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IL COLONIALISMO
La colonizzazione, cioè la fondazione di colonie su territori diversi e
spesso lontani dalla madrepatria, è un fenomeno che può essere fatto risalire
ai Fenici e ai Greci, che in gruppi numerosi si spostavano dalle terre
d'origine e andavano a vivere nei territori vicini e successivamente nelle
regioni del Mediterraneo occidentale.
Questo primo
tipo di colonizzazione, determinato soprattutto da carestie, lotte politiche o
ragioni di espansione commerciale per il rifornimento di materie prime di cui
la madrepatria era carente, prevedeva la fondazione di insediamenti stabili nei
quali i cittadini che immigravano trasferivano il loro modo di vita, la loro
civiltà, che si fondevano con quella delle popolazioni locali, dando origine a
centri che sarebbero diventati fiorenti città.
Successivamente
alle grandi scoperte geografiche del XV secolo si ebbe una seconda
colonizzazione.
Diversamente
dagli antichi navigatori, in questo periodo gli Europei cercavano una via breve
per poter arrivare alle Indie, da cui attingevano importanti prodotti quali
spezie, metalli preziosi e seta.
Vi furono
molte spedizioni: i fratelli Vivaldi che oltrepassarono lo stretto di
Gibilterra, Bartolomeo Diaz che doppiò il Capo di Buona Speranza, ma la più
importante fu quella di Cristoforo Colombo, navigatore genovese che, tentando
di raggiungere le Indie dalla Spagna, passando per ovest, arrivò in un nuovo
mondo. L'impresa di Colombo venne continuata da Amerigo Vespucci, che dette la
dimostrazione definitiva della scoperta di un nuovo mondo che chiamò America.
La scoperta
di questo continente suscitò spirito avventuriero nei paesi europei che
mosse molti Spagnoli a recarsi al di là dell'Atlantico in cerca di ricchezza,
terra e gloria militare.
I più feroci
furono i conquistadores, guidati da Cortez e Pizarro che, sfruttando
l'ignoranza degli indigeni, conquistarono gran parte del nuovo territorio.
I
Portoghesi, forti già dei loro possedimenti in Africa e in Asia, si diressero
alla volta del nuovo mondo e colonizzarono l'America Meridionale.
Le scoperte
geografiche ebbero importanti conseguenze in campo economico, politico e
sociale.
Le
condizioni di schiavitù e di lavoro imposte dai colonizzatori portarono ad un
drastico calo delle popolazioni locali. Vi fu una completa soggezione culturale
delle genti colonizzate, le quali venivano sfruttate come manodopera a basso
costo, mentre le risorse dei loro territori venivano esportate nella
madrepatria, depredando gli indigeni delle loro ricchezze.
Il
colonialismo cominciò ad entrare in crisi agli inizi del '900.
Si operò un
profondo mutamento nell'atteggiamento degli Europei verso gli altri continenti
che coincise con il progressivo abbandono della prospettiva eurocentrica fino
allora dominante.
Il neocolonialismo.
I paesi colonizzati dalle grandi potenze europee credevano che una volta
raggiunta l'indipendenza sarebbe scomparsi tutti i vecchi mali di cui
soffrivano e avrebbe avuto inizio un'era di prosperità e giustizia.
La realtà
risultò diversa. Lo sviluppo economico e sociale era infatti subordinato
all'industrializzazione, per la quale mancavano le condizioni essenziali:
capitali, manodopera e infrastrutture.
Occorrevano
pertanto grossi finanziamenti che non potevano venire che dai paesi ad economia
avanzata. Perciò i governi che si trovarono alla testa dei 'paesi
nuovi' (gli stati africani, asiatici.) dovettero ricorrere alla
collaborazione delle ex-potenze coloniali e stringere con loro accordi.
Si ricreava
così la 'soggezione ai vecchi padroni' nel campo finanziario, tecnico
e culturale .
Si è coniato
pertanto il termine di 'neocolonialismo' per indicare quei rapporti
politici ed economici volti a ristabilire il controllo e lo sfruttamento da
parte di una grande potenza su quei territori che in passato erano stati sotto
il suo dominio.
Tutto ciò va
visto nel quadro del neoimperialismo tipico della nostra età.
Con la fine
della seconda guerra mondiale gli ultimi grandi imperi coloniali europei
cominciavano a dissolversi e diveniva predominante il neocolo-
nialismo,
fenomeno attualmente noto per l'assenza di sistemi istituzionali di controllo.
Ne sono esempio gli Stati Uniti d'America che possono influenzare la politica
economica di molti stati del Terzo Mondo, grazie al proprio potere economico e
al controllo esercitato su organismi internazionali come la Banca Mondiale o il
Fondo Monetario Internazionale.
