|
Appunti universita |
|
Visite: 2958 | Gradito: | [ Grande appunti ] |
Leggi anche appunti:La magistraturaLA MAGISTRATURA La giurisdizione civile: Consiste nel giudizio Sartre: il vuoto come dramma esistenzialeSartre: il vuoto come dramma esistenziale "L'essere e il nulla" Il punto Danni fisiciDANNI FISICI Solitamente, chi esegue lavori utilizzando un terminale, tende |
IL LAVORO RENDE LIBERI
PREMESSA
Durante il corso di quest'anno scolastico "il lavoro" è stato un tema ricorrente in diverse discipline ma la scuola non è stato l'unico luogo in cui ho avuto modo di sentirne parlare.
6 dicembre 2007: Torino è sotto choc, il resto dell'Italia segue i notiziari attonita, ancora 7vittime del lavoro. Nella fabbrica della Thyssen-Krupp, si è consumata una tragedia di proporzioni gigantesche, una sciagura, che ha avvolto tra le fiamme gli operai della linea 5. Molti di loro conoscevano la precarietà della sicurezza nella quale stavano lavorando ma per assicurarsi lo stipendio hanno chinato la testa mettendo a rischio la loro vita.
31 dicembre 2007: anche il Presidente della repubblica Giorgio Napolitano, memore della strage Thyssen, nel suo discorso di fine anno, parla del lavoro, della sua precarietà, della sua sicurezza.
<< Il malessere sociale è nell'incertezza del lavoro. Il malessere è nella insufficiente tutela del lavoro, della vita sul lavoro>>.
DAL MESSAGGIO
DI FINE ANNO
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
Palazzo del Quirinale , 31 dicembre 2007
Campagna elettorale 2008: Partiti di destra, centro e sinistra mostrano, nei punti più salienti del loro programma, "il problema lavoro", con tutte le sue sfaccettature e fanno di questo un proprio cavallo di battaglia.
Questi sono solo alcuni esempi importanti di come il lavoro si è presentato nel corso di questi ultimi mesi. La sua continua presenza, nell'attualità, nella letteratura, nella storia, nella filosofia e nell'arte mi ha portato a sceglierlo come argomento di questa tesina.
Il lavoro, inteso come attività pratica tesa ad assicurare al singolo, o alla comunità, un maggior controllo sulla natura, migliori condizioni di vita o maggiore ricchezza, ha accompagnato l'uomo nella storia, ma nel corso di questa ha assunto una diversa importanza e reputazione.
Il termine lavorare deriva dal corrispondente termine latino laborare che significa affannarsi, pensare, affaticarsi. Tutte voci, queste, che esprimono un'idea di patimento. L'esercizio del lavoro, per sua natura, richiede dunque se non sofferenza vera e propria, almeno uno sforzo fisico o mentale impegnativo, e molto spesso l'uno e l'altro insieme, talvolta con un notevole dispendio di energia.
Mentre approfondivo l'argomento, mi sono resa conto di quanto questo fosse vasto e di quanto fosse lunga e complessa la sua storiografia.
Ho scelto, quindi, di osservare le sue influenze e i suoi cambiamenti nella società del XIX-XX secolo.
Il percorso parte dalla prima e dalla seconda rivoluzione industriale, che apportarono numerosi mutamenti, alcuni positivi altri negativi, nella società.
Charles Dickens è uno degli autori inglesi, che maggiormente assume nelle sue opere un impegno sociale, descrivendo le condizioni della Londra dell'Ottocento e le sue contraddizioni. Con la prima rivoluzione industriale, aumenta lo sfruttamento dei bambini, e questo si può individuare in molti suoi romanzi e in particolare in "Oliver Twist".
Passando dalla letteratura inglese a quella italiana, un autore che ha affrontato, per certi versi, temi analoghi a quelli appena esposti è Giovanni Verga, che in "Rosso Malpelo", novella tratta dalla raccolta "vita dei campi", analizza il mondo del lavoro e dell'infanzia in una Sicilia notevolmente più arretrata e agricola della Londra ottocentesca.
In campo filosofico ho ritenuto doveroso ricordare il pensiero di Karl Marx, che si è concentrato nell'analizzare il ruolo del lavoro nella vita dell'uomo e della società.
Se è vero, che l'arte e la filosofia sono lo specchio della società, allora, nel dipinto di Pellizza da Volpedo, "il Quarto Stato", vi è un riflesso iconografico non solo di un momento storico ma anche del pensiero marxista e, più in generale, di quello socialista.
Infine ho scelto di parlare dei campi di concentramento nazisti e sovietici, che ho visto come "piccole isole dell'orrore"dove il lavoro è mezzo di "distruzione" fisica e psicologica. Il titolo della tesina prende sarcasticamente spunto dalla scritta <<Arbeit macht frei>> presente nei cancelli d'ingresso di diversi lager.
ILLUSTRAZIONE DEL PERCORSO
All'origine del complesso e straordinario sviluppo dell'industria dei giorni nostri c'è un evento tecnico e sociale di rilevantissima importanza, la rivoluzione industriale verificatasi nella seconda metà del Settecento.
L a prima rivoluzione industriale fu il risultato di una serie d'innovazioni economiche e sociali che, a partire dal modo di produrre, mutarono la vita dell'uomo in tutti i suoi aspetti. Nell'arco di circa un secolo, 1770-1870, l'agricoltura venne superata, come principale fonte di reddito, dall'industria. Questa fu caratterizzata da una grande innovazione tecnologica resa possibile dall'utilizzo della macchina a vapore e del carbone come principale fonte di energia.
Mentre in precedenza un'alta quota della produzione veniva consumata direttamente, e soltanto una piccola parte poteva essere venduta, da questo momento cominciano a essere prodotti beni esclusivamente destinati alla vendita. Dal lavoro a domicilio, con il telaio collocato nella casa del contadino, e dalla piccola manifattura rurale si passa alla fabbrica di medie e grandi dimensioni, che riunisce in un solo luogo centinaia di lavoratori.
Perché la prima rivoluzione industriale ebbe inizio in Inghilterra?
