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IL PARCO ARCHEOLOGICO DELLA NEAPOLIS
Il Parco Archeologico della Neapolis (dal greco 'città nuova'), che ospita la maggior parte dei monumenti classici della Siracusa greca e romana, fu realizzato, con i fondi della Cassa del Mezzogiorno tra il 1952 ed il 1955, con lo scopo di riunire in un unico ed organico complesso i maggiori monumenti di quell'antico quartiere.
Infatti prima della costruzione di questo 'Parco' i monumenti si trovavano in un contesto molto frazionato di proprietà private.
Proprio all'ingresso del parco troviamo la Basilica di S. Nicolò dei Cordari (XI secolo d.C.), che oggi accoglie un ufficio turistico.
Il primo vero e proprio monumento che si propone alla visita del parco è l'Anfiteatro Romano (II-IV secolo d.C.), posto quasi di fronte alla basilica, che rappresenta una delle realizzazioni edilizie più rappresentative della prima età imperiale romana.
Immediatamente a ovest dell'anfiteatro incontriamo l'Ara di Ierone II (III secolo a.C.), che rappresenta la terza grande opera monumentale che ci è pervenuta dall'antico quartiere della Neapolis.
Più avanti, sulla destra; nelle immediate vicinanze del Teatro Greco (V secolo a.C.) che è il più grande teatro della Sicilia ed uno dei maggiori dell'intero mondo greco, si incontrano le Latomie, tra cui la più interessante è la Latomia del Paradiso. Attraverso cui si giunge alla più famosa della grotte del parco: quella detta Orecchio di Dionigi.
Fuori dal recinto del Parco Archeologico, più a Sud, all'inizio della cosiddetta Via Panoramica che porta alla sommità del colle Temenite, vi è un Teatro Arcaico scavato nella roccia con cavea rettilinea anziché curva, detto Teatro Lineare.
Per completare il quadro dei rinvenimenti archeologici del parco bisogna menzionare le opere di esplorazione, eseguite negli anni '50, riguardanti soprattutto il Santuario di Apollo Temenite.
Ai limiti del Parco Archeologico vi è la Necropoli delle Grotticelle, con le sue numerose tombe scavate nella roccia, tra cui quella detta Tomba di Archimede.
La Basilica di S. Nicolò dei Cordari è una chiesetta dell'XI secolo d.C., che conserva della sua antica costruzione il portaletto laterale con sopra lo stemma simbolo dei cordari e l'abside con tre strette finestre. Vi si celebrano i funerali di Giordano, figlio del conte Ruggero (1903).
La chiesa fu costruita su una piscina romana di forma rettangolare, visibile solo dall'esterno. La piscina (m.20x7), divisa in tre navate da quattordici pilastri sui quali poggia parte della chiesa, serviva da serbatoio d'acqua per la pulizia dell'Anfiteatro con il quale comunicava mediante un canale. Le pareti sono caratterizzate da incavi votivi del culti degli Eroi. Nel primo periodo della storia di questo monumento, esso era in parte una latomia. Nel periodo romano fu appunto utilizzato come serbatoio d'acqua, poi trasformato in chiesa ipogeica, presenta alcuni ingrottamenti, ed in uno di questi era una volta possibile intravedere dei dipinti , oggi non più distinguibili. Con ogni probabilità essi erano dei sepolcri di martiri cristiani. Nel periodo normanno, la chiesetta ipogeica fu abbandonata e fu costruita la basilica sovrastante. Nella piscina vi furono sepolti i cadaveri di cittadini siracusani morti nella carestia del 1672, poi rimossi nel 1809.
L'Anfiteatro Romano fu costruito intorno al III secolo d.C.. lungo il viale che porta all'Anfiteatro sono disposti dei sarcofagi in pietra, rinvenuti nelle necropoli di Siracusa e Megara Iblea.
L'Anfiteatro, scavato nella roccia tranne che nel lato Sud, presenta la parte superiore del tutto mancante. I grossi blocchi squadrati di cui era costituita furono asportati, in seguito, dagli Spagnoli nel XVI secolo per la costruzione dei bastioni di difesa dell'isola di Ortigia.
Le dimensioni dell'Anfiteatro, di forma ellittica, sono notevoli: m.140x90. sotto l'arena (m.70x40), chiusa da un alto podio, vi è un corridoio alto m.1,60, chiamato 'crypta', che serviva per l'uscita dei gladiatori e degli animali feroci. Sopra il podio vi erano i primi gradini destinati agli spettatori di riguardo, con sopra scolpiti i nomi delle personalità che occupavano quei posti; a testimonianza di ciò, se ne trova qualcuno di marmo con il nome.