Esaminando
il problema, bisogna dire che all'origine del neocolonialismo vi sono ragioni
economiche, politiche e ideologiche.
La
motivazione economica è la più importante: uno stato cerca di dominarne altri
per reperire materie prime, forza lavoro e trovare mercati per la propria
produzione. Secondo tale politica, la volontà di espandere la propria influenza
può nascere dal desiderio di acquisire potere e prestigio, dalla ricerca della
sicurezza nazionale o di vantaggi diplomatici.
Ci furono
anche motivazioni ideologiche: l'espansione europea ottocentesca veniva
considerata missione civilizzatrice di popoli più avanzati verso quelli più
arretrati.
Il parametro
con cui normalmente si misurano gli effetti del neocolonialismo rimane sempre
quello economico: gli investimenti occidentali, i prestiti, le politiche
commerciali e i programmi di 'aiuto' hanno lo scopo di proteggere gli
interessi politici e strategici degli imperialisti e di mantenere
economicamente deboli i paesi in via di sviluppo e quindi farli dipendere dal
neocolonialismo.
Questa
situazione si aggrava quando il governo locale è formato da esponenti della
borghesia e della piccola borghesia i quali preferiscono, in nome del proprio
interesse, che il loro paese resti una debole dipendenza delle potenze
capitalistiche, piuttosto che avviarsi verso il socialismo.
Nascita del divario Nord/Sud
Non è una scelta sociale se la maggior parte degli abitanti del Nord vive nella ricchezza, ma tutto ciò serve per evitare il crollo del sistema. Inizialmente il capitalismo considerava sia la gente del Nord che quella del Sud manodopera da sfruttare, ma a cambiare le cose fu il progresso tecnologico. Nel Nord furono introdotte nuove macchine sempre più veloci che aumentarono la produttività; a questo periodo d'espansione segnato da alti investimenti, ne seguì uno di crisi e disoccupazione chiamato recessione. Il sistema capì che tale crisi era causata da una sfasatura tra la resa del lavoro e i salari; solo nel dopoguerra ogni aumento di produttività fu seguito da un aumento salariale.In seguito nacque il consumismo perché i lavoratori, guadagnando di più, vennero spinti a consumare più beni e ciò permise l'apertura di nuove attività produttive. Nel Sud ancora oggi si trovano i mercanti che mirano ad ottenere i prodotti a poco prezzo per rivenderli al Nord. Mentre il Nord assume il ruolo di grande consumatore mondiale, il Sud pur essendo mercato occasionale, ha assunto secondo le strategie del neocolonialismo, il ruolo di fornitore di materie prime.
Il lavoro minorile:
vergognoso
attentato alla libertà.
Quando si parla di terre come il Brasile, la Malesia, l'India,
l'Indonesia si pensa al mare azzurro, alle spiagge bianche e chilometriche, a
un patrimonio naturalistico ricco e interessante.
Purtroppo la
realtà non è quella che ci viene mostrata dai depliant delle agenzie
turistiche. Il sapore dolce di una vacanza in questi luoghi si scontra con
quello amaro della povertà, del degrado, dello sfruttamento.
L'organizzazione
nazionale del lavoro, che è l'organismo più attendibile, afferma che in tutto
il mondo i bambini che lavorano sono fra i 100 e i 200 milioni. Il numero più
alto di bambini al lavoro si trova in Africa, al secondo posto troviamo l'Asia
e al terzo l'America Latina. Per combattere il lavoro minorile occorre:
1) lottare
contro la povertà delle famiglie affinché non siano costrette a far
lavorare i loro figli;
2)
realizzare nei paesi più poveri delle strutture che siano in grado di aiutare i
bambini che lavorano e i bambini di strada abbandonati a se stessi dopo
essere stati cacciati o aver perso i genitori;
3)
penalizzare le imprese che ricorrono al lavoro minorile;
4)
effettuare incursioni a sorpresa. Queste operazioni partono dalle richieste
inoltrate dai genitori che hanno perso i loro bambini.
Si raccolgono, con grande segretezza, informazioni sui villaggi in cui
lavorano i bambini e sul padrone che li tiene in schiavitù. Poi si passa
alla
liberazione vera e propria grazie all'aiuto di volontari e della polizia.
5) informare
i consumatori sulla realtà produttiva dei beni provenienti dai paesi
sottosviluppati;
6)
coinvolgere le grandi aziende (Reebok, Adidas, Puma ecc.) affinché
vendano
beni prodotti rispettando i diritti dei lavoratori e le condizioni ambientali;
7)
diffondere marchi per informare i consumatori che i beni sono stati ottenuti
senza l'impiego di lavoro minorile.