Nel corso della seconda metà del Settecento, l'Inghilterra aveva adottato un nuovo tipo di organizzazione economica caratterizzata dalla libera circolazione delle merci, analizzata nella teoria liberista di Adam Smith[1], e agevolata dallo sviluppo di un'efficiente rete di trasporti. Inoltre, la specializzazione delle produzioni agricole aveva comportato l'espulsione dai villaggi di una grande massa di contadini, che si riversò nelle città e si rese disponibile a intraprendere un nuovo lavoro all'interno delle industrie. Lo sviluppo dell'economia inglese fu ulteriormente agevolato dal fatto che questo paese fu la patria di numerosi scienziati e tecnici, che si resero protagonisti di molteplici scoperte.
L'innovazione tecnologica
La meccanizzazione del settore tessile
Il primo settore che venne trasformato dall'avvento delle macchine fu quello tessile, con l'invenzione dei filatoi idraulici che sostituirono quelli azionati manualmente dall'operaio, aumentandone la produttività di centinaia di volte. Conseguentemente la produzione, prima dispersa nella lavorazione a domicilio, si concentrò in fabbriche situate in luoghi in cui era possibile sfruttare i corsi d'acqua.
La macchina a vapore e le nuove fonti di energia
L'invenzione della macchina a vapore consentì l'utilizzazione dell'energia chimica del carbone. L'utilizzazione della macchina di Watt ebbe un'incidenza determinante nel decollo della rivoluzione industriale.
Questa poté essere utilizzata in diversi settori come ad esempio nell'industria, nei trasporti o nell'agricoltura.
La nascita delle società per azioni
Mentre inizialmente lo sviluppo inglese fu sostenuto dall'autofinanziamento, che prevedeva l'acquisto delle attrezzature mediante l'utilizzo dei profitti, successivamente si ricorse a nuove forme d'investimento caratterizzate dalle società per azioni. All'interno di queste il capitale delle aziende viene diviso in tante quote, dette azioni, acquistabili da piccoli e grandi risparmiatori.
La città e la questione sociale
La dislocazione delle fabbriche nelle città, che si riempirono di artigiani e contadini che abbandonarono le campagne per lavorare nelle industrie, provocò un'enorme crescita della popolazione urbana.
Si costruirono, alle periferie delle grandi città, abitazioni fatiscenti e insane, prive dei più elementari servizi, in evidente contrasto con le residenze della ricca borghesia.
Le condizioni di lavoro e di vita degli operai erano durissime: fino a 16-17 ore di lavoro al giorno in luoghi pericolosi e malsani. A dettare il ritmo dell'attività era la macchina, di cui l'operaio diveniva lo strumento e a cui non si richiedevano particolari capacità e conoscenze. Si passa, quindi, da un mestiere creativo, quale era quello dell'artigiano ad un lavoro spersonalizzato e alienante.
I salari erano bassissimi, talvolta insufficienti per sopravvivere, e i lavoratori erano privi di qualsiasi tutela e continuamente sottoposti alla minaccia di licenziamento.
Anche donne e bambini lavoravano in queste condizioni; venivano assunti per convenienza economica, in quanto percepivano un salario più basso degli uomini, e per la maggiore docilità nell'eseguire il compito assegnato. Molti fra i piccoli lavoratori, malnutriti e sfruttati fisicamente, non riuscivano a sopravvivere; la mortalità infantile era elevatissima. I genitori accettavano questa situazione perché il salario preso dai figli era necessario per il sostentamento della famiglia.
La società si divise
nettamente in 2 ceti:
- Capitalisti (alto-borghesi ricchi, proprietari delle fabbriche)
- Proletari (ricchi di prole, con bassi salari e privi di tutela nel
rapporto di lavoro)
Lo sviluppo industriale nel resto del mondo
L'industrializzazione europea non avvenne ovunque negli stessi tempi, né seguendo gli stessi modelli. Secondo la cronologia proposta dallo storico Rostow, il decollo industriale sul continente interessò prima il Belgio e la Francia (fra il 1830 e il 1860), poi la Germania (anni cinquanta-settanta), poi la Russia (fine secolo), quindi l'Italia (inizio Novecento).
Intorno al 1850 si può collocare la rivoluzione industriale per gli Stati Uniti, mentre tra la seconda metà dell'Ottocento e l'inizio del Novecento si svilupparono paesi come la il Giappone e la Russia.
Vi furono anche regioni, in questo processo, che non si industrializzarono affatto, e altre che si deindustrializzarono, cioè che videro decadere la loro produzione manifatturiera tradizionale senza che se ne sviluppasse una moderna ( come ad esempio la Spagna e l'Italia meridionale).
Il luddismo: l'uomo contro la macchina
L'introduzione delle macchine determinò la scomparsa di antichi mestieri e la riduzione della manodopera; la reazione operaia a questi fenomeni fu particolarmente attiva all'inizio dell'Ottocento, durante il quale masse di lavoratori distrussero le macchine in segno di protesta.
Tale evento prese il nome di luddismo, dal leggendario capo della rivolta Ned Ludd.
I luddisti erano in genere operai specializzati, danneggiati dall'avvento delle macchine che, annullando la loro professionalità, avevano determinato il declassamento a operai generici.
Tra il 1873 e il 1896, i paesi industriali europei subirono un periodo di crisi economica noto col nome di Grande Depressione, una sorta di "fase di assestamento" dopo l'ondata della Prima Rivoluzione industriale del XIX sec.
Solo nel 1896 avvenne la ripresa, preludio alla Seconda rivoluzione industriale del XX secolo, che fu caratterizzata:
Dall'utilizzo di nuove fonti di energia, quali la corrente elettrica e la combustione a petrolio.
Dalla nascita di monopoli e oligopoli, che fecero concentrare numerosi settori produttivi nelle mani di un grande imprenditore o di pochi imprenditori associati.
Dall'introduzione della catena di montaggio, teorizzata da Taylor, che portò alla produzione in serie di beni materiali.
Dal nascere della società di massa.