Seguiva, poi in altezza, l'ima cavea, la sola cavea rimasta, mentre la media cavea e la summa cavea si possono solo immaginare dalle fondazioni rimaste. Al centro dell'arena è scavato un sotterraneo (m.15.50x8.70) profondo 2.50 m., dove erano posti i macchinari destinati agli spettacoli, come si può notare anche da altri anfiteatri della grandezza di quello di Siracusa.
L'ingresso era a Sud, dove convergeva l'asse viario che divideva l'Acradina dalla Neapolis.
L'Ara di Ierone II è un grandioso monumento del III sec. a.C.. in esso vi erano due ingressi, sud e nord, quest'ultimo fiancheggiato da due Telamoni, di cui restano i piedi di quello di destra.
Dell'Ara di Ierone II resta solo la base perché intagliata nella roccia mentre la parte superiore edificata con blocchi di pietra, fu demolita nel XVI secolo dagli Spagnoli.
Quest'Ara (altare) è la più grande conosciuta nel mondo greco, misura infatti 198m. di lunghezza e 22m. di larghezza, e si suppone che fosse dedicata a Giove Liberatore (Zeus Eleutheros), in onore del quale si celebrava la festa Eleutheria, con il sacrificio di 450 tori per volta (Diodoro Siculo); questo può far capire la grandezza della Siracusa greca, che non trova riscontri in nessun'altra città della Magna Greca.
La parola theatron deriva quasi sicuramente dal verbo theaomai che significa guardo sono spettatore. In origine questa parola indicava la massa degli spettatori e solo più tardi indicò il luogo in cui essi convenivano. Ma con il IV secolo a.C. essa indicò l'area destinata agli spettacoli. Le parti principali del teatro sono: la cavea, l'orchestra e la scena. Da Sofrone, V secolo a.C., sappiamo il nome dell'architetto del primo teatro: Demokoros, anche se nel III secolo a.C. fu ampliato. La parte meglio conservata è quella scavata nella roccia, mentre la parte alta della cavea è del tutto mancante, così l'edificio scenico. Tutti questi blocchi furono successivamente asportati dagli spagnoli nel XVI secolo per la costruzione dei bastioni di difesa dell'isola di Ortigia.
La cavea, oggi con solo 46 gradini, ha il diametro di 138.60 m. ed è divisa in nove settori, detti cunei, da scalette laterali. La platea semicircolare era chiamata dai Greci orchestra, perché vi danzavano i cori. La parola orchestra deriva dal greco orcheomai che significa danzare. La forma canonica è quella circolare e al di sotto dell'orchestra vi erano solitamente dei passaggi, usati con varie funzioni. A Siracusa tali passaggi fungevano da Caronoi klimates, ovvero Scale Carontee, usate nelle rappresentazioni per le apparizioni spettrali. Oltre l'orchestra vi era la scena, di cui però non ne è rimasta traccia, solo numerose cavità e fori di difficile lettura. La parola scena deriva dal greco che significa tenda; infatti in origine era solo una tenda che costituiva la scena. Questo tipo di scenario pare sia stato introdotto dal siracusano Formide (V secolo a.C.).
Moltissimi sono stati i cambiamenti subiti da questa parte di teatro. Sicuramente al tempo dei Romani, il teatro fu modificato per le nuove esigenze degli spettacoli tipici di Roma: caccia alle belve ludi gladiatori; altri ipotizzano, invece, diverse utilizzazioni del teatro, lasciando all'Anfiteatro il compito di ospitare questi giochi. La terrazza sovrastante il teatro, tagliata nella viva roccia del colle temenite (dal greco themenos 'recinto sacro'), fu sistemata da Ierone II. A questa vi si accendeva tramite una scalinata a centro ed una strada a sinistra, detta Via dei Sepolcri. Di questa terrazza, probabilmente coperta da grande portico forse per evitare da pioggia improvvisa al pubblico, oggi è visibile solo una banchina, tagliata nella roccia, ed una parte della pavimentazione in cocciopesto.
Al centro di questa terrazza vi è scavata una grotticella artificiale detta Grotta del Ninfeo.
Vicino alla grotta del Ninfeo, è possibile notare una costruzione non propriamente contemporanea al teatro: la cosiddetta casetta dei mugnai.
