui però avvenne il recupero del canto strofico come elemento fondamentale del melodramma.
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