Lo sviluppo del primo novecento affondò le proprie radici in una profonda trasformazione delle tecnologie e, soprattutto, nella scoperta di due nuove fonti di energia: il petrolio e l'elettricità.
Quest'ultima venne utilizzata sia nelle industrie che nelle città, che cominciarono ad esser e stabilmente illuminate elettricamente. Inoltre, la scoperta della lampadina accelerò l'uso domestico dell'elettricità in sostituzione del petrolio.
Questa trovò impiego anche presso le ferrovie dove sostituì il carbone.
Il petrolio, che fino alla metà dell'Ottocento era stato adoperato solo per l'illuminazione, con l'espansione dell'industria automobilistica e con l'applicazione dei motori a scoppio nelle navi e in altri macchinari, diffuse enormemente il suo utilizzo.
Il petrolio e i suoi derivati furono utilizzati anche per il riscaldamento domestico.
Il contributo della chimica
Anche la chimica compì un salto di qualità nei primi anni del Novecento, permettendo l'utilizzo di sostanze chimiche come fertilizzanti per l'agricoltura.
Inoltre, la scoperta dei coloranti artificiali, adatti a tingere sia la lana che il cotone, contribuì alla crescita delle industrie tessili, che non ebbero più bisogno di importare i principali elementi coloranti naturali.
La catena di montaggio
<< Non vi serviranno a nulla i vostri studi qui, ragazzo mio! Non siete venuto qui per pensare, ma per fare i gesti che vi si comanderà di eseguire Non abbiamo bisogno di immaginativi nell'officina, è di scimpanzé che abbiamo bisogno.>>
Da "Viaggio al termine della notte" di Céline.
Le fabbriche si rinnovarono non solo attraverso le innovazioni tecnologiche ma anche grazie ad uno studio sistematico di organizzazioni produttive sempre più complesse.
Al loro interno si verificò una radicale riorganizzazione del lavoro finalizzata a razionalizzare i processi produttivi per aumentare il rendimento.
L'ingegnere americano Frederick Winslow Taylor (1856-1915), fu il primo ad analizzare in maniera sistematica e scientifica l'organizzazione aziendale.
Il taylorismo mirava ad ottenere un basso costo della manodopera e a mantenere, allo stesso tempo, un alto livello dei salari, e si prefiggeva di raggiungere questi due obbiettivi attraverso una maggiore produttività.
Perché questo fosse possibile, era necessario perfezionare i tempi di lavoro, scomponendo i processi produttivi in semplici movimenti, che dovevano essere compiuti nel minor tempo possibile.
L'attività lavorativa, spersonalizzata e ripetitiva, diviene in questo modo sempre più alienante per l'operaio, a cui si richiede solo di eseguire i comandi assegnati.
Dal taylorismo al fordismo: la prima catena di montaggio
<< Si tratta di portare il lavoro agli uomini, anziché gli uomini al lavoro>>
Henry Ford
La prima catena di montaggio, conseguenza delle teorie di Taylor, fu installata presso le officine automobilistiche di Henry Ford.
Con questa nuova invenzione il prodotto scorre davanti agli operai, che hanno un unico compito da eseguire ripetitivamente e in un tempo preciso, determinato dall'avanzamento del nastro trasportatore.
Il lavoratore, a cui è richiesto un bassissimo livello di professionalità e di qualificazione personale, non può né allontanarsi né rallentare il ritmo del lavoro e deve compiere movimenti monotoni e ripetitivi.
Il fordismo divenne sinonimo della produzione di massa e segnò la definitiva parcellizzazione del lavoro operaio.
Attraverso questo nuovo sistema venne prodotta la prima automobile di serie, <<il modello T>>, caratterizzata da un disegno semplificato al massimo, per poter essere realizzata più facilmente, velocemente, con minori costi e in grandi quantità.
I limiti umani del fordismo
<< Il fordismo è il maggiore sforzo collettivo verificatosi finora per creare, con rapidità inaudita e con una coscienza del fine mai vista nella storia, un tipo nuovo di lavoratore e di uomo>>
Antonio Gramsci dall'opera <<Americanismo e fordismo>>
Il sistema taylorista-fordista richiede della manodopera non qualificata, disposta ad accettare la monotonia e la ripetitività delle mansioni assegnate e un basso salario.
L'operaio compie un lavoro spersonalizzato,i movimenti soggettivi sono ridotti al minimo, lo stesso ambiente che lo circonda è fatto in modo tale da eliminare qualsiasi sua iniziativa.
Parallelamente al raggiungimento di elevati livelli di produttività si ha la "perdita dell'identità" dell'operaio, che
<< si sente bestia quando dovrebbe sentirsi uomo (cioè quando lavora) e si sente uomo quando si comporta da bestia (cioè quando si abbandona al piacere del mangiare, del bere, del procreare)>>
Karl Marx
Charles Dickens was born in 1812 near Portsmouth. His father was imprisoned for debt and Charles was withdrawn from school. At the age of twelve, he was sent to work, in a blacking factory, a traumatic experience which marked him for life.
Some critics have remarked how this event in Dickens's boyhood had an influence on his subsequent work as a novelist and on his sense of social commitment.
In "Hard times", one of the most several Victorian novels, there is the descriptions and critic of the social and economic conditions of contemporary England. It is set in Coketown, an imaginary town which recalls the actual environment of Northern mill towns and, at the same time, becomes a symbolic representation of the economic and spiritual poverty that oppresses its working class.
Industrialization is seen as a threat to mankind, as it tends to turn human beings into machines by suffocating their emotions and imagination.
In Oliver Twist, like in Rosso Malpelo, the writer shows the life of a poor boy, who, since the childhood, is forced to work. The "workhouse" where Oliver and his companions live is based on "charitable" institutions of the time which treated the poor as if poverty was a crime.
The workhouses had a very strong work ethic. In Oliver Twist we see a typical form of work, that of picking oakum. Other forms included bone crushing and corn grinding. The combination of this severe workload and poor diet resulted in many inmates dying within the walls of the workhouse.
After the tragedy adventure inside the workhouse, he was entrusted by Gamfield, a chimney-sweeper that needy money, take away the boy in quality as a apprentice.