Poco dopo l'angolo nord-ovest della terrazza sulla cavea del teatro ci si immette nella Via dei Sepolcri, che costituisce la via d'accesso al teatro dall'alto del colle Temenite ed era preesistente alla sistemazione a portico della suddetta terrazza.
La strada ha una lunghezza di circa 150 m. ed è profondamente incassata nella roccia con una particolare forma ad esse. Le pareti che la delimitano sono interessate oltre che dai tipici incavi votivi relativi al culto dei defunti eroizzati, molto frequenti nella Siracusa antica di età ellenistica, anche da ipogei bizantini.
A breve distanza dall'estremità superiore della strada, sulla parete settentrionale che la delimita, troviamo un notevole rilievo presentante i dioscuri a cavallo e Trittolemo sul carro trainato da serpenti.
La Via dei Sepolcri conduce alla sommità irregolare del banco roccioso sovrastante alla terrazza che domina, a sua volta, il teatro.
La grotta del Ninfeo è una grotticella artificiale, con un soffitto a volta, larga m.9.35, alta m..75 e profonda m.6.35. all'interno di questa grotticella, una vasca rettangolare riceve un ramo dell'antico acquedotto greco, che alimenta la cascatella che vediamo al centro.
La fronte della grotta è provvista, ai lati dell'apertura, di quattro nicchie: due più piccole e due più grandi all'esterno, successivamente trasformate in sepolcri. L'apertura della grotta è sormontata da una decorazione a fregio dorico, ottenuta a rilievo nella roccia, della quale restano poche tracce.
La parete rocciosa ad ovest della grotta presenta alcuni incavi di forma rettangolare, sul cui fondo dovevano esserci dei rilievi votivi o dei dipinti relativi al culto dei defunti eroizzati, molto frequenti nella Siracusa antica di età ellenistica.
Questa zona era, probabilmente, quella del Museion, sede ufficiale della corporazione degli attori.
La casetta dei mugnai faceva parte di una serie di costruzioni, cioè di mulini, realizzate nel XVI secolo per utilizzare le acque del canale Galermi, che già in epoca greca forniva acqua all'intera zona.
Di questi numerosi mulini (nel 1800 erano otto) che il marchese di Sortino, don Pietro Gaetani, aveva fatto costruire proprio in cima alla cavea del teatro, oggi ne resta, nella zona nord-est, un solo esemplare.
Le stradine scavate nella roccia lì intorno mostrano i segni delle ruote dei carri che, numerosi, venivano a caricare e scaricare ai mulini.
Sotto questa casetta si può notare una tipica grotticella funeraria a forno del periodo siculo, cioè precedente alla costruzione del teatro; questo a dimostrazione che tale luogo era considerato zona 'sacra', fin da epoche remote nella storia di Siracusa.
Le Latomie, antiche cave di pietra da cui i Greci estraevano il materiale necessario alla costruzione di templi, strade e opere di difesa costituiscono sicuramente a Siracusa una delle massime attrazioni del suo patrimonio archeologico.
Il complesso delle Latomie siracusane, 12 in tutto, si estende per circa 1,5 km secondo una linea curva che segue, grosso modo il bordo della terrazza calcarea che domina la pianura costiera verso Ortigia, da ovest, partendo dalle immediate vicinanze del Teatro Greco, verso Est fino al mare, nei pressi del Convento dei Cappuccini.
Le latomie si prestavano a contenere prigionieri, condannati a scavare massi tra gli stenti e le intemperie in particolare gli storici ricordano dei Cartaginesi, catturati da Gelone nel 480 a.C. ad Imera. Oltre che da prigione esse sono anche servite come abitazione da parte dei ceti più umili della città e come sede di corporazioni funerarie testimoniate dalla presenza di molti quadretti votivi dedicati a morti eroizzati. Rappresentavano inoltre un efficace apparato difensivo di Siracusa per la zona della Neapolis. Delle 12 latomie individuate, le più note sono, partendo dalle immediate vicinanze del Teatro Greco, quella del Paradiso, dell' Intagliatella e di Santa Venera. Ad una certa distanza verso est, seguono le latomie dette Brogi e del Casale, che sono ancora di proprietà privata, e non aperte al pubblico. Chiude l'arco la latomia 'più grandiosa e sorprendente' detta dei Cappuccini.