Questi marchi vengono detti MARCHI DI GARANZIA SOCIALE;
8) la
presenza di una forte legislazione volta a tutelare i diritti dei minori.
All'attacco degli strati più bassi.
Le Multinazionali delle bibite, dei liquori, dei prodotti alimentari,
delle sigarette stanno avanzando nel Sud del mondo che, anche se è formato da
consumatori poveri, ha il vantaggio di essere molto popolato.
Le
Multinazionali del tabacco cercano di penetrare nel Sud con lo scopo di coprire
le perdite subite nel Nord a causa delle campagne antifumo e del divieto di
fare pubblicità alle sigarette. Di fatto il consumo di quest'ultime negli Stati
Uniti nel 1989 è diminuito del 5%, ma le esportazioni sono aumentate del 20%.
Le
Multinazionali raggiungono il loro obbiettivo servendosi di mezzi pubblicitari.
La BAT ad esempio ha organizzato in Indonesia dieci unità cinematografiche
mobili che danno spettacoli gratuiti e sigarette gratis a scopo promozionale;
questo non solo avviene in Indonesia, ma anche in altre regioni utilizzando
diversi metodi.
Certi
governi tentano in effetti di difendersi dall'invasione di sigarette, ma lo
fanno solo per proteggere le industrie locali. L'esito conclusivo di tanta
invasione pubblicitaria e commerciale è spaventoso; risulta infatti che il
consumo del tabacco è aumentato del 195% in Egitto, del 144% in Camerun, del
119% in Indonesia, del 105% in Malawi questo tra il 1970 e il 1985.
E'
importante sottolineare che la grossa percentuale di fumatori è caratterizzata
da giovani e purtroppo da numerosi bambini.
Cosa possiamo fare.
Il boicottaggio concordato.
Anche se i mezzi di comunicazione di massa non ne parlano, la gente del
Sud lotta per una vita più dignitosa.
Ma i
risultati che si ottengono sono scarsi per la difficoltà a sostenere uno
sciopero, per la disoccupazione che permette di sostituire gli
scioperanti e per la repressione sindacale.
Tutto cio' è
possibile pesche non esiste alcuna azione comune tra la gente del Nord e del
Sud.
Le cose
potrebbero cambiare se si organizzassero lotte comuni almeno contro le
Multinazionali.
Queste lotte
dovrebbero riguardare non solo i dipendenti del Nord e del Sud della stessa
Multinazionale, ma coinvolgere anche i consumatori del Nord.
Questi
potrebbero sostenere le rivendicazioni sindacali del Sud, boicottando
l'acquisto di prodotti realizzati dalla Multinazionale attraverso forme di
sfruttamento.
La partecipazione oltre il voto.
Un indagine condotta recentemente ha rilevato che un elevato numero di cittadini ha protestato contro il sistema politico-economico schierandosi a favore dei popoli tribali, al fianco di Amnesty International, del FIAN, del Résaux Solidarité e infine dell'<<Agir Ici>>, nata per difendere i diritti dell'uomo e per denunciare i soprusi; moltissime le adesioni e le sottoscrizioni del documento a favore dei popoli del Terzo Mondo. Per maggiori informazioni rivolgersi all'Agir Ici, 14 Passage Dubrail, 75010 PARIS (Francia). Bene informarsi per bene agire
La chiave di tutto sta nella conoscenza.
Per poter
agire in maniera giusta dobbiamo essere informati, o meglio, bene informati, e
non dobbiamo fidarci di ciò che il sistema e i suoi emissari ogni giorno ci
propongono circa le cause del sottosviluppo. Infatti tutto è volto a
giustificare le proprie azioni e a creare una massa omogenea che
'pensa' secondo uno schema mentale da loro costruito.
Per poter
capire i problemi del Sud del mondo bisogna staccarsi dalla massa, non dar peso
a ciò che i quotidiani a tiratura nazionale e la televisione dicono e cercare
canali di informazione diretti, ossia che ci mettano in contatto con gente del
Sud.
In Asia,
America Latina e Africa esistono gruppi che pubblicano riviste (Third World,
Resurgence, Third World Economics, Que Hacer, Ibon Facts) che si possono
trovare nelle biblioteche di alcune ONG o in centri di documentazione nati per
guardare le cose dalla parte di chi le vuole cambiare. La cosa importante è che
queste notizie devono circolare e ogni persona responsabile deve fare il
possibile per divulgarle presso sedi sindacali, chiese, partiti e soprattutto
scuole.
Alla scuola
spetta il lavoro più duro, poiché essa dovrebbe educare i ragazzi al valore
dell' equità, della sobrietà, dell' attenzione verso l' ultimo, poiché solo
passando da una cultura del profitto a una cultura della condivisione potremo
cambiare il mondo e garantire a tutti una vita dignitosa.
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