Gamfield's principal purpose was taking the money, that a parish church give to a person that away boy.
After the escape from the shop of chimney-sweeper, a work very dangerous that had seen the death of many children whose dead to asphyxiate because they must entered the chimney, Oliver was chosen as a apprentice by an contractor of undertaker's shop, Sowerberry.
In short time, Oliver made many different works, and that prove how was requested the children's work.
In this first part of the novel we can see a strong denounce of the poet, which has suffered in the first person the violences of the exploitation juvenile.
Dickens describe typical landscapes and situations of London post-industrial
La novella di Rosso Malpelo, la terza di "Vita dei campi", è ambientata in Sicilia, la regione che ha dato i natali al suo stesso autore Giovanni Verga.
Questa racconta la vita di un bambino (perché è tale quando inizia a lavorare), che viene ridotto ad uno stato di "schiavitù animalesca" all'interno delle cave di sabbia.
Attraverso la narrazione delle vicende personali del ragazzo, vengono messe in evidenza le condizioni di miseria e di sfruttamento dei minatori e il grande divario economico e sociale tra operai e padroni.
Il padre di Malpelo, finita la sua giornata lavorativa, decide di intraprendere un nuovo compito, che gli altri avevano rifiutato per i rischi che comportava. Accetta quell'incarico, non perché non apprezzasse la vita o ignorasse il pericolo ma perché la paga fissa, che riceveva mensilmente, non era sufficiente per seguire i bisogni della famiglia.
.tutti i suoi compagni avevano acceso la pipa e se ne erano andati dicendogli di divertirsi a grattarsi la pancia per amor del padrone, e raccomandandogli di non fare la morte del sorcio. Ei che c'era avvezzo alle beffe, non dava retta, e rispondeva soltanto con gli ah! ah! dei suoi bei colpi di zappa in pieno; e intanto borbottava:
<<Questo è per il pane! Questo pel vino! Questo per la gonnella di Nunziata!>>
Purtroppo, muore in quella circostanza, intrappolato nella cava, così come gli operai della Thyssen sono morti avvolti dalle fiamme all'interno della fabbrica.
Verga scrive questa novella nel 1878, nel dicembre del 2007[2] sette operai perdono la vita in circostanze analoghe. Come mastro Misciu anche loro continuano a lavorare, per portare uno stipendio a casa, pur sapendo di non essere protetti da sistemi di sicurezza adeguati.
Il ragazzo, dopo la morte del padre, diventa l'unica fonte di redito per la famiglia.
Continua a lavorare nella cava e all'interno di questa stringe un rapporto di amore e odio con Ranocchio, un <<povero ragazzetto>>, che, a causa di una lussazione al femore, che gli impedisce di fare il manovale, è costretto a lavorare sottoterra.
Malpelo lo picchia, ma gli insegna nello stesso tempo, con rabbioso affetto, le dure e feroci leggi della vita, le uniche che egli conosca: la continua lotta di tutti contro tutti e la sopravvivenza del più forte.
Anche Ranocchio muore, di tisi, il ragazzo resta sempre più solo e trova quasi "consolazione" nel bestiale lavoro che compie.
A Malpelo toccano i compiti più ingrati e rischiosi, tanto a nessuno importa di lui.
Anch'egli saluta la vita all'interno della cava. Come il padre, accetta una mansione rischiosa, che nessun'altro avrebbe accettato.
Nel racconto di Verga, il lavoro assume, per le classi inferiori, i connotati di una maledizione che si tramanda di padre in figlio.
<<La novella fu scritta per rispondere alla sollecitazione delle pagine "Il lavoro dei fanciulli nelle zolfare siciliane", che erano parte integrante dell'inchiesta "La Sicilia nel 1876" di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino.>> (da guida alla lettura del testo "Vita dei campi e altre novelle" , Arnoldo Mondadori Scuola)
<< Questa novella è stata scritta da Giovanni Verga più di cento anni fa.
Solo per caso si svolge in Sicilia.
Per caso in una miniera.
Quello di cui si narra potrebbe essere successo oggi,
ovunque nel mondo ci sono bambini soli sfruttati e maltrattati.>>
Dal film, di Pasquale Scimeca, Rosso Malpelo.
Karl Marx
Breve biografia
Karl Marx (Treviri 1818 - Londra 1883), filosofo, economista e pensatore politico tedesco, fondatore con Friedrich Engels del socialismo scientifico.
Iniziati gli studi universitari a Bonn, nel 1836 Marx si trasferì all' Università di Berlino, dove conseguì il dottorato in filosofia nel 1841. Nel 1842 iniziò a collaborare con la "Rheinische Zeitung" (Gazzetta renana) di Colonia, della quale divenne in breve tempo caporedattore. I suoi articoli, incentrati sulla critica delle condizioni sociopolitiche dell'epoca, gli crearono problemi con le autorità prussiane: il giornale fu soppresso nel 184 . Marx si recò quindi a Parigi, dove iniziò i suoi lavori di ispirazione socialista con uno studio critico della filosofia hegeliana del diritto; in esso appaiono già delineate le idee fondamentali della sua dottrina.
Nel 1845 fu espulso dalla Francia e si trasferì a Bruxelles dove proseguì i suoi studi di economia. Qui insieme ad Engels scrive "L'ideologia tedesca" dove si trova esposta per la prima volta la concezione materialistica della storia, e, contro Proudhon, "La miseria della filosofia", frutto di una sempre più approfondita coscienza dell'economia politica.
Nel 1848 viene pubblicato, a Londra, "Il manifesto del partito comunista", che rappresenta una stringata "summa" della concezione marxista del mondo.
Dopo la pubblicazione del Manifesto scoppiarono le rivoluzioni in Francia e in Germania: il governo belga, temendo l'avanzata dell'onda rivoluzionaria, bandì Marx, che tornò a Parigi e poi nuovamente a Colonia, dove fondò e diresse la "Nuova gazzetta renana".
Nel 1849 fu costretto a trasferirsi a Londra , dove rimase fino alla morte.