La prima grande latomia che è parzialmente aperta al pubblico è la latomia del paradiso (paradiso = parco, giardino),che è stata per anni, ed è ancora attualmente interessata da lavori di consolidamento lungo il suo perimetro nord-orientale. Il piano di fondo della latomia, è ora coperto dalla vegetazione di un agrumeto di vecchio impianto. Il fondo della latomia grazie al suo piano di estrazione, era più profondo di quello attuale, per l'accumulo di materiali alluvionali che hanno creato un pendio da sud verso nord. Per il sistema di estrazione in queste enormi cave, ci si spingeva in profondità, scavando delle immense grotte al di sotto degli strati rocciosi della crosta superficiale. Forti movimenti tellurici hanno causato, il crollo di queste grotte più avanzate rispetto al perimetro della latomia: il grande pilastro roccioso a breve distanza dalla parete orientale della latomia e gli immensi blocchi che sono non lontani dal limite nord-ovest della latomia sono le testimonianze di questo fenomeno.
È proprio attraversando o passando sotto questi ciclopici massi rocciosi, che si perviene alla più famosa delle grotte della latomia del paradiso: quelle detta orecchio di Dionigi. Una breve galleria nella parte est della latomia del paradiso permette di raggiungere l'adiacente latomia dell'Intagliatella.
ORECCHIO DI DIONIGI
L'Orecchio di Dionigi è una grotta artificiale, imbutiforme, scavata nel calcare ,simile ad un padiglione auricolare ,che si sviluppa con un insolito andamento ad S e con sinuose pareti che convergono in alto, in un singolare sesto acuto. La Grotta è, inoltre, dotata di eccezionali proprietà acustiche. Queste caratteristiche e la forma indussero Michelangelo di Caravaggio, nel 1608 con lo storico siracusano Vincenzo Mirabella chiamandola Orecchio di Dionigi, dando cosi forza alla leggenda cinquecentesca secondo la quale il famoso tiranno Dioniso avesse fatto costruire questa grotta come prigione e vi rinchiudesse i suoi prigionieri per ascoltare, da un'apertura dall'alto, le parole ingigantite dall'eco. È opportuno sapere la forma della grotta, andò sempre più allargandosi in profondità, essendosi rinvenuta un'ottima qualità di roccia. Verso est, troviamo la Grotta dei Cordari cosi chiamata perché alcuni artigiani lavoravano la canapa e producevano corde di ogni tipo, favoriti dalla naturale umidità. Il fondo è coperto di acque meteoriche o di falda che provengono da infiltrazioni della volta. Segue verso est la grotta del Salnitro, coperta da un grande masso crollato dalla volta, sul quale sono visibili, in forma quasi di gradinate i piani distacco dei blocchi calcarei.
La latomia dell'Intagliatella, collegata tramite una breve galleria scavata recentemente con la latomia del Paradiso, è la meno estesa del complesso monumentale. Ma certo non è la meno interessante per le sue alte e articolate pareti rocciose, che delimitano il suo spazio. All'interno del perimetro di queste latomie campeggia un enorme pilastro roccioso che presenta sul suo corpo estese tipiche cavità dovute ad erosioni.
La latomia di Santa Venera è la più orientale del parco della Neapolis. In età settecentesca fu trasformata in un grazioso giardino con un'intensa e ricca vegetazione subtropicale. Fra le alberature ancora conservate spicca un secolare e grandioso 'ficus delle pagode'. La latomia presenta il suo maggior interesse non come tale, ma come ambito in cui si addensarono, in età ellenistica, le manifestazioni culturali in onore dei defunti eroizzati. Infatti le pareti settentrionali della latomia, a diversi piani, sono tempestate da centinaia di incavi votivi. Dalla Latomia di Santa Venera, si raggiunge la Necropoli Grotticelle, con le sue numerose tombe scavate nella roccia.
TEATRO LINEARE
Questo teatro lineare, a cavea rettilinea scavata nella parte più bassa delle rocce del Temenite, è lungo 27.50 m. e profondo 13 m.. Esso si compone di 17 ordini di gradini divisi in tre settori da due scalette.
Ritenuto di età arcaica, presenta diverse asimmetrie, né si conosce nulla sulla sua eventuale orchestra o scena, ora pressoché impossibili da ricavare a causa della presenza della moderna strada, la quale ha, forse, cancellato molte delle tracce antiche a monte della gradinata. Tracce forse utili a comprendere l'assetto di questa parte alta del monumento. Ora esso appare contornato da una serie di pareti rocciose soprattutto a monte della strada, ricoperte da incavi rettangolari per il culto dei defunti eroizzati.