Nel 1864 partecipa alla fondazione della Prima Internazionale, di cui dettò lo statuto e di cui fu l'anima fino al fino al 1872.
Marx muore nel 1883, e durante il suo funerale Engels Viene recita una breve orazione funebre che termina così:
<<'I governi, assoluti e repubblicani, lo espulsero, i borghesi, conservatori e democratici radicali, lo coprirono a gara di calunnie. Egli sdegnò tutte queste miserie, non prestò loro nessuna attenzione, e non rispose se non in caso di estrema necessità. E' morto venerato, amato, rimpianto da milioni di compagni di lavoro rivoluzionari in Europa e in America, dalle miniere siberiane sino alla California. E posso aggiungere senza timore: poteva avere molti avversari, ma nessun nemico personale. Il suo nome vivrà nei secoli, e così la sua opera!'>>.
Friedrich Engels: 'Sulla tomba di Marx'
<< Il primo contrassegno della filosofia di Marx è la sua irriducibilità alla dimensione puramente filosofica, sociologica o economica e il suo porsi come analisi globale della società e della storia>>
Da "Protagonisti e Testi della Filosofia" di N. Abbagnano e Giovanni Fornero
La filosofia di Karl Marx, inoltre, non si ferma all'analisi e alle conclusioni ma assume un impegno di trasformazione rivoluzionaria della società e dell'uomo.
La filosofia deve essere strettamente legata alla prassi, il pensiero deve legarsi all'azione.
<< I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo
ma si tratta di trasformarlo>>.
Tesi XI da "Tesi su Feuerbach"
Le influenze che stanno alla base del marxismo
Marx è principalmente influenzato da tre correnti culturali:
- La filosofia classica tedesca, da Hegel a Feuerbach
- L'economia politica borghese
- Il pensiero socialista
La formazione filosofica di Marx è segnata soprattutto da Hegel e da Feuerbach.
Il primo testo in cui egli si confronta con il maestro è la "Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico".
Marx critica il sistema filosofico di Hegel, che ha trasformato le realtà empiriche in manifestazioni necessarie dello Spirito e ha capovolto il ruolo di soggetto e predicato, di concreto e astratto.
Al metodo "mistico" di Hegel, egli oppone il "metodo trasformativo", che consiste nel ricapovolgere ciò che l'idealismo ha capovolto e, quindi, nell'individuare ciò che è veramente soggetto e ciò che è veramente predicato.
Della filosofia hegeliana, invece, riconosce la concezione generale della realtà come totalità storico-processuale, come processo dialettico, per il quale dato A segue necessariamente B.
A Feuerbach riconosce il merito di aver riordinato i termini (soggetto e predicato) che l'idealismo aveva capovolto. Ma critica anche la sua posizione, perché ritiene che egli pur avendo sottolineato la naturalità dell'uomo ha perso di vista la sua storicità, non comprendendo che quello <<più che natura, sia società, e quindi storia>> .
<< . l'essenza umana non è qualcosa di astratto . nella sua realtà essa è l'insieme dei rapporti sociali.
Feuerbach, che non penetra nella critica di questa essenza reale, è perciò costretto:
Ad astrarre dal corso della storia, a fissare il sentimento religioso per sé, ed a presupporre un individuo astratto - isolato.
L'essenza può dunque esser concepita soltanto come "genere", cioè come universalità interna, muta, che leghi molti individui naturalmente>>
Tesi VI da "Tesi su Feuerbach"
Un altro punto che unisce e, allo stesso tempo, divide Marx e Feuerbach è il modo di interpretare la religione.
Infatti, Feuerbach svela le ragioni dell'alienazione religiosa ( non è Dio a creare l'uomo, ma l'uomo a proiettare Dio sulla base dei propri bisogni), ma non comprende, secondo Marx, le cause del fenomeno religioso, ne propone una soluzione per superare questa condizione.
Infatti, poiché l'uomo è un prodotto sociale, l'analisi di tale problema non va posta sull'uomo, inteso come ente astratto e decontestualizzato, ma sulla tipologia storica di società in cui vive.
Per Marx la religione, che egli definisce come "Opium des Volks" (oppio dei popoli), è il prodotto di un'umanità alienata e sofferente a causa delle ingiustizie sociali. L'uomo, attraverso la credenza in questa, si costruisce un mondo ideale, dove si illude di trovare, dopo la morte, ciò che gli è stato negato in vita.
Dunque, se la religione è il frutto malato di una società malata, l'unico modo per sradicarla è quello di distruggere le strutture sociali che la producono .
Marx è convinto che nella "modernità" sia presente una scissione tra la società civile e lo Stato.
Mentre nella polis greca, ego pubblico e ego privato coincidevano, nel mondo moderno l'uomo non conosce l'unità di queste. Egli vive due vite: una <<in terra>> come <<borghese>>, cioè nell'ambito dell'egoismo e degli interessi privati della società civile, e l'altra <<in cielo>> come <<cittadino>>, ovvero nella sfera superiore dello Stato e dell'interesse comune[6].
In realtà, l'uguaglianza, che l'uomo non trova nella società civile e, quindi, cerca nello Stato, è puramente illusoria. Infatti, non è lo stato a imbrigliare la società, innalzandola ad un interesse comune, ma è la società, o meglio la classe dominante, che imbriglia lo Stato, perseguendo i propri fini.
In Hegel il termine alienazione indica un momento del movimento dello Spirito e più precisamente la sua manifestazione nella realtà. Questo assume, allo stesso tempo, un significato negativo, perché è la negazione dell'unità del primo momento e una accezione positiva, in quanto momento necessario perché l'idea possa riappropriarsi di sé in modo arricchito.
In Feuerbach, l'alienazione, assume, invece, un valore negativo, in quanto si identifica con la condizione dell'uomo religioso, che si sottomette a una potenza esterna (Dio), che egli stesso ha creato e dal quale si sente estraniato. Egli si costruisce un mondo inesistente alienandosi dalla propria realtà.
Marx si avvicina più
a Feuerbach da cui accetta la struttura formale del meccanismo dell'alienazione
come condizione di 'scissione', 'auto estraniazione'.
L'alienazione dell'uomo di Marx è di natura socio-economica e dipende quindi da
un fatto reale: è la condizione storica del salariato nell'ambito della società
capitalistica. Questa è descritta sotto quattro aspetti fondamentali:
Il lavoratore è alienato rispetto al prodotto della sua attività.
<<L'operaio sta in rapporto al prodotto del suo lavoro come ad un oggetto estraneo . l'operaio pone nell'oggetto la sua vita, e questa non appartiene più a lui bensì all'oggetto>>
Dai Manoscritti economico-filosofici, Karl Marx
Attraverso la forza-lavoro, l'operaio produce un oggetto, del quale verrà privato e che si impone, nei suoi confronti, come potenza dominatrice.
Il lavoratore è alienato rispetto alla sua stessa attività.
<< Il lavoro resta esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, l'operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente appagato ma infelice, non volge alcuna libera energia fisica e spirituale, bensì mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito.
L'operaio si sente con se stesso soltanto fuori dal lavoro, e fuori di se nel lavoro>>
Dai Manoscritti economico-filosofici, Karl Marx
Il lavoro non è attività libera e in questa l'operaio non trova soddisfazione. Si tratta piuttosto di un "lavoro costrittivo", dove l'uomo si sente strumento di fini estranei e :
<<si sente bestia quando dovrebbe sentirsi uomo (cioè quando lavora) e si sente uomo quando si comporta da bestia (cioè quando si abbandona al piacere del mangiare, del bere, del procreare)>>
Karl Marx
Il lavoratore è alienato rispetto alla propria essenza.
<<Nel modo dell'attività vitale si trova l'intero carattere di una specie, il suo carattere specifico. La libera attività consapevole è il carattere specifico dell'uomo. Ma la vita stessa appare, nel lavoro alienato, soltanto mezzo di vita>>.
Dai Manoscritti economico-filosofici, Karl Marx
L'uomo si dovrebbe distinguere dell'animale attraverso il lavoro, che deve essere libero e creativo. Nella società capitalistica, invece, il suo lavoro è forzato e ripetitivo.
Il lavoratore è alienato rispetto al prossimo.
<< Quando l'uomo sta di fronte a se stesso, gli sta di fronte l'altro uomo>>
Dai Manoscritti economico-filosofici, Karl Marx
Il prossimo per l'operaio è soprattutto il capitalista, che egli vede come una figura antagonista. Come colui che gli impone un lavoro, che non lo gratifica, e che lo espropria del proprio prodotto.
La causa del meccanismo globale dell'alienazione risiede nella proprietà privata dei mezzi di produzione.
<< Abbiamo certamente ricavato il concetto del lavoro espropriato dell'economia politica come il risultato del movimento della proprietà privata>>
Dai Manoscritti economico-filosofici, Karl Marx
Nel saggio intitolato "Il Capitale" Marx non si limita ad un'analisi economica del capitalismo, poiché egli vede nella sfera economica la chiave di spiegazione della società.
La prima parte del capitale è dedicata al fenomeno "merce".
Questa deve possedere un <<valore d'uso>> , in quanto un prodotto deve poter essere utile per qualcosa e un <<valore di scambio>>. Quest'ultimo corrisponde alla quantità di lavoro socialmente necessaria per produrre una merce: teoricamente più lavoro è necessario per produrla, più aumenta il suo valore, talvolta, però, su questo influiscono altri fattori come l'abbondanza o la scarsità della merce stessa.
Il capitalista ha la possibilità di "comperare" e "usare" una merce particolare, che è in grado di produrre valore: si tratta della merce umana e quindi dell'operaio.
Il capitalista acquista la sua forza-lavoro pagandola con il suo <<valore di scambio>>, che corrisponde al salario minimo, che gli permetta di vivere, lavorare e procreare.
Tuttavia, l'uomo è in grado di produrre un valore di quello che gli è corrisposto in salario.
Dal pluslavoro dell'operaio deriva il plusvalore.
Saggio del plusvalore = plusvalore/ capitale variabile (capitale investito nei salari)
Saggio del profitto = plusvalore / capitale costante + capitale variabile
Poiché il capitalismo si regge sulla logica Denaro- Merce- Più denaro, il suo fine è quello di ottenere una quantità sempre più grande di plusvalore.
Questo si pensa potrebbe essere raggiunto aumentando le ore di lavoro dell'operaio, e quindi il pluslavoro. In realtà, dopo un certo numero di ore lavorative il lavoratore cessa di essere produttivo o comunque diminuisce le sue capacità produttive.
<< Più che sul prolungamento della giornata lavorativa, il capitalismo punta sulla riduzione di quella parte di giornata lavorativa necessaria a reintegrare il salario. In altre parole, se l'operaio, anziché impiegare sei ore per guadagnare il proprio salario, ne impiega quattro, il plusvalore intascato dal capitalista sarà evidentemente maggiore>>.[7]
Perché questo sia possibile sono state introdotte le macchine, che diminuiscono i tempi di produzione e facilitano la stessa. Questo ha permesso ai capitalisti di poter utilizzare anche la forza-lavoro di donne e bambini, che ha un costo minore.
Secondo Marx, il sistema capitalistico, porta alla formazione, all'interno della società, di un'enorme divario tra la minoranza industriale, che possiede una grande ricchezza, e la maggioranza proletaria, che ha la prole come un'unica ricchezza.
la presa di coscienza della classe dei lavoratori.
Foto, scattata da Pellizza da Volpedo,
da cui prenderà spunto per
realizzare l'opera "Il Quarto Stato"
Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) è uno degli artisti, che tra Ottocento e Novecento, sulla scia del socialismo, si interessa alle tematiche sociali, al punto da rappresentarle nelle sue opere.
Pellizza partecipò all'attività della società agricolo - operaia di mutuo soccorso e si impegnò per orientare i lavoratori verso rivendicazioni dei loro diritti decise ma pacifiche.