SANTUARIO DI APOLLO TEMENITE
Immediatamente a sud-ovest della cavea del 'Teatro greco', in un area di non facile accesso,
negli anni '50 delle opere di scavo portarono alla luce delle strutture di carattere Sacro note complessivamente con il nome di Santuario di Apollo Temenite. Esse sono costituite dai resti di un altare, più volte ricostruito verso ovest a causa dell'ampliamento della Cavea del teatro, e da un recinto(temenos),forse del IV secolo a.C. ,contenente anche basi di stele e di ex voto.
Quest'area Sacra ,importante anche perché la sua parte più antica risale già al VII secolo a.C., e oggi considerata ,alla luce delle conoscenze che si sono venute acquisendo in questi ultimi anni, come una parte di tutta quella serie di spazi Sacri e votivi di cui, in genere, si componeva un santuario greco dislocato in un luogo non pianeggiante, che si suppone avesse sulla sommità del colle Temenite il suo epicentro e il massimo punto rappresentativo.
E proprio sulla sommità del colle sono venute alla luce, nel corso di opere di scavo, le fondamenta di un tempio greco di età arcaica. La scoperta appare di rilevante importanza, in quanto rappresenta un elemento assolutamente concreto per la localizzazione dell'antichissimo Santuario di Apollo Temenite, di cui parlano le fonti e più volte ricordato come 'l'importante luogo di azione'. Durante la guerra di Siracusa contro gli Ateniesi.
NECROPOLI GROTTICELLE e la TOMBA DI ARCHIMEDE
Con il nome di Necropoli Grotticelle si indica un'ampia area cimiteriale greca e romana nei pressi del Parco archeologico.
Le tombe di età greca che occupano questa zona sono un lembo della vasta necropoli che si estendeva su tutto il Pianoro ,ai margini delle latomie, fino alla zona sovrastante al Teatro greco. Tale necropoli restò in uso da un'età tardo-arcaica fino all'età ellenistica.
Delle tombe a fossa, di epoca greca, resta ben poco, ma le tombe a camera, di epoca romana, sono numerose e, proprio ai limiti orientali del parco archeologico, tra alcune tombe a camera ricavate nella viva roccia (databili ad un'età imperiale romana) ve ne sono due che interessano la sommità del banco roccioso e presentano la parte anteriore decorata da semicolonne doriche a rilievo, sormontate da un frontone a timpano. Quella rivolta a sud, è osservabile anche dalla strada che costeggia il parco, per tradizione detta Tomba di Archimede. Ma si tratta in realtà di un Colombario romano, cioè di una camera sepolcrale di età romana provvista all'interno di due ordini di nicchie per la sistemazione delle urne cinerarie. In effetti questa camera mortuaria non può essere quella del grande scienziato Siracusano, in quanto di epoca assai successiva alla sua morte: è stata datata intorno al I secolo d.C.. La vera tomba di Archimede, scoperta da Cicerone, doveva avere una colonna nella quale vi era raffigurata una sfera con un cilindro circoscritto.
Lo scavo della zona in piano , immediatamente antistante alla Tomba di Archimede, ha restituito un breve tratto di fondo stradale e strutture murarie di età tardo-antica, appartenenti forse ad un edificio Sacro impostato su un precedente impianto edilizio. Il tutto si sovrappone ad una necropoli con tombe a fosso o a cappuccine per la maggior parte di età ellenistica.
LATOMIA DEI CAPPUCCINI
La Latomia dei Cappuccini è la maggiore delle Latomie Siracusane e certamente la più rinomata. Le altissime pareti, quasi perfettamente verticali, hanno permesso di affermare che, quasi certamente, fu questa la latomia nella quale furono rinchiusi i 7.000 prigionieri ateniesi catturati dall'Asinaro nel 413 a.C..
Nel marzo del 1592, i frati Cappuccini acquistarono un terreno in cima alla latomia, nel quale edificarono una chiesa che, appena un anno dopo, consacrarono a 'Santa Maria delli Pericoli'.
Da quel momento la 'cava' cominciò ad essere indicata con il nome di latomia dei Cappuccini. Fino ad allora era semplicemente indicata con il nome 'la Perriera' (la pietraia).
Attualmente non visitabile, in quanto lunghe e costose opere di consolidamento stanno cercando di riparare ai gravi danni causati non solo dalla vetustà ma anche dall'uomo (inquinamento e moderne costruzioni fino ai margini del versante meridionale della cava).
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