Tuttavia il frutto maggiore dell'impegno sociale di Pellizza è rappresentato dal grande quadro "Il Quarto Stato", in cui l'autore dice che voleva <<simboleggiare le grandi conquiste che i veri lavoratori andavano facendo tutto dì nel mondo attuale>>.
L'artista concepì l'idea di dedicare un'opera alla riscossa dei lavoratori nel 1891, e cominciò a preparare studi e bozzetti per una prima realizzazione del quadro, che era intitolata "Ambasciatori della fame" (1891-1894) e che rappresentava un gruppo di contadini in sciopero.
In alto a sinistra: In alto a destra:
Ambasciatori della fame (prima idea, 1891), olio Ambasciatori della fame (1892), olio su tela, cm 51,5x73
su tavoletta, cm 25x37,2, collezione privata
In basso al centro:
Ambasciatori della fame (1893-1894), carboncino e gessi su carta
marroncino, cm 159,5x198, collezione privata
Insoddisfatto del risultato ottenuto, cominciò a lavorare su una seconda redazione dell'opera, che intitolò "Fiumana" (1895-1897), che risulta molto simile alla versione finale "Il Quarto Stato".
Nel 1896 Pellizza scrisse a proposito della sua opera:
<< Questo quadro, che è certamente un tentativo per fare un'arte superiore non formata soltanto di tecnica, ma anche di pensiero, mi costa fatica terribile e debbo far sforzi erculei per vincere le difficoltà che ogni giorno mi si presentano>>.
Fiumana prima versione: Pellizza (a destra) mostra all'obiettivo la prima versione della tela, poi modificata nel corso dello stesso 1896
Fiumana (1896), olio su tela, cm 255x438
Scartata anche la versione "Fiumana", dal 1898, l'artista si dedicò a una nuova tela, che inizialmente doveva chiamarsi "Il cammino dei lavoratori" e che infine ricevette il titolo di "Quarto Stato".
Il cammino dei lavoratori (1898), olio su tela, cm 66x116
Il Quarto Stato rappresenta una marcia dei lavoratori in sciopero: due uomini e una donna con un bambino in braccio aprono e precedono un grande corteo.
Il soggetto del dipinto sono dei contadini, anche se Pellizza preferisce non caratterizzarli, come se volesse estendere il gesto di questa classe a tutti i lavoratori. Infatti, come si può notare, rispetto a "Ambasciatori della fame", scompaiono gli attrezzi agricoli.
Gli scioperanti camminano a testa alta, con dignità e consapevoli della loro forza di classe.
Pellizza evita sia la rappresentazione delle miserie sia l'enfasi trionfalistica, poco probabile in quegli anni di sanguinose repressioni.
Per quanto riguarda la tecnica pittorica, "Il Quarto Stato" è un opera appartenente alla corrente del divisionismo[8]; Pellizza applica un puntinismo in grado di dare alle figure avanzanti una particolare compattezza e luminosità. Lo sfondo, invece, nella parte alta della tela, presenta dei toni cupi, con una prevalenza di verdi e di blu.
L'opera venne presentata a Torino nel 1902 ma non riscosse successo e anzi venne fortemente criticata sia per il contenuto (ritenuto incapace di far emergere il suo messaggio), sia sulla forma (in particolare per l'assenza di movimento).
Negli anni successivi, però, trovò la stima cercata e venne, spesso, utilizzato dalla stampa socialista per esprimere in modo immediato la volontà di riscossa della classe lavoratrice.
Il Quarto Stato (1901), olio su tela, cm 293x545, Milano, Galleria d'Arte Moderna
Il lavoro forzato dei deportati
<< Il bisogno economico si manifestò, come al solito, apertamente e avidamente: allo stato, che intendeva rafforzarsi entro un breve termine . e senza adoperare alcuna risorsa esterna, occorreva una manodopera:
a)estremamente a buon mercato, meglio se gratuita
b) poco esigente, pronta ad essere cacciata dal posto in un giorno qualunque, libera da legami familiari, che non richiedesse alloggi ben sistemati, scuole, ospedali e per un certo tempo neanche cucine e bagni.>>
da Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzenicyn , citazione presa dal libro "Le ali della libertà"
Il termine Lager in tedesco significa <<campo>> e indica i campi di concentramento che furono allestiti nella Germania nazista dal 1933 al 1945: tra questi si distinguevano i campi di lavoro (come ad esempio Dachau e Mauthausen in Austria, Buchenwald in Germania) dai campi di sterminio, nei quali i deportati venivano immediatamente avviati alle camere a gas. Vi erano anche i campi, come quelli di Auschwitz-Birkenau, che svolgevano una doppia attività, fungendo sia come campi di lavoro che come campi di sterminio.
Il termine Gulag, invece, è una espressione russa che indica l'<<Amministrazione centrale dei campi di lavoro rieducativo>> e viene utilizzata per definire tutti i campi di lavoro, che nell'U.R.S.S., a partire dal 1920, accolsero milioni di uomini, tra kulaki (contadini agiati), politici e "persone scomode" al regime.
I Lager nazisti e i Gulag sovietici, provengono da due regimi totalitari ideologicamente "opposti", ma nonostante questo la logica dello sfruttamento al fine di un grande guadagno è analoga.
Il paradosso è che i secondi, si formano all'interno di un sistema comunista, che nasce rivendicando l'ideologia marxista, che si era tanto impegnata per difendere la condizione umana del lavoratore.
Come si sa, tuttavia, più il crimine è grave tanto è più facile trovare delle "valide" giustificazioni a questo.
Cosi, il lavoro forzato all'interno dei Gulag assume l'assurdo significato rieducativo e di redenzione.
<< Costringere un detenuto a lavorare tutti i giorni (a volte per 14ore di seguito) è umanitario e porta alla sua redenzione. Al contrario limitare la sua reclusione alla cella di una prigione, al cortiletto e all'orto, dargli la possibilità, durante quegli anni di leggere libri, scrivere, meditare, discutere, significa trattarlo "come il bestiame">>
da Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzenicyn , citazione presa dal libro "Le ali della libertà"
Nella logica nazista e fascista, invece, "il lavoro nobilita" e quindi gli ignobili (tutti i deportati) non sono degni di lavorare nel senso usuale del termine. Il lavoro, per loro, deve essere afflittivo: non deve lasciare spazio alla professionalità, deve piuttosto assomigliare a quello compiuto dagli animali da soma.
Dietro queste logiche rieducative e punitive, tuttavia, si aggiravano forti interessi economici. Alle spalle di molti lager vi erano aziende pubbliche e private, che "affittavano" la manodopera dei deportati.
Lo sfruttamento dei detenuti non avveniva solo ad opera delle famigerate IG-Farben, Siemens e Krupp, ma di gran parte dell'industria tedesca, grande e piccola.
Questi erano merce e niente più, che veniva scelta a seconda delle necessità.
Questo tipo di "commercio" avveniva anche all'interno dei Gulag sovietici, anche se vi è una minore documentazione a riguardo. Tuttavia la sua esistenza è confermata da Solzenicyn:
<<Si diceva proprio cosi, senza un sorriso: Be' che merce avete portato?>>
da Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzenicyn , citazione presa dal libro "Le ali della libertà"
ARBEIT MACHT FREI (Il lavoro rende liberi)
Questa cinica scritta, che promette la 'libertà' attraverso il lavoro, mentre nei lager si attuava lo 'sterminio' attraverso il lavoro, identifica una delle funzioni principali dei campi di concentramento: infatti, i detenuti furono un'immensa risorsa di manodopera per il regime nazista e per l'industria tedesca.
Fino al 1937 le attività svolte dai detenuti erano tutte connesse alla vita interna dei campi (manutenzione, produzione di beni e servizi destinati al consumo interno: ad esempio, vestiario per gli internati e per le SS, coltivazione di prodotti agricoli.).
Dalla costruzione di Buchenwald (1937) in poi, i detenuti erano stati utilizzati anche per la realizzazione di nuovi campi e delle strade che conducevano ad essi: il loro lavoro si era quindi esteso al sistema delle costruzioni e si svolgeva in cave e fornaci per la produzione di laterizi, comunque rimaneva ancora nell'ambito dell'apparato concentrazionario.
A partire dal 1940-1941 i detenuti vennero impiegati anche all'interno delle industrie. Ad esempio, la scelta del sito di Auschwitz da parte della IG-Farben per la costruzione della fabbrica Buna (febbraio 1941) fu certamente determinata dalla possibilità di utilizzare come manodopera i prigionieri di quel lager.
Le sconfitte militari che si susseguirono a partire dalla fine del 1942 e l'avvicinamento dei fronti di guerra ai confini del Reich, oltre agli attacchi aerei inglesi e americani che distrussero le città industriali tedesche, acuirono le difficoltà dell'economia nazista.
Inoltre, la necessità di uomini che sostituissero gli operai tedeschi incorporati nell'esercito spinse i gerarchi nazisti ad intensificare lo sfruttamento della manodopera straniera.
Il lavoro dei detenuti veniva sfruttato fino alla loro morte ed era esso stesso mezzo di distruzione fisica.
Nello sfruttamento dei detenuti, i vantaggi degli imprenditori erano notevoli, perché la tariffa che dovevano pagare ai comandanti dei campi come compenso per il lavoro di un detenuto rappresentava appena un terzo del salario di un lavoratore tedesco di qualifica equivalente.
Il lavoro all'interno dei Lager e dei Gulag provocava la massima alienazione dell'uomo, che non solo veniva espropriato del proprio prodotto ma veniva sottoposto a ore e condizioni di lavoro durissime.
Storia e Geostoria volume 4a-4b; Autori Gianni gentile, Luigi Ronga; Casa editrice La Scuola;
anno 2005; Brescia
Studiare storia 2; Autori Marco Fossati, Giorgio Luppi, Emilio Zanette; Casa editrice Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori; anno 2001; Paravia
Le sfide della storia 2; Autori Fabio Cereda, Victor Reichmann; Editore Carlo Signorelli; anno 2003; Milano
Essere nel mondo; Autori A. Calarco M. ticconi, G. di Giammarino; Editori Fratelli Conte; anno 1990; Napoli
Words that speak 2; b. de luca, Deborah J. Ellis, Paola Pace, Silvana Ranzoli;Loescher; 2006
Literary in links 3; Grame Thomson, Silvia Maglioni; Cideb; Genoa 2000
tempi e immagini della letteratura 5; Autori Gian Mario Anselmi, Gabriella Fenocchio; Casa editrice Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori; Anno 2004; Paravia
Vita dei campi e altre novelle di Giovanni Verga; a cura di Gianni Oliva; Casa editrice Arnoldo Mondadori Scuola; Anno 1992; Milano
Dialogos 3; Autori Cioffi, Gallo, Luppi, Vigorelli, Zanette; CAsa editrice Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori; anno 2000; Paravia
Protagonisti e testi della filosofia volume c; Autori Nicola Abbagnano e Giovanni Fornero; Casa editrice Paravia Bruno Mondadori Editori; anno 2000
Storia dell'arte italiana. Grandi opere EINAUDI
Itinerario nell'arte. Autori Cricco, Di Teodoro; casa editrice Zanichelli; Anno 2005; Bologna
Storia della Shoa. La distruzione degli ebrei; Autori Flores, Levis, Sullam, Traversos; Editore Utet; Anno 2006
Le ali della libertà; a cura di Roncoroni A.; Editore Carlo Signorelli; Anno 2003
www.encarta.it
per le immagini sono stati usati:
Grafica e Immagine "Illustrazione fotografica".
Adam Smith(1723-1790), economista e filosofo scozzese, criticò il protezionismo e l'intervento dello stato nell'economia e teorizzò una nuova prospettiva della politica economica.
Questa dottrina sosteneva che l'interesse individuale coincidesse con quello generale; poneva il lavoro alla base della formazione della ricchezza; assegnava allo stato il solo compito di garantire la libera iniziativa.
Si prende la strage thyssen come riferimento perché è quella che ha fatto più scalpore in questi mesi.
|
Appunti Ingegneria tecnico | |
Tesine Economia | |